Rassegna cassazione penale marzo 2016

a cura di Luigi Giordano

REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

La Sesta Sezione penale, con sentenza n.  8045/16  – ud. 27 gennaio 2016 – dep.  26 febbraio  2016, confermando il principio secondo cui la falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un’obbligazione, integra il delitto di calunnia anche quando preceda la negoziazione dei titoli, ha precisato che, sebbene in caso di falsa denuncia di smarrimento non venga formulata direttamente una accusa concernente uno specifico reato, tuttavia, la calunnia deve ritenersi configurabile in quanto, trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all’Autorità Giudiziaria, pur se non univocamente indicativi di una fattispecie specifica di reato, siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale, per un fatto procedibile d’ufficio, a carico di una persona determinata. La pronuncia è successiva all’abrogazione dell’art. 647 cod. pen. ad opera del d. lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016.

REATI EDILIZI

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 9949 del 10 marzo 2016, ha ribadito la natura amministrativa della demolizione, sanzione accessoria oggettivamente amministrativa, sebbene soggettivamente giurisdizionale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell’autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione. Ne consegue che coerentemente deve essere negata l’estinzione della sanzione per il decorso del tempo, ai sensi dell’art. 173 cod. pen., in quanto tale norma si riferisce alle sole pene principali, e comunque non alle sanzioni amministrative. L’ordine di demolizione, più precisamente, integra una sanzione ‘ripristinatoria’, che configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio.

REATI SOCIETARI

La Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, in data 2 marzo 2016, con provvedimento n. 676, ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione:“Se la modifica dell’art. 2621 cod. civ. per effetto dell’art. 9 della legge n. 69 del 2015, nella parte in cui, disciplinando le false comunicazioni sociali, non ha riportato l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, abbia determinato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie”.

REATI LEGGE GIUOCO E SCOMMESSE

Con sentenza n. 6709 del 19 gennaio 2016 – depositato il 19 febbraio 2016, la Terza Sezione ha affermato che la procedura di regolarizzazione dei centri non autorizzati di raccolta di scommesse in Italia per conto di bookmaker stranieri, introdotta dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 e prorogata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, non si pone in contrasto con le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sancite dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

SEQUESTRO e CONFISCA

La Prima Sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 8317 del 14/1/2016, dep. il 1/3/2016, Presidente M.C. Siotto, Relatore R. Magi in tema di confisca ex art. 12sexiesdella legge n. 356 del 1992 di beni di proprietà di terzi formalmente intestatari, ha sollevato questione di legittimità costituzionale – con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117 Cost. – degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono, in favore dei terzi incisi nel diritto di proprietà per effetto della sentenza di primo grado, la facoltà di proporre appello sul solo capo contenente la statuizione di confisca.

La Terza Sezione Penale, con sentenza n. 9229 depositata il 7 marzo 2016, ha affermato che il trasferimento dei beni a una società fiduciaria, di per sé, non impedisce l’adozione di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Anche l’interposizione reale, che si realizza pure per mezzo di un negozio fiduciario come il trust, una volta provata, può rientrare fra i casi in cui è ammessa la confisca. Il giudice deve verificare con attenzione eventuali cointeressenze del “guardiano”, il contenuto del negozio giuridico (a cominciare dalla natura onerosa o gratuita), gli effettivi poteri del trustee e, in definitiva, tutti gli eventuali vizi originari del trust tali da vanificare la segregazione patrimoniale che è propria dell’istituto. “Il semplice utilizzo di un lecito istituto giuridico non è sufficiente ad eludere la rigida normativa prevista nel diritto penale a presidio di norme inderogabili di diritto pubblico”.

PRESCRIZIONE

Con sentenza n. 7914 del 25/1/2016, dep. il 26/2/2016Presidente F.M. Ciampi, Relatore G. Pavich, la Quarta Sezione della Corte di cassazione, decidendo su questione riferita ad una pluralità di condotte di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestate in continuazione, ha stabilito che i principi affermati dalla sentenza CGUE, Grande sezione, Taricco, del 8 settembre 2015, con possibilità di disapplicazione della disciplina sulla prescrizione se idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, non si applicano ai fatti già prescritti alla data di pubblicazione di tale pronuncia.

DEPENALIZZAZIONE

Con sentenza del 8 marzo 2016, emessa nel procedimento n. 54481, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che, essendovi condanna al risarcimento del danno, il giudice dell’impugnazione nel dichiarare l’estinzione del reato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato deve pronunciarsi sulle statuizioni civili nonostante che il decreto legislativo n. 7 del 2016, a differenza di quello n. 8 del 2016, non lo prevede espressamente.

MISURE DI PREVENZIONE

Con sentenza n. del la Corte ha affermato che la confiscabilità dei beni (ai sensi dell’art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 (contenente disposizioni contro la mafia) è in stretto rapporto di derivazione dalla pericolosità del soggetto, non solo nel senso che quest’ultima è presupposto della prima, ma anche nel senso non può disporsi confisca di quei beni che non siano stati acquistati nel periodo temporale in cui la condotta del proposto non si è connotata come espressiva di pericolosità sociale. Da ciò consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, il giudice deve accertare se questa investa l’intero percorso esistenziale del proposto o se sia invece individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato. L’affermazione di un diverso ed imprescindibile nesso pertinenziale e temporale tra misura e pericolosità sarebbe infatti incompatibile con i principi affermati in Costituzione quanto alla libera iniziativa economica ed alla proprietà privata (artt. 41 e 42 Cost.) ed i principi convenzionali (art. 1, Protocollo 1, CEDU).

COMPETENZA

La terza sezione penale, con sentenza n. 9950 del 21 gennaio 2016, depositata il 10 marzo 2016 – pronunciandosi in tema di competenza territoriale, a seguito delle disposizioni introdotte con i decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012, in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, ha affermato che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 9, commi 2 bis e 2 ter d. lgs n. 155 del 2012, come modificato dall’art. 8, comma 1, d.lgs n. 14 del 2014 – per il quale i procedimenti penali si considerano pendenti dal momento in cui la notizia di reato è acquisita o è pervenuta agli uffici del P.M. entro il 13 settembre 2013, data di efficacia del d.lgs n. 155 del 2012 – la   nuova notizia di reato rispetto al procedimento iscritto prima del 2013, legittimante una nuova iscrizione, non deve avere alcun collegamento con l’ipotesi investigativa iniziale; di conseguenza non costituisce nuova notizia, con obbligo di iscrizione di un autonomo procedimento penale, la realizzazione del fatto oggetto della iscrizione originaria ad opera di diversi soggetti rispetto a quelli inizialmente iscritti, situazione che comporta solo l’obbligo del P.M. di aggiornare le relative iscrizioni. Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che  il fatto oggetto della notizia di reato, relativo ad un procedimento iscritto nel 2011 – costituito dalla realizzazione di infrastrutture militari, Mobile User Objective System (c.d. MUOS), che si assumono eseguite in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e, pertanto, ritenute abusive – era rimasto identico, a prescindere dalla circostanza che ulteriori soggetti, pur con condotte successive alla data del 13.9.2013 e indipendenti, potessero avere contribuito alla realizzazione del fatto così come all’atto della originaria iscrizione delineato.

MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA – INTERCETTAZIONI

Con provvedimento del 10 marzo 2016, la Sesta Sezione della Corte ha rimesso alle Sezione Unite la questione relativa alla necessità di individuazione dei luoghi nel provvedimento che autorizza il compimento di intercettazioni per mezzo di virus informatico autoinstallante (cd. trojan) attivato su apparecchio elettronico portatile. Questa decisione interviene dopo Cass. pen., sez. VI, sent., 11 maggio 2015 n. 27100 (dep. 26 giugno 2015),secondo cuiil decreto che autorizza intercettazioni per mezzo di “captatore informatico” deve individuare con precisione, a pena di inutilizzabilità, i luoghi nei quali può essere compiuto l’ascolto delle conversazioni tra presenti. Le videoregistrazioni di condotte “non comunicative” eseguite nel medesimo modo non sono utilizzabili, se realizzate in luoghi qualificabili come domicilio ai sensi dell’art. 14 Cost.; se compiute in ambienti in cui è tutelata la riservatezza, sono inutilizzabili in mancanza di un preventivo provvedimento autorizzativo dell’Autorità giudiziari”.

MISURE CAUTELARI

La Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, con la sentenza n. 6864 del 9 febbraio 2016, depositata il 22 febbraio 2016, ha affermato che la richiesta di revoca o di sostituzione di misura cautelare (nel caso di specie, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese), non presentata nel corso dell’udienza, deve essere notificata a pena di inammissibilità presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa anche qualora si tratti di procedimento di atti persecutori, perché tale fattispecie incriminatrice, come quella di maltrattamenti in famiglia, deve essere ritenuta inclusa tra quelle caratterizzate da violenza alla persona. 

Con sentenza n. 54871 del 3 marzo 2016, la Sesta Sezione penale della Corte ha affermato che il provvedimento che nega il differimento della data dell’udienza richiesti ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen. può essere impugnato nei limiti della mancanza della motivazione ai sensi dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.

ARCHIVIAZIONE

Con sentenza n. 10959 del 29 gennaio 2016 – deposito del 16 marzo 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che la disposizione di cui all’art. 408, comma 3 bis, cod. proc. pen., che stabilisce l’obbligo di dare avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione per i delitti commessi con violenza alla persona, è riferibile anche ai reati di atti persecutori e di maltrattamenti in famiglia previsti rispettivamente dagli artt. 612 bis e 572 cod. pen. perché l’espressione violenza alla persona deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere, quale risulta dalle pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto comunitario.

PROCEDIMENTO PER DECRETO

Con sentenza del 2 dicembre 2015, nel procedimento n. 18109, la Sesta sezione ha affrontato una questione, ricorrente nella pratica, relativa al rigetto della richiesta di decreto penale di condanna da parte del gip sul presupposto che non possa procedersi a conversione della pena detentiva per la prevedibile inadempienza dell’imputato al pagamento della pena pecuniaria. La Corte ha escluso che il provvedimento di rigetto possa essere qualificato come abnorme perché, in caso di richiesta di decreto penale, spettano al gip tutti gli ordinari poteri di valutazione della correttezza formale e sostanziale della pena proposta, ivi comprese le valutazioni sulla richiesta di sostituzione. L’abnormità, invece, ricorre nel diverso caso in cui il gip rigetti la richiesta di decreto penale ritenendo non opportuna la scelta del rito, così attribuendosi poteri del pubblico ministero.

IMPUGNAZIONE

La Quinta sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 7264 del 15 dicembre 2015, depositata il 24 febbraio 2016,  ha affermato che sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare, deducendo il vizio di incompetenza per materia, la sentenza dichiarativa di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, emessa dal giudice di pace (dopo l’apertura del dibattimento, ma prima di procedere all’istruttoria), attribuendo erroneamente al fatto una qualificazione giuridica rientrante nella propria competenza (nella specie, ingiurie in luogo di diffamazione aggravata).

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