Rassegna cassazione civile gennaio-febbraio 2020

a cura di Andrea Penta

SEZIONI UNITE

Nel procedimento disciplinare riguardante i magistrati sono pienamente utilizzabili le intercettazioni telefoniche o ambientali effettuate in un procedimento penale, purché siano state legittimamente disposte nel rispetto delle norme costituzionali e procedimentali, non ostandovi i limiti di cui all’art. 270 c.p.p., riferibile al solo procedimento penale deputato all’accertamento delle responsabilità penali.

Con riferimento in particolare alle norme applicabili “ratione temporis”, l’art. 6 del d.lgs. n. 216 del 2017 – che ha parzialmente esteso ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni la disciplina delle intercettazioni prevista per i delitti di criminalità organizzata dall’art. 13 del d.l n. 152 del 1991, convertito con modif. in l. n. 203 del 1991 ed integrato con d.l. n. 306 del 1992, conv. con modif. in l. n. 356 del 1992 – è entrato in vigore il 26/1/2018, non essendo tale disposizione indicata tra quelle per le quali l’art. 9 del medesimo decreto legislativo ha disposto il differimento della loro entrata in vigore; la successiva modifica di tale norma, introdotta dall’art. 1, comma 3, della l. n. 3 del 2019 – la quale, abrogando il comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. n. 216 cit. ha eliminato la restrizione dell’uso del captatore informatico nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p., così consentendo l’intercettazione in tali luoghi anche se non vi è motivo di ritenere che vi si stia svolgendo attività criminosa – è a sua volta entrata in vigore, a differenza di altre disposizioni della medesima legge per le quali il legislatore ha differito l’entrata in vigore all’1/1/2020, il decimoquinto giorno dalla pubblicazione della legge sulla G.U., avvenuta il 16 gennaio 2019. Pertanto, possono essere utilizzate nel procedimento disciplinare le intercettazioni effettuate con captatore informatico nella vigenza di tali norme ed in conformità della disciplina dalle stesse introdotta (Sez. Un. civ., sentenza n. 741 del 15 gennaio 2020, Pres. P. Curzio, Rel. M. G. Sambito).

La medesima pronuncia ha affermato che, in tema di composizione della Sezione disciplinare del CSM, nell’ipotesi in cui, per effetto di astensioni e dimissioni di consiglieri appartenenti alla categoria dei magistrati requirenti, il collegio non possa essere integrato da un supplente avente pari funzioni  e sia necessario procedere a nuove elezioni con i relativi tempi tecnici ed il conseguente blocco dell’attività disciplinare cui il Consiglio è tenuto ex art. 105 Cost., deve darsi un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 6 della l.  n. 195 del 1958, intendendo estensivamente il concetto di “supplente corrispondente”, in modo da salvaguardare l’indefettibilità e la continuità della funzione disciplinare attribuita dalla Costituzione direttamente al Consiglio superiore. Ne consegue che, in tale situazione, legittimamente il CSM può procedere, come avvenuto nella specie, alla sostituzione di un componente requirente che sia stato ricusato con un componente giudicante, atteso che l’unico limite va ravvisato nel fatto che la sostituzione non può avvenire con un componente laico se il ricusato è un togato, o viceversa, perché la Costituzione impone una determinata proporzione tra laici e togati e tale equilibrio non può essere alterato.

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato i seguenti principi di diritto: “In tema di notificazioni di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva ed il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017.

La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo” (Sez. Un. civ., sentenza n. 299 del 10 gennaio 2020, Pres. G. Mammone, Rel. A.M. Perrino).

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, in tema di rapporto di lavoro giornalistico, hanno affermato che l’attività svolta dal collaboratore fisso espletata con continuità, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio rientra nel concetto di “professione giornalistica”. Ai fini della legittimità del suo esercizio è condizione necessaria e sufficiente la iscrizione del collaboratore fisso nell’albo dei giornalisti, sia esso elenco dei pubblicisti o dei giornalisti professionisti: conseguentemente, non è affetto da nullità per violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 45 della l. n. 69 del 1963  il contratto di lavoro subordinato del collaboratore fisso iscritto nell’elenco dei pubblicisti, anche nel caso in cui svolga l’attività giornalistica in modo esclusivo (Sez. Un. civ., sentenza n. 1867 del 28 gennaio 2020, Pres. G. Mammone, Rel. A Doronzo).

SEZIONE I

In tema di giudizio di opposizione alla stima per la determinazione dell’indennità di espropriazione, ha affermato che la locuzione «se del caso», di cui all’art. 54, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. (Testo A)» (vigente prima della modifica introdotta dal d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150), dev’essere interpretata nel senso che essa impone l’evocazione in giudizio anche del beneficiario dell’espropriazione, quale litisconsorte necessario, ove quest’ultimo sia soggetto diverso dall’espropriante e dal promotore, non essendo consentito rimettere alla valutazione dell’espropriato, secondo il suo interesse, la citazione in giudizio del beneficiario, in contrasto con la finalità deflattiva del contenzioso ispiratrice della nuova normativa (Prima Sezione civile, ordinanza n. 1090 del 20 gennaio 2020, Pres. P. Campanile, est. C. Parise).  

Decidendo sulla domanda di revisione dell’assegno divorzile determinato anteriormente all’evoluzione giurisprudenziale recata da Sez. 1, 10 maggio 2017, n. 11504, e Sez. U, 11 luglio 2018, n. 18287, in ordine alla sua natura e funzione, ha affermato che tale mutamento dell’orientamento della S.C. non integra, ex se, i giustificati motivi sopravvenuti richiesti dall’art. 9, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 per la revisione dell’assegno, atteso che – in forza della formazione rebus sic stantibus del giudicato sulle statuizioni cd. determinative e del carattere meramente ricognitivo dell’esistenza e del contenuto della regulaiuris proprio della funzione nomofilattica, che non soggiace al principio di irretroattività–il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali degli ex coniugiattiene agli elementi di fatto e deve essere accertato dal giudice ai fini del giudizio di revisione, da rendersi, poi, al lume del diritto vivente (Prima Sezione civile, sentenza n. 1119 del20gennaio 2020, Pres.M.C. Giancola, est. M.G.C. Sambito).

Ha enunciato i seguenti principi di diritto: a) «Nel caso di mora del socio nell’esecuzione dei versamenti, dovuti alla società a titolo di conferimento per il debito da sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale deliberato dall’assemblea nel corso della vita della società, il socio non può essere escluso, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della società; pertanto, ferma la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l’assemblea deve deliberare la riduzione del capitale sociale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall’aumento non onorato, fatto salvo solo il caso in cui lo statuto preveda l’indivisibilità della quota»; b) «Il socio moroso di s.r.l. non è ammesso, secondo il disposto dell’art. 2466 c.c., ad esprimere il proprio voto nelle decisioni e deliberazioni assembleari, ma non perde anche il diritto di controllo sugli affari sociali, ai sensi dell’art. 2476, comma 2, c.c., sino a che egli resti parte della compagine societaria in esito al procedimento intrapreso dagli amministratori» (Prima Sezione civile, sentenza n. 1185 del 21 gennaio 2020, Pres. G. Bisogni, est. L. Nazzicone).

SEZIONE II

Ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite delle questioni di massima, di particolare importanza, concernenti (a) l’individuazione dell’ordinamento cui fare riferimento per qualificare istituti e materie in ambito successorio, ai fini dell’operatività degli artt. 13, comma 1, 15 e 46 della l. n. 218 del 1995, (b) l’applicabilità o meno del rinvio ex art. 13, comma 1, l. n. 218 cit., allorché la legge straniera richiamata sia in contrasto con il principio di unitarietà della successione fissato dal successivo art. 46 della medesima legge, (c) i limiti di operatività della legge straniera richiamata, ove la stessa contempli il cd. principio della scissione, nonché i suoi riflessi sulla validità del titolo successorio e, infine, (d) le conseguenze – sulla regolamentazione del fenomeno successorio – del rinvio alla “lex rei sitae” contenuto nella norma straniera richiamata (Sezione Seconda civile, ord. inter. 3.1.2020, n. 18, Pres. P. D’Ascola, Rel. M. Criscuolo).

Ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, oggetto di contrasto, concernente la natura, i limiti e l’opponibilità del diritto d’uso esclusivo sui beni comuni (Sezione Seconda civile, ord. 2.12.2019, n. 31420, Pres. L.G. Lombardo, Rel. A. Scarpa).

Ha affermato che, nel processo civile, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore; del pari, ove tale ammissione sia stata già concessa, i suoi effetti cessano dal momento in cui il beneficiario nomina un secondo difensore di fiducia (Sezione Seconda civile, sentenza 27.1.2020, n. 1736, Pres. L.G. Lombardo, Rel. C. Besso Marcheis).

Ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la questione di massima di particolare importanza relativa alla natura del rapporto di lavoro  del direttore generale di una ASL ed al suo assoggettamento alla disciplina prevista per i dipendenti pubblici, con particolare riferimento ai limiti di applicabilità della normativa sulle incompatibilità di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, ponendo la conseguente questione se la violazione del carattere di esclusività del rapporto  previsto dall’art. 3 bis, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992, possa costituire, non solo, motivo di risoluzione del contratto con la Regione, ma determinare anche l’irrogazione di una sanzione pecuniaria non prevista dall’ordinamento. (Sezione 2, Ord. interlocutoria, n. 24083/2019, Pres. L. Orilia, Est. M. Falaschi).

Ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione di massima, di particolare importanza, concernente la compatibilità o meno tra l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e la richiesta del difensore di distrazione, in proprio favore, delle spese legali ex art. 93 c.p.c. (Sezione Seconda civile, ord. int. 29.1.2020, nn. 1988 e 1989, Pres. A. Scalisi, Rel. C. Besso Marcheis).

Ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione di massima, di particolare importanza, relativa alla possibilità o meno di contestare gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, per la prima volta, in comparsa conclusionale, nonché alle conseguenze processuali, anche di carattere intertemporale, discendenti dalla soluzione prescelta (Sezione Seconda civile, ord. int. 29.1.2020, n. 1990, Pres. A. Scalisi, Rel. C. Besso Marcheis).

Ha affermato che, ove i coniugi raggiungano, in sede di negoziazione assistita, un accordo di separazione consensuale ex art. 6 del d.l. n. 132 del 2014, conv. dalla l. n. 162 del 2014, comprensivo del trasferimento di diritti immobiliari, la trascrizione di tale accordo richiede, ai sensi dell’art. 5, comma 3, del medesimo d.l. n. 132, l’autenticazione del relativo verbale da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (Sezione Seconda civile, sentenza 21.1.2020, n. 1202, Pres. S. Petitti, Rel. L. Varrone).

Ha chiarito, in tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, che, ove la riparazione o la sostituzione risultino, rispettivamente, impossibile ovvero eccessivamente onerosa, va riconosciuto al consumatore, benché non espressamente contemplato dall’art. 130, comma 2, cod. consumo, ed al fine di garantire al medesimo uno standard di tutela più elevato rispetto a quello realizzato dalla Direttiva n. 44 del 1999, il diritto di agire per il solo risarcimento del danno, quale diritto attribuitogli da altre norme dell’ordinamento, secondo quanto disposto dall’art. 135, comma 2, del cod. consumo (Sezione Seconda civile, sentenza 20.1.2020, n. 1082, Pres. F. Manna, Rel. G. Tedesco).

SEZIONE III

L’art. 8 sexies, comma 2, d.l. n. 208 del 2008, conv. con modif. dalla l. n. 13 del 2009, nel prescrivere la restituzione della quota non dovuta di tariffa da parte dei gestori del servizio idrico integrato entro il termine di cinque anni decorrente dal 1° ottobre 2009, fatta salva la deduzione degli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento già avviate, non ha introdotto una condizione di procedibilità della relativa domanda di rimborso proposta dall’utente, ma, in assenza di una espressa previsione legislativa di tale contenuto, deve essere interpretato, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che i gestori possono dilazionare fino a cinque anni il pagamento, non solo erogando l’importo in forma rateale, ma anche compensandolo con la somma comunque spettante per il complessivo servizio assicurato; in particolare, qualora detta dilazione consegua alla necessità di dedurre i summenzionati oneri, il credito dell’utente diviene illiquido e, quindi, non può essere azionato, gravando, peraltro, sul debitore convenuto l’onere di provare la ricorrenza del fatto impeditivo dell’immediato adempimento, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c.  (Sezione 3, Sentenza 11 febbraio 2020, n. 3314, Presidente A. Amendola, Relatore S.G. Guizzi).

Con la medesima pronuncia, ha precisato che alla mancanza ed alla temporanea inattività degli impianti di depurazione, che giustificano il diritto dell’utente di chiedere ai gestori del servizio idrico integrato la restituzione della quota non dovuta di tariffa, va equiparata la “assoluta insufficienza” di detti impianti poiché, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 39 del 2010 e n. 335 del 2008, il pagamento di un servizio di depurazione del quale non si è comunque potuto usufruire per fatto non imputabile è da ritenere, in ogni caso, indebito (Sezione 3, Sentenza 11 febbraio 2020, n. 3314, Presidente A. Amendola, Relatore S.G. Guizzi).

Ha rimesso all’esame del Primo Presidente, per la valutazione dell’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della S.C., la seguente questione di massima di particolare importanza:

– se l’art. 122 del codice delle assicurazioni private debba interpretarsi, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel senso che la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico comprenda e sia riferita a quella su ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale (Sezione III, Ordinanza interlocutoria 18 dicembre 2019, n. 33675, Presidente A. Amendola, Relatore P. Porreca).

Ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 62 ss. d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui istituiscono i giudici ausiliari d’appello e prevedono l’assegnazione di tali giudici onorari all’esercizio di funzioni giurisdizionali in organi collegiali, per contrasto con gli artt. 106, comma 2, Cost. («La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.») e 102 Cost. (Terza Sezione civile, ordinanze interlocutorie n. 32032 del 9 dicembre 2019, Pres. A. Amendola, est. S. Olivieri, e n. 32033 del 9 dicembre 2019, Pres. A. Amendola, est. C. Graziosi).

Ha rimesso all’esame del Primo Presidente, per la valutazione dell’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della S.C., le seguenti questioni, oggetto di contrasto nella giurisprudenza di legittimità:

– se, in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, l’espressione “legittimi eredi”, ove presente nel contratto, sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o si riferisca, invece, agli effettivi destinatari dell’eredità;

– se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione dell’indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi;

– se, in quest’ultima ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti per legge o se la natura di diritto proprio, sancita dall’art. 1920, ultimo comma, c.c., imponga una divisione di tale indennizzo fra gli aventi diritto in parti eguali (Sezione III, Ordinanza interlocutoria 16 dicembre 2019, n. 33195, Presidente R. Vivaldi, Relatore A. Di Florio).

Ha affermato, in tema di testimoni di giustizia, che le “misure di assistenza” ex art. 16 ter, comma 1, lett. b), d.l. n. 8 del 1991, conv. con modif. dalla l. n. 82 del 1991, e la “capitalizzazione” prevista in alternativa al costo dell’assistenza ai sensi dell’art. 16 ter, comma 1, lett. c), del medesimo d.l. hanno natura indennitaria e non risarcitoria, come si desume dal fatto che sono erogate discrezionalmente dall’autorità competente e che non presuppongono la commissione di un illecito, ma solo la sottoposizione dell’interessato ad un programma di protezione; ne consegue che il relativo credito non è sottratto alla cd. comunione “de residuo” di cui all’art. 179, comma 1, lett. e), c.c. (Sezione 3, Sentenza 11 febbraio 2020, n. 3313, Presidente A. Amendola, Relatore S.G. Guizzi).

Ha rimesso all’esame del Primo Presidente, per la valutazione dell’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti questioni, oggetto di contrasto nella giurisprudenza e, comunque, ritenute di massima importanza:

– se, in caso di ritardo, da parte delle Aziende sanitarie, nel pagamento delle prestazioni farmaceutiche, gli interessi dovuti al creditore vadano determinati al tasso legale ex art. 1284 c.c. od a quello speciale di cui all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2002;

– se l’esistenza dell’Accordo nazionale, previsto dall’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, relativo ai rapporti fra SSN e farmacie, recepito con d.P.R. n. 371 del 1998 e destinato a regolare, quindi, pure quelli intercorrenti fra le stesse farmacie e le Aziende sanitarie, renda inapplicabile la disciplina successivamente introdotta dal d.lgs. n. 231 del 2002 alle prestazioni farmaceutiche, ancorché effettuate dopo l’8 agosto 2002, rappresentando esse adempimento parziale dell’unico rapporto obbligatorio sorto in precedenza tra Aziende sanitarie e farmacie e disciplinato dal citato Accordo nazionale;

– se la conclusione di tale Accordo nazionale impedisca di ravvisare la fonte del rapporto in esame in un negozio, essendo costituita dal regolamento che ha dato esecuzione al medesimo Accordo nazionale, con la conseguenza che le operazioni “de quibus” non potrebbero essere qualificate come transazioni commerciali ai sensi dell’art. 8 d.lgs. n. 231 del 2002;

– se non debba escludersi che l’attività di erogazione dell’assistenza farmaceutica per conto delle AA.SS.LL. sia una transazione commerciale ai fini del d.lgs. n. 231 del 2002, essendo di natura pubblicistica perché dipendente da un rapporto concessorio ed intesa a realizzare l’interesse pubblico alla tutela della salute collettiva (Sezione III, Ordinanza interlocutoria 18 dicembre 2019, n. 33674, Presidente A. Spirito, Relatore L.A. Scarano).

Ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite delleseguenti questioni, già oggetto di contrasti giurisprudenziali:

a) «se sia idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c. la notifica della sentenza di primo grado effettuata ad una pubblica amministrazione nella sua sede, quando tale luogo sia contemporaneamente, oltre che sede dell’ente, anche sede dell’avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio»;

b) «se, nell’ipotesi (a), l’omessa indicazione nell’atto notificato del difensore che ha assistito l’amministrazione sia surrogata dalla circostanza che il nominativo del difensore risulti dall’epigrafe della sentenza notificata» (Terza Sezione civile, ordinanza interlocutoria n. 31868 del5 dicembre 2019, Pres. U. Armano, est. M. Rossetti).

SEZIONE LAVORO

Ha affermato che, nel settore scolastico, la disciplina di diritto interno sul riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli, viola la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE e va disapplicata nei casi in cui l’anzianità effettiva di servizio – non quella virtuale ex art. 489 del d.lgs. n. 297 del 1994 – prestata con rapporti a termine risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 dello stesso decreto (Sez. L sentenza n. 33138 del 16 dicembre 2019, Pres. G. Napoletano, Rel. A. Di Paolantonio).

Ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla questione – ritenuta anche di massima di particolare importanza – sulla portata dell’estensione temporale del principio che ha condotto a riconoscere l’obbligo risarcitorio da mancato o tardivo recepimento della direttiva per le posizioni dei medici specializzandi a cavallo del 1982-1983, per il periodo successivo al 1° gennaio 1983, anche in favore dei medici specializzandi che abbiano iniziato il corso antecedentemente al 1982, sempre relativamente alla frazione temporale successiva al 1982 (Sez. L ordinanza interlocutoria n. 821 del 16 gennaio 2020, Pres. U. Berrino, Rel. R. Arienzo).

Ha chiarito che ai rapporti di collaborazione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, pur non riconducibili ad un “tertium genus” intermedio tra lavoro autonomo e subordinazione, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, senza necessità di ulteriori indagini, tutte le volte in cui, integrandosi il requisito della etero-organizzazione nella fase funzionale di esecuzione del rapporto, le modalità di coordinamento della prestazione, personale e continuativa, del collaboratore, siano imposte dal committente (Sezione Lavoro, Sentenza 24 gennaio 2020, n. 1663, Presidente V. Di Cerbo, Relatore G. Raimondi).

Ha precisato che nel settore scolastico, nelle ipotesi di reiterazione illegittima dei contratti a termine stipulati per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’UE, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia UE nella sentenza dell’8 maggio 2019 (causa C494/17, Rossato), l’immissione in ruolo acquisita da docenti e personale ATA attraverso l’operare degli strumenti selettivi-concorsuali pregressi alla l. n. 107 del 2015, senza preclusione per il risarcimento di eventuali danni ulteriori e diversi, con oneri di allegazione e prova a carico del lavoratore che, in tal caso, non beneficia di alcuna agevolazione probatoria da danno presunto (Sez. L sentenza n. 3472 del 12 febbraio 2020, Pres. G. Napoletano, Rel. A. Torrice).

Ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa alla natura o meno di controversie di lavoro ex art 409 c.p.c. delle cause di opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni in materia di sanzioni lavoristiche, cui si applica il rito del lavoro ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 150 del 2011, anche, e non solo, ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile in tema di sospensione feriale dei termini (Sezione Sesta Lavoro, Ordinanza interlocutoria 29 gennaio 2020, n. 02034, Presidente P. Curzio, Relatore R. Riverso).

Ha chiarito che il regime del cd. “contratto a tutele crescenti” si applica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2015, ai contratti a tempo determinato stipulati anteriormente al 7 marzo 2015 solo ove gli effetti della conversione del rapporto – a seguito di novazione ovvero in ragione del tipo di vizio accertato –  si producano in epoca successiva alla predetta data, restando irrilevante la data della pronuncia giudiziale dichiarativa dell’accertata nullità del termine (Sez. L sentenza n. 823 del 16 gennaio 2020, Pres. V. Di Cerbo, Rel. A.P. Patti).

SEZIONE TRIBUTARIA

In tema di imposte sui redditi, ha rimesso alle Sezioni Unite civili (Sez. Tributaria, ordinanza interlocutoria n. 32571 del 19 settembre 2019, dep. 12 dicembre 2019, Presidente E. Cirillo, Estensore P. Di Marzio), ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la risoluzione della questione di massima di particolare importanza –  in ordine alla quale non si registrano precedenti specifici di legittimità – relativa alla natura giuridica del contributo di solidarietà erogato a favore dei Senatori della Repubblica e, in particolare, se lo stesso abbia natura indennitaria assimilabile al trattamento di fine rapporto ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), del TUIR (che dispone l’assoggettabilità a tassazione separata sia del TFR sia delle “indennità equipollenti” comunque denominate), oppure se lo stesso abbia natura sostanziale di retribuzione differita, corrisposta in conseguenza della cessazione dell’incarico di parlamentare (che, non essendo stata assoggettata ad imposizione all’atto dell’accantonamento, deve esservi sottoposta quando viene erogata, essendo manifestativa di capacità contributiva ex art. 53 Cost.).

In tema di procedimento notificatorio dell’accertamento tributario, ha ritenuto invalida la notifica eseguita dall’Agenzia delle entrate in un comune diverso rispetto a quello del domicilio fiscale del contribuente, presso l’indirizzo indicato da Poste italiane individuato mediante il servizio “seguimi”, qualificando detto servizio (di natura contrattuale e finalizzato a far pervenire la corrispondenza – diversa dagli atti giudiziari – all’indirizzo indicato dal richiedente) non equiparabile all’elezione di domicilio di cui all’art. 60, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 (Sez. Tributaria, ordinanza n. 31479 del 25 giugno 2019, dep. 3 dicembre 2019, Presidente C. Magda, Relatore G. Fanticini).