Rassegna Cassazione penale dicembre 2015

a cura di Andrea Penta

In tema di messa alla prova e di applicazione del principio tempus regit actum, la Consulta ha reputato pienamente legittima, secondo la sentenza n. 240/2015 della Corte costituzionale, l’assenza di una disciplina transitoria che consenta l’applicazione del nuovo istituto in base ad una richiesta formulata, nei processi in corso, anche dopo l’apertura del dibattimento (Corte Costituzionale, sentenza, 26 novembre 2015, n. 240).

In tema di successione di leggi e di legge successiva più favorevole nel trattamento sanzionatorio (cd. ius superveniens), le Sezioni Unite della Corte di cassazione, decidendo su questione riferita alla nuova disciplina in materia di stupefacenti, hanno stabilito che, in caso di ricorso inammissibile per qualunque ragione e privo di motivi relativi al trattamento sanzionatorio, è applicabile d’ufficio, in sede di legittimità, la legge sopravvenuta modificativa del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole all’imputato, emanata successivamente alla pronuncia impugnata, e ciò anche nell’ipotesi in cui la pena inflitta rientri nella nuova cornice edittale, alla cui luce il giudice del rinvio deve comunque riesaminare la questione (Sez. U., n. 46653 del 26 giugno 2015, dep. 25 novembre 2015, Presidente G. Santacroce, Relatore C. Brusco). 

Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che, in presenza di ricorso inammissibile perché presentato fuori termine, non è rilevabile d’ufficio, in sede di legittimità, l’illegalità della pena, che potrà, tuttavia, essere dedotta davanti al giudice dell’esecuzione (Sezioni unite, Sent. n. 47766 ud. 26/06/2015 – deposito del 3 dicembre 2015, Presidente G. Santacroce, Estensore V. Rotundo).

Le stesse Sezioni Unite,  in tema di circolazione stradale, hanno affermato che al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, disciplinato dall’art. 186 cod. strada, non si applica il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida previsto dall’art. 186, comma 2 lett.c) allorquando il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato (Sezioni Unite Penali , Presidente S. Agrò, Relatore P. Piccialli, sentenza n. 46624 del 29 ottobre 2015, depositata il 24 novembre 2015, P.M. I. Zeno – concl. conf. -).  

Con contestuale pronuncia, le Sezioni Unite hanno stabilito che l’aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza (Sezioni Unite Penali, Presidente S. Agrò, Relatore P. Piccialli, sentenza n. 46625 del 29 ottobre 2015, depositata il 24 novembre 2015, P.M. G. Izzo – concl. diff. -).

Nell’ambito delle misure cautelari, la Prima Sezione penale ha chiarito che, nella nozione di “delitti commessi con violenza alla persona”, utilizzata dal legislatore nell’art. 299, comma 2-bis, cod. proc. pen. per individuare l’ambito di applicabilità dell’obbligo di notifica alla persona offesa, in caso di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, devono ricomprendersi non soltanto i reati le cui fattispecie legali astratte siano connotate dall’elemento della violenza alla persona, ma anche tutti quelli che, in concreto, si siano manifestati con atti di violenza in danno della persona offesa (Sez. I, sentenza n. 49339/15 del 29 ottobre 2015 – depositata il 15 dicembre 2015. Presidente  M. Vecchio, Relatore E.G. Sandrini).  

Nel medesimo ambito la Terza Sezione ha affermato che, ai fini della valutazione del requisito della attualità del pericolo di reiterazione del reato  di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. (per come modificato dalla legge n. 47 del 2015), il giudice che procede ex art. 299 cod. proc. pen., nel provvedere su un’istanza di revoca o sostituzione di misura cautelare personale in atto, deve esaminare anche gli elementi di prova nel frattempo eventualmente acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. III, c.c. del 10 novembre 2015  dep. 23 dicembre 2015 -, n. 50454/2015, Altea, Pres. A. Franco, Est. E. Rosi).

In caso di custodia cautelare in carcere  il giudice deve motivare sull’inidoneità degli arresti domiciliari “aggravati”. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45699/2015, alla luce del nuovo art. 275, comma 3-bis, c.p.p., ha annullato l’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in ragione dell’omessa motivazione circa l’idoneità o meno nel caso concreto della misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo, ex art. 275-bis, comma 1, c.p.p. (Cassazione penale, Sez. III, sentenza 18 novembre 2015, n. 45699).

In tema di  intercettazionidi conversazioni o comunicazioni, la Terza Sezione ha affermato che è corretta l’acquisizione di contenuti di attività di messaggistica (nella fattispecie, effettuata con sistema “Blackberry”) mediante intercettazione operata ai sensi degli artt. 266 e ss. cod. proc. pen., atteso che le chat, anche se non contestuali, costituiscono un flusso di comunicazioni (Sez. III, c.c. del 10 novembre 2015 (dep. 23 dicembre 2015), n. 50452/2015, Guarnera ed altri, Pres. A. Franco, Est. E. Rosi).

In tema di espulsione dei cittadini stranieri, sempre la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che la sentenza di non luogo a procedere, prevista dal comma 3-quater dell’articolo 13 del d.lgs n. 286 del 1998, non è applicabile in caso di espulsione  disposta a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione di cui al successivo articolo 16 (Sez. III, Pres. Franco, Rel. Ramacci, sent. 48948 ud. 4 novembre 2015 UP., dep. 11 dicembre 2015, P.M. Izzo – concl.  conf. -).  

In tema di competenza per connessionee di effetti sulla competenza per territorio, la medesima Sezione ha affermato che, nel caso di reati connessi di pari gravità , qualora risulti impossibile individuare il luogo di consumazione di uno di essi mentre sia certo quello dell’altro, non è consentito  determinare il giudice territorialmente competente facendo ricorso alle regole suppletive stabilite nell’art. 9 cod. proc. pen., ma si deve invece avere riguardo al luogo di consumazione del reato residuo di pari gravità (Sez. III, udienza del 22 settembre 2015 – deposito 17 dicembre 2015 -, n. 49643, PG in proc. F. e e altri, Pres. Squassoni, Est. Grillo).

La stessa Sezione (Sez. III, Presidente A. Fiale, Relatore L. Ramacci, sentenza n. 47039 dell’8 ottobre 2015, depositata il 27 novembre 2015, P.M. F. Marinelli – concl. conf. – ) ha sostenuto, in tema di declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, che:

a) anche la sentenza di non doversi procedere prevista dall’art. 469, comma 1-bis, cod. proc. pen. presuppone che l’imputato e il pubblico ministero non si oppongano alla declaratoria di improcedibilità;

b) ai fini della pronuncia della sentenza di proscioglimento di cui all’art. 469, comma 1-bis, cod. proc. pen., è necessario consentire alla persona offesa di interloquire sulla questione della tenuità del fatto mediante notifica dell’avviso della fissazione dell’udienza in camera di consiglio, con espresso riferimento alla procedura ex art. 469, comma 1-bis, cod. proc. pen.;  

c) il reato permanente non è riconducibile nell’alveo del comportamento abituale ostativo al riconoscimento del beneficio ex art. 131-bis cod. pen., sebbene possa essere oggetto di valutazione con riferimento all'”indice-criterio” della particolare tenuità dell’offesa; 

d) il concorso formale di reati non consente di considerare operante lo sbarramento dell’abitualità del comportamento che impedisce l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto;

d) la consistenza dell’intervento abusivo costituisce solo uno dei parametri di valutazione ai fini dell’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. alle violazioni urbanistiche e paesaggistiche.

Sempre nell’ambito della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto  e di annullamento con rinvio per la verifica della sussistenza dell’art. 131 bis cod.pen., i giudici della Sezione Terza hanno precisato che, nel giudizio di rinvio, a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata per la verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudice non può dichiarare l’estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione (Sentenza Sez. III, n. 50215/15 dell’8 ottobre 2015, depositata il 22 dicembre 2015, Presidente A. Fiale, relatore V. Di Nicola).

In tema di indagini preliminari edi archiviazione, la Sesta Sezione ha statuito che, in virtù della natura plurioffensiva del delitto di peculato, il privato danneggiato dalla condotta appropriativa del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio riveste la qualità di persona offesa dal reato, legittimata, in quanto tale, a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione (Sez. VI, cc 6 ottobre 2015, dep. 25 novembre 2015, Pres. Agrò – Rel. De Amicis).

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