Rassegna cassazione penale maggio 2016

di Andrea Penta

Quattro importanti pronunce sono state adottate dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione nel corso del mese di maggio.

Con la prima (Cass., Sez. un. Pres. Canzio, Rel. Vessichelli, sentenza n. 18954, 31 marzo 2016 Cc., dep. 6 maggio 2016, P.M. Angelillis – concl. conf. -), in tema di riesame avverso provvedimenti di sequestro, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

•   il rinvio dell’art. 324, comma 7, ai commi 9 e 9-bis dell’art. 309 cod. proc. pen. comporta, per un verso, l’applicazione integrale della disposizione di cui al comma 9-bis e, per altro verso, la applicazione della disposizione del comma 9 in quanto compatibile con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa;

•   il rinvio dell’art. 324, comma 7, al comma 10 dell’art. 309 cod. proc. pen. deve intendersi invece riferito alla formulazione codicistica originaria di quest’ultima norma.

Con la seconda (SS.UU. n. 15427 del 31 marzo 2016 – dep. 13 aprile 2016, imp. Cavallo – Pres. Canzio, Est. Ramacci – ), risolvendo un contrasto interpretativo insorto sulla applicabilità , anche alla disciplina della sanatoria di cui agli artt. 36 e 45 d.P.R. n. 380/2001 (già, artt. 13 e 22 legge n. 47/85), di effetti sulla prescrizione analoghi a quelli conseguenti dalla sospensione del processo che si determinano in caso di “condono edilizio”, hanno affermato che:

a) “Il periodo di sospensione del processo, previsto nel caso di presentazione di istanza di “accertamento di conformità”, ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 13 della legge n. 47 del 1985, deve essere considerato ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio”;

b) “In caso di sospensione del processo disposta su richiesta dell’imputato o del suo difensore oltre il termine previsto per la formazione del silenzio-rifiuto ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, opera la sospensione del corso della prescrizione a norma dell’art. 159, comma 1, n. 3, cod. pen.”.

Con la terza (Cass., Sez. un. Pres. Canzio, Rel. Bruno, sentenza n. 18953, 25 febbraio 2016 Cc., dep. 6 maggio 2016, P.M. Romano – concl. diff. -), in tema di accordo sulla pena raggiunto con riferimento a reato già prescritto, hanno affermato il seguente principio di diritto:

ai fini del valido esercizio del diritto di rinuncia alla prescrizione è necessaria la forma espressa, che non ammette equipollenti, sicché la richiesta di applicazione della pena da parte dell’imputato, o il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non possono di per sé valere come rinuncia.

Con l’ultima, la più attesa (Sentenza n. 19756/16, Ud. 24 settembre 2015, Dep. 12 maggio 2016, Presidente G. Santacroce, Relatore M. Vecchio), hanno affermato, in tema di prescrizione di reato punibile con l’ergastolo, il seguente principio di diritto: il delitto punibile in astratto con la pena dell’ergastolo, commesso prima della modifica dell’art. 157 cod. pen., per effetto della legge 5 dicembre 2005, n. 251, è imprescrittibile, pur in presenza del riconoscimento di circostanza attenuante dalla quale derivi l’applicazione di pena detentiva temporanea.  

In tema di reati contro l’ordine pubblico e, più precisamente, in materia di reato di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali, previsto dagli artt. 30 e 31 legge 13 settembre 1982 n 646, la Corte di Cassazione (Sentenza n. 17691, del 14 aprile 2016, dep. il 28 aprile 2016, Pres. C. Citterio, Rel. A. Capozzi) ha statuito che non rientrano nella nozione di “variazione patrimoniale” le somme  costituenti rendite provenienti da beni già di proprietà del condannato e rispetto alle quali lo stesso non ha impiegato fonti patrimoniali (nella specie importi relativi a canoni di affitto di terreni già di proprietà del ricorrente).

Particolarmente prolifica è stata la Seconda Sezione.

In tema di recidiva, (Cass., Sez. II,  Pres. Gentile, Rel. Pardo, sentenza n. 20205, 26 aprile 2016 Up., dep. 16 maggio 2016, P.M. Spinaci – concl. diff. -) ha sostenuto che, anche dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 99, comma 5, cod. proc. pen., nella parte in cui prevedeva l’obbligatorietà dell’aumento sanzionatorio per i delitti ivi indicati, tale aumento deve ritenersi legittimo anche se disposto prima della declaratoria di incostituzionalità, qualora sia stato adeguatamente motivato in base alla gravità della condotta e alla negativa personalità dell’imputato.

La stessa Sezione (Sezione Seconda Penale, Presidente M. Gentile, Relatore S. Beltrani, sentenza n. 15695 dell’8 gennaio 2016, depositata il 14 aprile 2016, P.G. S. Tocci  – Diff. -) ha precisato che, ai fini della decorrenza del termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” entro il quale, ai sensi dell’art. 311, comma 5-biscod. proc. pen., introdotto dall’art. 13 della l. n. 47 del 2015, il giudice del rinvio è tenuto a decidere, nel caso sia stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., non è sufficiente la mera ricezione della sentenza rescindente, ma occorre anche la ricezione degli atti presentati a norma dell’art. 291, comma 1, cod. proc. pen., nonché di tutti gli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini. 

In tema di impugnazioni, ha affermato che è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso una sentenza di assoluzione dal reato di danneggiamento “semplice”, trasformato dal d.lgs. 16 gennaio 2016, n. 7 in illecito civile (Cass., Sez. II,  Pres. Fiandanese, Rel. Pardo, sentenza n. 20206, 27 aprile 2016 Up., dep. 16 maggio 2016, P.M. Fraticelli – concl. diff. -).

Infine, decidendo in materia di autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliariaisensi dell’art. 284, comma 3, cod. proc. pen., ha affermato (Sentenza n. 16964 del 30/3/2016, dep. il 22/3/2016, Presidente  A. Prestipino, Rel. L. Agostinacchio) che la nozione di “indispensabili esigenze di vita” deve essere intesa non in senso meramente materiale o economico, bensì tenendo conto della necessità di tutelare i diritti inviolabili della persona individuati dall’art. 2 Cost. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato l’ordinanza del riesame che aveva rigettato la richiesta di un padre, finalizzata a garantire il rapporto genitoriale, di poter incontrare la figlia minore fuori dal domicilio di restrizione, nei tempi prescritti nel provvedimento di separazione legale).

Nel solco delle numerose decisioni che si sono pronunciate sul tema, la Quinta Sezione ha affermato che la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 biscod. pen. può essere pronunciata anche con sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 21409 del 12/2/2016, Presidente G. Lapalorcia, Relatore S. Gorjan).  

La stessa Sezione ha chiarito che, anche nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di una misura cautelare personale  coercitiva, il Tribunale del riesame può disporre, nei casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, il deposito dell’ordinanza in un termine superiore ai trenta giorni, indicati nell’art. 311, comma 5 bis, cod. proc. pen, ma comunque non superiore ai quarantacinque giorni da quello della decisione, secondo quanto previsto dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. (Sez. V,  8 gennaio 2016  (dep. 4 maggio 2016), n. 18571 – Pres. C. Zaza – Rel. G. De Marzo).

La Sesta Sezione (Sez. VI, Pres. G. Conti, Rel. G. Fidelbo,  sent. n. 20685/16 del 13 maggio 2016  Cc., dep. 18 maggio 2016, P.M. G. Mazzotta  – concl. conf. -), in tema di ricusazione del giudice, ha escluso che, nel giudizio di legittimità, integri un’ipotesi di incompatibilità, che possa dar luogo alla ricusazione, l’attività di “spoglio” diretta alla selezione dei ricorsi prima facie inammissibili, svolta dal magistrato che, successivamente, faccia parte del collegio della apposita sezione prevista dall’art. 610 cod. proc. pen. a cui quello stesso ricorso viene assegnato.

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