Rassegna cassazione penale febbraio 2016

a cura di Luigi Giordano

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

Con sentenza n. 50255/2015 – ud. 13 novembre 2015  – dep. 22 dicembre 2015– la sesta sezione della Corte di Cassazione, in tema di delitto di “Indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato”, ha affermato che le indennità elargite dalla Regione, tramite il meccanismo del rimborso, in favore dei propri Consiglieri, per le spese di trasporto da questi sostenute per il raggiungimento del luogo di esercizio del mandato, rientrano, ove indebitamente percepite, tra i contributi assoggettati alla previsione di cui all’art. 316 ter cod. pen.

La condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono di ufficio per fini personali, al di fuori dei casi di urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, secondo la sesta sezione della Corte, sentenza n. 1327/2016 – ud. 7 luglio 2015 – dep. 14 gennaio 2016, integra il reato di peculato d’uso solo se produce un danno apprezzabile al patrimonio della Pubblica Amministrazione o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio; deve ritenersi penalmente irrilevante, invece, se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative. In particolare, secondo la decisione, <<emerge che negli oltre due anni considerati dall’imputazione il ricorrente ha effettuato soltanto 192 telefonate private, sì che il preteso uso improprio o indebito del cellulare assume concreti contorni di occasionalità o sporadicità (non più di una telefonata privata a settimana). Ciò implica che il preteso danno (corrispondente alle supposte telefonate ‘”abusive”) di soli 350 Euro subito dalla società, rispetto a conti aziendali dell’ordine di milioni di Euro, deve considerarsi in pratica inesistente>>.

REATI CONTRO LA PERSONA 

Con la sentenza n. 4784/2016 – ud. 15 settembre 2015 – dep. 5 febbraio 2016, la quinta sezione penale ha affermato che integra il reato di ingiuria l’impiego dell’espressione: “ci avete rotto i coglioni….chi cazzo siete ..”. In particolare, <<seppure ai giorni nostri i rapporti interpersonali e le relative comunicazioni sono caratterizzati da una dilagante volgarità, di talché non si può certamente pretendere che tutti si comportino da perfetti gentiluomini (“gentiluomo è” – per il Gelli, autore del più diffuso, nei primi decenni del secolo scorso, codice cavalleresco – “colui che, per una raffinata sensibilità morale, si impone la rigida osservanza di speciali norme, che si chiamano leggi cavalleresche”), non di meno esistono limiti, superati i quali la patente scurrilità delle espressioni adoperate e la intenzionale volgarità delle condotte tenute suonano come – implicita, ma inequivocabile – offesa verso il destinatario>>.

Secondo la sentenza della terza sezione n. 5515/2016 – ud. 14 gennaio 2016 – dep. 10 febbraio 2016, integra il reato di violenza sessuale la condotta dell’imputato che, durante la fasi di accertamento tecnico mediante etilometro, palpeggiava il basso gluteo dell’agente di polizia municipale.

REATI TRIBUTARI – SEQUESTRO PER EQUIVALENTE 

Con la sentenza n. 5728/2016 – c.c.  14 gennaio 2016 – dep. 11 febbraio 2016– la terza sezione penale della Corte ha affrontato il tema degli effetti del nuovo art. 12-bis D. Lgs. n. 74 del 2000,ha affermato che, anche in presenza di piano rateale di versamento del debito tributario, la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal citato decreto legislativo continua ad essere consentita per gli importi che non sono stati ancora corrisposti all’Erario, così continuando ad essere consentito anche il sequestro preventivo a detta confisca finalizzato.

Con sentenza n. 4097/2016 – c.c. 19 gennaio 2016 – dep. 1 febbraio 2016, relativa all’impugnazione di una sentenza di patteggiamento con cui era stata disposta la confisca per equivalente del profitto del reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, la Suprema Corte ha affermato che la misura può essere imposta, per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato, su beni di cui il condannato abbia la disponibilità. Con questa espressione si allude tanto ai beni che sono di proprietà della persona colpita, quanto a quelli su cui quest’ultima possa esercitare un potere dispositivo, anche informale e tramite terzi, sicché possa affermarsi che ricadono nella sua sfera di interessi economici. I beni attinti non necessariamente devono essere “individuati” nel provvedimento, ma quanto meno devono essere “individuabili”. Con questa locuzione, comunque, si allude a beni che siano già presenti nella sfera di disponibilità del condannato al momento della statuizione, ancorché la loro compiuta identificazione intervenga solo dopo che il provvedimento è divenuto definitivo, nella fase dell’esecuzione della sanzione. Sono esclusi dall’ablazione, pertanto, i beni che entrano nel patrimonio del reo dopo detto provvedimento, definiti “futuri”. La decisione si pone in linea con Cass. pen., sez. 3, 27 febbraio 2013, n. 23649 (dep. 31 maggio 2013), rv. 256164; Cass. pen., sez. 1, 15 ottobre 2014, n. 5691 (dep. 6 febbraio 2015) ed in consapevole contrasto con un altro orientamento. E’ stato affermato, infatti, che il debito sanzionatorio del condannato non possa essere vanificato dalla momentanea incapienza del debitore. Il perimetro patrimoniale all’interno del quale deve essere soddisfatto è costituito non solo dai beni “già individuati” nella disponibilità dell’imputato, ma anche da <<quelli che in detta disponibilità si rinvengano o comunque entrino successivamente al provvedimento di confisca, fino alla concorrenza dell’importo determinato>>  (Cass. pen., sez. 6, 23 luglio 2015 (dep. 30 luglio 2015), n. 33765, rv. 265012. Nello stesso solco si pongono anche Cass. pen., Sez. 5, 7 maggio 2013, n. 28336 (dep. 28 giugno 2013), rv. 256775 e Cass. pen., sez. 6, 10 giugno 2014, n. 33861 (dep. 30 luglio 2014),rv. 260176).

Con sentenza n. 4631/2016, la terza sezione ha ribadito che il nuovo amministratore di una società risponde del reato di omesso versamento dell’iva anche se il relativo debito tributario è maturato in vigenza dell’incarico assunto da altri. Egli, infatti, è tenuto ad un controllo preventivo prima dell’accettazione della carica, esponendosi, in caso contrario, volontariamente a responsabilità penale.

STUPEFACENTI – COLTIVAZIONE DI PIANTE DA STUPEFACENTI 

Con sentenza n. 2618/2016 – ud. 21 ottobre 2015 – dep. 21 gennaio 2016, la sesta sezione ha affermato che, ai fini della punibilità della coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, va accertata l’offensività della condotta in concreto, che sussiste quando la pianta ha un’effettiva ed attuale capacità drogante.

DEPENALIZZAZIONE 

Con sentenza nella camera di consiglio del 16 febbraio 2016, la settima sezione ha affermato che il fatto già previsto come reato dall’art. 635, comma secondo, n. 3, cod. pen. (commesso sulle cose indicate al n. 7 dell’art. 625 cod. pen.) conserva rilevanza penale nella vigenza dle nuovo teso dell’art. 635 cod. pen., introdotto dall’art. 2, comma primo, lett. l), del d. lgs. n. 7 del 2016, perché tra il nuovo ed il previgente teste sussiste un nesso di continuità ed omogeneità.

Nella medesima nella camera di consiglio del 16 febbraio 2016, la settima sezione ha affermato che la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all’art. 647 cod. pen. conserva rilevanza penale anche a seguito dell’abrogazione dell’art. 647 cod. pen. disposta dall’art. 1, comma primo, del d. lgs. n. 7 del 2016.

CAUSE DI ESTINZIONE DEL REATO- SOSPENSIONE CON MESSA ALLA PROVA 

Con la sentenza n. 3963/16 – ud. 6 luglio 2015 – dep. 29 gennaio 2016, la quinta sezione penale, nel respingere la richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. contenuta nella memoria difensiva presentata tardivamente, ha implicitamente escluso che la Corte di cassazione possa rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., la sussistenza della particolare tenuità del fatto.

Con la sentenza n. 4171/16- ud. 21 ottobre 2015 –  dep. 2 febbraio 2016, la sesta sesione penale ha affermato che “in tema di sospensione con messa alla prova, nell’ipotesi di richiesta nel corso delle indagini preliminari, non è impugnabile il provvedimento di rigetto del G.I.P.adottato a seguito del dissenso del P.M.”.

La quarta sezione, con sentenza n. 4527/16 – ud. 20 ottobre 2015 – dep. 3 febbraio 2016  ha affermato, in via incidentale, che, in caso di richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, il giudice è tenuto a verificare la correttezza della qualificazione giuridica attribuita al fatto dall’accusa e può – ove la ritenga non corretta – modificarla, traendone i conseguenti effetti sul piano della ricorrenza o meno dei presupposti dell’istituto in questione.

La quinta sezione, con sentenza n. 5800/2016 – c.c. 2 luglio 2015 – dep. 11 febbraio 2016, dopo aver premesso che l’istituto di cui all’art. 131-biscod. pen. ha natura ibrida, operante come causa di non punibilità ma disciplinato, nelle sue implicazioni in rito, come causa di improcedibilità, ha affermato che il giudizio sulla particolare tenuità, ascrivendo al fatto contestato una qualificazione giuridica, può essere compiuto d’ufficio anche dalla Corte di cassazione – sulla base dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito – con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata laddove questa consenta di ravvisare “ictu oculi” la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis cod. pen.

In tal guisa ragionando, si è posta in non consapevole contrasto con l’altra pronuncia depositata 13 giorni prima.

INDAGINI PRELIMINARI   

La sesta sezione penale, con sentenza n. 6090/2016 – ud. 21 gennaio 2016 – dep. 12 febbraio 2016, pronunciandosi in tema di archiviazione, ha affermato che il decreto di archiviazione emessode plano in violazione del principio del contraddittorio – in ragione dell’omessa valutazione dell’opposizione della persona offesa – deve essere annullato senza rinvio e gli atti devono essere restituiti al Giudice per le indagini preliminari, avente competenza funzionale, e non al Tribunale.

MISURE CAUTELARI 

Con sentenza n. 6304/2016 – ud.6 novembre 2015 – dep. 16 febbraio 2016, la seconda sezione ha affermato che << la decisione degli arresti domiciliari con presidio elettronico consegue ad una compiuta valutazione delle esigenze cautelaci, rileva un principio di diritto, già affermato da questa sezione, che il collegio ritiene perfettamente aderente al caso, secondo cui:“qualora il giudice reputi che il cd. “braccialetto elettronico” sia una modalità di esecuzione degli arresti domiciliaci necessaria ai fini della concedibilità della misura e, tuttavia, tale misura non possa essere concessa per la concreta mancanza di tale strumento di controllo da parte della PG o dell’Amministrazione penitenziaria, non sussiste alcun vulnus ai principi di cui agli artt. 3 e 13 Cost., ne’ alcuna violazione dei diritti della difesa, perché l’impossibilità della concessione degli arresti domiciliari senza controllo elettronico a distanza dipende pur sempre dall’intensità delle esigenze cautelaci e pertanto è ascrivibile alla persona dell’indagato>>.

Sullo stesso tema, la prima sezione, con ordinanza n. 374/2016, ud. 28 gennaio 2016 – dep. 11 febbraio 2016,ha rimesso alle Sezioni Unite  la questione del mancato accoglimento dell’istanza di concessione degli arresti domiciliari in ragione dell’indisponibilità del cd. braccialetto elettronico.  

Con la sentenza n. 52127/15, la seconda sezione della Corte ha affermato che la notifica alla p.o., prevista a pena d’inammissibilità dall’art. 299 cod. proc. pen. debba essere comunque eseguita anche in caso di mancata nomina di un difensore o di mancata elezione di domicilio.

Con la sentenza n. 4961/2016 – ud. 26 gennaio 2016 – dep. 8 febbraio 2016, la Sezione Seconda della Corte di Cassazione ha affermato che il termine per il deposito della motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame, emessa ai sensi degli artt. 309 e 310 cod.proc.pen. così come novellati dalla legge del 16 aprile 2015 n.47, decorre dalla data della deliberazione in camera di consiglio attestata nel dispositivo, e non dalla eventuale diversa data del deposito in cancelleria del dispositivo medesimo  .

Con la sentenza n. 5774/2016 – c.c.  14 ottobre 2015 – dep. 11 febbraio2016  la prima sezione penale della Corte ha affermato che, in tema di riesame di misure cautelari personali, la disciplina di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., come modificata dall’art. 11, comma 5, della legge n. 47 del 2015, è applicabile alle decisioni emesse – mediante il deposito del dispositivo – solo dal momento della entrata in vigore della legge medesima.

GIUDIZIO – APPELLO 

Con ordinanza n. 2259/2016 – ud. 26 novembre 2015 – dep. 21 gennaio 2016 – la seconda sezione ha rimesso alle Sezioni unite la seguente questione: “Se, nel giudizio di cassazione, sia rilevabile d’ufficio la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel caso in cui la sentenza di appello impugnata abbia riformato quella assolutoria di primo grado sulla base di una diversa valutazione dell’attendibilità dei testimoni, senza procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale funzionale ad un nuovo esame testimoniale”.

PROVE 

Con sentenza n. 5550/2016 – ud. 25 novembre 2015 – dep. 10 febbraio 2016, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha ribadito che gli artt. 244 e 247 cod. proc. pen., relativi alle ispezioni e alleperquisizioni, impongono l’adozione di “misure tecniche atte ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirnel’alterazione” quando ricadono su “materiale informatico”. IL pedinamento tramite GPS, invece, <<nulla ha a che fare con gli istituti sopra ricordati (ispezioni e perquisizioni), meno che mai con l’attività di intercettazione. Si tratta di una ordinaria attività di polizia giudiziaria, posta in essere con l’ausilio di strumenti tecnici e accompagnata, nel caso in scrutinio, da attività di intercettazione ambientale. Essa non è regolata da norme cogenti in riferimento ai dati raccolti. I suoi risultati, per altro, sono veicolati nella istruttoria dibattimentale attraverso le dichiarazioni di chi ha effettuato e/o coordinato l’operazione di “pedinamento”. Si tratta, pertanto, di un problema di attendibilità, non certo di utilizzabilità, né doveva essere attivata la procedura ex art. 360 cpp. >>.

MISURE DI PREVENZIONE 

Nella camera di consiglio del 12 gennaio 2016, la sesta sezione della Corte, in tema di misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di soggetti portatori di pericolosità cd. generica, ha affermato che il giudice possa disporre la confisca di beni il cui acquisito è giustificato dal proposto adducendo proventi da evasione fiscale.

GIOCHI D’AZZARDO 

In tema di raccolta non autorizzata di scommesse, la Terza sezione penale ha affermato che la procedura di regolarizzazione dei centri non autorizzati di raccolta di scommesse in Italia per conto di bookmaker stranieri, introdotta dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 e prorogata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, non si pone in contrasto con le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sancite dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Sent.n. 6709/16 del 19 gennaio 2016 – deposito del del 19 febbraio 2016; Sezione terza, Presidente S. Amoresano – Estensore A. Scarcella.

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