Rassegna Cassazione civile ottobre-dicembre 2019

a cura di Andrea Penta

Nell’arco dell’ultimo bimestre numerose pronunce delle Sezioni Unite meritano di essere segnalate.

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di successione di leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta  a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile; ne consegue che la normativa introdotta con d.l. n. 113 del 2018, convertito con la l. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dall’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tale ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, convertito nella l. n. 132 del 2018 comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge” (Sez. Un. civ., sentenza n. 29459 del 13 novembre 2019, Pres. G. Mammone, Rel. A.M. Perrino).

Con la stessa sentenza hanno enunciato il seguente ulteriore principio di diritto: “In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”.

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato il seguente ulteriore principio di diritto: “in tema di riparto fallimentare, ai sensi dell’art. 110 l.fall. (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore – di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale” (Sez. Un. civ., sentenza n. 24068 del 26 settembre 2019, Pres. V. Di Cerbo, Rel. F.A. Genovese).

Con la medesima sentenza hanno enunciato l’ulteriore seguente principio di diritto: “il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dall’art. 113 l.fall, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinarioper cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.” (Sez. Un. civ., sentenza n. 24068 del 26 settembre 2019, Pres. V. Di Cerbo, Rel. F.A. Genovese).

Molto attesa era la decisione con la quale, decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dall’art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art. 40, comma 2, della legge n. 47 del 1985, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell’azione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della “possibilità giuridica”, e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale. La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell’edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio» (Sez. Un. civ., sentenza n. 25021 del 7 ottobre 2019, Pres. S. Petitti, Rel. G. Bisogni).

Con la stessa pronuncia hanno altresì enunciato il seguente principio di diritto: «In forza delle disposizioni eccettuative di cui all’art. 46, comma 5 del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 40, commi 5 e 6, della legge n. 47 del 1985, lo scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria) relativa ad un edificio abusivo che si renda necessaria nell’ambito dell’espropriazione di beni indivisi (divisione cd. endoesecutiva) o nell’ambito del fallimento (ora, liquidazione giudiziale) e delle altre procedure concorsuali (divisione cd. endoconcorsuale) è sottratta alla comminatoria di nullità prevista, per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi, dall’art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art. 40, comma 2, della legge n. 47del 1985».

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «La nullità del contratto quadro finanziario per difetto di forma scritta, contenuta nell’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 58 del 1998, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore, con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro» (Sez. Un. civ., sentenza n. 28314 del 4 novembre 2019, Pres. G. Mammone, Rel. M. Acierno).

Il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale, non è ammissibile avverso la sentenza resa, nell’esercizio della propria funzione nomofilattica, dall’Adunanza plenaria che, a norma dell’art. 99, comma 4, c.p.c., abbia enunciato uno o più principi di diritto e restituito per il resto il giudizio alla sezione remittente, non avendo detta statuizione carattere decisorio e definitorio, neppure parzialmente, del giudizio di appello, il quale implica una operazione di riconduzione della regula iuris  al caso concreto, che è rimessa alla sezione remittente (Sez. Un. civ., sentenza n. 27842 del 30 ottobre 2019, Pres. G. Mammone, Rel. A.P. Lamorgese).

Decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno enunciato il seguente principio di diritto nell’interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c.: “Impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle Entrate-Riscossione si avvale: – dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con la stessa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1933 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, r.d. cit., – di avvocati del libero foro (nel rispetto degli artt. 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del comma 5 del medesimo art. 1 del d.l. n. 193 del 2016) in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio; quando la scelta tra il patrocinio dell’avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’uno o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza necessità di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità” (Sez. Un. civ., sentenza n. 30008 del 19 novembre 2019, Pres. G. Mammone, Rel. F. De Stefano).

La Prima Sezione civile ha rimesso alle Sezioni Unite civili, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la risoluzione della seguente questione di massima di particolare importanza:

«se sia contrario all’ordine pubblico e quindi non trascrivibile nei registri dello stato civile italiano il provvedimento dell’autorità giudiziaria straniera, che abbia disposto l’adozione di un minore in favore di una coppia dello stesso sesso, ove nessuno degli adottanti risulti legato da vincoli genitoriali biologici con l’adottato» (Prima Sezione Civile, Ordinanza interlocutoria 11 novembre 2019, n. 29071, Pres. M.C. Giancola, Est. A. Fidanzia).

Era auspicabile l’ordinanza con la quale la Prima Sezione civile ha altresì rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale rimessione della causa alle Sezioni Unite ai fini dell’ulteriore approfondimento della seguente questione di massima di particolare importanza: se la disciplina antiusura sia riferibile anche agli interessi moratori, dovendosi in particolare valutare, anche alla stregua del tenore letterale dell’art. 644 c.p. e dell’art. 2 della legge n. 108 del 1996, se il principio di simmetria consenta o meno di escludere l’assoggettamento degli interessi di mora alla predetta disciplina, in quanto non costituenti oggetto di rilevazione ai fini della determinazione del tasso effettivo globale medio; qualora si opti per la soluzione contraria, se, ai fini della verifica in ordine al carattere usurario degli interessi, sia sufficiente la comparazione con il tasso soglia determinato in base alla rilevazione del tasso effettivo globale medio di cui al comma 1 dell’art. 2 cit., o se, viceversa,la mera rilevazione del relativo tasso medio, sia pure a fini dichiaratamente conoscitivi, imponga di verificarne l’avvenuto superamento nel caso concreto, e con quali modalità debba aver luogo tale riscontro, alla luce della segnalata irregolarità nella rilevazione (Prima Sezione civile, ordinanza interlocutoria n. 26946 del22 ottobre 2019, Pres.C. De Chiara, est. G. Mercolino).

Nel periodo in esame numerosi provvedimenti di rilievi sono stati adottati dalla Seconda Sezione.

Ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione, oggetto di contrasto, concernente l’ammissibilità della notifica all’estero, a mezzo posta e non tramite l’Autorità  centrale dello Stato del destinatario, come consentito dall’art. 16 del Reg. UE n. 1393 del 2007, del verbale di accertamento di infrazione al codice della strada, quale atto organicamente inserito nella procedura per l’irrogazione di una sanzione amministrativa (Sezione Seconda civile, ord. interlocutoria 30.9.2019, n. 24382, Pres. S. Petitti, Rel. S. Gorjan).

Tre pronunce riguardano aspetti di diritto transitorio relativi alla cd. legge Pinto.

Con la prima è stato chiarito che, in assenza di norme che dispongano diversamente ed in forza dell’art. 11 disp. att. c.c., l’art. 2, comma 2-sexies, della l. n. 89 del 2001, introdotto dalla l. n. 208 del 2015, dettando una nuova disciplina della formazione e valutazione della prova nel processo di equa riparazione e dando, dunque, luogo ad uno “ius superveniens”, che opera sugli effetti della domanda e, al contempo, implica un mutamento dei presupposti legali cui è condizionata la disciplina di ogni singolo caso concreto, trova applicazione nei soli giudizi introdotti dopo l’1 gennaio 2016 (Sezione Seconda Civile, Sentenza 10 ottobre 2019, n. 25542, Presidente F. Manna, Relatore. A. Scarpa).

Al contempo, l’art. 2, comma 2-quinquies, della l. n. 89 del 2001, come modificato dalla l. n. 208 del 2015, che esclude l’indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande, trova applicazione nei soli giudizi introdotti dopo l’1 gennaio 2016, per effetto dell’art. 11 disp. att. c.c., in quanto, pur realizzando la recezione di un principio costituente  “diritto vivente”, rientra tra le disposizioni che incidono sulla disciplina giuridica del fatto generatore del diritto all’equa riparazione  (Sezione Seconda Civile, Sentenza 14 ottobre 2019, n. 25826, Presidente S. Petitti, Relatore A. Cosentino).

Con la terza è stato precisato che, in assenza di norme che dispongano diversamente ed in forza dell’art. 11 disp. att. c.c., l’art. 2 bis, commi 1  e 1 ter, della l. n. 89 del 2001, introdotti dalla l. n. 208 del 2015, dettando una nuova disciplina che prevede l’applicabilità dell’abbassamento a 400 euro del minimo annuo, nonché la riducibilità ulteriore di un terzo in caso di rigetto della domanda nel procedimento cui l’azione per l’equa riparazione si riferisce, costituiscono uno “ius superveniens”, che trova applicazione nei soli giudizi introdotti dopo l’1 gennaio 2016 (Sezione Seconda Civile, Sentenza 19 giugno 2019, n. 25837, Presidente F. Manna, Relatore. A. Scarpa).

Ha, inoltre, trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di tre questioni, oggetto di contrasto e di frequente verificazione nelle aule giudiziarie, e precisamente: a) quale sia il regime dell’invalidità afferente la delibera con cui l’assemblea ripartisca gli oneri condominiali in violazione dei criteri normativi o regolamentari di suddivisione delle spese; b) se, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere debba, o meno, operare, allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità; c) se il rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali sia idoneo alla formazione del giudicato implicito sull’assenza di cause di nullità delibera sottostante (Sezione Seconda civile, ord. interlocutoria 1.10.2019, n. 24476, Pres. F Manna, Rel. A. Scarpa).

Sempre in ambito condominiale è stato chiarito che le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, vanno ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri – sia pure solamente parziale – alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari, né potendo a tal fine rilevare i diversi criteri di riparto dettati da una delibera di giunta regionale, che pur richiami specifiche tecniche a base volontaria, in quanto atto amministrativo comunque inidoneo ad incidere sul rapporto civilistico tra condomini e condominio (Sezione Seconda civile, ord. 4.11.2019, n. 28282, Pres. A. Carrato, Rel. A. Scarpa).

La Sezione ha altresì rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la risoluzione della seguente questione pregiudiziale: se, nell’ipotesi del conducente di automezzo, l’art. 15, comma 7, del Regolamento CEE n. 3281 del 1985, ove delimita l’ambito del lasso temporale tra la “giornata in corso ed i 28 giorni precedenti”, possa essere interpretato come norma che prescriva un’unica complessiva condotta con conseguente commissione di un’unica infrazione ed irrogazione di una sola sanzione ovvero possa dare luogo, con applicazione del cumulo materiale, a tante violazioni e sanzioni per quanti sono  i giorni in relazione ai quali non sono stati esibiti i fogli di registrazione del cronotachigrafo (Seconda Sezione Civile, Ordinanza interlocutoria 13 novembre 2019, n. 29469, Pres. S. Petitti, Est. A. Oricchio).

Di estremo interesse, per le sue ricadute sul piano processuale, è l’ordinanza con la quale ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ponendo la questione se in una transazione o anche, più in generale, in un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta “ad probationem”, sia operativo il divieto della prova per testi e se l’eventuale inammissibilità possa essere rilevata d’ufficio o debba, invece, essere eccepita dalla parte interessata entro il termine di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva alla sua articolazione; il quesito è stato posto all’interno della più ampia questione riguardante l’esistenza o meno di un unitario regime processuale relativo all’inammissibilità della prova testimoniale, derivante dal combinato disposto di cui agli artt. 2725 c. e 2729 c.c., applicabile indifferentemente sia ai contratti per i quali sia richiesta la forma scritta “ad probationem”, sia a quelli per cui la forma è richiesta “ad substantiam” (Seconda Sezione Civile, Ordinanza interlocutoria 20 novembre 2019, n. 30244, Pres. L. Orilia, Est. M. Falaschi).

Infine, ha precisato che la presentazione di un’istanza volta a sollecitare il potere della Corte di cassazione di emendare, d’ufficio, gli errori materiali, ex art. 391-bis c.p.c., non equivale al deposito di un ricorso; sicché, per effetto del rinvio all’art. 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., contenuto nell’art. 391-bis cit., nonché della disciplina generale della correzione dell’errore materiale ex art. 288 c.p.c., a fronte della fissazione dell’udienza camerale, le parti hanno la possibilità di depositare memorie e non anche di proporre controricorso (Sezione Sesta-2 civile, ord. 25.112019, n. 30651, Pres. L.G. Lombardo, Rel. M. Criscuolo).

Anche la Terza Sezione si segnala per significative pronunce.

In tema di locazione di immobile ad uso non abitativo, ha affermato che la clausola del contratto contenente una rinuncia preventiva, da parte del conduttore, all’indennità di avviamento a fronte della riduzione del canone, è, in virtù dell’art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nulla, non essendo precluso al conduttore di rinunciare alla detta indennità successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata (Sezione 3, Sentenza 30 settembre 2019, n. 24221, Pres. A. Amendola, Rel. C. Graziosi).

Sempre in tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, ha chiarito che gli istituti della prelazione e quello del riscatto, contemplati dall’art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, non si applicano al caso in cui una società di persona abbia ceduto in via agevolata, ai sensi dell’art. 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai propri soci l’immobile concesso in locazione, avendo il legislatore plasmato l’atto di trasferimento oneroso per renderlo idoneo ad una vera e propria causa tributaria (parziale sgravio fiscale) che viene affiancata, quale specialità del negozio, alla ordinaria causa di compravendita (Sezione 3, Sentenza 30 settembre 2019, n. 24223, Pres. A. Amendola, Rel. C. Graziosi).

Nel medesimo ambito della locazione immobiliare, nel caso in cui il contratto sia stato stipulato dall’usufruttario il quale, nel corso del rapporto, abbia indebitamente percepito somme eccedenti quelle dovute a titolo di canone, ha precisato che alla morte del concedente la domanda del conduttore volta a conseguire la ripetizione delle somme deve essere proposta nei confronti degli eredi dell’usufruttuario, e non già del nudo proprietario divenuto “medio tempore” pieno proprietario (Sezione 3, Sentenza 30 settembre 2019, n. 24222, Pres. A. Amendola, Rel. C. Graziosi).

Ha enunciato, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., il principio secondo il quale in tema di opposizione all’esecuzione, pur dopo l’abrogazione, ad opera della legge n. 69 del 2009, del divieto di appellabilità – introdotto, modificando l’art. 616 c.p.c., dalla legge n. 52 del 2006 – le sentenze del giudice di pace pronunciate, in ragione del valore della lite, secondo equità necessaria sono appellabili solo per le ragioni indicate dall’art. 339, comma 3, c.p.c., ossia con motivi limitati (Sezione 3, Sentenza, 24 settembre 2019, n. 23623, Pres. F. De Stefano, Est. C. D’Arrigo).

LA Sezione ha, inoltre, rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la questione di massima di particolare importanza relativa alla natura, privatistica o tributaria, della tariffa di cui all’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 (“Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani”, poi denominata “Tariffa Integrata Ambientale”, cd. TIA2) e all’assoggettabilità della stessa ad IVA ai sensi degli artt. 1, 3, 4, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 (Sezione 3, Ord. interlocutoria, 25 settembre 2019, n. 23949/2019, Pres. A. Amendola, Est. G. Positano), in relazione alla quale vi era stata già una pronuncia molto articolata della Sezione Tributaria.

Infine, ha rimesso all’esame del Presidente Titolare, per la valutazione dell’eventuale assegnazione al Collegio previsto dal punto 46.2 delle tabelle 2016/2019 della Corte di cassazione, le seguenti questioni di massima di particolare importanza: a) se, in seguito all’entrata in vigore del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. in l. n. 225 del 2016, sia rituale l’instaurazione del contraddittorio per il giudizio di legittimità mediante notifica del ricorso al procuratore o difensore costituito per conto di una ormai estinta società di riscossione del gruppo Equitalia nel grado concluso con la sentenza impugnata, anziché alla neoistituita Agenzia delle Entrate – Riscossione;  b) in particolare, se, nella specie, possa considerarsi validamente ultrattivo il mandato conferito nei gradi precedenti al professionista, oppure se debba ritenersi che sia stata chiamata in giudizio una parte non correttamente individuata, trattandosi di soggetto formalmente e notoriamente estinto;  c) se sia poi legittima l’attività difensiva comunque svolta nel giudizio di legittimità dalla citata Agenzia delle Entrate – Riscossione detta Agenzia mediante notifica di controricorso a seguito della notifica del ricorso alla società di riscossione del gruppo Equitalia sopra menzionata (Sezione VI-3, Ordinanza interlocutoria 26 novembre 2019, n. 30885, Pres. R. Frasca, Relatore F. De Stefano).

La Sezione lavoro ha stabilito che il regime indennitario istituito dall’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, si applica anche al contratto di collaborazione a progetto illegittimo, quale fattispecie in cui ricorrono le condizioni della natura a tempo determinato del contratto di lavoro e della presenza di un fenomeno di conversione (Sez. L sentenza n. 24100 del 26 settembre 2019, Pres. U. Berrino, Rel. A.P. Patti).

Ha altresì sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della l. n. 210 del 1992, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., nella parte in cui non prevede che il diritto all’indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermità, da cui siano derivati danni irreversibili all’integrità psico-fisica, per essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, antiepatite A (Sezione Lavoro, Ordinanza interlocutoria 11 ottobre 2019, n. 25697, Presidente A. Manna, Relatore E. D’Antonio).

Infine, nel settore scolastico, ha chiarito che l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, nei casi in cui determina il riconoscimento al personale docente assunto con contratti a termine, e definitivamente immesso in ruolo, di un’anzianità inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto a tempo indeterminato, si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CEE e va pertanto disapplicato; ai fini di tale verifica non vanno presi in considerazione gli intervalli non lavorati, né va applicato il criterio dell’equivalenza di cui all’art. 489 dello stesso decreto (Sezione Lavoro, Sentenza 28 novembre 2019, n. 31149, Presidente G. Napoletano, Relatore A. Di Paolantonio).

Anche la Sezione Tributaria si è distinta nel periodo in esame per alcune pronunce di rilievo.

Ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 53 e 3 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, nella formulazione risultante a seguito degli interventi operati dall’art. 1, comma 87, della l. n. 205 del 2017 e dall’art. 1, comma 1084, della l. n. 145 del 2018, nella parte in cui dispone che, nell’applicare l’imposta di registro secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati (Sez. T, ordinanza n.  23549, del 23 settembre 2019, Pres. De Masi O., Est. Stalla G.M.).

In tema di ICI, ha rimesso alle Sezioni Unite civili, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la risoluzione della seguente questione di massima di particolare importanza: se un’area, prima edificabile e poi assoggettata con legge regionale ad un vincolo di inedificabilità assoluta, sia da considerare «area edificabile» ai fini ICI ove inserita in un programma di cd. “compensazione urbanistica”adottato dal Comune, ancorché il relativo procedimento compensatorio non sia ancora concluso, essendo il diritto edificatorio “in volo”, cioè non essendo stata ancora specificamente individuata – ed assegnata al proprietario – la cd. area di “atterraggio”, ossia l’area su cui deve essere trasferita l’edificabilità già cessata sull’area cd. “di decollo” (Sez. Tributaria, ordinanza interlocutoria 15 ottobre 2019, n. 26016, Presidente C. Di Iasi, Estensore P. D’Ovidio).

In tema di sospensione del processo tributario ai sensi dell’art. 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018, conv., con modif., in l. n. 136 del 2018, per ottenere l’effetto sospensivo fino al 31 dicembre 2020, doveva essere depositata in cancelleria copia della domanda e del versamento degli importi dovuti o della prima rata entro il termine perentorio del 10 giugno 2019 e, ove la parte si fosse affidata alla spedizione a mezzo servizio postale di tale documentazione, non trova applicazione il principio della dissociazione degli effetti della notifica per notificante e notificato (Corte Cost. n. 28 del 2004), sia in quanto non si tratta di notifica alla parte processualmente codificata, sia in quanto la legge fa riferimento espresso al momento del suo deposito e, dunque, alla ricezione della spedizione come documentata dalla cancelleria con timbro del pervenuto e registrazione sul SIC (Sez. 6-Tributaria, ordinanza n. 28493 del 9 luglio 2019, dep. il 6 novembre 2019, Presidente A. Greco, estensore P. Gori).