Introduzione

Il monitoraggio statistico periodico costituisce ormai uno strumento impiegato in diversi Uffici giudiziari al fine di tenere costantemente sotto controllo i settori che presentano criticità e quelli che, al contrario, generano circuiti virtuosi, consentendo così di adottare tempestivamente i necessari o opportuni provvedimenti organizzativi.

Sotto questo profilo risulta significativa l’esperienza maturata presso il Tribunale di Marsala, che ha nel corso degli anni sempre più affinato i meccanismi di controllo statistico, riuscendo a conseguire eccellenti risultati, soprattutto con riferimento al controllo ed al sostanziale azzeramento del fenomeno dell’ultratriennalità.

L’articolo che segue si segnala anche perché firmato da tutti i giudici del settore civile e penale del Tribunale, consapevoli di costituire parti fondamentali di un più complesso ingranaggio il cui armonico funzionamento necessita sempre più di aggiornate consapevolezze a livello di singoli ruoli, di specifici settori, di articolate sezioni e di intero Ufficio.

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Il raggiungimento degli obiettivi del Tribunale di Marsala è garantito dal sistema informativo applicato. L’informazione e l’informatizzazione costituiscono, infatti, una risorsa preziosa per il corretto funzionamento del programma di gestione del Tribunale di Marsala. Ecco perché particolare attenzione viene posta nella scelta delle informazioni da far circolare, dando priorità a quelle veramente utili ai fini della realizzazione dei migliori risultati attesi.

Ciò che è stato realizzato nel Tribunale di Marsala è meglio conosciuto in ambito aziendalistico come il c.d. “management by objectives”, ovvero una direzione per obiettivi, studiata da P. Drucker fin dagli inizi degli anni ’50 e che ha influenzato fino ad oggi molte delle principali teorie sul management pubblico. Il buon funzionamento del sistema informativo applicato è, infatti, uno dei principali fattori abilitanti di una direzione per obiettivi: permette di raggiungere un buon equilibrio tra l’esigenza di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale e l’economicità dell’attività giurisdizionale, determinando ex ante priorità e scadenze e attivando un processo lavorativo che è al contempo pratico e conoscitivo, ricco di feedback e di controlli interni.

Per realizzare questo risultato, particolare rilievo è stato attribuito allo scambio delle informazioni ed al confronto dialettico costante tra il capo dell’Ufficio, i Presidenti di sezione e tutti i Magistrati, in modo che nessuna decisione sia mai avvertita come un’imposizione, ma sempre come uno strumento per garantire la massima efficienza dell’Ufficio. Tutti i Magistrati sono, pertanto, costantemente informati sull’andamento dei flussi in entrata, dei fascicoli estinti (con sentenza o in altro modo), della percentuale di abbattimento mensile dell’arretrato della Sezione e possono prevenire, con largo anticipo, anche la successiva formazione dell’arretrato proprio perché sono messi in grado di analizzare e valutare l’attività concretamente svolta da tutti. L’essenza dell’organizzazione del Tribunale di Marsala consiste, in definitiva, nell’opportunità che tutti i Magistrati siano coinvolti attivamente nella stessa definizione degli obiettivi da raggiungere e tale metodologia ha consentito negli anni la creazione di una dimensione gestionale che non costituisce più prerogativa dei vertici dell’Ufficio, perché è affidata alla collaborazione di tutti i Magistrati attraverso lo svolgimento di riunioni periodiche in cui si definiscono delle vere e proprie strategie di definizione e prevenzione dell’arretrato.

L’attenzione posta ai dati statistici della Sezione ha, pertanto, alimentato una sana “democrazia competitiva”, in cui ogni singolo Magistrato, proprio perché parte attiva dell’intero ingranaggio, esercita la giurisdizione in un’ottica globale e di insieme. Questa logica, nell’ambito dei ruoli gestionali (dei giudici delegati e dei giudici dell’esecuzione), è stata poi ampliata con riferimento alla Sezione civile anche nei confronti dei collaboratori dei singoli Magistrati (curatori fallimentari, professionisti delegati), proprio al fine di una responsabilizzazione di tutti i protagonisti dell’attività giurisdizionale. In questi ambiti specializzati, pertanto, utili informazioni sono state fatte circolare anche all’esterno della Sezione civile attraverso lo strumento della circolare, ovvero delle c.d. linee guida, ed hanno consentito di realizzare ottimi risultati grazie al coinvolgimento attivo degli ausiliari del Giudice.

GLI STRUMENTI STATISTICI PER IL CONTROLLO DELL’ARRETRATO E PER LA VERIFICA DEGLI OBIETTIVI DEL PROGRAMMA DI GESTIONE IN USO PRESSO IL TRIBUNALE DI MARSALA

Gli strumenti praticamente utilizzati per far funzionare il sistema informativo pocanzi illustrato e realizzare il controllo di gestione sono di tre tipologie: 1) il bollettino statistico; 2) la stratigrafia dell’arretrato ultratriennale; 3) il cruscotto.

Questi prospetti sono elaborati mensilmente dalla Commissione statistico-informatica del Tribunale, che provvede all’annotazione della variazione delle pendenze mensili per ciascun settore e alla elaborazione della stratigrafia dei procedimenti ultra-triennali.

Particolare rilievo, nella fase del controllo di gestione, viene attribuito al c.d. “cruscotto”, mediante il quale è possibile controllare mensilmente l’andamento del Programma di Gestione ex art. 37 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito nella legge 111/2011, al fine di apportarvi i tempestivi aggiustamenti.

La versione del file *.xls del “cruscotto” in questione è stata recentemente aggiornata, in accordo con le previsioni del Programma di gestione, mediante l’inserimento di ulteriori “fogli”, relativi agli obiettivi di smaltimento e di rendimento, nonché riguardanti la durata media dei procedimenti.

In generale, il bollettino viene redatto in conformità al nuovo format del programma ex art. 37, ovvero tenendo conto della diversa aggregazione delle materie prevista dal format del programma di gestione: le c.d. «macromaterie» indicate dal CSM. Il bollettino è implementato dai dati statistici forniti dalle cancellerie. Detti dati sono confrontati nel settore civile con quelli estratti tramite l’utilizzo del c.d. “pacchetto ispettori”, il quale consente di eseguire interrogazioni della base dati SICID-SIECIC elaborate dalla DGSIA per l’Ispettorato del Ministero della Giustizia.

Il raffronto tra i dati provenienti dai due database, posti in relazione con i dati forniti dalla Corte d’Appello di Palermo, ha permesso di rilevare e nel contempo di eliminare alcune anomalie quali le false pendenze – che si è appurato essere tendenzialmente correlate alla mancata registrazione della chiusura di una serie di sub-procedimenti risalenti nel tempo – e di avere i registri informatizzati coerenti con il reale movimento degli affari. Questo modus operandi è stato preso a modello nell’ambito di un corso dedicato ai RID/MAGRIF organizzato presso il CSM nel maggio 2019. 

1) Il bollettino statistico.

Il bollettino statistico consente la verifica sinottica dei flussi relativi ai ruoli di ciascuna Sezione e di ciascun giudice, togato e onorario, nonché il controllo dell’andamento degli affari pendenti innanzi all’Ufficio del Giudice di Pace.

È suddiviso in tavole relative alle due Sezioni (Civile e Penale) e, per ciascuna di esse, in tavole riguardanti i flussi dei macro-settori (ad es. TAV. 1 Movimento degli affari civili contenziosi e non contenziosi; TAV. 4 Movimento Lavoro, Previdenza, Assistenza; TAV. 11 Movimento degli affari penali collegiali per magistrato; TAV. 12 Movimento degli affari penali monocratico per Magistrato; TAV. 13 Movimento affari penali per Magistrato GIP-GUP).

Per ciascuna sezione, poi, sono previste delle tavole in grado di illustrare il flusso di lavoro giudiziario per singolo Magistrato, nonché la situazione complessiva rispetto al carico già ultratriennale.

Le tabelle relative al movimento degli affari per ciascun Magistrato, in particolare, sono elaborate in modo da rendere evidente le nuove assegnazioni e le definizioni, suddivise per tipologia (sentenze/altre definizione), alla stregua di quanto descritto nel Programma di Gestione.

Sempre al fine di rendere possibile una verifica sui macro-aggregati indicati nel Programma di Gestione, le tabelle individuali della Sezione civile sono suddivise per categoria di procedimento (ad es.; contenzioso ordinario; separazioni e divorzi contenziosi; procedimenti speciali; lavoro), mentre quelle della Sezione penale contemplano la distinzione tra monocratico e appelli avverso le sentenze emesse dal Giudice di Pace.

Una tavola apposita è dedicata alle procedure esecutive (immobiliari e mobiliari) e a quelle fallimentari.

Il prospetto relativo al carico già ultratriennale, poi, consente di individuare l’ammontare dei procedimenti di durata già superiore al triennio e di compararlo con i dati di chiusura del mese precedente.

2) La stratigrafia dei procedimenti ultratriennali.

Mentre la tabella del bollettino statistico avente ad oggetto il carico già ultratriennale delle Sezioni permette di fotografare mensilmente uno dei dati salienti nella gestione degli affari, secondo le linee guida in materia elaborate dal CSM, la stratigrafia dei procedimenti ultratriennali, elaborata con riguardo all’anno di iscrizione a ruolo di ciascun procedimento e in relazione al ruolo di ciascun giudice della Sezione, consente di avere periodica ed immediata percezione dell’esatto stato di salute dei ruoli per ciascuna macro-materia in chiave prospettica, giacché consente la formulazione di prognosi in ordine al successivo evolversi dell’arretrato.

L’elaborazione, infatti, viene effettuata per singolo giudice (togato od onorario) e in relazione ai principali settori interessati da arretrato ultratriennale, vale a dire: nell’ambito civile, essenzialmente, contenzioso ordinario, esecuzioni e procedure concorsuali; nell’ambito penale, collegiale, monocratico e GIP-GUP. Sicché, sulla base delle valutazioni prognostiche operate nell’ambito di ciascun ruolo, vengono determinati gli obiettivi di smaltimento che appaiono raggiungibili in rapporto al carico esigibile di ciascun Magistrato.

Fondamentale importanza riveste, in sede di controllo di gestione, la colonna dei “pendenti da incamerare”, in grado di segnalare il numero delle cause che, complessivamente, diverrebbero ultratriennali se non definite entro l’anno in corso: rilevazione fondamentale al fine di allertare i singoli magistrati sullo stato del ruolo e prevenire la formazione di ulteriore arretrato.

Per la materia esecutiva, stante la gravità dell’arretrato stratificatosi nel tempo e ben oltre il triennio rilevante ai sensi della c.d. Legge Pinto, vengono mensilmente elaborate, con sistema analogo a quello sopra descritto, anche specifiche stratigrafie riguardanti gli affari ultraquinquennali e ultradecennali.

Per la materia delle procedure concorsuali, in considerazione della gravità dell’arretrato accumulatosi nel tempo, la “stratigrafia” riporta non solo tutte le procedure ultraesennali ma anche tutte quelle ultratriennali.

L’indicazione delle prime consente un costante monitoraggio delle procedure già rilevanti ai fini della c.d. Legge Pinto.

L’indicazione delle seconde consente ai giudici delegati un controllo preventivo delle procedure che rischiano di diventare ultraesennali e di quelle che – considerati i tempi necessari per le attività del programma di liquidazione – hanno già superato, per la sola realizzazione dell’attivo, la durata di due anni dal deposito della sentenza dichiarativa di fallimento (art. 104-ter l.f.).

3) Il “cruscotto”.

Il cruscotto è il documento statistico elaborato al fine di verificare, mese per mese, lo stato di avanzamento del lavoro giudiziario per ciascuna Sezione in relazione agli obiettivi di rendimento e di smaltimento dell’arretrato fissati nel Programma di gestione ex art. 37 d.l. n. 98/2011.

Nella prima pagina del cruscotto sono presenti le tabelle che raffigurano gli obiettivi di smaltimento posti dal Programma di Gestione per macro-area e il risultato raggiunto sino al mese preso in considerazione dal prospetto statistico (ove i numeri negativi indicano un’opera di smaltimento di entità superiore a quella prevista nel Programma).

Nella seconda pagina viene, invece, operato un raffronto tra il rendimento atteso nel corso dell’anno (sempre distinto per macroaree), quello atteso mensilmente e il rendimento effettivo.

Segue un prospetto riassuntivo, in termini percentuali dello stato di avanzamento dell’obiettivo riguardante lo smaltimento dell’arretrato ultratriennale, nonché quello relativo al carico ultrabiennale.

Chiude il cruscotto l’elaborazione statistica della durata media dei procedimenti complessivamente definiti nel corso del mese e dell’anno oggetto di rilevamento, con separata indicazione delle medie delle sentenze e delle “altre definizioni”.

4) Riunioni periodiche e redistribuzione dei procedimenti.

Sulla base dei prospetti così elaborati, nel corso delle periodiche riunioni di Sezione vengono esaminati i dati dell’Ufficio e dei singoli giudici.

Una o due volte nel corso dell’anno si procede ad effettuare mirate e motivate redistribuzioni di singoli procedimenti al fine di consentirne la loro definizione in tempi ragionevoli.

5) Risultati della Sezione civile

5.1) Al 31/12/2017 (fonte webstat, DWH Ministero della Giustizia) risultavano complessivamente pendenti sul ruolo del contenzioso ordinario del Tribunale di Marsala 50 cause ultratriennali (1,8 % del totale), mentre al 31/12/2021 è stato raggiunto l’obiettivo del completo azzeramento.

Di seguito l’andamento delle cause ultratriennali pendenti, alla fine di ciascun anno, sul ruolo contenzioso nell’ultimo quadriennio:

Nel settore del contenzioso ordinario la percentuale di procedimenti ultratriennali è passata dal 4,6% al 31.12.2016 e dal 4,8% al 31.8.2017 all’1,8% al 31.12.2017, allo 0,8 al 31.12.2.018, allo 0,6% al 31.12.2019, allo 0,8% al 31.12.2020 e allo 0% al 31.12.2021 (momento nel quale non si è registrata la permanenza neppure di un procedimento ultratriennale nel settore contenzioso civile e lavoro).

  AnnoUltratriennali Marsala SICID
20164,6%
20171,8%
20180,8%
20190,6%
2020 20210,8% 0

È evidente che per ridurre il numero dei procedimenti ultratriennali bisogna fare in modo di definire nell’anno solare un numero di procedimenti ultratriennali superiore rispetto a quello dei procedimenti che sono divenuti ultratriennali nello stesso anno solare. E così, per esempio, poiché nel 2017 diventavano ultratriennali i procedimenti iscritti nel 2014, ne conseguiva che se al 1° gennaio 2017 vi erano ancora 400 procedimenti del 2014, per ridurre il numero dei procedimenti ultratriennali (che era di 101 al 31.12.2016), bisognava definire (all’interno dei 501 procedimenti che sarebbero stati tutti ultratriennali al 31.12.2017, ossia i 400 del 2014 e i 101 che residuavano come ultratriennali all’inizio dell’anno 2017) più di 400 procedimenti.

Il sistema di monitoraggio sopra descritto consente anche di dedicare particolare attenzione ai procedimenti ultrabiennali e infrabiennali.

Al 31.12.2021 i fascicoli iscritti nel 2019 (ultrabiennali) erano 251 e costituivano il 12,32% del contenzioso del Tribunale e non esistevano più quelli iscritti fino al 31.12.2018, tutti integralmente definiti. Conseguentemente, circa l’88% dei procedimenti contenziosi del Tribunale di Marsala ha meno di 24 mesi di vita. Questo 88% è costituito da cause iscritte nel 2020 (per il 28,71%) e nel 2021 (per il 58,91%). Quasi il 60% delle cause non ha pertanto ancora spento la prima candelina.

5.2) Nel quadriennio appena trascorso possono apprezzarsi notevoli miglioramenti anche sotto il profilo dell’arretrato ultradecennale di area SIECIC (esecuzioni e procedure concorsuali).

Nonché sotto il profilo dell’arretrato ultratriennale della medesima area.

Risultati che devono essere necessariamente letti in uno con quelli riguardanti l’abbattimento complessivo delle pendenze, ottenuto grazie al mantenimento di un clearence rate, soprattutto in ambito esecutivo, di gran lunga superiore all’unità.

In nessun settore si è registrato nei quattro anni un aumento delle pendenze delle procedure di remota iscrizione (ultratriennali, ultraquinquennali e ultradecennali), che in tutti i settori sono calate negli ultimi quattro anni di almeno il 40%.

Si riportano a seguire le percentuali di procedimenti ultradecennali dell’area SIECIC (Esecuzioni e Fallimenti) tra il 2017 e il 2021 al fine di comprendere quanto si siano ridotti tali procedimenti. La percentuale degli ultradecennali dell’area Siecic è infatti scesa dal 19,3% del 2017 al 4,6% del 2021.

Colonna1u.d. Marsala SIECIC
201619,3
201712,8
20189
20197,6
20207,3
20214,6

Il consistente calo delle procedure di remota iscrizione è ancora più rilevante se si considera che si sono pure ridotte le pendenze complessive; il che poteva pure portare ad un aumento o ad un mantenimento della percentuale di pendenze di remota iscrizione, in quanto calcolate su un montante complessivo di importo ridotto.

Per verificare tale affermazione basti esaminare i seguenti dati.

AnnoVariazione SIECIC
20162169
20171945
20181493
20191199
20201054
2021880

6) Risultati della Sezione penale

6.1) L’esame dei dati tratti dalla Consolle del Magistrato impone la necessaria considerazione delle peculiarità del processo penale con riferimento alla disciplina dell’assenza e soprattutto, per quanto rileva in questa sede, della sospensione del procedimento per irreperibilità dell’imputato ai sensi dell’art. 420 quater c.p.p., alla quale segue una stasi non superabile del giudizio, quantomeno fino al rinvenimento dell’imputato o al decorso del termine di prescrizione: al fine di fornire un dato che fotografi in maniera corretta l’andamento dell’attività della Sezione, allora, i procedimenti sospesi per irreperibilità (individuati tramite la stratigrafia annuale) devono essere sottratti al numero complessivo dei pendenti risultanti dall’estrazione tramite Consolle.

Posta questa doverosa precisazione, al 31/12/2017 risultavano complessivamente pendenti sul ruolo monocratico del Tribunale di Marsala 95 cause ultratriennali (oltre a 18 procedimenti sospesi), numero che è stato sensibilmente ridotto (del 62,1%) al 31/12/2021, quando si sono registrate 36 cause ultratriennali (oltre a 62 procedimenti sospesi).

Di seguito l’andamento delle cause ultratriennali pendenti, alla fine di ciascun anno:

Anno   Ultratriennali Marsala

2017    95

2018    88 (-7,3% rispetto all’anno precedente)

2019    41 (- 53,4% rispetto all’anno precedente)

2020    38 (- 7,31% rispetto all’anno precedente)

2021     36 (-5,26% rispetto all’anno precedente)

Al solo fine di fornire un quadro completo, si evidenzia come con riferimento ai procedimenti trattati in composizione collegiale si registra il costante mantenimento di un numero di fascicoli ultratriennali prossimo allo zero, posto che da 1 fascicolo nel 2017 si è passati a 0 fascicoli nel 2018, per tornare ad 1 fascicolo nel 2019, a 0 fascicoli nel 2020 e un aumento a 2 fascicoli nel 2021.

È evidente, in generale, che per ridurre il numero dei procedimenti ultratriennali bisogna fare in modo di definire nell’anno solare un numero di procedimenti ultratriennali superiore rispetto a quello dei procedimenti che sono divenuti ultratriennali nello stesso anno solare.

6.2) L’Ufficio Gip-Gup

Una riflessione a parte merita l’Ufficio Gip-Gup, rispetto al quale le pendenze ultratriennali registrate sono il frutto di una stasi dei fascicoli non attribuibile né rimediabile dai giudici, dovendo gli stessi attendere gli esiti definitori dei procedimenti in Procura.

Ad ogni modo e per completezza di riportano i seguenti dati:

Anno            Ultratriennali Ufficio Gip-Gup Marsala

2017                                68

2018                                  42

2019                                  37

2020                                  48

2021                                  36

Dall’esame dell’andamento delle pendenze ultratriennali, comunque, si evidenzia come, nonostante il limite sopra citato, l’Ufficio è riuscito ad operare un considerevole smaltimento – di oltre il 47% – delle stesse.

Ciò costituisce il frutto dell’organizzazione e della solerzia dei componenti l’Ufficio, attestato dall’alto tasso di smaltimento dei procedimenti registrato, con l’adozione di schemi organizzativi idonei a fronteggiare gli imprevedibili aumenti del flusso di fascicoli in entrata.

ANNO             SOPRAVVENUTI    DEFINITI    INDICE SMALTIMENTO

  2015             2555                                 2924                         114,4%

  2016               2520                      2589                         102,7%

  2017               3205                      2979                         92,95%

  2018               2610                      2726                         104,4%

  2019               3972                      2887                         72,68%

  2020               2322                      2094                         90,18%

  2021               2594                      2898                         111,7%

Come risulta chiaramente dall’esame dei dati, pertanto, l’Ufficio Gip-Gup ha mantenuto sempre un altissimo rendimento, in grado di fronteggiare le sopravvenienze e, spesso, anche di erodere l’arretrato.

7) Effetti del controllo periodico sui risultati dell’Ufficio e sul benessere organizzativo ed individuale.

I risultati sopra indicati sono il frutto, oltre che lavoro svolto dai singoli giudici, anche del costante monitoraggio di tutti i procedimenti ultratriennali ed ultrabiennali presenti sul ruolo di ciascuno di essi attraverso un sistema di verifica c.d. “mobile” che consiste nel fatto che le cause ultratriennali non vengono esaminate in modo statico in un unico momento temporale dell’anno, di regola coincidente con l’inizio dell’anno, ma sono fatte oggetto di un monitoraggio mensile che, quindi, tiene conto della continua evoluzione del lavoro giudiziario svolto dalle due sezioni del Tribunale. 

Invero, gli strumenti utilizzati per controllare i ruoli sono poi costituiti dal trattamento differenziato delle cause iscritte in data anteriore all’ultimo triennio secondo le indicazioni ed i consigli contenuti in apposito documento e riportati nel programma di gestione, nonché dalla riassegnazione delle cause ultratriennali tra giudici togati e gop in relazione ai carichi di lavoro di ciascun giudice e alle previsioni di smaltimento da parte di ognuno dei magistrati.

Con tale metodo ogni giudice ha una completa e chiara cognizione del suo ruolo e può adottare gli strumenti anticipatori previsti dal programma di gestione con assoluta consapevolezza.

Va evidenziato che negli ultimi quattro anni la rilevante riduzione dei procedimenti ultratriennali che si è sottolineata è avvenuta:

– senza aumento nell’organico dei magistrati (anzi all’inizio dell’anno 2017 a seguito della riforma delle piante organiche degli Uffici di primo grado, il Tribunale di Marsala ha perso un’unità che è stata tolta dal settore civile);

– senza alcun incremento delle pendenze infratriennali che sono addirittura diminuite;

– senza una riduzione delle sopravvenienze per la Sezione civile (rispetto alla quale, anzi, le sopravvenienze complessive sono passate da 2892 del 2015 a 3048 del 2016 a 3477 del 2017 a 3014 del 2018 e a 3065 del 2019) e con una limitata riduzione per la Sezione penale (rispetto alla quale le sopravvenienze complessive – monocratico e collegiale, senza considerare l’ufficio GIP-GUP – sono passate da 2121 del 2015 a 1789 del 2016 a 1612 del 2017 a 1913 del 2018 a 1764 del 2019 a 1367 del 2020 a 1623 del 2021);

– con l’incentivazione della proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. nel settore civile;

– attraverso continue riunioni anche informali all’interno delle Sezioni e con il sistema della camera di consiglio senza soluzione di continuità;

–          con un monitoraggio costante in sede civile delle procedure esecutive potenzialmente quiescenti per inattività del professionista delegato o per mancanza di interesse dei creditori procedenti.

CONCLUSIONI

Il decremento del numero dei procedimenti pendenti (non dovuto ad una riduzione delle sopravvenienze né dovuto ad un sempre proporzionale aumento delle definizioni) testimonia che presso il Tribunale di Marsala non vi è una deriva produttivistica né una tirannia dei numeri.

Il costante sistema di monitoraggio mensile e la prospettiva del triennio c.d. mobile (ossia prendendo in considerazione gli ultratriennali mese per mese) hanno permesso ai magistrati delle Sezioni civile e penale di apportare tempestivamente dei correttivi alla propria attività e di dedicare, nel primo settore, particolare attenzione all’istituto della conciliazione.

Lo spirito di servizio che anima l’agire di ogni singolo magistrato ed una sana ed organizzata gestione dei ruoli hanno consentito di dare una risposta alle domande urgenti di giustizia ed a quelle più datate nel tempo, senza la creazione di disservizi o di ultratriennalità. Le superiori prassi e l’attenzione generalizzata alla definizione delle controversie hanno infatti consentito ai singoli giudici di avviare un circolo virtuoso in grado di restituire serietà al processo civile e penale. Tale modus operandi ha assicurato giustizia in tempi ragionevoli, limitando i costi del processo, senza compromettere il livello degli scambi economici e, soprattutto, contribuendo a diffondere nei cittadini un senso di fiducia nelle istituzioni e nella giustizia.

I sistemi informativi e le soluzioni organizzative illustrati – soggetti a verifiche periodiche, al fine di assicurare che mantengano inalterate l’attualità e l’efficacia – altro non sono che strumenti a supporto del lavoro del giudice.

Essi si inseriscono nel complesso dell’organizzazione dell’ufficio e sono funzionali a garantire che il giudice, oltre che nella solitudine della decisione, non si imbatta anche nell’amara constatazione di quel legionario romano che, sull’intonaco della capanna di Dura Europos, sull’Eufrate, incideva «ubi ordo deficit, nulla virtus sufficit».

D’altro canto, l’attenzione ai profili organizzativi è infatti uno strumento capace di agevolare il giudice nel controllo del proprio ruolo, e tale da consentirgli, ove possibile e necessario, anche di incidere sui tempi del processo del quale è chiamato ad assicurare la ragionevole durata, evitando il pericolo del «tardissime iudicare».

Dato il loro carattere servente, i sistemi e le soluzioni organizzative illustrati sono adottati e mantenuti se e fintantoché riescano ad assolvere a tale funzione, senza mai potersi trasformare in uno strumento di pressione per l’esercizio della giurisdizione, che necessita innanzitutto dei tempi della riflessione, dell’approfondimento e della decisione.

È nel loro stesso carattere servente rispetto al lavoro del giudice che quegli strumenti organizzativi trovano anche i loro limiti di impiego, limiti che ne costituiscono, innegabilmente, i «fines quos ultra citraque nequit consistere rectum».

La Sezione civile del Tribunale di Marsala
Serena Barcellona
Francesca Bellafiore
Giampaolo Bellofiore
Alessandra Camassa
Antonino Campanella
Mary Carmisciano
Cinzia Ferreri
Francesco Giardina
Cinzia Immordino
Francescamaria Piruzza
Francesco Paolo Pizzo
Michele Ruvolo

La Sezione penale del Tribunale di Marsala
Andrea Agate
Massimiliano Alagna
Riccardo Alcamo
Annalisa Amato
Matteo Giacalone
Fabrizio Guercio
Francesca Maniscalchi
Francesco Parrinello
Sara Quittino
Vito Marcello Saladino

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  1. Ruolo della statistica nella gestione del contenzioso previdenziale: cenni generali. 2. La consolle come strumento di organizzazione del ruolo. 3. Brevi conclusioni

  1. Ruolo della statistica nella gestione del contenzioso previdenziale: cenni generali

L’avvento dell’informatica nell’organizzazione del lavoro giudiziario ha sicuramente costituito una svolta epocale perché ha consentito la razionalizzazione della gestione del contenzioso.

La ritrosia che spesso si registra nei colleghi verso le inevitabili aperture alla digitalizzazione della giustizia è, a mio avviso, da un lato ingiustificata e dall’altro ingiustificabile.

Ingiustificata perché, proprio nella materia della previdenza ed assistenza, l’avvento del sistema di iscrizione telematica, l’introduzione dell’assegnazione automatica dei fascicoli e la costituzione dei registri telematici di cancelleria ha costituito una mannaia per le frequentissime doppie e triple iscrizioni.

Il SIL fu inserito, per la prima volta nel distretto di Corte di appello di Napoli, in fase sperimentale, proprio presso il Tribunale dove esercito la giurisdizione, era il 2003. L’introduzione del SIL costituì uno strumento per razionalizzare i procedimenti pendenti allora più di 80 mila solo di contenzioso lavoro e previdenza.

Il sistema delle assegnazioni automatiche e del controllo in sede di iscrizioni a ruolo delle anagrafiche hanno, successivamente, contribuito a svuotare “quasi del tutto” l’esercizio abusivo dello strumento processuale dei tanti avvocati che, soprattutto in ambito previdenziale ed assistenziale, procedevano a duplicare le iscrizioni a ruolo per l’ottenimento della medesima prestazione certi, da un lato, dell’impossibilità dei singoli giudicanti di operare qualsivoglia forma di controllo e, dall’altro, del silenzio dell’Ente previdenziale non dotato, a sua volta, di un apparato amministrativo che riuscisse a bonificare i dati anche in sede di costituzione (non sempre possibile) stante la mole delle iscrizioni sicuramente “sproporzionate” rispetto al capitale umano chiamato a gestirle.

Attualmente sicuramente i numeri della previdenza e dell’assistenza continuano ad incidere fortemente sulla formazione dei ruoli del contenzioso lavoro soprattutto nei tribunali del meridione.

Mi limito ad illustrarvi, con riferimento all’ufficio giudiziario di Santa Maria Capua Vetere, i dati forniti per l’elaborazione dei programmi di gestione 2021 con riferimento alle pendenze distinte per anno di iscrizione

I procedimenti di ATPO sopravvenuti nel 2021 sono 3140.

E vediamo come, anche nell’analisi del rapporto pendenti sopravvenuti, si registrino numeri maggiori in ambito previdenziale che rispetto a quello lavoristico.

Sicuramente questo dato è determinato da una serie di variabili che esulano dal tema di trattazione odierna e riflettono, nell’ambito di un mutato contesto normativo in materia giuslavoristica, un altrettanto mutato contesto economico-sociale soprattutto nelle regioni meridionali

In queste brevi considerazioni quello che vorrei sia pure semplicisticamente rimarcare è che l’esperienza della sezione lavoro dell’Ufficio giudiziario ove opero, così come quella di tutti gli uffici in cui vi è un importante numero di iscrizioni in materia previdenziale, è stata la prova di come la tecnologia costituisca un supporto indispensabile per l’efficienza del servizio giustizia e, quindi, deve essere necessariamente “ascoltata” nelle sue spinte evolutive.

E’ proprio perché essa funge da “supporto” che non può giustificarsi la ritrosia cui accennavo in apertura. Del resto vi sono precisi obblighi che gravano sul magistrato che impongono allo stesso di contribuire alla corretta formazione del dato. Sembrerebbe quasi banale affermare che il giudice lavora dati che riceve e, all’esito, produce dati ma è proprio da questa verità elementare da cui bisogna partire per poter rendere un servizio giustizia che sia efficace ed efficiente.

Ed è necessario, quindi, sviluppare e diffondere una “cultura del dato” ed in particolare del dato statistico per garantire il raggiungimento degli obiettivi che il programma di gestione, adottato ai sensi art. 37 del d.l. n. 98 del 2011, conv. in l. 111/2011 in ogni ufficio giudiziario, impone.

Come è noto il programma di gestione deve indicare gli obiettivi che l’ufficio giudiziario si propone in tema di riduzione dell’arretrato ultra triennale, rendimento dell’Ufficio (inteso come produttività), riduzione della durata dei procedimenti.[1] Esso offre dei dati ma parte dai dati scomposti qualitativamente e quantitativamente con riferimento ai diversi settori dell’ufficio.[2]

Sebbene la predisposizione del programma di gestione costituisca una prerogativa del Presidente i singoli magistrati possono e devono contribuire allo stesso mediante un’organizzazione del lavoro individuale che tenga conto degli obiettivi fissati dal programma di gestione, sia in ordine alla produttività che alle priorità per quanto concerne l’arretrato e ciò è possibile proprio grazie ai dati statistici. Del resto sono proprio i dati della statistica giudiziaria a fungere da supporto nei processi organizzativi e decisionali.

La nozione di dato statistico, in ambito giudiziario, è fornita dall’art. 4 del d.m. 102/2012 secondo cui “I dati e le informazioni trattati nell’ambito delle attivita’ giurisdizionali ed amministrative del Ministero della giustizia costituiscono dati statistici a norma dell’articolo 6-bis, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e sono utilizzati anche per le misurazioni e le valutazioni previste dall’articolo 2 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. 2. Nelle attivita’ di cui al comma 1, ciascun ufficio giudiziario o amministrativo assicura la completezza e il tempestivo aggiornamento dei dati. Il dirigente ovvero, in caso di sua mancanza, il responsabile dell’ufficio, sono responsabili della qualita’ dei dati e ne verificano periodicamente la correttezza e l’aggiornamento, assumendo tutte le iniziative necessarie. 3. Il responsabile del sistema statistico verifica la qualita’ dei dati raccolti e, ove ravvisi anomalie, invita l’ufficio di cui al comma 2 ad intraprendere ogni iniziativa necessaria a ripristinare la fedelta’, la completezza e l’aggiornamento dei dati, assegnando un termine. L’inottemperanza ingiustificata al termine assegnato costituisce grave violazione dei doveri dell’ufficio. 4. Gli uffici giudiziari ed amministrativi hanno l’obbligo di fornire i dati richiesti. Nei casi previsti dall’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il dato e’ fornito in forma anonima. 5. Il trattamento dei dati di cui al comma 1 e’ effettuato nel rispetto delle disposizioni relative di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

La fonte regolamentare summenzionata è stata l’epilogo del processo di trasformazione della realizzazione delle statistiche presso il Ministero.

In origine la statistica nazionale era la risultante dell’aggregazione dei dati raccolti a livello locale in modalità cartacea; tali dati venivano poi aggregati formando le statistiche nazionali. Il progetto avviato dal Ministero della Giustizia denominato datawarehouse[3] (dall’inglese “magazzino di dati) è un sistema di rilevazione e raccolta automatizzata su tutto il territorio nazionale. In questo quadro l’art. 4 co. 10 del d.l. 193/2009, conv. in l. 24/2010, relegava alla fonte regolamentare la tipologia e le modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell’Amministrazione.[4]

Abbiamo detto in precedenza che il giudice riceve dati che elabora per reimmetterli nel sistema per cui sarebbe un errore macroscopico pensare che esso non possa contribuire, per quanto di competenza, alla qualità del dato e alla corretta tenuta dello stesso.

La corretta formazione del dato statistico a cui il singolo magistrato può contribuire si verifica attraverso una pluralità di condotte: una corretta tenuta del fascicolo, anche se informatico, mediante la verifica, ad esempio, del “codice oggetto”; verifica che, sempre più frequentemente, non viene praticata in ambito previdenziale dove si ha un’elevatissima incidenza dei procedimenti recanti “codice oggetto” generici rectius “altre ipotesi” in luogo di quello effettivo.

Sicuramente il vizio cagionato dal procuratore, a monte, al momento della realizzazione della nota di iscrizione non è, successivamente, corretto dal personale amministrativo che accetta l’atto.[5] Se non corretto l’errore genera  un “falso dato”  nella rappresentazione dei carichi e dei flussi rilevanti per il programma di gestione. Il dato corretto assicura omogeneità ed effettività nell’estrazione.

Ancora, l’erronea registrazione degli eventi è fonte delle c.d. “false pendenze” che determinano un disallineamento tra registri e consolle.

In tutti questi casi, laddove il controllo così come previsto dalla fonte regolamentare summenzionata, non è operato dal personale di cancelleria, sarà il magistrato che provvederà direttamente ad effettuare la segnalazione al personale di cancelleria.

Queste ipotesi sono esempi per evidenziare come la gestione razionale del ruolo possa essere attuata non solo attraverso soluzioni imposte dal codice di rito vedi ad esempio la riunione dei procedimenti connessi, ex art. 151 disp. att. c.p.c.,[6] ma anche attraverso un monitoraggio-controllo attento nel senso anzidetto.

   2. La consolle come strumento di organizzazione del ruolo

La consolle del magistrato è un applicativo che consente al giudice di gestire il processo civile telematico ma è uno strumento unico per il magistrato per poter organizzare il proprio lavoro e per poter contribuire, attraverso il monitoraggio e controllo costante del ruolo, a costruire e rendere effettiva la cultura del dato a cui abbiamo fatto cenno.[7]

Del resto non dimentichiamo che ai sensi dell’art. 175 c.p.c. il giudice ha il potere di direzione del procedimento ed è proprio nell’ambito di questo potere che egli può e deve pianificare la gestione del proprio ruolo per rendere un servizio che sia efficiente e, soprattutto, realizzi gli obiettivi imposti dal programma di gestione.

Le funzionalità “basiche” di consolle ergo i “filtri” consentono al giudice di verificare le pendenze sul proprio ruolo e di programmare l’attività sia nel breve periodo (con riferimento all’udienza) che nel lungo periodo (con riferimento alla calendarizzazione delle attività) per realizzare l’obiettivo ultimo che è lo standard di rendimento del programma di gestione.

E’ sufficiente, quindi, applicare i filtri relativi all’anno del ruolo combinati con l’oggetto per poter fare un’analisi delle vecchie pendenze per oggetto e, successivamente, considerando lo stato del fascicolo si potrebbe pianificare l’organizzazione del lavoro ai fini dello smaltimento.

Sicuramente l’impiego razionale di quest’applicativo, attraverso la funzione cruscotto del Presidente, consente al Presidente di sezione, mediante il monitoraggio dell’anagrafica delle iscrizioni di risolvere, anche senza l’ausilio della cancelleria, il fenomeno delle fraudolente doppie e triple iscrizioni che sono state, ormai, potremmo dire superate.

Residua o meglio residuava, almeno da un’analisi delle controversie previdenziali pendenti nel mio ufficio giudiziario, un tentativo di esercizio abusivo del processo mediante plurime opposizioni avverso il medesimo estratto di ruolo con riferimento ai diversi atti amministrativi sottesi.

Possiamo comunque, conclusivamente affermare, che il sistema comunque è tecnologicamente in grado di possedere antidoti efficaci contro questi esercizi fraudolenti dell’azione.

La consolle è uno strumento, come innanzi detto, non solo prezioso per la gestione del ruolo, intesa come organizzazione del lavoro con lo sguardo rivolto agli obiettivi perseguendi, ma anche uno strumento di monitoraggio costante del ruolo in termini di pendenze/definizioni.

E’ possibile attraverso le modalità dell’applicativo controllare posizionandoci sul ruolo di udienza i procedimenti per i quali l’udienza è stata fissata distinguendoli da quelli “tutto il ruolo” che indicano i procedimenti pendenti.

E’ possibile, poi, collocandoci nella sezione archivio, verificare i procedimenti definiti ma, attenzione, resta il “neo” della summa “definiti in altro modo” in cui è riservato tutto e, per operare una selezione bisognerà impiegare l’ulteriore filtro dello stato del fascicolo.

Esistono delle modalità di utilizzo avanzato di consolle per chi ha installato il profilo “avanzato con statistiche” che consente al singolo magistrato di poter operare sul proprio ruolo, a condizione che ci sia un aggiornamento costante, le statistiche.

3. Brevi conclusioni

E’, quindi, necessario, così come dicevamo in apertura, cercare le informazioni, comprendere i dati e, soprattutto, gestirli correttamente per poter strutturare un’organizzazione efficiente del lavoro.

Il magistrato non è una monade ma è parte di un’organizzazione complessa da cui riceve supporto e con la quale deve inesorabilmente interagire per poter rendere un servizio efficiente. Del resto gli strumenti informatici contribuiscono ad attuare una gestione trasparente ed efficiente della giurisdizione proprio come consacrato nella Magna Carta dei giudici adottata il 17.11.2010 dal Consiglio consultivo dei giudici europei presso il Consiglio d’Europa (CCJE) che, dopo aver ribadito che la giustizia deve essere trasparente (punto 14), postula l’utilizzo per il giudice di “tecniche appropriate di gestione del processo e del carico di lavoro” (punto 16) dal momento che “il giudice deve adoperarsi per assicurare l’accesso a una soluzione della controversia rapida, efficace ed a costi ragionevoli” (punto 15).[8] Tale documento è stato approvato lo stesso giorno in cui il Consiglio d’Europa ha adottato la Raccomandazione  CM/Rec (2010) 12 “sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità”, trattasi di una fonte sussumibile nella soft law, anche se ai sensi del §45 del Parere n. 9 del CCJE, recepito dal Comitato dei Ministri, i magistrati debbono tener conto anche delle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa nella loro attività.[9]  Sono proprio gli artt. 30, 31 e 32 di tale Raccomandazione che si saldano con il nostro discorso e con il contributo che il giudice è chiamato ad offrire per rendere un servizio efficace ed efficiente.[10]

Efficacia, efficienza e produttività sono ormai dei “mantra” che si ripetono all’indomani di ogni riforma strutturale che incide sull’organizzazione del lavoro giudiziario che deve confrontarsi, orami da sempre in alcuni uffici giudiziari, con una durata eccessivamente lunga dei procedimenti che, soprattutto nella nostra materia, rischia di non essere effettiva se assume tale fisionomia.

La prestazione previdenziale ed assistenziale negata in sede amministrativa riflette sempre un bisogno primario, un bene della vita fondamentale di un soggetto che versa in condizioni di diseguaglianza che l’ordinamento mira a colmare proprio mediante il riconoscimento di quella misura.

Una risposta alla domanda di giustizia tardiva nella nostra materia rischia di essere vana. Questo non significa osservare la quantità e rincorrere il fattore tempo in spregio alla qualità perché come diceva Piero Calamandrei la giustizia deve essere pronta ma non frettolosa.

Oggi siamo chiamati a raccogliere la sfida che l’UPP  ci pone proprio in questa chiave.

Sul sito del Ministero della Giustizia l’Ufficio per il processo è definito quale “progetto di miglioramento del servizio giustizia, che, prendendo spunto da prassi virtuose di revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, consente di supportare i processi di innovazione negli uffici giudiziari”.

Al di là dei modelli organizzativi adottati dai singoli uffici giudiziari, che riflettono le specificità territoriali, si registra, con riferimento alle sezioni lavoro, un impiego di tali addetti in attività di supporto alla funzione giurisdizionale proprio nella materia previdenziale ed assistenziale perché, sebbene parte del nostro contenzioso assistenziale- e mi riferisco al dato numerico dei procedimenti per ATPO – non rientri nell’aggregato dell’arretrato che dovrà essere smaltito, esso sicuramente confluisce in quello per la riduzione del c.d. disposition time altro obiettivo che, in attuazione del PNRR, deve essere perseguito.

Proprio perché tali funzionari sono di “supporto” all’attività giurisdizionale ed ad un’ottimale organizzazione del sistema giustizia, anch’esso proiettato nella c.d. transizione digitale, questi funzionari potrebbero contribuire alla “corretta tenuta del fascicolo informatico” attraverso lo svolgimento di quell’attività periodica di controllo, prima richiamata, funzionale alla corretta organizzazione del lavoro del singolo e, quindi, sezionale.

Conclusivamente vorrei condividere una considerazione che ha sempre animato la mia azione giudiziaria: la consapevolezza degli strumenti è la base per ogni cambiamento che, se funzionale ad una migliore organizzazione del lavoro, non può incontrare le resistenze del singolo magistrato che non risponde a bisogni ma rende un servizio dove qualità e quantità devono inevitabilmente essere coniugate in attuazione dei valori costituzionali che presidiano lo svolgimento della nostra funzione.

Comprendere, conoscere e contribuire alla qualità del dato statistico non significa, quindi, togliere la veste del giudice per indossare quella del matematico, perché non ne saremmo capaci, ma nei limiti delle nostre competenze e nell’esercizio delle nostre prerogative significa poter assicurare un servizio che sia sicuramente più trasparente e più efficiente.


[1] Accanto alla riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso; il programma di gestione nel fissare gli obiettivi di rendimento dell’ufficio, deve tener conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno ed infine nell’indicazione dell’ordine di priorita’ nella trattazione dei procedimenti pendenti, considera criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonche’ della natura e del valore della stessa.

[2] La realizzazione del programma di gestione è scandita in tre fasi: raccolta dati (ci pensa il csm, gli uffici li controllano); predisposizione programma da parte del presidente all’esito di un procedimento partecipato; verifica di congruità Consiglio Giudiziario e Commissioni Flussi dei risultati e del coordinamento con DOG .

[3] Il Consiglio Superiore della Magistratura, con le delibere del 25 marzo 2015, del 29 luglio 2015 e del 18 maggio 2016, ha previsto la realizzazione del datawarehouse civile e del datawarehouse penale del Consiglio, contenenti i dati granulari relativi alle statistiche per magistrato, sezione o unità organizzativa degli uffici giudiziari, integrando i dati dei flussi degli uffici giudiziari con le informazioni a disposizione del Consiglio. Datawarehouse (o DW, o DWH) (dall’inglese: magazzino di dati) è un archivio informatico contenente dei dati, che consente di produrre analisi e relazioni utili a fini decisionali .La principale caratteristica è quella di conservare e storicizzare i dati ricavati da interrogazioni periodiche. Tali interrogazioni nel progetto strutturato dal Ministero  hanno periodicità regolabile. Il vantaggio, a differenza della semplice interrogazione dei registri, è, appunto la storicizzazione cioè inserendo una determinata data è possibile sia ottenere dati corretti all’attualità che relativi alla situazione antecedente.

[4] Art. 4 co.10. del d.l. 193/2009 per quanto qui rileva recita “Il  Ministro  della  giustizia  e’ autorizzato ad adottare, ai sensi  dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento al fine di disciplinare la tipologia e le modalita’ di estrazione,    raccolta    e   trasmissione   dei   dati   statistici dell’Amministrazione   della   giustizia   all’archivio   informatico centralizzato  esistente,  senza  nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.

[5] Non dimentichiamo che la circolare RID e MAGRIF 26 ottobre 2016, come modificata al 22 marzo 2017 prevedeva che il giudice assegnatario del procedimento non solo ha il compito di evitare atti processuali indiretti o deviati (omesse riunioni, omessi rinvii ex art. 309 c.p.c. per garantire la permanenza del fascicolo sul ruolo) che non danno effettivo conto della situazione del ruolo assegnatogli ma deve collaborare alla verifica della correttezza dell’anagrafe del fascicolo informatico e della sua catalogazione per materia, per rito, per stato….La circolare in commento è stata superata dalla circolare del 2019 che non fa menzione di questi compiti in capo al singolo togato ma demanda esclusivamente al MAGRIF l’attività di monitoraggio e comunque “impone” ai RID e ai MAGRIF la promozione di prassi virtuose tra il personale di cancelleria, creando consapevolezza tra i magistrati.

[6] In alcuni uffici giudiziari, proprio per una razionale gestione delle pendenze, richiamando atecnicamente il disposto dell’art. 151 disp. att. c.p.c., nei casi di opposizione ad accertamento tecnico preventivo si procede a riunione del procedimento per atpo al fascicolo avente ad oggetto il ricorso in opposizione, sebbene di più recente iscrizione, proprio sulla base della connessione soggettiva e parzialmente oggettiva.

[7] Il dato statistico per la formazione di statistiche corrette deve necessariamente contenere delle informazioni complete,  deve essere corretto e deve essere inserito correttamente; solo in questo modo avrò dati omogeni che mi consentiranno di procedere anche ad una comparazione tra i diversi uffici.

[8] Magna Carta dei giudici in Giustizia insieme n. 3 del 2010.

[9] Gli spunti di riflessione scaturiscono da R. Sabato, Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010, La Magistratura, 2010

[10] 30. L’efficacia dei giudici e dei sistemi giudiziari e una con- dizione necessaria per la tutela dei diritti di ogni persona, per il rispetto delle esigenze di cui all’articolo 6 della Convenzione, per la certezza del diritto e la fiducia del pubblico nello Stato di diritto. 31. L’efficacia sta nell’emettere decisioni di qualità entro un termine ragionevole e sulla base di un apprezzamento equo delle circostanze. Il singolo giudice e tenuto ad assicurare un trattamento efficace degli affari di cui è responsabile, compresa l’esecuzione delle decisioni quando essa è di sua competenza. 32. Spetta alle autorità responsabili per l’organizzazione e il funzionamento del sistema giudiziario creare le condizioni che consentano ai giudici di svolgere la loro missione e raggiungere l’efficacia, ferma la salvaguardia ed il rispetto per l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici.

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25 ottobre 2017

Circolare sull’organizzazione delle Procure

In considerazione del rilievo dell’iniziativa consiliare, che viene a compimento di piu’ di due anni di lavoro, si è decisa la pubblicazione immediata del testo approvato dalla settima commissione nella seduta del 24 ottobre u.s., che verrà accompagnato da una relazione illustrativa, in via di definizione, e dall’opportuno drafting.

L’intervento consiliare nella materia relativa all’organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero ha la finalità di approntare una disciplina generale, chiara e organica, attuativa dei principi espressi nella normativa primaria, e in continuità con le direttrici già individuate nelle risoluzioni del C.S.M. del 2007 e del 2009, che hanno fornito un primo, significativo contributo di riflessione e di orientamento dopo la riforma.

Il testo regolativo recepisce e sistematizza, quindi, il patrimonio di acquisizioni consiliari intervenute nell’ultimo decennio in tema di applicazione degli istituti ordinamentali agli uffici requirenti.

Con la predisposizione di un articolato preciso e chiaro si intende fornire un utile contributo di certezza e prevedibilità, volto a consolidare una cornice di riferimento nitida, idonea a prevenire situazioni contingenti di incertezza o conflittualità all’interno degli uffici.

In quest’ottica il C.S.M., sulla base del dettato normativo che attribuisce al Procuratore della Repubblica il potere di organizzazione dell’ufficio e la titolarità dell’esercizio dell’azione penale, intende favorire la definizione di uno statuto minimo di organizzazione degli Uffici di Procura.

I punti più qualificanti dell’intervento consiliare, caratterizzato da una costante promozione dei principi di partecipazione e leale collaborazione all’interno degli uffici requirenti,  hanno ad oggetto:

1. Il progetto organizzativo,  strumento cardine di gestione dell’attività dell’ufficio, nel quale alla discrezionalità delle scelte  rimesse al Procuratore si accompagna la salvaguardia dei fondamentali valori della prevedibilità, della trasparenza e della verificabilità.

Per questa finalità sono state scandite precise sequenze procedimentali che mirano, nel contempo, a soddisfare istanze di partecipazione dei magistrati dell’ufficio, istituzionalizzando il loro preventivo coinvolgimento nell’adozione del progetto organizzativo e l’interlocuzione, nella forma delle osservazioni, successiva all’adozione dell’atto.

Nell’ambito dell’iter di adozione finale del progetto organizzativo uno snodo centrale è costituito dal coinvolgimento e dal contributo  che possono fornire i Consigli Giudiziari ed il Consiglio Superiore della Magistratura.

E’ stato previsto espressamente, dunque, che i Consigli Giudiziari, ai quali il progetto organizzativo deve essere trasmesso, formulino, entro trenta giorni, un parere, stabilendo un’interlocuzione con il Dirigente, qualora ritenuta necessaria.

Poteri istruttori e la possibilità di formulare osservazioni e rilievi spettano poi al Consiglio.

2. Il Procuratore Aggiunto.  Nella circolare è stato individuato uno statuto minimo delle attribuzioni del Procuratore Aggiunto – figura semidirettiva per la quale  il legislatore del 2006 non aveva individuato compiti e funzioni nell’architettura dell’ufficio – garantendo che a tale figura, al di là delle specifiche disposizioni organizzative, vengano effettivamente riconosciuti compiti di semidirezione.

3. Assenso e Visto. Revoca delle assegnazioni. La circolare ha inteso richiedere al Procuratore della Repubblica una compiuta procedimentalizzazione dell’istituto dell’assenso, previsto dalla legge come obbligatorio per le misure cautelari. Al di fuori di questi casi, si prevede che nel progetto organizzativo il Dirigente può individuare ulteriori categorie di atti che dovranno a lui essere preventivamente trasmessi dai sostituti per la sottoposizione al visto. Si specifica e chiarisce che in questi casi la funzione del visto è meramente conoscitiva, in quanto mira a rendere edotto il Procuratore dell’attuazione, da parte dei sostituti, delle direttive da lui emanate (in conformità al disposto dell’art. 2, 2° comma, del D. Lgs. n. 106/2006) e, per altro verso, tende a favorire la proficua interlocuzione tra i diversi componenti dell’Ufficio di Procura, ed una specifica disciplina risulta dettata per le ipotesi di contrasto.

Anche il potere di revoca dell’assegnazione e della designazione risulta oggetto di un’articolata disciplina, i cui cardini sono rappresentati dall’individuazione dei presupposti, dalla necessità che la revoca sia effettuata comeextrema ratioe dopo accurata  interlocuzione, e dalla necessaria trasmissione dell’atto di revoca, delle osservazioni e delle eventuali controdeduzioni al Consiglio Superiore della Magistratura, che potrà formulare osservazioni  rilievi.

4. Il potere di vigilanza dei Procuratori generali. Il Consiglio ha espresso in forma di articolato i principi già enunciati con chiarezza sul punto, in precedenti delibere (una risposta a quesito e la risoluzione in materia di antiterrorismo) in ordine alla natura del potere di vigilanza, inteso come potere di promozione di moduli organizzativi omogenei nel Distretto, di sollecitazione alla individuazione di soluzioni attraverso protocolli condivisi e di diffusione di buone prassi, con esclusione di poteri di coordinamento investigativo se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

E’ stata formalizzata anche la consueta attività svolta in tale ambito  dal procuratore Generale preso la Corte di Cassazione  

Infine. La circolare estende agli uffici requirenti le norme sul benessere organizzativo, previste nella circolare sulle tabelle.

OGGETTO: Pratica num. 664/VV/2011 – Elaborazione di una risoluzione unitaria in materia di organizzazione degli Uffici del Pubblico Ministero.

Comunico che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 16 novembre 2017, ha adottato la seguente delibera:

“La Settima Commissione referente, a partire dall’inizio dell’attuale consiliatura, ha ritenuto di attribuire priorità, far le iniziative assunte, ad un nuovo, organico e sistematico  intervento nella materia dell’organizzazione degli Uffici requirenti, in continuità e progressione rispetto alle  risoluzioni già adottate dal Consiglio con delibere del 2007 e del2009 aseguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 20.2.2006 n. 106.

I lavori sono iniziati il primo anno, anche con l’ausilio di un magistrato nominato ex art. 28 regolamento contabilità, e con il deposito di un documento preliminare in parte poi assorbito nella relazione illustrativa allegata. Successivamente è stato costituito, nel secondo anno, un Gruppo di lavoro,  a cui hanno partecipato, come relatori, anche componenti esterni alla Settima Commissione, individuati nei quattro consiglieri provenienti dal pubblico ministero e dai presidenti di commissione che si sono succeduti, con l’ausilio dell’ufficio studi e dei magistrati segretari.

Il gruppo di lavoro ha compiuto un attento e preliminare monitoraggio dei progetti organizzativi di tutti gli uffici italiani, ha evidenziato le prassi più diffuse e stratificatesi in questi anni, ed ha  raccolto le delibere di maggior interesse del Consiglio sui vari istituti (es. assenso, revoca, visto, ruolo dei consigli giudiziari, art. 6).

Il Consiglio ha inteso indirizzare questo importante lavoro secondo canoni di confronto e di condivisione con la magistratura requirente, organizzando tre diverse giornate per l’audizione, rispettivamente, dei Procuratori generali e dei Procuratori distrettuali, e di alcuni Procuratori di uffici di media e piccola dimensione, Procuratori Aggiunti e Sostituti Procuratori, per un totale di circa 100 audizioni, che hanno consentito di arricchire e migliorare un iniziale testo di riferimento con le esperienze di chi opera quotidianamente sul campo. Ai lavori hanno partecipato ed offerto contributi anche il Vice Presidente del Consiglio, il Primo Presidente ed il Procuratore Generale della Corte di cassazione.

All’esito, acquisiti anche i contribuiti di consiglieri esterni alla commissione, il testo è stato approvato e posto alla discussione dell’assemblea plenaria.

Come diffusamente espresso nella relazione illustrativa, la circolare offre agli uffici  una disciplina di riferimento, nella forma della normazione secondaria dell’organo di governo autonomo, chiara e organica, attuativa dei principi espressi nella normativa primaria, in piena continuità e progressione  con le direttrici già enunciate nelle risoluzioni del C.S.M. del 2007 e del 2009.

Essa intende altresì consentire anche la piena conoscenza dei dati informativi, attraverso la loro trasmissione al Consiglio  in maniera stabile e continuativa da parte degli uffici, il cui flusso è stato del tutto discontinuo negli anni precedenti. In questo ambito la circolare consentirà di dare concreta attuazione anche al progetto di reingegnerizzazione in corso ed alla delibera del 20 maggio 2015 sui flussi di dati ed informazioni provenienti dalle Procure.

Tanto premesso, il Consiglio

delibera

di approvare il testo della “Circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura”  e della “Relazione introduttiva”;

di dare mandato al Comitato di progetto per la reingegnerizzazione del sistema informativo del CSM di procedere, con l’ausilio della S.T.O., alla creazione del “fascicolo dell’organizzazione della Procura” di cui all’art. 8 co. 7 della circolare e del relativo work flow dagli uffici giudiziari”, anche in attuazione della delibera del 20 maggio 2015.

Relazione introduttiva

§ 1. – Obiettivi ordinamentali e metodiche

La presente circolare realizza un intervento sistematico nella materia dell’organizzazione degli uffici del pubblico ministero, che è stata oggetto di significative modifiche normative, in particolare, per effetto della riforma attuata con D.Lgs. 106 del 2006.  

Il Consiglio ha adottato una disciplina di dettaglio, chiara e organica, attuativa dei principi espressi nella normativa primaria, in piena continuità con le direttrici già enunciate nelle risoluzioni del C.S.M. del 2007 e del 2009, che, dopo la riforma, hanno fornito un primo, significativo contributo di riflessione e di orientamento, elaborato sia tenendo conto dell’esperienza applicativa, seguita alla stessa, che delle deliberazioni consiliari intervenute in sede di valutazione di programmi organizzativi, attuazione del potere di revoca delle assegnazioni e più in generale in materia di rapporti interni fra Procuratore della Repubblica e magistrati dell’ufficio.

Del resto, le periodiche fibrillazioni interne a uffici requirenti, anche di grandi dimensioni, che, in questi anni, sono state portate all’attenzione del C.S.M., pur se per valutazioni afferenti a profili diversi da quelli squisitamente organizzativi, nella scaturigine o per le successive ricadute, sono risultate inscindibilmente connesse a questi ultimi, ponendo un’indicazione ineludibile nel senso della necessità di una maggiore chiarezza nella determinazione di regole di funzionamento in grado di prevenire delicate questioni interne agli uffici..

La predisposizione di un articolato preciso e chiaro è intesa a fornire un utile contributo di certezza e prevedibilità, atto a consolidare una cornice di riferimento nitida, idonea a prevenire situazioni incerte e conflittuali.

Il C.S.M., in quest’ottica, intende, inoltre, favorire l’omogeneità dei modelli gestionali e la definizione di uno statuto minimo di organizzazione degli uffici di procura, rispondente alla struttura precettiva posta dal Legislatore e confacente alle finalità cui l’azione giudiziaria requirente è ontologicamente preordinata.

Si consideri, del resto, che nel pregresso periodo il C.S.M. – fatta eccezione per i progetti organizzativi e le loro più rilevanti modifiche -, di fatto, non ha più ricevuto dati informativi, in maniera stabile e continuativa, da tutti gli uffici requirenti, persino in materie sensibili, come la destinazione dei magistrati ai gruppi di lavoro con le relative assegnazioni degli affari (sul punto una prima decisione è già stata assunta nell’ambito del progetto di reingegnerizzazione del Consiglio Superiore della Magistratura ed attende di essere attuata a seguito della approvazione della circolare).

1.1. Continuità e progressione rispetto alla precedente elaborazione consiliare.

Preliminarmente va evidenziato che resta valido quanto compiutamente argomentato dal C.S.M. nella risoluzione del 12 luglio2007, aproposito del proprio ruolo, alla luce delle novità legislative dell’epoca.

Il testo della risoluzione merita di essere integralmente riportato poiché, per il pregnante valore  ricognitivo che presenta sia in relazione agli spazi di intervento riservati al Consiglio in materia di organizzazione degli uffici requirenti, che dei principi cui deve essere ispirato, esso costituisce  l’obbligato “preambolo” di qualunque successivo intervento di sistemazione evolutiva della materia:

«La definizione degli spazi di intervento dell’organo di autogoverno in relazione alle modalità di esercizio del potere del Procuratore della Repubblica nei rapporti con i sostituti e nell’esplicazione delle competenze più tipicamente organizzative, deve necessariamente partire dall’analisi del quadro normativo complessivo – cioè delle fonti primarie e secondarie – anche  preesistente alla introduzione dell’abrogato art. 7 ter dell’Ordinamento  Giudiziario. L’assetto normativo complessivo, cioè la normativa primaria, in larga parte ancora vigente, nonché quella secondaria, sviluppatasi in data antecedente alla introduzione dell’art. 7 ter O.G., rappresentano, infatti, la volontà di darsi carico dell’attuazione dei principi costituzionali riferibili alla figura del pubblico ministero. Esigenza quest’ultima sempre avvertita, che porta ad interpretare anche la nuova normativa, e le conseguenze che da essa derivano, alla luce dei valori costituzionali espressi dall’ art. 105 e 112 della Cost. In questo contesto spetta, quindi, al CSM   esercitare i propri poteri di indirizzo nei confronti dei titolari degli uffici di Procura quando, come nel caso della formazione del progetto organizzativo, sono in gioco attribuzioni che concorrono ad assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali. Lo esige quella funzione di “vertice organizzativo” dell’Ordine Giudiziario propria del C.S.M. riconosciuta anche dalla Commissione PALADIN (istituita dal Presidente COSSIGA con decreto del 26 luglio 1990 con il compito di indagare, fra l’altro, in ordine al fondamento normativo delle circolari consiliari) laddove nella sua Relazione, proprio a proposito delle “circolari indirizzate dal Consiglio”… agli altri organi dotati di poteri in tema di amministrazione della giurisdizione “,sottolineava come fosse difficile immaginare interventi normativi la cui disciplina fosse “così dettagliata e stringente da annichilire il ruolo che, per una serie di aspetti, compete al Consiglio quale vertice organizzativo della magistratura ordinaria”.

Partendo da ciò, occorre sottolineare come  l’orientamento del Consiglio in riferimento alla organizzazione degli uffici del pubblico ministero sia stabilizzato da oltre un quindicennio e si sia formato attraverso una serie di risoluzioni (3 giugno 1992, 25 marzo 1993, 10 aprile 1996…). Il portato di tali risoluzioni è stato recepito nelle direttive contenute nelle circolari biennali sull’organizzazione degli uffici giudiziari, oggi naturalmente condivise ed attuate dai magistrati, come è dimostrato da molti atti organizzatori degli uffici di procura che sono stati predisposti subito dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 106 del 20.2.2006.

Seguendo i valori di fondo sottesi alla elaborazione consiliare in tema di organizzazione degli uffici giudiziari (che la prassi maturata ha indicato quali positivi e sperimentati modelli di riferimento nei progetti organizzativi addottati dai dirigenti degli uffici), nel rispetto della nuova normativa, l’individuazione di alcune linee guida da parte del Consiglio appare strumento utile ad orientare i Procuratori nello svolgimento delle prerogative organizzative che la legge attribuisce loro, ad assicurare la tendenziale omogeneità a livello nazionale dei progetti organizzativi, a garantire l’adozione di sequenze procedimentali nella loro formazione che permettano il coinvolgimento preventivo di tutti i magistrati dell’Ufficio (nel rispetto dell’art. 107 Cost.), a prevenire squilibri e diseconomie nella gestione delle risorse, valorizzando in primo luogo le risultanze delle analisi dei flussi, a favorire positive relazioni all’interno dell’ufficio. Per tale via, infatti, è possibile, sia  garantire l’ autonomia e l’indipendenza dei sostituti, sia stimolare una nuova cultura della dirigenza che operi verso una gestione trasparente ed efficiente dell’ufficio, capace – all’interno di un corretto rapporto tra potere e responsabilità – di coniugare la cultura delle garanzie a quella dei risultati, sempre comunque nell’ambito proprio del circuito dell’autogoverno».

Il Legislatore ha inteso disegnare un Ufficio di Procura in cui il potere organizzativo spetta al Procuratore della Repubblica e, allo scopo di rafforzare tale indicazione, ha proceduto all’abrogazione espressa dell’art. 7 ter del R.D. n. 12/41, con la conseguente sottrazione dei provvedimenti organizzativi adottati dai singoli Procuratori alla procedura di approvazione cd.tabellare, stabilita, invece, per gli uffici giudicanti. Non di meno, com’è stato già osservato nei precedenti interventi consiliari, tale abrogazione non vanifica, nell’ambito dell’esercizio del governo autonomo, quella poderosa cultura tabellare che, ben prima e a prescindere dall’introduzione del citato art. 7 ter, ha condotto a radicare, nella magistratura italiana, principi e regole di partecipazione e di trasparenza.  Soprattutto, l’intervento abrogativo non incide sulle numerose disposizioni, spesso di fonte sovraordinata, contenute nell’ordinamento e che contribuiscono, in modo diretto o indiretto, a disegnare il volto del modello costituzionale della Procura della Repubblica. Risulta, pertanto, evidente che è compito del Consiglio Superiore della Magistratura innanzitutto quello di valorizzare, in quanto di diretta derivazione da principi costituzionali inderogabili, l’elaborazione culturale che ha contribuito all’individuazione di prassi virtuose nella  gestione degli uffici inquirenti.

L’Organo di autogoverno ha, inoltre, l’onere di ricostruire le correlazioni esistenti tra le varie disposizioni normative che concorrono alla regolamentazione degli uffici inquirenti e di armonizzarle in un modello il più possibile coerente con le indicazioni provenienti da norme di fonte, natura e origine diversa.

È infatti pressoché superfluo ribadire che il dato organizzativo non rappresenta un valore in sé, ma trae legittimazione dalla sua funzionalizzazione al miglior perseguimento dei fini di valenza costituzionale, alla cui realizzazione coopera l’azione giudiziaria.    Tra questi, assumono un evidente rilievo prioritario i principi del giusto processo, dell’indipendenza della magistratura requirente, dell’unicità della giurisdizione e dell’obbligatorietà dell’azione penale, oltre che, naturalmente, dell’efficienza, della trasparenza e del buon andamento degli uffici giudiziari.

Ed è del resto del tutto evidente che il Legislatore costituzionale e il medesimo Legislatore ordinario identifichino l’organizzazione efficiente con quell’organizzazione che consenta di tutelare – nel caso specifico degli uffici di procura – l’esercizio imparziale dell’azione penale, la speditezza del procedimento e del processo, l’esplicazione piena dei diritti di difesa dell’indagato e di effettività dell’azione penale, nonché la pari dignità dei magistrati che concorrono all’esercizio della giurisdizione nel suo complesso.

1.2. Direttrici d’insieme: ordine, chiarezza, uniformità, promozione

Nella delineata cornice, il ruolo dell’Organo di governo autonomo si esprime su due binari concorrenti: l’uno di tipo esterno e generale, l’altro specifico e contingente, riferito alle singole fattispecie previste dalla legge.

Intanto, da un punto di vista esterno alle questioni in esame, il Consiglio Superiore della Magistratura si assume il compito di offrire un contributo di supporto alla giurisdizione, di tipo ricognitivo e ordinatore.

Oltre al corpo normativo unitario di cui al D.L.gs. n. 106/2006, la materia è regolata da una numerosa serie di disposizioni extravagantes,che presentano incidenza, diretta o mediata, sull’organizzazione degli uffici di Procura. Tra le altre, si considerino, ad esempio, le norme che prevedono la funzione semi-direttiva dei Procuratori aggiunti o l’indicazione di priorità nella trattazione degli affari, nonché le regole sul divieto di ultradecennalità nei gruppi di lavoro o che disciplinano l’organizzazione delle Direzioni Distrettuali Antimafia e delle sezioni distrettuali Antiterrorismo, con il relativo coordinamento nazionale della D.N.A.

Il tessuto regolativo è, peraltro, ancor più articolato, data la necessità – imposta da canoni di razionalità, efficienza ed efficacia dell’azione giudiziaria unitariamente intesa – di considerare l’influenza delle previsioni tabellari degli uffici giudicanti sulle regole di funzionamento degli uffici requirenti. Non è evidentemente ipotizzabile, proprio nell’ottica del principio di efficacia e di effettività dell’azione penale, che le regole di funzionamento dei corrispondenti uffici giudicanti, interlocutori costanti delle Procure della Repubblica, non conformino, almeno in parte, anche quelle degli uffici requirenti. Anzi, in questo ambito, una modalità organizzativa regolata da fonte secondaria non può che andare nella direzione della collaborazione e del coordinamento fra i dirigenti degli uffici giudiziari cd. dirimpettai.

Va ancora una volta valorizzata, in questo contesto, la risoluzione del 21 luglio2009 aproposito dell’incidenza diretta sull’organizzazione degli uffici requirenti del precetto costituzionale del giusto processo e della ragionevole durata, previsti dall’art. 111 Cost. Nella risoluzione si precisa, difatti, che, a tali fini, i dirigenti degli uffici requirenti compiano un’attenta, costante e particolareggiata analisi dei flussi e delle pendenze dei procedimenti, eventualmente avvalendosi anche delle Commissioni Flussi istituite presso i Consigli Giudiziari; e, nel rispetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, sentiti i Presidenti dei Tribunali per i profili organizzativi attinenti alla fase processuale, elaborino possibili criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti. Allo stesso tempo, non può fuggire che scelte organizzative proprie degli uffici requirenti possono aver incidenza sui flussi di lavoro dei rispettivi uffici giudicanti (: tale effetto consegue, ad esempio, con la predisposizione di uffici centralizzati per la definizione dei procedimenti con richiesta di decreto penale di condanna ovvero con la formazione di altre strutture finalizzate alla trattazione di categorie omogenee di procedimenti, individuate  in relazione a specifiche tipologie di reati o di particolari protocolli di indagine).

È dunque compito del Consiglio, nell’ambito di tale cornice, da un lato disciplinare e dare corpo alle previsioni di legge, attraverso l’adozione di disposizioni dal carattere regolamentare; dall’altro, mettere a disposizione dei Dirigenti degli uffici di Procura la conoscenza e l’esperienza diffusa, al fine di fornire un possibile percorso organizzativo – cui il dirigente farà auspicabilmente ricorso – che sia in grado di realizzare al meglio gli obiettivi che il Legislatore pone a carico del Procuratore della Repubblica e, al contempo, di assicurare l’autonomia e l’indipendenza dei singoli sostituti e, più in generale, i diritti soggettivi dei singoli magistrati, come declinati dalla legge e dalla normativa consiliare..

S’intende, pertanto, procedere a un’opera di sistemazione e riordino di una disciplina che si è stratificata nel tempo con effetti disorganici e frammentati, fornendo un modello di riferimento organico, chiaro e coerente in se stesso e rispetto all’ordinamento generale. Nella medesima direzione, l’Organo di governo autonomo intende mettere a disposizione un reticolato precettivo essenziale che possa supportare istanze di tendenziale uniformità e coordinamento tra gli uffici requirenti di tutto il territorio nazionale. Assume, in quest’ottica, specifico risalto e significato, siccome direttamente ancorata a principi costituzionali inderogabili, l’auspicata valorizzazione, nella gestione degli uffici inquirenti, di buone prassi, ormai considerate come declinazioni dei valori in essi espressi .

Nella recente e correlata elaborazione consiliare sui modelli virtuosi particolare rilievo assumono proprio gli uffici di Procura,“alle prese con l’esigenza di assicurare, pur con risorse ridotte, un’adeguata risposta all’imponente richiesta di giustizia della collettività, attraverso buone prassi innovative e che sappiano massimizzare l’apporto innovativo dell’informatizzazione per concretizzare il principio di obbligatorietà dell’azione penale”  (cfr delibera 7 luglio 2016).

Dunque, la ” buona organizzazione” assurge a valore di bene strumentale, dal quale dipende in larga parte il tasso di effettività della tutela di diritti individuali dei cittadini e di beni giuridici di rilevanza costituzionale.

È dunque compito del Consiglio, per un verso, attuare e dar corpo alle previsioni di legge; per altro verso, mettere a disposizione dei Dirigenti degli uffici di Procura il patrimonio esperienziale acquisito, così da fornire ai predetti un possibile percorso organizzativo onde realizzare al meglio gli obiettivi che il Legislatore pone a loro carico.

1.3.La morfologia giuridica delpotere organizzativo negli uffici di procura

La dimensione organizzativa degli uffici requirenti, come delineata dalle norme vigenti, presenta precisi tratti caratterizzanti. Il potere organizzativo è assegnato al Procuratore della Repubblica, nell’ambito di un assetto sottratto al sistema tabellare proprio degli uffici giudicanti, in conseguenza dell’abrogazione dell’art. 7 ter del R.D. n. 12/41. Per contro, il potere organizzativo del dirigente dell’ufficio requirente risulta, in sé, assoggettato a tutto quel corpo di norme, di fonte costituzionale, primaria e secondaria, che ne disciplinano e ne regolano l’esercizio.

L’ordinamento giuridico è, infatti, costellato, a tutti i livelli di produzione normativa, di disposizioni che disciplinano l’esercizio dei pubblici poteri e, più in particolare, conformano il “modello costituzionale” della Procura della Repubblica. Dall’impianto sistematico complessivo emerge con chiarezza che il dato organizzativo, e con esso il potere che lo conforma, non è in sé un valore finale e assoluto, ma trae il proprio fondamento legittimante dalla sua funzionalizzazione agli obiettivi di valenza costituzionale.  La gestione di tutti gli uffici giudiziari deve, invero, conformarsi al miglior perseguimento dei fini fondamentali di giustizia, alla cui realizzazione è preordinata l’azione giurisdizionale quoad essentiam.

Nelle scelte del Legislatore, dunque, l’organizzazione efficiente è quella finalizzata a realizzare – nel caso specifico degli uffici di procura – l’esercizio imparziale dell’azione penale, la speditezza del procedimento e del processo, l’effettività dell’azione penale, l’esplicazione piena dei diritti di difesa dell’indagato e la pari dignità dei magistrati che cooperano all’esercizio della giurisdizione nel suo complesso.  Il potere organizzativo, pertanto, per rispondere alla propria vocazione strumentale rispetto al servizio giudiziario da rendere alla cittadinanza, nelle direzioni anzidette, deve conformarsi a chiari canoni e corrette modalità di esercizio.

Di questi canoni e di queste modalità di esercizio s’intende dare, nella presente delibera, una ricostruzione compiuta, ordinata e organica.

1.4. Principi di trasparenza, imparzialità, buon andamento e coerenza nell’esercizio del potere. Il bilanciamento

L’intenzione di ricostruire un assetto organico del sistema organizzativo negli uffici di Procura prende le mosse dall’incontestabile principio che, come tutti i pubblici poteri, anche quello esercitato dal Procuratore della Repubblica deve rispettare l’ampio novero di prescrizioni  generali a esso imposte dalla carta costituzionale e dalla legge. Alle regole comuni si aggiunge, poi, uno statuto speciale, più stringente, valevole per lo specifico ambito di che trattasi.

In tale direzione, come si approfondirà, la previsione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 106/2006 assume un ruolo focale, nella misura in cui stabilisce il principio tendenziale e generale di predeterminazione dei criteri di organizzazione dell’ufficio da parte del Procuratore.

La discrezionalità amministrativa, insita nel potere gestionale affidato al Dirigente dell’ufficio requirente, richiede, dunque, la predeterminazione, da parte di quest’ultimo, delle direttrici essenziali di riferimento nei diversi ambiti tematici considerati dalla norma.

Il “progetto organizzativo” diviene, in questa luce, lo strumento cardine di espressione della discrezionalità del Procuratore e, nel contempo, un essenziale momento di garanzia di istanze di prevedibilità, trasparenza e verificabilità.

I poteri del dirigente si allineano, inoltre, a forme procedimentali, imprescindibili nella moderna dimensione del diritto amministrativo, forme che, attraverso la scansione della sequenza decisionale, mirano a soddisfare istanze di partecipazione, di rispetto del contraddittorio e di giustificazione motivazionale delle determinazioni finali. Oltre alle forme, il potere, in un complesso ed evoluto sistema regolativo, rispetta, in via tendenziale, valori strumentalmente rilevanti, come quello di pari dignità professionale e di indipendenza di tutti i magistrati.

La tenuta del sistema regolativo, esattamente ricostruito nei suoi nessi interni e nelle singole sinapsi normative, risiede in un sapiente bilanciamento tra esigenze contrapposte, che trovano, nel corretto e ragionevole esercizio dei poteri, produttivi momenti di composizione e sintesi tra interessi in tensione. Ed è proprio grazie allo sviluppo di un articolato chiaro e lineare che trova piena espressione e viene messo in luce il sistema di pesi e contrappesi presente nell’ordinamento.

1.5.La posizione del Consigliorispetto al potere organizzativo del Procuratore

La cornice normativa di riferimento riconosce nell’equilibrio di pesi e contrappesi di cui s’è detto un preciso ruolo all’Organo di autogoverno.

Con l’esercizio della prerogativa di nomina del Dirigente dell’ufficio il Consiglio assegna un imprimatur alla gestione della Procura di riferimento, specie ove si consideri che le norme secondarie prevedono che, in sede di scrutinio sui singoli candidati, si tenga conto del modello organizzativo da ciascuno proposto rispetto alla sede di destinazione.  L’intervento consiliare risulta, inoltre, di significativo rilievo al momento della conferma quadriennale del dirigente.

In una pluralità di casi la legge prevede poi che gli atti adottati dal Procuratore siano trasmessi al Consiglio, evidentemente significando che di essi tale Organo deve tenere conto ai fini dell’esercizio delle proprie prerogative in tutte le loro dimensioni esplicative.

In una prospettiva proattiva e collaborativa, il Consiglio, nell’ambito delle proprie competenze, esprime, altresì, rilievi e osservazioni nei casi in cui ravvisi profili di criticità nell’esercizio delle funzioni in questione, onde garantire a tutti i Dirigenti degli uffici requirenti un utile e uniforme quadro di riferimento.

§2. – Esercizio dell’azione penale e organizzazione dell’ufficio nelle previsioni del D.Lgs. 106/2006.

In linea con tali considerazioni preliminari, occorre partire dalla previsione del Decreto Legislativo n. 106/2006 per fissare i contenuti della normativa secondaria e delimitarne l’ambito di intervento.

La norma primaria, com’è noto, individua due macro settori di intervento.

Il primo è quello della gestione e dell’esercizio dell’azione penale da parte del Procuratore.

In quest’ambito, il progetto organizzativo individua i criteri con cui il concreto esercizio dell’azione penale viene ripartito dal Procuratore tra i magistrati dell’Ufficio, attraverso gli istituti delleassegnazioni, delle revoche, dell’assenso sulle misure cautelari, dell’utilizzazione dei V.P.O., dell’eventuale individuazione dei criteri di priorità e della fissazione delle prerogative di semi-direzione attribuite al Procuratore della Repubblica Aggiunto, istituti sui quali si è ritenuto necessario intervenire con una disciplina di dettaglio proprio al fine di assicurare il rispetto dei principi affermati dalla normativa di rango primario.

Il secondo degli indicati macro settori di intervento è quello dell’organizzazione dell’ufficio.

Sotto questo profilo, viene in rilievo il contenuto del progetto: le variazioni,la divisione lavoro, la disciplina dei visti e delle deleghe, tematiche, queste, rimesse alla discrezionale azione del Procuratore, ma che coinvolgono snodi cruciali non solo nella vita lavorativa dei singoli magistrati dell’Ufficio, ma anche in relazione allo svolgimento delle indagini preliminari, all’esercizio dell’azione penale, alla migliore partecipazione della parte pubblica ai giudizi. Appare dunque intuitivo che il programma organizzativo, anche in questo specifico ambito, dovrà essere finalizzato a rendere il più efficiente possibile l’applicazione degli istituti processuali, nell’ottica del perseguimento degli interessi costituzionali posti a presidio della giurisdizione. 

Occorrerà, dunque, disciplinare le diverse modalità organizzative attraverso le quali il Procuratore della Repubblica esercita l’azione penale, di cui è esclusivo titolare. In particolare, in linea con quanto prescritto dalla legge, è necessario distinguere:

2.1.La designazione e la delega

Si tratta di momenti iniziali per la definizione della struttura dell’ufficio, attraverso, appunto, l’individuazione dei magistrati – Procuratori Aggiunti o sostituti – che affiancheranno il Procuratore della Repubblica nel compimento di una serie di funzioni vicarie e di coordinamento di specifici settori. È bene subito anticipare che tale previsione, in particolare con riferimento alla figura del Procuratore Aggiunto e alla tipologia di attività a lui delegabili, si pone in linea con la natura stessa della funzione semi-direttiva di tale magistrato. La medesima previsione, in determinati uffici, della figura di uno o più Procuratori Aggiunti impone difatti che, al di là delle singole disposizioni organizzative, alla stessa sia sempre assicurata l’attribuzione di funzioni di effettivo coordinamento, dal momento che, in caso contrario, ne verrebbe sostanzialmente vanificata la partecipazione alla funzione di direzione, che, invece, è il proprium di essa. Nella sua consistenza minima, la funzione del Procuratore Aggiunto ricomprende, dunque, le duplici funzioni di magistrato requirente e di partecipe alla funzione direttiva dell’Ufficio.

2.2. Le modalità con cui pervenire al corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale

In questo ambito deve essere segnalata, sulla base della risoluzione del 2009, l’incidenza dell’art. 19 del D.Lgs. n. 160/2006, introdotto dal comma 5 dell’art. 2 della legge n. 111, norma che limita la permanenza dei magistrati del pubblico ministero all’interno dei gruppi di lavoro a un periodo massimo compreso tra i cinque e i dieci anni e che il Consiglio ha già, con proprio regolamento del 13 marzo 2008, individuato nel decennio.

L’innovazione comporta, evidentemente, consequenziali proiezioni sul piano organizzativo, così che il dirigente di ogni Procura, nell’assetto che intenderà dare al proprio ufficio, dovrà necessariamente tener conto della scadenza massima, assicurando che, esaurito il decennio di permanenza in un gruppo di lavoro, vengano stabilite le regole per il trasferimento interno del magistrato interessato con le forme e nei termini dettati dal comma 2bisdell’art. 19 del D.Lgs. n. 160/2006 o, se del caso, dalla disciplina transitoria di cui all’art. 5 del regolamento sui termini massimi di permanenza negli incarichi.

La natura primaria della fonte da cui tali adempimenti promanano e il conseguente dovere per il Procuratore della Repubblica di ottemperarvi comportano, di riflesso, che al Consiglio Superiore della Magistratura debba riconoscersi un corrispondente potere di verifica e di eventuale indirizzo per l’adeguamento alla legge delle previsioni dei singoli piani organizzativi, laddove le scelte adottate dal singolo Procuratore non appaiano conformi alla normativa. Per altro verso, va osservato che la disposizione postula un’organizzazione caratterizzata dalla divisione in sezioni o gruppi di lavoro, ovviamente laddove ciò sia possibile in considerazione delle dimensioni dell’Ufficio. Quest’ultima indicazione, d’altronde, è rafforzata, per quegli uffici requirenti ove sono previsti in pianta organica magistrati semi-direttivi, dalla necessità di garantire ai procuratori Aggiunti, come osservato, una funzione di coordinamento di almeno un settore di affari giudiziari predeterminato. I cd. gruppi di lavoro, dunque, trovano fondamento nel sistema di norme primarie nel suo complesso considerato, oltre che nell’elaborazione consiliare pluridecennale sul valore della semi-specializzazione.

Si ripropone in questo ambito il tema, già anticipato, della possibile indicazione dei criteri di priorità, sui quali il C.S.M. ha più volte deliberato e da ultimo con la circolare del 14 luglio 2014 e con la risoluzione dell’11 maggio 2016. Sul punto appare evidente come la natura di scelta organizzativa propria del provvedimento con cui sono adottati i criteri di priorità, espressamente finalizzati a garantire la complessiva ragionevole durata del processo e il buon andamento della risposta di giustizia, imponga una valutazione che, pur nel rispetto tendenziale del principio di omogeneità di trattazione degli affari sul territorio nazionale, sia modulata sulle contingenti necessità operative del distretto.

In altri termini, una volta chiarito che, allo stato della legislazione vigente, l’individuazione di criteri di priorità è legittima solamente quando abbia l’obiettivo di fornire un’adeguata risposta alla domanda di giustizia e non già quello di consentire al magistrato la scelta della tipologia di reati da perseguire, è evidente che tale individuazione, per risultare efficace, deve muovere dall’analisi di dati oggettivi su base territoriale, costituiti, quanto meno, della qualità e della quantità dei procedimenti pendenti.

Consentire la trattazione prioritaria di una ben determinata tipologia di reati, difatti, non permetterà solo di affrontare con maggiore rapidità la richiesta di intervento più pressante proveniente dal territorio, ma assicurerà, altresì, una risposta a tutte le istanze degli utenti del servizio giustizia, attraverso diverse scelte organizzative capaci di differenziare le sole modalità di trattazione degli affari (per esempio privilegiando un rito rispetto a un altro, dedicandovi una diversa forza lavoro, unificandone la trattazione, etc.).

Scelte, queste, ovviamente da condividersi con l’ufficio giudicante del Distretto e nell’ambito della più ampia conferenza distrettuale, suggerita dalla circolare vigente.

È, del resto, del tutto evidente che tali opzioni organizzative non potranno mai fare a meno dell’ausilio dei singoli magistrati dell’Ufficio, particolarmente vicini – proprio per lo svolgimento quotidiano delle funzioni – alle istanze del territorio e, per questo, maggiormente consapevoli delle difficoltà di tradurle in pratica attraverso l’azione giudiziaria. Infine, va rilevato che il Legislatore impone al Dirigente, al fine di assicurare l’obiettivo dell’uniforme esercizio dell’azione penale, di distribuire razionalmente le risorse complessive dell’ufficio, adottando criteri organizzativi realmente incidenti sulla quantità e sulla qualità del lavoro, in base ad una attenta analisi dei flussi, delle pendenze, dei tempi medi di definizione degli affari.

In quest’ambito appare evidente che una verifica di razionalità e ragionevolezza complessiva delle scelte di distribuzione delle risorse deve essere oggetto di analisi e di considerazione in sede di lettura del progetto organizzativo, in quanto funzionale al raggiungimento di quell’obiettivo di garanzia della tutela dei diritti individuali per cui l’ufficio svolge la sua funzione costituzionale.

2.3.  Il dovere di trasmissione dei provvedimenti organizzativi e funzionali al C.S.M. 

La previsione normativa espressa consente di disciplinare la procedura di valutazione del provvedimento organizzativo da parte del C.S.M.

È utile in questa sede evidenziare che il Procuratore della Repubblica è conclusivamente chiamato a determinare i criteri di organizzazione attraverso un documento generale che costituisca regolamentazione delle attività dell’ufficio e autolimitazione dei propri poteri. Il luogo naturale di sintesi di tali concorrenti istanze è, pertanto, il progetto organizzativo, che rappresenta il cardine della struttura organizzativa degli uffici requirenti, secondo quanto ormai costantemente affermato dal C.S.M. sin dal 2006.  Il progetto non rappresenta soltanto un insieme di regole di organizzazione del lavoro dei sostituti e, in genere, per la gestione dell’Ufficio. È viceversa un atto che rappresenta la regola di condotta e di autodisciplina del Procuratore della Repubblica e, al contempo, l’espressione del potere di indirizzo dell’azione dell’Ufficio e dell’onere di organizzazione del lavoro proprio e altrui.

D’altra parte, come ogni strumento organizzativo, esso costituisce attuazione, diretta o indiretta, di scelte di valore proprio in relazione al miglior perseguimento degli obiettivi di tutela cui è rivolta l’azione giudiziaria: è del tutto evidente, ad esempio, che anche la scelta in ordine alla dimensione numerica di una sezione d’indagine specializzata nel perseguimento di determinati reati rappresenta, di per sé, una scelta di valore. Di qui l’opportunità della condivisione di tali opzioni all’interno dell’Ufficio e la necessità della conoscenza delle stesse da parte dell’Organo di autogoverno in funzione della loro armonizzazione.

Appare peraltro chiaro che, nei confini fissati dal Legislatore e, a seguire, dal C.S.M. in esecuzione di principi e precetti primari, il Procuratore della Repubblica, una volta operata la scelta di regolamentare l’Ufficio, dovrà essere custode e garante del rispetto delle regole da lui stesso fissate nel progetto organizzativo.

Le successive modifiche, eventualmente necessarie, in forza di sopravvenuti elementi contingenti o anche semplicemente di ragionati e motivati adeguamenti e rivisitazioni, saranno valutate con particolare attenzione dal C.S.M., sia ai fini del giudizio sulla dimostrata capacità del dirigente di organizzare il proprio ufficio, sia per la verifica del corretto e regolare andamento dello stesso. In ogni caso, proprio la natura del programma organizzativo, inteso quale regola generale dell’Ufficio e di attuazione delle scelte di autonomia direttiva, reclama una sua stabilità.

L’esercizio del potere di autoregolamentazione, difatti, deve rappresentare l’esito di una valutazione complessa e meditata delle scelte operative, tanto da porsi quale regola astratta e generale per la disciplina dell’esercizio delle funzioni riconosciute al Pubblico Ministero. Il valore di tale previsione astratta è tanto più elevato quanto più tali regole siano in condizione di garantire un esercizio stabile e uniforme delle prerogative connesse all’esercizio dell’azione penale, anche per la necessaria e indispensabile riconoscibilità di tali scelte da parte dei cittadini e degli operatori giudiziari nel loro complesso (avvocatura, uffici giudicanti, amministrazione).

La medesima considerazione, evidentemente, assume valore anche in relazione all’esercizio dei diritti e delle facoltà dei singoli magistrati componenti l’Ufficio, che devono poter confidare su uno strumento organizzativo stabile, comprensibile, agile e soprattutto funzionale alle strategie processuali e procedimentali imposte dal codice di rito e dalle prassi giudiziarie.

Una frequente e sistematica emenda di tali regole, non dettata da concrete e comprovate esigenze e successiva alla predisposizione iniziale dell’assetto dell’Ufficio, sarebbe, al contrario, poco in linea con i principi ai quali il programma organizzativo deve essere ispirato, determinando “regole del caso concreto”, potenzialmente disfunzionali rispetto alla logica del riconoscimento delle prerogative direttive in capo al Procuratore della Repubblica e che, come tale, lungi dall’essere attuazione delle prerogative riconosciute al dirigente dal Legislatore, rappresenterebbe una sostanziale vanificazione della suaratioispiratrice.

§ 3. – Analisi dell’articolato

Esaurita l’esposizione dei principi di ordine generale, appare utile procedere a una più dettagliata analisi delle previsioni maggiormente significative dell’articolato normativo.

L’articolo 1 della circolare sancisce, con previsione di carattere generale, il principio secondo il quale tutte le relative disposizioni vanno interpretate e applicate in conformità ai principi costituzionali riferibili alla materia dell’organizzazione degli uffici requirenti, alle previsioni di legge e alla normativa secondaria vigente in materia. Il testo è completato dall’indicazione in nota delle principali circolari e risoluzioni che completano il quadro di riferimento della normativa secondaria applicabile agli uffici requirenti, in modo da configurare la circolare sull’organizzazione delle Procure come il nuovo perno del sistema intorno al quale si muovono le altre fonti di produzione consiliare pregresse  e future.

I successivi articoli 2 e 3 sono poi dedicati ai temi della titolarità e dell’organizzazione dell’ufficio requirente, della ragionevole durata del processo e dell’obbligatorietà dell’azione penale.

In particolare, nel primo si fissano i principi secondo cui l’organizzazione dell’ufficio deve essere funzionale al conseguimento degli obiettivi della ragionevole durata del processo e del corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale e rispettosa delle norme sul giusto processo e sull’indipendenza dei magistrati dell’ufficio, con un preciso riferimento, dunque all’assetto costituzionale di riferimento nel cui perimetro si muovono le norme di rango primario, quelle di produzione consiliare e le stesse determinazioni organizzative dei Procuratori. Di significativo rilievo poi il riferimento ai principi di partecipazione e leale collaborazione che, per un verso (co. 1) devono ispirare l’azione del Dirigente, e per l’altro (co.3) rappresentano un vero e proprio dovere di tutti i magistrati dell’ufficio. Si tratta di norme che hanno innanzitutto un chiaro valore deontologico e, soprattutto,  intendono contribuire a modellare un ufficio requirente che, con riferimento all’attività organizzativa, si caratterizzi per una effettiva partecipazione e per un leale e costruttivo contributo partecipativo di tutti i magistrati, adeguatamente stimolati in questo senso dallo stesso dirigente che, per esercitare responsabilmente le sue scelte, si confronta e pratica il dialogo come metodo privilegiato.

Nel secondo sono, invece, contenute talune prescrizioni funzionali a garantire il principio costituzionale della ragionevole durata dei processi e che, in un’ottica organizzativa integrata, prevedono una doverosa interlocuzione con le Commissioni Flussi e i Presidenti dei Tribunali per gli apporti conoscitivi che da questi possono provenire in relazione, rispettivamente, ai flussi e alle pendenze dei procedimenti e agli esiti delle diverse tipologie di giudizio.

Per le medesime finalità opportunamente si riconosce al Procuratore della Repubblica la facoltà di elaborare criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti, stabilendo un’interlocuzione con il Dirigente dell’ufficio giudicante e avvalendosi anche delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti, in ossequio alle risoluzioni consiliari in materia che indirizzano ormai costantemente i dirigenti a razionalizzare i tempi di smaltimento degli affari secondo logiche di efficienza, qualità e priorità.

Al fine di assicurare il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale e il rispetto del principio del giusto processo, l’articolo 4 enuncia alcune prescrizioni concernenti:

– la distribuzione degli affari tra i magistrati dell’ufficio e la costituzione di dipartimenti, sezioni o gruppi di lavoro;

– il coordinamento di ciascun gruppo di lavoro (da affidarsi di regola a un Procuratore Aggiunto);

– il coordinamento dei gruppi di lavoro, l’elaborazione di protocolli investigativi e organizzativi e la circolazione delle informazionirelative al funzionamento dell’ufficio;

– l’attività dei vice procuratori onorari, con particolare riferimento alla partecipazione quali P.M. in udienza e all’attività di ausilio al togato nella fase delle indagini preliminari;

– l’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro (da effettuarsi, di regola, previo interpello e in ogni caso secondo quanto previsto nel progetto organizzativo, valorizzando le specifiche attitudini dei sostituti, la loro completa formazione professionale, resa possibile anche dalla rotazione periodica, nonché garantendo le esigenze di funzionalità dell’ufficio);

– l’individuazione eventuale dei criteri di priorità nella trattazione degli affari e la verifica periodica della distribuzione dei carichi di lavoro;

– i rapporti dell’ufficio e dei magistrati con l’avvocatura, la cancelleria e le altre istituzioni o enti, nonché i rapporti con la stampa.

Dalla disposizione in parola emerge l’opzione consiliare per un modello organizzativo dinamico, che investe i diversi ambiti strutturali degli uffici requirenti, proteso anche e soprattutto al coinvolgimento dei magistrati, alla loro crescita professionale e alla circolazione delle informazioni, privilegiando l’organizzazione delle indagini attraverso gruppi di lavoro distribuzione degli affari secondo criteri di equità e funzionalità.

Alla figura del Procuratore Aggiunto è dedicato, invece, l’intero articolo 5 della circolare.

Chiara la duplice finalità della disposizione in esame: da un canto, a fronte della carenza di indicazioni nella legge di riforma del 2006, quella di definire la consistenza minima della funzione semidirettiva prevista dalle norme di ordinamento giudiziario che affidano, anche negli uffici requirenti, al Consiglio la nomina di tali figure dirigenziali intermedie,  con la conseguente esigenza di garantire  che a tale figura istituzionale, al di là delle specifiche disposizioni organizzative, siano effettivamente riconosciuti compiti di semidirezione; dall’altro, quella individuare gli ambiti di intervento in tema di organizzazione e fissare i criteri con i quali il Procuratore Aggiunto deve cooperare con il Dirigente e svolgere il necessario compito di coordinamento con i sostituti procuratori.

In apertura si chiarisce che il Procuratore Aggiunto coadiuva, secondo canoni di leale collaborazione, il Procuratore della Repubblica per il conseguimento degli obiettivi organizzativi esplicitati nel progetto, per garantire il buon andamento delle attività dell’ufficio, la corretta ed equa distribuzione delle risorse dello stesso e il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale. Si tratta,  a ben vedere, di un’attribuzione connaturale alla funzione semidirettiva, che prescinde dalle singole deleghe attribuibili dal Procuratore della Repubblica. Emerge, quindi, la figura di un Procuratore Aggiunto che opera in sinergia con il Dirigente, in vista del migliore andamento dell’Ufficio e al quale si applicano, ove compatibili, le previsioni in materia di assegnazioni e coassegnazioni, direttive, revoche e assenso dettate per gli altri magistrati dell’ufficio.

In ogni caso, a garanzia della consistenza minima della funzione semidirettiva, la norma puntualizza che, anche in ipotesi di revoca della delega precedentemente attribuita (da disporsi sempre e comunque con provvedimento motivato sulla base di specifiche esigenze d’ufficio e su cui il Consiglio può esprimersi con eventuali osservazioni e rilievi), il Procuratore dalla Repubblica deve garantire il mantenimento in capo al Procuratore Aggiunto di competenze delegate di coordinamento e/o di direzione.

Alla figura del Vicario è dedicato poi l’art. 6 della Circolare, che risolve, in via definitiva, talune questioni interpretative aperte.

La disposizione, in ossequio alla previsione di rango primario, prevede che la designazione del Vicario possa essere effettuata dal Procuratore della Repubblica tra i soli Procuratori Aggiunti e chiarisce che essa conserva efficacia anche in caso di cessazione dalle funzioni del Capo dell’Ufficio e sino alla nomina del nuovo dirigente.

Vengono, peraltro, introdotte alcune limitazioni alla designazione, correlate a eventuali provvedimenti di non conferma del magistrato nelle funzioni direttive o semidirettive.

Si disciplina altresì l’ipotesi dell’assenza o dell’impedimento del vicario, prevedendosi, per tale eventualità, che la reggenza o supplenza nella direzione dell’ufficio spetti al procuratore aggiunto o, in mancanza, al magistrato più anziano in ruolo. Da ultimo, viene dettata una specifica regola per i casi di assenza o impedimento del Procuratore negli uffici in cui non è nominato un Vicario.

Di peculiare rilevanza appare poi la previsione dell’art. 7 della Circolare, dedicata interamente al progetto organizzativo, strumento cardine di espressione della discrezionalità programmatica e organizzativa del Procuratore e, al contempo, essenziale momento di garanzia dei valori di trasparenza, prevedibilità e verificabilità.

Nel suo incipit la norma fissa cadenze temporali per la redazione del progetto organizzativo.

Si tratta di previsioni di peculiare rilievo, in quanto, nel prevedere un allineamento dei tempi di redazione e vigenza dei documenti organizzativi degli uffici requirenti e degli uffici giudicanti, consente di attuare quel dialogo e quella collaborazione fra uffici, a livello di determinazione dei rispettivi moduli organizzativi, che il Consiglio costantemente auspica e promuove per assicurare efficienza e qualità della giurisdizione.  

Il secondo comma individua poi gli elementi alla stregua dei quali conformare l’organizzazione dell’Ufficio e gli obbiettivi processuali e di produttività da perseguire, in tal modo elevando il progetto organizzativo al rango di effettivo strumento programmatico.

Il successivo terzo comma, in un’ottica di trasparenza e predeterminazione, pone la regola generale secondo cui il Procuratore della Repubblica, nel progetto, definisce i criteri di assegnazione e di coassegnazione degli affari a singoli sostituti o a gruppi di essi e specifica che tali criteri devono assicurare una distribuzione equa e funzionale dei carichi di lavoro. Il progetto organizzativo diviene così il luogo nel quale il Procuratore disciplina contestualmente le regole di organizzazione e quelle di assegnazione, nell’esercizio del suo potere di direzione e di titolarità dell’esercizio del’azione penale.

Nel rinviare alla lettura della disposizione per la disciplina di dettaglio, va rimarcato che la norma in commento tiene conto delle prassi operative formatesi negli anni presso gli Uffici requirenti e formalizzate nei rispettivi progetti organizzativi posti in questi dieci anni all’attenzione del Coniglio da cui si è inteso delineare, nei commi successivi, uno schema tipo di progetto organizzativo, operando, al suo interno, una distinzione tra contenuto necessario e contenuto facoltativo.

Segnatamente, il primo è rappresentato da quel complesso di elementi in carenza dei quali difetterebbe l’essenza stessa di tal genere di documento che, dunque, farebbe emergere una sostanziale elusione del potere – dovere di organizzazione attribuito dal legislatore al dirigente.

Il secondo, invece, ha ad oggetto l’indicazione di tutte le eventuali ulteriori regole organizzative che il Procuratore intenda adottare, significandosi che l’elencazione presente nella norma non ha carattere esaustivo, ma meramente esemplificativo, posto che laratiostessa è quella di garantire i valori della trasparenza e dalla verificabilità, come limite alla discrezionalità insita nelle scelte organizzative.

L’articolo 8 regola il procedimento di formazione e di verifica del progetto organizzativo e delle sue variazioni, partendo dal presupposto della sua esecutività e della sottrazione operata dal legislatore del potere di approvazione da parte del Consiglio.

Viene configurata a tal fine una procedura finalizzata a favorire istanze partecipative e funzionale alla formulazione, da parte del C.S.M., di eventuali osservazioni e rilevi.

Rinviando anche in tal caso alla lettura della disposizione per i dettagli procedimentali, occorre considerare che la norma in esame ha un duplice contenuto. Per un verso, mira ad assicurare un effettivo coinvolgimento dei magistrati dell’Ufficio nel processo decisionale, prevedendo una gradualità di interlocuzioni, modulata a seconda della rilevanza delle previsioni organizzative (un’assemblea generale per l’adozione del progetto; quantomeno la preventiva interlocuzione con gli anzidetti magistrati – in forme variabili ma comunque idonee a garantire un effetiva partecipazione)  per il caso di variazioni rilevanti ai sensi del 2° comma; la mera comunicazione per le variazioni di diversa natura) e riconoscendo, in ogni caso, ai magistrati la possibilità di formulare, sia pure con diverse modalità, osservazioni.

Per altro verso, procedimentalizza l’iter di adozione del progetto organizzativo, il cui snodo centrale è costituito dal coinvolgimento dei Consigli Giudiziari, organo di prossimità del governo autonomo, prima ancora che del Consiglio Superiore della Magistratura.  Si è previsto dunque che i Consigli Giudiziari, ai quali il progetto organizzativo deve essere trasmesso, formulino, entro trenta giorni, un parere, stabilendo un’interlocuzione con il Dirigente, qualora ritenuta necessaria.

Poteri istruttori e di verifica sono simmetricamente riconosciuti al Consiglio Superiore della Magistratura. È previsto, infatti, che la competente commissione referente, nell’ambito dell’attività istruttoria che deve obbligatoriamente svolgere, possa acquisire, in una prospettiva proattiva e collaborativa, elementi di conoscenza anche attraverso la richiesta di chiarimenti al Procuratore e che, in questa stessa prospettiva, l’Assemblea Plenaria, nel prendere atto del provvedimento, possa eventualmente formulare al predetto osservazioni e specifici rilievi. 

E tale ultima eventualità trova razionale fondamento nella ritenuta necessità di rimettere all’Organo di autogoverno della magistratura, cui è riservatoex legenon solo il potere di nomina, ma anche quello di conferma del dirigente, una verifica della rispondenza del progetto organizzativo al rispetto dei criteri di efficienza, efficacia, uniformità, equità e di funzionalità che lo devono caratterizzare, nonché alle previsioni contenutistiche che valgono a connotarlo quale autentico strumento di programmazione e di indirizzo dell’azione dell’Ufficio e come espressione di autolimitazione del proprio potere organizzativo da parte dello stesso Procuratore.

In un’ottica, è bene chiarirlo, innanzitutto di collaborazione degli organi di governo autonomo col dirigente, nel primario obiettivo di assicurare all’ufficio le migliori soluzioni organizzative nel contesto normativo di riferimento, restando il tema della responsabilità del dirigente relegato a momento eventuale ed in ogni caso differito all’atto delle valutazioni di professionalità e della conferma.

Ai provvedimenti attuativi del progetto/modello organizzativo è dedicato l’articolo 9 della circolare.

La norma chiarisce, su un piano generale, che tali provvedimenti devono essere adottati non solo nel rispetto della normativa primaria e secondaria, ma anche in ossequio ai criteri fissati nello stesso progetto organizzativo, coerentemente con il principio dell’autolimite, cui si è fatto diffusamente riferimento.

Nondimeno, qualora si profili la necessità di fronteggiare esigenze sopravvenute o non prevedibili, la disposizione opportunamente ammette la possibilità di derogare ai criteri fissati nel progetto, purché di quelle esigenze sia data adeguata motivazione.

Particolare attenzione, in ragione della loro delicatezza, è riservata ai provvedimenti sulle assegnazioni ai gruppi di lavoro e a quelli che incidono sulle assegnazioni dei procedimenti, prevedendosi, anche per essi, l’obbligo di comunicazione ai magistrati dell’ufficio e di trasmissione, con le eventuali osservazioni, al C.S.M. per le verifiche di competenza.

Per tutti gli altri provvedimenti attuativi si prevede, invece, la mera possibilità di trasmissione al C.S.M. da parte del Procuratore o del magistrato interessato, restando in ogni caso ferma la possibilità per il Consiglio di formulare osservazioni e rilievi.

Gli articoli 10, 11 e 12 disciplinano, rispettivamente, gli istituti dell’assegnazione e della coassegnazione, dell’assegnazione di singoli atti e della designazione.

Di fondamentale importanza i criteri enunciati con riguardo agli istituti dell’assegnazione e della coassegnazione dei procedimenti, fermo il potere di auto assegnazione del Procuratore purchè esercitato con adeguata motivazione.

In particolare, si specifica che tanto l’assegnazione quanto la coassegnazione spiegano i propri effetti per tutto il periodo delle indagini preliminari e fino alla definizione del procedimento, chiarendosi altresì che esse attribuiscono al magistrato la conduzione delle indagini e la determinazione degli esiti finali del procedimento stesso.

Fermo poi il principio secondo cui il Procuratore con l’atto di assegnazione o di coassegnazione può stabilire i criteri cui il sostituto deve attenersi, opportunamente si esplicita in nota che tali criteri devono tendenzilmente ricollegarsi a quelli definiti in via generale, richiamandosi l’opportuna specificazione della risoluzione del 2009.

Sul tema dell’assegnazione di singoli atti sono stati innanzitutto individuati i casi in cui essa può essere disposta; inoltre, è stato enunciato il principio secondo cui essa deve avvenire in osservanza ai criteri indicati nel progetto organizzativo e nel rispetto della sfera di autonomia funzionale e operativa del magistrato.

Con riguardo alla designazione, è stato infine valorizzato il principio in forza del quale i criteri di individuazione del magistrato designato a svolgere le funzioni di P.M. devono assicurare, tendenzialmente e ove possibile, continuità di trattazione tra la fase delle indagini preliminari e quelle successive.

La delicata materia dell’assenso, che, come s’è visto, è disciplinata a livello di normativa primaria dall’art. 3 del D.Lgs. n. 106/2006, forma invece oggetto di una specifica regolamentazione di dettaglio all’art. 13 della Circolare. 

In funzione di salvaguardia dell’esigenza di speditezza del procedimento, opportunamente si prevede che il Procuratore della Repubblica debba disciplinare le modalità di manifestazione dell’assenso, nei casi in cui – in tema di misure cautelari personali – esso ha carattere obbligatorio, prevedendosi, altresì, che, laddove con scelta discrezionale, intenda sottrarre all’assenso le richieste di misure cautelari reali, sia tenuto a individuare queste ultime con direttiva di carattere generale.

Nei commi successivi, per il caso in cui la prestazione dell’assenso abbia formato oggetto di delega al Procuratore Aggiunto o sia stata prevista la formazione differita dello stesso, si richiede che il procedimento strumentale alla sua formulazione sia oggetto di specifica previsione e che siano previamente individuate le regole per la risoluzione di eventuali contrasti, indicando, per quest’ultima ipotesi, come obbligatoria sia l’interlocuzione con il magistrato titolare del procedimento che l’adozione di un decreto motivato. 

Le disposizioni da ultimo indicate si inquadrano, con tutta evidenza, in quella  procedimentalizzazione dei percorsi decisionali, che caratterizza l’intero impianto normativo della Circolare in commento.

All’altrettanto delicato tema del “visto” è dedicato invece il disposto del successivo art. 14 dell’articolato normativo consiliare.

La norma de qua  inizia con una disposizione di carattere generale, stabilendo che il Capo dell’Ufficio può prevedere nel progetto organizzativo che gli siano previamente trasmessi, per la apposizione del visto, determinati atti o categorie di atti posti in essere dai sostituti.

Trattasi all’evidenza di alcuni atti, di particolare rilievo e ritenuti dal dirigente utili a consentire la conoscenza delle attività più significative dell’ufficio, diversi da quelli per i quali è normativamente prevista la formulazione dell’assenso, e anzi, la precipua finalità della disposizione in commento è proprio quella di operare una chiara distinzione tra i due istituti – quello obbligatorio previsto dalla legge per l’assenso sulle misure cautelari, e quello facoltativo, che assume la forma del c. “visto” e che può essere richiesto dal Procuratore nelle disposizioni organizzative – al fine di prevenire improprie sovrapposizioni.

In questo senso la norma chiarisce che il “visto” ha una specifica funzione conoscitiva e di informazione e non di approvazione del contenuto dell’atto (come per l’assenso di cui al precedente articolo). 

In coerenza con tale natura, e con l’intera ispirazione della circolare, si prevede che in caso di contrasto si pongano reciprocamente in atto tutte le azioni volte ad individuare soluzioni condivise; ulteriormente il quarto comma prevede che in caso di perdurante e non risolvibile contrasto, fermo il potere di revoca del Procuratore della Repubblica nei casi previsti dalla legge, il Dirigente dovrà comunque dare atto delle intercorse interlocuzioni e dell’adempimento da parte del sostituto dell’onere di comunicazione. Laddove non esercitato il potere di revoca previsto dalla legge, il procedimento resterà in capo al magistrato assegnatario per l’ulteriore corso. La norma, nel suo complesso, garantisce la dovuta informazione al Procuratore sugli atti più rilevanti da lui stesso individuati, con la possibilità di contribuire alle determinazioni finali sull’atto attraverso una autorevole interlocuzione con il magistrato assegnatario; assicura in ogni caso un’ultima possibilità di intervento attraverso il possibile esercizio del potere di revoca, seppur chiaramente inteso come estrema ratio; consente, in mancanza, al magistrato assegnatario di procedere oltre anche in caso di dissenso del procuratore che non intenda esercitare la revoca, avendo egli rispettato l’obbligo di comunicazione e di interlocuzione imposto su quel tipo di atto dal progetto organizzativo.      

Una differente soluzione comporterebbe, del resto, una non dovuta  equiparazione tra visto e assenso, estendendo oltre il dettato normativo primario la categoria degli atti in relazione alla cui adozione il Legislatore ha inteso espressamente riservare al Capo dell’Ufficio un intervento di approvazione della decisione.

Disciplinano i diversi istituti della revoca dell’assegnazione e della designazione, nonché della rinuncia all’assegnazione, rispettivamente, gli artt. 15 e 16 dell’articolato normativo consiliare.

In merito alla revoca, le finalità della disposizione, alla cui lettura si rinvia, sono quelle di individuare con chiarezza i presupposti in presenza dei quali è possibile farvi luogo, con un preciso rinvio alla legge primaria, e di favorire inoltre, nell’ottica di extrema ratio che la connota,la massima ricerca di soluzioni condivise e comunque attraverso la massima interlocuzione con il magistrato assegnatario (ed eventualmente con il Procuratore aggiunto).

È riservato in ogni caso all’Organo di autogoverno la verifica, anche sulla base delle osservazioni e delle controdeduzioni dei soggetti coinvolti, della correttezza del provvedimento di revoca con riguardo alla sussistenza dei presupposti, al rispetto delle regole procedimentali, alla ragionevolezza e congruità della motivazione, elementi, questi, in carenza dei quali, il Consiglio può formulare osservazioni e rilievi al Procuratore.

Speculare al potere di revoca del Procuratore è la possibilità, espressamente riconosciuta al sostituto dall’art. 16, di rinunciare all’assegnazione nei casi di insanabile contrasto con il Dirigente, con il Procuratore Aggiunto delegato ovvero con eventuali coassegnatari del procedimento.

A tal riguardo, in coerente simmetria con la precedente disposizione, si prevede che anche la rinuncia avvenga con provvedimento motivato, da comunicare al C.S.M. per la presa d’atto. La norma è posta a presidio della dignità delle funzioni del sostituto che, in un contesto caratterizzato dal ruolo preminente del Procuratore, non può essere costretto a continuare una attività investigativa in cui non crede o ad adottare provvedimenti imposti dal dirigente e per i quali manifesta un insanabile dissenso. 

Con specifica disposizione – segnatamente l’art. 18 – si estendono ai progetti organizzativi delle Procure Generali presso le Corti d’Appello e della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo le previsioni di cui ai precedenti artt. 8 e 9 della Circolare, nonché, in quanto compatibili, le altre disposizioni relative ai progetti organizzativi delle Procure della Repubblica presso i Tribunali, fermo restando il contenuto obbligatorio minimo di tali provvedimenti previsto nella norma in commento (criteri di organizzazione dell’Ufficio, criteri di assegnazione degli affari e, con esclusivo riguardo alla Procura Generale presso la Corte d’Appello, criteri cui attenersi nell’esercizio delle funzioni di avocazione di cui all’art. 412, 1° comma, c.p.p.). La norma intende affermare che la redazione del progetto organizzativo (e delle sue variazioni), inteso come documento fondamentale per l’esercizio delle prerogative del Dirigente e come atto di programmazione delle attività dell’ufficio aperto ai contributi di partecipazione dei magistrati, rappresenta una prescrizione di carattere generale applicabile a tutti gli uffici, e non solo a quelli di primo grado. Opportuno dunque il richiamo alle regole procedimentali applicabili, anche rispetto ai provvedimenti attuativi. In questo senso, il principio di carattere generale è confermato dal successivo art. 22, che fa riferimento anche al progetto organizzativo della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, mettendolo cronologicamente in collegamento con la redazione delle tabelle della Corte di Cassazione. 

L’art. 19 e l’art. 20 descrivono le modalità di esercizio del potere di vigilanza previsto dall’art. 6 d.legs 106/2006. Riprendendo i principi enunciati sul punto dal Consiglio in precedenti delibere afferenti la natura del potere di vigilanza (una risposta a quesito e la risoluzione in materia di antiterrorismo), esso è configurato come potere di promozione di moduli organizzativi omogenei nel Distretto, di sollecitazione all’individuazione di soluzioni attraverso protocolli condivisi e di diffusione di buone prassi, con esclusione, invece, di qualsiasi funzione di coordinamento investigativo, salvo che nei casi espressamente previsti dalla legge. Attività che, essenzialmente volta alla raccolta e promozione di buone prassi, ha un terminale nella specifica attività della Procura Generale presso la Corte di Cassazione che elabora un documento finale annuale da trasmettere al Consiglio per la presa d’atto e chiudere così quel circuito informativo virtuoso che identifica, nella materia, piuttosto che contenuti prestabiliti o imposti, soprattutto un metodo di lavoro fondato sulla circolazione delle pratiche migliori e sulla autorevolezza di tutti gli attori interessati.

L’art.21, incombinato disposto con l’art. 18 co.1,  disciplina i principi caratterizzanti l’esercizio del precipuo potere di avocazione quello dell’avocazione delle indagini in tutte le ipotesi previste e richiamate dall’art. 412 c.p.p., richiedendo al Procuratore generale una disciplina preventiva volta a garantire principi di trasparenza che consentano un utilizzo razionale del potere. La norma richiama poi l’opportunità di una risoluzione consiliare che tenga conto della complessità della materia e che affronti anche le questioni derivanti da recenti riforme legislative sul punto. Si anticipa in ogni caso la necessità di avvalersi del registro penale informatizzato ministeriale e l’opportunità di adottare protocolli con i Procuratori della Repubblica del distretto, anche per l’individuazione di tempistica e modalità di trasmissione degli elenchi di notizie di reato.

L’art. 23 consente l’applicazione della circolare anche alle Procure presso i tribunali per i minorenni, riconoscendone però la specificità e dunque operando un richiamo, immediatamente precettivo, alla compatibilità delle norme, ed uno programmatico, ad una risoluzione specifica del Consiglio, che possa aggiornare quella allo stato vigente.

Da ultimo, l’art. 24 della circolare estende agli uffici requirenti le norme sul benessere organizzativo previste nella circolare sulle tabelle, nell’ambito di una concezione unitaria delle condizioni di lavoro dei magistrati che non può distinguere quelli giudicanti da quelli requirenti.

L’art 25 definisce le norme di chiusura e quelle transitorie. 

PARTE I

PRINCIPI GENERALI

Art.1

Principi generali

1. La presente circolare è adottata in ossequio, oltre che alle previsioni di legge e alla normativa secondaria vigente, ai principi costituzionali riferibili alla materia dell’organizzazione degli uffici requirenti, alla luce dei quali deve essere interpretata ed applicata[1].                                                                

Art. 2

Titolarità e organizzazione dell’ufficio requirente

1. Il Procuratore della Repubblica, titolare esclusivo dell’azione penale, che esercita personalmente o mediante assegnazione a uno o più magistrati dell’ufficio, organizza l’Ufficio al fine di conseguire gli obiettivi della ragionevole durata del processo, anche nella fase investigativa, e del corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale, nel rispetto delle norme sul giusto processo e sull’indipendenza dei magistrati dell’ufficio, ed ispirandosia principi di partecipazione e leale collaborazione.

2. Per assicurare l’efficacia e l’efficienza dell’attività dell’ufficio, il Procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l’ufficio può disporre, nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 106 del 2006.

3. I magistrati dell’Ufficio partecipano alle riunioni, alle assemblee generali e di sezione, e forniscono i contributi in tema di organizzazione quale adempimento di un preciso obbligo funzionale e secondo canoni  di  leale collaborazione

Art. 3

Ragionevole durata del processo e azione penale obbligatoria

1. Allo scopo di garantire la ragionevole durata del processo, il Procuratore della Repubblica assicura un’attenta e particolareggiata analisi dei flussi e delle pendenze dei procedimenti ed il loro costante monitoraggio, anche avvalendosi della Commissione Flussi istituita presso il Consiglio giudiziario della Corte d’Appello, nonché dei dati acquisiti dai Presidenti dei Tribunali sul ricorso ai riti speciali e sugli esiti delle diverse tipologie di giudizio.

2. Il Procuratore della Repubblica, nel rispetto del principio di obbligatorietà dell’azione penale e dei parametri fissati dall’art. 132 bis disp. att. c.p.p. e delle altre disposizioni in materia, può elaborare criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti. Indica i criteri prescelti al fine dell’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, tenendo conto della specifica realtà criminale e territoriale, nonché delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili.

3. Nella elaborazione dei criteri di priorità il Procuratore della Repubblica cura l’interlocuzione con il Presidente del tribunale ai fini della massima condivisione, ed opera sia tenendo conto delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti, sia osservando i principi enunciati nelle delibere consiliari del 9 luglio 2014 e dell’11 maggio2016 intema, rispettivamente, di “criteri di priorità nella trattazione degli affari penali” e di “linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari – rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti”.   

Art. 4

Corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale e giusto processo

1. Il Procuratore della Repubblica, ai fini indicati all’art. 2, comma 1:

a) distribuisce in modo equo e funzionale gli affari tra i magistrati dell’ufficio e – ove le dimensioni lo consentano – cura la costituzione di dipartimenti, sezioni o gruppi di lavoro, modulati alla stregua degli obiettivi individuati sulla base dell’analisi della realtà criminale e nel rispetto della normativa secondaria in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio e , nonché secondo criterichefavoriscano omogeneità e specializzazione;

b) qualora non ritenga di farlo direttamente, affida il coordinamento di ciascun gruppo di lavoro, di regola a un Procuratore Aggiunto ovvero, espressamente motivando, ad un magistrato coordinatore, con le modalità disciplinate nella presente circolare;

c) provvede, con la collaborazione dei Procuratori aggiunti, all’efficace coordinamento fra i gruppi di lavoro, nonché all’eventuale elaborazione di protocolli investigativi ed organizzativi ed alla diffusa e costante circolazione delle informazionirelative al funzionamento dell’ufficio;

d) promuove lo svolgimento di riunioni periodiche tra i magistrati dell’ufficio ovvero dei singoli gruppi di lavoro, al fine di realizzare lo scambio di informazioni sull’andamento dell’ufficio e su fenomeni criminali, novità giurisprudenziali e innovazioni legislative, e per verificare l’andamento del servizio; la partecipazione alle riunioni periodiche costituisce per i magistrati dell’ufficio preciso onere di adempimento dei doveri funzionali. Delle riunioni è sempre formato verbale riassuntivo conservato presso la segreteria del Procuratore o del Procuratore Aggiunto;

e) disciplina l’attività dei vice procuratori onorari, nel rispetto dei limiti posti dalle norme di ordinamento giudiziario e delle direttive consiliari e, in particolare:

– la partecipazione quali P.M. in udienza;

– l’attività di ausilio nella fase delle indagini preliminari alle funzioni del P.M. togato, anche attraverso l’eventuale utilizzo per la definizione dei procedimenti con decreto penale di condanna e nei procedimenti di competenza del Giudice di Pace;

f) procede all’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, di regola previo interpello o, comunque, secondo quanto previsto nel progetto organizzativo, adottando  criteri diretti alla valorizzazione delle specifiche attitudini dei sostituti, alla loro completa formazione professionale, resa possibile anche dalla rotazione periodica, nonché a garantire le esigenze di funzionalità dell’ufficio[2];

g) può individuarei criteri di priorità nella trattazione degli affari, come previsto dall’art. 3;

h) cura la verifica periodica della distribuzione dei carichi di lavoro, al fine di assicurarne la costante equità nel rispetto degli obiettivi di funzionalità ed efficienza dell’ufficio;

i) cura e favorisce i rapporti dell’ufficio e dei magistrati con l’avvocatura, la cancelleria e le altre istituzioni o enti.

l) cura e disciplina i rapporti con la stampa secondo il disposto dell’art. 5, D.lgs. 106/2006.

m) cura di assicurare l’osservanza delle disposizioni relative all’iscrizione delle notizie di reato.

Art. 5

Il Procuratore Aggiunto

1. Il Procuratore Aggiunto coadiuva, secondo canoni di leale collaborazione, il Procuratore della Repubblica per il conseguimento degli obiettivi organizzativi esplicitati nel progetto, per garantire il buon andamento delle attività, la corretta ed equa distribuzione delle risorse dell’ufficio, ed il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale. Esercita le funzioni di coordinamento e di direzione della sezione o del gruppo di lavoro assegnatogli, e le altre funzioni delegate dal Procuratore, che aggiorna costantemente sull’andamento delle sue attività.

2. Nell’ambito di tali attribuzioni, il Procuratore Aggiunto ha, tra l’altro, facoltà di indire riunioni periodiche di coordinamento tra i sostituti e con la polizia giudiziaria, istituire specifici obblighi di riferire e formulare singole richieste di informazioni al titolare del procedimento. Cura, nell’ambito della sezione o del gruppo di lavoro che coordina, che siano rispettati i criteri di assegnazione degli affari e la loro distribuzione in modo equo e funzionale ai sensi dell’art. 4 co.1 lett. a) e dell’art. 7 co. 3, nonché il costante confronto fra i magistrati finalizzato alla omogeneità delle soluzioni investigative ed interpretative.

3 Incaso di contrasto il Procuratore Aggiunto ne riferisce al Procuratore della Repubblica.

4. Negli uffici in cui sono presenti più Procuratori Aggiunti l’attribuzione delle funzioni di cui al comma 1 parte seconda, valutate le esigenze dell’ufficio, avviene, di regola, previo esperimento di interpello o, comunque, secondo quanto previsto nel progetto organizzativo.

5. La delega è revocabile con provvedimento motivato del Procuratore della Repubblica sulla base di specifiche esigenze di ufficio. Il provvedimento di revoca della delega è trasmesso, tramite il Consiglio giudiziario che esprime il parere, al C.S.M. con le eventuali osservazioni del magistrato interessato. Si applicano il comma 5 e 7 dell’art. 15.

6. Inogni caso il Procuratore dalla Repubblica assicura il mantenimento in capo al Procuratore Aggiunto di competenze delegate di coordinamento e/o direzione.

7. Ove previsto dal progetto organizzativo, anche in ragione della dimensione dell’ufficio, il Procuratore Aggiunto svolge altresì funzioni giudiziarie requirenti, in misura ridotta rispetto agli altri magistrati dell’ufficio ed  in proporzione alle concorrenti competenze di direzione e coordinamento.

8. Si applicano, ove compatibili, le previsioni in materia di assegnazioni e coassegnazioni, direttive, revoche ed assenso dettate per gli altri magistrati dell’ufficio.

9. Le previsioni della presente circolare relative al Procuratore Aggiunto si applicano, in quanto compatibili, al magistrato dell’ufficio a cui sono conferite, dal Procuratore della Repubblica, deleghe e compiti di direzione, collaborazione  e coordinamento, sia negli uffici in cui sia prevista la funzione semidirettiva, sia negli uffici che ne sia priva.

Art. 6

Il Vicario

1.Il Procuratore della Repubblica può designare, con decreto motivato, tra i Procuratori Aggiunti il magistrato destinato ad esercitare le sue funzioni in caso di sua mancanza o impedimento.

2. Innessun caso può essere designato un magistrato non confermato nelle funzioni direttive o semidirettive ai sensi degli artt. 45 e 46 d.lgs. 106/2006, per il quinquennio successivo al provvedimento di non conferma. La mancata conferma, ai sensi delle su richiamate disposizioni, del magistrato originariamente designato determina la sua immediata decadenza dall’incarico.

3. La designazione ha efficacia anche in caso di cessazione dalle funzioni del capo dell’ufficio e sino alla nomina del nuovo dirigente.

4. Incaso di assenza o di impedimento del vicario la reggenza o supplenza nella direzione dell’ufficio appartiene al Procuratore Aggiunto o, in mancanza, al magistrato più anziano nel ruolo.

5. Negli uffici in cui non è nominato il Vicario, in caso di assenza o impedimento del Procuratore, la reggenza o supplenza nella direzione dell’ufficio appartiene al Procuratore aggiunto o, in mancanza, al magistrato più anziano nel ruolo.

Art. 7

Il progetto organizzativo

1.In attuazione dell’art. 1 comma 6 d. lgs. 106/2006, il Procuratore della Repubblica, salvo che non ritenga di confermare con provvedimento motivato il progetto organizzativo previgente, redige, con cadenza triennale corrispondente al triennio di vigenza delle tabelle degli uffici giudicanti, un progetto organizzativo, nel quale indica i criteri di organizzazione dell’ufficio e di assegnazione degli affari ai magistrati che lo compongono. Il progetto va redatto entro sei mesi anche dal magistrato che assuma le funzioni di Procuratore della Repubblica nel corso del triennio di validità di quello precedente,dando atto delle soluzioni organizzative presentate al momento della domanda perla nomina. Inquest’ultimo caso, il progetto andrà nuovamente redatto al compimento del triennio di vigenza delle tabelle degli uffici giudicanti.

2. I criteri di organizzazione dell’ufficio sono stabiliti sulla base di una valutazione dei flussi di lavoro e dello stato delle pen­denze, nonché di una analisi dettagliata ed esplicita della realtà criminale nel territorio di competenza individuando  – ove le dimensioni dell’ufficio lo consentano ed in ogni caso negli uffici dotati della funzione semidirettiva – le  articolazioni interne in gruppi di lavoro, con l’indicazione dei magistrati designati, secondo i criteri all’uopo stabiliti, a comporli e a coordinarli, nonché gli eventuali criteri di prioritànella trattazione dei procedimenti e gli obbiettivi di smaltimento dell’arretrato. Con il progetto organizzativo il Procuratore della Repubblica individua gli obiettivi organizzativi, di repressione criminale e di produttività che l’ufficio intende perseguire, dando conto degli obiettivi che l’ufficio è o meno riuscito a conseguire nel precedente periodo.

3. Il progetto organizzativo contiene l’indicazione dei criteri di assegnazione e di coassegnazione degli affari ai singoli magistrati o ai gruppi di lavoro che assicurino l’equa e funzionale distribuzione dei carichi di lavoro. Gli stessi criteri di equità e funzionalità devono caratterizzare anche la distribuzione del lavoro all’interno dei gruppi per i quali siano stati designati magistrati coordinatori.

4. Il progetto organizzativo costituisce il documento programmatico ed organizzativo generale dell’ufficio e contiene in ogni caso:

a) la costituzione dei gruppi di lavoro, ove possibili e nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni, e i criteri di designazione dei Procuratori Aggiunti ai gruppi di lavoro e i criteri di assegnazione dei sostituti procuratori ai gruppi medesimi, secondo procedure trasparenti che valorizzino le specifiche attitudini dei magistrati[3].

b) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti, da effettuarsi in ossequio alle indicazioni di cui al successivo art. 10, e le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.

c) i compiti di coordinamento e direzione dei Procuratori Aggiunti,

d) i compiti e le attività delegate ai V.P.O.; 

e) il procedimento di esercizio delle funzioni di assenso sulle misure cautelari, in ossequio a quanto disposto dall’articolo 13;

f) le ipotesi ed il procedimento di revoca dell’assegnazione, nell’ambito della disciplina di cui all’art. 15 della presente circolare;

g) i criteri generali ai quali i magistrati addetti all’ufficio devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l’ufficio può disporre;

h) per le sole Procure distrettuali, l’indicazione dei criteri per il funzionamento e l’assegnazione dei procedimenti della D.D.A. e delle sezioni antiterrorismo, nel rispetto della specifica disciplina primaria e, rispettivamente, della vigente circolare in materia di Direzioni Distrettuali Antimafia[4] e della vigente risoluzione in materia di antiterrorismo[5];

i) le previsioni relative al rispetto del termine massimo di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio.

5. Il progetto organizzativo contiene eventualmente:

l) i criteri di priorità nella trattazione degli affari;

m) l’individuazione del Procuratore Aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi dell’art. 1 comma 3 d. lgs. 106/2006, con la specificazione dei criteri che ne hanno determinato la scelta;

n) i criteri ai quali i Procuratori Aggiunti e i magistrati dell’ufficio devono attenersi nell’esercizio delle funzioni vicarie o di coordinamento o comunque loro delegate dal capo dell’ufficio;

o) i protocolli investigativi interni in relazione a settori omogenei di procedimenti.

p) la previsione dei visti informativi, di cui all’art. 14 della presente circolare, e delle ipotesi in cui è fatto obbligo al sostituto assegnatario di riferire.

Art.  8

Procedimento di formazione e controllo del progetto organizzativoe delle relative variazioni

1. Il Procuratore della Repubblica redige il progetto organizzativo e/o le sue successive modifiche più rilevanti con la partecipazione dei magistrati dell’ufficio e previa assemblea generale. Redige il provvedimento che intende adottare e lo comunica ai magistrati, i quali possono proporgli osservazioni entro 15 giorni dall’avvenuta comunicazione. Decorso tale termine, il Procuratore della Repubblica adotta il decreto, dando conto delle eventuali osservazioni, e lo comunica ai magistrati. Il decreto è immediatamente esecutivo.

2. Le sole variazioni al progetto organizzativo relative alla costituzione dei gruppi di lavoro, ai criteri di assegnazione agli stessi dei procuratori aggiunti e dei sostituti procuratori, ai criteri di assegnazione dei procedimenti nonché alla disciplina della revoca, dell’assenso e del visto sono adottate, previa interlocuzione con i magistrati dell’ufficio, secondo il procedimento di cui al presente  articolo. In questi casi l’assemblea con i magistrati dell’ufficio è facoltativa.

3. Le altre variazioni dei criteri organizzativi sono comunicate ai magistrati dell’Ufficio e direttamente trasmesse dal Procuratore della Repubblica al CSM. In questo caso, ove ritenuto necessario, si applicano i commi 4 e 5 del presente articolo. 

4. Il Procuratore della Repubblica trasmette il decreto al Procuratore generale presso la Corte d’Appello e, con gli eventuali allegati, compresi i flussi e le statistiche, e le eventuali osservazioni, al C.S.M., per il tramite del Consiglio Giudiziario, che, espletata l’istruttoria e richiesti eventualmente chiarimenti al Procuratore della Repubblica, esprime il proprio parere entro 30 giorni.

5. La competente commissione referente del C.S.M., riceve gli atti, espleta l’istruttoria e può richiedere chiarimenti al Procuratore della Repubblica.

6. All’esito il C.S.M., nel prendere atto del provvedimento, invia al Procuratore della Repubblica eventuali osservazioni e specifici rilievi.

7. I provvedimenti adottati dal Consiglio Superiore della Magistratura sono comunicati al Procuratore della Repubblica interessato, al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ed al Procuratore generale presso la Corte di Appello e sono inseriti nel fascicolo personale del dirigente anche ai fini delle valutazioni di professionalità e della conferma.

8. E’ istituito presso la Settima commissione referente, per la compiuta e costante informazione anche statistica del C.S.M., il “fascicolo dell’organizzazione della Procura” nel quale sono inseriti il progetto organizzativo, le sue conferme, le modifiche e variazioni, i provvedimenti sulle assegnazioni dei magistrati ai gruppi di lavoro e quelli che incidono sulle assegnazioni dei procedimenti ed ogni altro documento avente significativo riflesso sulla organizzazione interna, secondo le modalità informatiche disciplinate dal C.S.M.

9. Il conferimento di incarichi di coordinamento e collaborazione, anche in campo amministrativo, costituisce una modifica del progetto organizzativo, è preceduta di regola da interpello e segue il procedimento delle variazioni di cui al comma 2.

Art. 9

Provvedimenti attuativi

1. Il Procuratore della Repubblica, nell’adozione dei provvedimenti attuativi, è tenuto al rispetto, oltre che della normativa primaria e secondaria, dei criteri e delle disposizioni fissate nel progetto organizzativo, salva la ricorrenza di esigenze sopravvenute o non prevedibili, da esplicitare con adeguata motivazione.

2. Il Procuratore della Repubblica comunica ai magistrati dell’ufficio i provvedimenti sulle assegnazioni ai gruppi di lavoro e quelli che incidono sulle assegnazioni dei procedimenti, e li trasmette al C.S.M., per il tramite del Consiglio Giudiziario,con le eventuali osservazioni degli interessati.

3. I provvedimenti attuativi diversi da quelli di cui al precedente comma 2 possono essere trasmessi al Consiglio dal Procuratore della Repubblica o dal magistrato interessato.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 si applicano, ove ritenuto necessario dal Consiglio, i commi 4 e 5 dell’art.8.

Art. 10

Assegnazione e coassegnazione

1. Il Procuratore della Repubblica, nell’esercizio del potere di assegnazione e di coassegnazione degli affari, si attiene alle modalità indicate all’art. 7, commi 3 e 4, lett. b).  Procede all’autoassegnazione con adeguata motivazione..

2. L’assegnazione e la coassegnazione possono riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti. Nel primo caso, essa spiega i suoi effetti per tutto il periodo delle indagini preliminari e fino alla definizione del procedimento.

3. La coassegnazione è di regola effettuata, secondo le regole del progetto organizzativo, al momento della prima assegnazione del procedimento. La coassegnazione in una fase successiva del procedimento deve essere adeguatamente motivata.

4. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 102 del D.lgs. n. 159/2011.

5. L’assegnazione (e la coassegnazione) conferisce al magistrato la conduzione delle indagini e la determinazione degli esiti finali del procedimento, fatte salve le prerogative del Procuratore della Repubblica previste dalla legge e dalla presente circolare.

6. Con l’atto di assegnazione o di coassegnazione per la trattazione di un procedimento, il Procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività, che dovranno tendenzialmente ricollegarsi a quelli definiti in via generale, assumendo rispetto ad essi carattere attuativo o integrativo;

Art. 11

Assegnazione di singoli atti

1. L’assegnazione di singoli atti è di regola disposta solo nei procedimenti trattati personalmente dal Procuratore della Repubblica o assegnati ai Procuratori aggiunti, secondo i criteri stabiliti nel progetto organizzativo[6]. Negli altri procedimenti essa è disposta in caso di impedimento del magistrato assegnatario o col suo consenso[7]. 

2. L’assegnazione di singoli atti deve essere effettuata nel rispetto della sfera di autonomia funzionale e operativa del magistrato, in modo da non compromettere la dignità delle funzioni dallo stesso esercitate.

Art. 12

Designazione

1. Il Procuratore della Repubblica definisce nel progetto organizzativo i criteri generali di individuazione del magistrato designato a svolgere le funzioni del pubblico ministero nell’udienza penale, curando, ove possibile, che sia garantito il principio della continuità di trattazione tra la fase delle indagini preliminari e le fasi successive.

2. Ai fini di quanto disposto dal comma 1, il Procuratore della Repubblica opera ogni opportuno e preventivo raccordo con il Presidente del Tribunale.

3. Nel corso delle udienze penali, il magistrato designato svolge le funzioni del pubblico ministero con piena autonomia e può essere sostituito, con provvedimento motivato, solo nei casi di grave impedimento, di rilevanti esigenze di servizio e in quelli previsti dall’articolo 36 comma 1, c.p.p. lettere a), b), d), e). Negli altri casi il magistrato può essere sostituito solo con il suo consenso.

Art. 13

Assenso

1. Il Procuratore della Repubblica, anche al fine di salvaguardare l’esigenza di speditezza del procedimento, disciplina espressamente, le modalità di manifestazione del previsto obbligatorio “assenso” di cui ai casi indicati ai commi 1 e 2 dell’art. 3 del D.lgs. n. 106/2006 in tema di misure cautelari. Qualora si avvalga della facoltà di cui all’art. 3, comma 3, D.lgs. n. 106/2006, individua le ipotesi di richiesta di misura cautelare reale sottratte a tale obbligo.

2. Nei casi di eventuale competenza delegata o di formazione differita dell’assenso, definisce il procedimento di formulazione dell’assenso e le regole per la risoluzione di eventuali contrasti.

3. Nei casi previsti dal comma 2, il procedimento dovrà comunque essere definito con decreto motivato assunto dal Procuratore della Repubblica, sentito il magistrato titolare del procedimento.

4. Gli eventuali atti relativi all’interlocuzione sull’assenso non fanno parte del fascicolo di indagine e vanno inseriti in un fascicolo riservato custodito presso la segreteria del Procuratore della Repubblica.

5. Restano salvi i diversi effetti delle specifiche eventuali previsioni relative al provvedimento di visto o all’adempimento dell’obbligo di informazione al Procuratore della Repubblica o al suo delegato.

Art. 14

Visti

1. Al di fuori delle ipotesi disciplinate dagli artt. 3 del D.Lgs. n. 106/2006 e dall’art. 13 della presente circolare, il Procuratore della Repubblica, al fine di garantire il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale, può prevedere nel progetto organizzativo che determinati atti o categorie di atti posti in essere dai sostituti siano a lui preventivamente trasmessi per l’apposizione del “visto”.

2. Il “visto” ha funzione conoscitiva, in ordine all’attuazione, da parte dei sostituti, delle direttive emanate dal Procuratore della Repubblica ai sensi dell’art. 2, comma 2, D.lgs. n. 106/2006, nonché al fine di  favorire l’interlocuzione tra il sostituto, il Procuratore aggiunto ed il Procuratore della Repubblica.  

3. Il magistrato assegnatario trasmette il provvedimento per l’apposizione del “visto” prima della sua esecuzione. In caso di contrasto, il Procuratore della Repubblica, il Procuratore Aggiunto ed il magistrato assegnatario curano, attraverso una specifica interlocuzione e tenendo altresì presenti sia le esigenze di coordinamento sia le ragioni di speditezza legate alla specifica natura dell’atto, di esperire ogni idonea azione volta ad individuare soluzioni condivise.

4. Incaso di perdurante contrasto, fermo il potere di esercitare la revoca nei casi previsti dagli artt. 3 del D.Lgs. n. 160/2006 e 15 della presente Circolare, il Procuratore della Repubblica dà atto dell’avvenuto adempimento dell’onere di comunicazione e dell’esperimento delle interlocuzioni e delle azioni di cui al comma 3, secondo periodo, ed il procedimento resta in capo al magistrato assegnatario per l’ulteriore corso.

5. Gli eventuali atti relativi all’interlocuzione sul visto non fanno parte del fascicolo di indagine e vanno inseriti in un fascicolo riservato custodito presso la segreteria del Procuratore della Repubblica.

6. Le regole che precedono non si applicano alle deleghe in materie amministrative.

Art. 15

Revoca dell’assegnazione e della designazione

1. Se il magistrato non si attiene ai principi e ai criteri definiti dal Procuratore in via generale o con l’assegnazione, ovvero insorge tra il magistrato assegnatario e il Procuratore della Repubblica un contrasto circa le relative modalità di esercizio, il Procuratore della Repubblica, con provvedimento motivato, sentito il magistrato, può revocare l’assegnazione.

2. La revoca può intervenire fino a quando il procedimento non risulti definito. Successivamente, il Procuratore, ove intenda designare altro sostituto in deroga ai criteri generali fissati nel progetto organizzativo, provvede con atto motivato; tuttavia, in caso di regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, la titolarità dello stesso è mantenuta dall’originario assegnatario.

3. Prima di procedere alla revoca, il Procuratore della Repubblica sente il Procuratore Aggiunto,  cura la massima interlocuzione possibile con il magistrato assegnatario, ed esperisce ogni idonea azione volta ad individuare soluzioni condivise.

4. Il procedimento oggetto di revoca è riassegnato secondo le disposizioni del progetto organizzativo sulle assegnazioni.

5. Entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca di cui ai commi 1 e 2, il magistrato può presentare osservazioni scritte al Procuratore della Repubblica, che nei successivi 5 giorni le trasmette, unitamente all’atto di revoca ed ad eventuali proprie controdeduzioni, al Consiglio Superiore della Magistratura affinché verifichi la sussistenza dei presupposti richiesti, il rispetto delle regole procedimentali e la ragionevolezza e congruità della motivazione[8].

6. Il Procuratore della Repubblica, qualora ritenga che la trasmissione degli atti pregiudichi le esigenze di segretezza delle indagini, provvede all’inoltro degli atti, ai sensi del comma che precede, non appena le stesse siano venute meno.

7. Nei casi di ritenuta insussistenza dei presupposti, di violazione delle regole procedimentali o di incongruità della motivazione, il Consiglio Superiore della Magistratura, nel prendere atto del provvedimento, trasmette al Procuratore della Repubblica le relative osservazioni e gli specifici rilievi.

8. I provvedimenti adottati dal Consiglio Superiore della Magistratura sono comunicati al procuratore della Repubblica interessato, al procuratore generale presso la Corte di Cassazione ed al Procuratore generale presso la Corte di Appello e sono inseriti nel fascicolo personale del dirigente anche ai fini delle valutazioni di professionalità e della conferma.

Art. 16

Rinuncia all’assegnazione

1. Nei casi indicati dagli articoli 10.co.6, 11 co. 2, 13, 14, 15, il magistrato assegnatario, riscontrato il contrasto non sanabile con il Procuratore della Repubblica o con il Procuratore Aggiunto delegato, può, con provvedimento motivato, rinunciare all’assegnazione del procedimento, rimettendolo al Procuratore per l’eventuale nuova assegnazione secondo i criteri previsti dal progetto organizzativo per le assegnazioni.

2. Tale facoltà è riconosciuta anche in caso di dissenso e contrasto non sanabile fra i coassegnatari.

3. Gli atti relativi alla rinuncia non fanno parte del fascicolo di indagine e sono custoditi in fascicolo riservato presso la segreteria del Procuratore della Repubblica. Essi possono essere trasmessi, dal Procuratore o dal magistrato, al Consiglio Superiore della Magistratura per la presa d’atto.

Art. 17

Impiego del personale amministrativo e uso delle risorse tecnologiche e finanziarie

1. Nelle determinazioni sull’impiego del personale amministrativo e sull’utilizzo delle risorse tecnologiche e finanziarie, il Procuratore della Repubblica:

a) provvede a programmare l’impiego del personale amministrativo e la gestione delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio coerentemente con l’analisi dei carichi di lavoro e con i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti eventualmente fissati, collaborando, nel rispetto dei ruoli e delle competenze stabilite dalla legge, con la dirigenza amministrativa;

b) promuove la diffusione delle innovazioni informatiche, garantendo collaborazione ai Magrif dell’ufficio ed al Rid del distretto;

c) cura la promozione e la diffusione delle buone prassi di organizzazione, nel rispetto delle delibere consiliari in materia.

Art. 18

Il progetto organizzativo delle Procure Generali presso le Corti d’Appello e della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo

1. Il Procuratore Generale pressola Corted’Appello redige, con cadenza triennale corrispondente al triennio di vigenza delle tabelle degli uffici giudicanti, un progetto organizzativo, nel quale indica i criteri di organizzazione dell’ufficio, di assegnazione degli affari, nonché i criteri cui intende attenersi nell’esercizio delle funzioni proprie di avocazione di cui all’art. 412, comma 1, c.p.p., da compiersi anche tenendo conto dei criteri di priorità elaborati dal Procuratore della Repubblica.

2. Il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo redige, con cadenza triennale, un progetto organizzativo, nel quale indica i criteri di organizzazione dell’ufficio e di assegnazione degli affari.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, si applicano gli artt. 8 e 9 della presente circolare e, in quanto compatibili, le altre disposizioni relative ai progetti organizzativi delle Procure della Repubblica presso i Tribunali.

Art. 19

Attività di vigilanza dei Procuratori generali presso la Corte di appello

1. Il Procuratore Generale presso la corte di Appello, al fine di verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei Procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisce dati e notiziesugli assetti organizzativi ed ordinamentali degli uffici requirenti del distretto, ed opera per favorire soluzioni organizzative ed interpretative condivise, attraverso atti di impulso e coordinamento e promuovendo iniziative e confronti volti a pervenire a tale risultato[9].

2. Nell’esercizio delle competenze di cui al comma 1, il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, riferisce al Procuratore generale presso la Corte di cassazione sull’esito delle attività ex art. 6 d.lgs. n. 106/2006 svolte nel distretto e gli trasmette una relazione con cadenza almeno annuale.

3. Inogni caso, l’attività di vigilanza del Procuratore generale non implica una funzione di coordinamento investigativo, se non nei casi e con i limiti in cui la medesima è prevista espressamente dalla legge.

Art. 20

Competenze in materia di buone prassi organizzative

1. Il Procuratore Generale pressola Cortedi Appello, anche sulla base dei modelli raccolti nella banca dati del Consiglio Superiore della Magistratura, individua, divulga e promuove buone prassi organizzative da offrire agli uffici requirenti del distretto.

2. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, acquisisce ed elabora le informazioni ricevute dai Procuratori Generali presso le Corti di Appello, convoca con cadenza almeno annuale una assemblea dei Procuratori Generali, e redige un documento che trasmette al Consiglio per la presa d’atto. 

 Art. 21

Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell’azione penale

1. Nell’esercizio del potere di avocazione, il Procuratore Generale, in conformità ai principi di obbligatorietà dell’azione penale e di razionalità ed efficienza, osserva i criteri specifici fissati in sede di elaborazione del progetto organizzativo.

2. Al fine di garantire la corretta e compiuta valutazione dei casi e dei presupposti legittimanti l’avocazione, nonché un ordinato, razionale e trasparente esercizio di tale potere, il Procuratore generale, nel rispetto delle indicazioni da individuarsi in una specifica risoluzione del Consiglio, cura, attraverso l’utilizzo del registro penale informatizzato ministeriale, anche mediante l’adozione di protocolli con i Procuratori del Distretto, di indicare tempistica e modalità di trasmissione degli elenchi ai sensi dell’art. 127 disp. att. c.p.p. e 407 co. 3 bis c.p.p.  In tali comunicazioni andranno distinti i procedimenti scaduti con indagini effettuate e quelli senza indagini o con ulteriori indagini da compiere, nonché quelli a trattazione prioritaria che non è stato possibile concludere.

3. Insede di trasmissione dei provvedimenti di avocazione al CSM, il Procuratore Generale cura altresì di indicare i dati riportati al comma che precede.

Art. 22

Il progetto organizzativo della Procura Generale presso la Corte di Cassazione

1. Il Procuratore Generale pressola Cortedi Cassazione redige, con cadenza triennale corrispondente al triennio di vigenza delle tabelle della Corte di Cassazione, un progetto organizzativo, nel quale indica i criteri di organizzazione dell’ufficio e di assegnazione degli affari.

2. Il progetto organizzativo è trasmesso al Consiglio direttivo presso la Corte di Cassazione e al C.S.M. per la presa d’atto.

Art. 23

Criteri organizzativi delle Procure presso i Tribunali per i Minorenni

La disposizioni della presente circolare si applicano alle Procure delle Repubblica presso i Tribunali per i minorenni, in quanto compatibili e nel rispetto delle indicazioni individuate in una specifica risoluzione del Consiglio.

Art. 24

Norma di rinvio

1. Agli uffici requirenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti, in tema di: esoneri (art. 3), tutela della genitorialità, delle esigenze familiari e dei doveri di assistenza (art. 4), collaborazione di un magistrato delegato (art. 14), magistrati in maternità o che provvedano alla cura di figli minori (art. 113), tutela della genitorialità e della malattia (art. 117), divieto di assegnazione di affari nel periodo di congedo (art. 166), referente informatico (art. 218), referente per la formazione (art. 219) e relativi esoneri ed incompatibilità (artt. 220 e 221), componente della Struttura tecnica per l’organizzazione (art. 222, 223), componente dei consigli giudiziari (224 e 225), benessere organizzativo, tutela della genitorialità e della salute (artt. 271-283, escluso l’art. 275).

2. Agli uffici requirenti si applicano altresì le disposizioni contenute nella circolare in materia di referenti distrettuali per l’informatica e l’innovazione, magistrati di riferimento e Ufficio distrettuale per l’innovazione.

Art. 25

Entrata in vigore

 1. Le disposizioni della presente Circolare entrano in vigore immediatamente dopo la loro approvazione da parte dell’assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura. Esse sostituiscono ogni altra previsione incompatibile contenuta in precedenti circolari.

2. I Procuratori Generali presso la Corte d’Appello ed i Procuratori della Repubblica, entro tre mesi dall’entrata in vigore, ove necessario, adeguano i progetti organizzativi o parte di essi alle disposizioni della presente circolare.


[1] Essa si ispira, fra l’altro, alle risoluzioni del 12 luglio 2007 (relativa a “Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 20 febbraio 2006, n.106”) e del 21 luglio 2009 (relativa alla “Organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero”) ed è integrata dalla normativa secondaria di settore del C.S.M., tra cui, in particolare, la Circolare n. P-24930 del 19 novembre 2010 – delibera del 17 novembre 2010 e succ. mod. al 19 ottobre 2016 (“Nuova circolare in tema di organizzazione delle Direzioni Distrettuali Antimafia”), la delibera del 14 dicembre 2011 sul “Periodo di permanenza massima ex art. 19 D.L.vo n. 160/2006 dei magistrati requirenti nel medesimo gruppo di lavoro”, la risoluzione del 9 luglio 2014 in tema di “Criteri di priorità nella trattazione degli affari penali”, la risoluzione dell’11 maggio 2016 in tema di “linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari – rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti”, la risoluzione del 16 marzo 2016 sulla “Organizzazione degli Uffici di Procura competenti per i delitti commessi in materia o con finalità di terrorismo. Rapporti conla Procura Nazionale Antiterrorismo. Coordinamento investigativo; la risposta a quesito del 20 aprile 2016 in materia di “Limiti e modalità di esercizio delle competenze del Procuratore generale della Repubblica pressola Corte d’Appello ai sensi dell’art. 6 D. legs. 106/2006”

[2] Cfr. quanto riportato di seguito in nota all’art. 7 co. 4 lett.a

[3] In linea con la disposizione della norma in commento, e con quanto già indicato nel precedente art. 4,  sono i criteri indicati sia nella Risoluzione del 12 luglio 2007, laddove al punto 3.2.b), si afferma “… In questa prospettiva, qualora i flussi dei procedimenti e la tipologia dei reati lo richiedano, è auspicabile la costituzione di gruppi di lavoro specializzati quale strumento che assicura il perfezionamento delle tecniche di indagine in determinate materia”, sia con la risoluzione del 21 luglio 2009, nella quale quale, al paragrafo 2, è previsto che i Procuratori della Repubblica “… assicurano la più equa e funzionale distribuzione degli affari tra i magistrati dell’ufficio e curano la costituzione di gruppi di lavoro…”e inoltre”… procedono all’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, secondo procedure trasparenti, valorizzando le specifiche attitudini dei sostituti e perseguendo l’obbiettivo di garantire una formazione professionale degli stessi, resa possibile an che dalla rotazione periodica dei sostituti, in modo da assicurare l’acquisizione di una professionalità comune a tutti i magistrati dell’ufficio, modulando i tempi della rotazione sulla base delle esigenze di funzionalità dell’ufficio“.

[4]  Circolare n. P-24930 del 19 novembre 2010 – delibera del 17 novembre 2010 , come mod. al 19 ottobre 2016 e succ.mod. (“Nuova circolare in tema di organizzazione delle Direzioni Distrettuali Antimafia”).

[5] Risoluzione del 16 marzo 2016 sulla “Organizzazione degli Uffici di Procura competenti per i delitti commessi in materia o con finalità di terrorismo. Rapporti conla Procura Nazionale Antiterrorismo. Coordinamento investigativo”.

[6] Nella risoluzione del 12 luglio 2007 al pr. 3.1 b) si legge: E’ necessario inoltre che il procuratore, in sede di definizione dei criteri di organizzazione del lavoro, delinei in termini generali i presupposti  dell’assegnazione al compimento di singoli atti

[7] Cfr., testualmente,  risoluzione del 12 luglio 2007  pr. 3.1 b): detta assegnazione  deve essere innanzi tutto correlata ai procedimenti trattati personalmente dal procuratore. Fuori dei casi – evidentemente eccezionali – di assoluto impedimento del magistrato titolare del procedimento ad adottare atti indifferibili e urgenti, un’assegnazione ad un magistrato dell’ufficio del compimento di singoli atti di un procedimento trattato da altro magistrato si tradurrebbe, in buona sostanza, in una “revoca parziale” dell’assegnazione, come tale  lesiva della dignità delle funzioni svolte dai magistrati (sia dal titolare del procedimento, sia dall’assegnatario) e, comunque, non prevista dalla legge.

[8] In linea con la disposizione della norma in commento sono i principi affermati nella Risoluzione del 12 luglio 2007, laddove, al punto 3.1 d), si è affermato espressamente che il provvedimento di revoca deve essere motivato e che il magistrato destinatario del provvedimento stesso può provocare l’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura perché valuti l’esistenza, la ragionevolezza e la congruità di detta motivazione; i contenuti della Risoluzione in oggetto sono stati peraltro interamente richiamanti in quella successiva del 21 luglio 2009, nella quale risulta altresì compiutamente disciplinata la fase della revoca e quella eventuale, di intervento del Consiglio, conseguente alle osservazioni effettuate dal magistrato destinatario della stessa.

[9] La norma trae spunto da quanto stabilito nell’ultimo paragrafo della risoluzione del 16 marzo 2016 in materia di antiterrorismo e nella risposta a quesito del 20 aprile 2016 in materia di “Limiti e modalità di esercizio delle competenze del Procuratore generale della Repubblica pressola Corte d’Appello ai sensi dell’art. 6 D. legs. 106/2006”