Rassegna cassazione penale ottobre novembre 2017

a cura di Luigi Giordano

REATO – CIRCOSTANZE – AGGRAVANTI IN GENERE – CONTESTAZIONE – MODALITÀ – FORMULA SPECIFICA – NECESSITÀ – ESCLUSIONE – INDICAZIONE DEGLI ELEMENTI DI FATTO – SUFFICIENZA.

La Prima Sezione della Corte, con sentenza del 8.02.2017, depositata il 9.11.2017, n. 51260, ha affermato che, ai fini della contestazione di una circostanza aggravante non è indispensabile una formula specifica espressa con enunciazione letterale, né l’indicazione della disposizione di legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra accusa e decisione, l’imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la difesa sugli elementi di fatto integranti l’aggravante.

SANITÀ PUBBLICA – DELITTI CONTRO L’AMBIENTE – INQUINAMENTO AMBIENTALE – SEQUESTRO PREVENTIVO – PRESUPPOSTI – “FUMUS COMMISSI DELICTI” – CONTENUTO.

In tema di inquinamento ambientale, con sentenza del 06/07/2017 (dep. 16/11/2017), n. 52436, la Terza Sezione della Corte di cassazione ha affermato che, per integrare il “fumus” del reato di cui all’art. 452-bis cod. pen. ai fini dell’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo, occorre accertare la sussistenza di un’alta probabilità di compromissione o di deterioramento significativo dei beni tutelati, in considerazione della natura e dalla durata nel tempo degli scarichi abusivi. 

REATI CONTRO LA PERSONALITÀ DELLO STATO – ASSOCIAZIONI SOVVERSIVE – COMPONENTI DELLA CELLULA DI ISPIRAZIONE JIHADISTA OPERANTE SUL TERRITORIO NAZIONALE – PARTECIPAZIONE AD ASSOCIAZIONE TERRORISTICA INTERNAZIONALE.

La  Quinta Sezione della Corte di cassazione, con una decisione emessa in sede cautelare in data 13/07/2017 (dep. 03/11/2017), n. 50189, è intervenuta sul  tema dell’adesione e della partecipazione di appartenenti ad una cellula di ispirazione jihadista, operante sul territorio nazionale, all’associazione terroristica internazionale di riferimento, denominata ISIS.

PROFESSIONISTI – MEDICI E CHIRURGHI – RESPONSABILITÀ COLPOSA PER MORTE O LESIONI PERSONALI – LEGGE 8 MARZO 2017, N. 24 – ART. 590-SEXIESCOD. PEN. – CAUSA DI NON PUNIBILITÀ –  CONFIGURABILITÀ – AMBITO DI APPLICAZIONE – INDICAZIONI.

In tema di colpa medica, la Quarta Sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 50078 del 19/10/2017, dep. il 31/10/2017, ha affermato il seguente principio di diritto: “Il secondo comma dell’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità  dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione  normativa (rispetto delle linee guida  o, in  mancanza, delle  buone  pratiche  clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal  grado della  colpa, essendo compatibile il  rispetto delle linee guide e delle buone pratiche  con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse.

Successivamente, in data 13/11/2017, è stata rimessa alle Sezioni unite per l’udienza del 21/12/2017, la seguente questione: Quale sia, in tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni, l’ambito applicativo della previsione di “non punibilità” prevista dall’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24, anche con riguardo alla precedente disciplina della materia, dettata dall’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189.

SICUREZZA PUBBLICA – STRANIERI – MISURA DI SICUREZZA DELL’ESPULSIONE AI SENSI DELL’ART. 86 D.P.R. N. 309 DEL 1990 – RISCHIO DI TRATTAMENTI INUMANI O DEGRADANTI PER IL SOGGETTO ESPULSO – RILEVANZA – CONSEGUENZE – INESEGUIBILITÀ DELL’ESPULSIONE.

La Prima Sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza  n. 49242 del 18/5/2017, dep. il 26/10/2017, ha affermato che il provvedimento di espulsione dello straniero, disposto ai sensi del testo unico sugli stupefacenti, è ineseguibile qualora sussista serio rischio che il soggetto espulso venga sottoposto nel Paese di origine alla pena di morte, ovvero a trattamenti inumani o degradanti, precisando l’irrilevanza, a tal fine, della valutazione relativa alla gravità del reato ed alla pericolosità sociale.

MISURE DI PREVENZIONE – ART.1, D.LGS. 6 SETTEMBRE 2011, N.159 – APPLICABILITÀ IN RELAZIONE AI REATI DI NATURA TRIBUTARIA – PRESUPPOSTI .

La Sezione sesta, con sentenza n. 53003 del 21/09/2017 (dep. 21/11/2017), ha è intervenuta, in materia di misure di prevenzione, sui presupposti oggettivi della cosiddetta pericolosità sociale generica, ai sensi dell’art.1, D.Lgs. 6 settembre 2011, n.159, in relazione alle condotte dell’evasore fiscale seriale.

SICUREZZA PUBBLICA – MISURE DI PREVENZIONE – APPARTENENTI AD ASSOCIAZIONI MAFIOSE – CONFISCA DI BENI IN SEQUESTRO – CREDITO GARANTITO DA IPOTECA – CESSIONE DEL CREDITO “IN BLOCCO” EX ART. 58 D.LGS. N. 385 DEL 1993 – OPPONIBILITÀ – CONDIZIONI – BUONA FEDE DEL CESSIONARIO – INDIVIDUAZIONE – FATTISPECIE.

La Prima Sezione della Corte, con sentenza n. 51467 del 2017, ha affermato che in materia di misure di prevenzione patrimoniale, ai fini dell’ammissione del credito garantito da ipoteca iscritta anteriormente al sequestro sul bene sottoposto a confisca, acquistato “in blocco” nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione ai sensi dell’art. 58 del d.lgs 1 settembre 1993, n. 385 dopo la trascrizione della misura ablatoria, è necessario che il cessionario dia prova della propria buona fede, potendo, anche in questo caso, condurre indagini sulla posizione del venditore, consultando i registri immobiliari e i documenti relativi alla specifica vicenda contrattuale. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale che, in sede di verifica ai sensi degli artt. 52 e 58 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, aveva escluso l’ammissione del credito vantato dalla società creditrice, cessionaria “in blocco” di una pluralità di crediti, non ravvisandone l’affidamento incolpevole per l’omessa valutazione della convenienza economica dell’operazione e della solvibilità del debitore, senza verificare invece il rispetto da parte di detta società delle disposizioni emanate dall’autorità preposta alla vigilanza su queste operazioni finanziarie e delle procedure interne finalizzate, in vista della concessione di finanziamenti, a ricostruire la capacità finanziaria, le condizioni patrimoniali e la possibilità, in funzione dei redditi e dei beni disponibili, di restituire il finanziamento del debitore e senza considerare le finalità del negozio giuridico stipulato in merito all’effettiva operatività dei soggetti economici interessati nonché la regolarità amministrativa e penale dell’operazione quanto al rispetto della disciplina antiriciclaggio).

COMPETENZA PER CONNESSIONE – CONNESSIONE TELEOLOGICA – IDENTITÀ FRA GLI AUTORI DEI REATI – NECESSITÀ – ESCLUSIONE.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con sentenza del  26/10/2017 (dep.24/11/2017), n. 53390, hanno affermato che, ferma restando la necessità di individuare un effettivo legame finalistico fra i reati, non è richiesta l’identità tra gli autori ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – DISPOSIZIONI GENERALI – ESIGENZE CAUTELARI – PERICOLO DI REITERAZIONE – FATTI CRIMINOSI IN FASE DI ACCERTAMENTO IN ALTRI PROCEDIMENTI PENALI – VALUTAZIONE – LEGITTIMITÀ – FATTISPECIE.

La Prima Sezione penale, con sentenza n. 51030 del 2017, ha affermato che, in tema di esigenze cautelari, l’esistenza di un procedimento pendente a carico dell’indagato per reati ai danni della medesima persona offesa costituisce un elemento rilevante ai fini della valutazione della sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta criminosa di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. (Fattispecie nella quale la Corte ha rigettato il ricorso avverso il diniego di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata  per i reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e tentato omicidio commessi ai danni della moglie separata all’indagato nei cui confronti pendeva un procedimento per i delitti di maltrattamenti in famiglia ed atti persecutori nei confronti della medesima persona offesa).

PERSONA GIURIDICA – SEQUESTRO PREVENTIVO FINALIZZATO ALLA CONFISCA DI BENI DELLA SOCIETÀ – SOCIETÀ IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA PREFETTIZIA, DI CUI ALL’ART. 32 D.L. N. 90 DEL 2014, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE N. 114 DEL 2014 – REATI COMMESSI DAGLI ORGANI SOCIALI DELLA PRECEDENTE AMMINISTRAZIONE ORDINARIA – SEQUESTRABILITÀ DELLE SOMME CONFLUITE NEL FONDO COSTITUITO DALL’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA – POSSIBILITÀ – CONDIZIONI.

La Terza Sezione, con sentenza del  26/09/2017 (dep. 9/11/2017), n. 51085, ha affermato che nell’ipotesi di società soggetta ad amministrazione straordinaria temporanea prefettizia, di cui all’art. 32 d.l. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, il denaro pervenuto alla società durante la gestione straordinaria ed accantonato nell’apposito fondo costituto, può essere soggetto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca in relazione ai reati che si assumono precedentemente commessi dagli organi della amministrazione ordinaria, a condizione che emerga la diretta derivazione delle predette somme dagli illeciti ipotizzati. 

MISURE CAUTELARI REALI – SEQUESTRO PREVENTIVO- CONFISCA- SENTENZA NON IRREVOCABILE – TERZO ESTRANEO AL PROCESSO PROPRIETARIO DEL BENE – ISTANZA DI RESTITUZIONE AL GIUDICE CHE PROCEDE – POSSIBILITÀ – RIGETTO- APPELLO AL TRIBUNALE DEL RIESAME – AMMISSIBILITÀ.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con sentenza del 20/07/2017 (dep.19/10/2017), n. 48126 Muscari, hanno affermato che il terzo rimasto estraneo al processo, proprietario del bene, già in sequestro, di cui sia stata disposta  con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene sequestrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame. Qualora sia stata erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame.

IMPUGNAZIONI – CASSAZIONE – CAUSE DI NON PUNIBILITÀ, DI IMPROCEDIBILITÀ, DI ESTINZIONE DEL REATO O DELLA PENA – PORTO DI OGGETTI ATTI AD OFFENDERE – ESCLUSIONE DELLA NON PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO – RICONOSCIMENTO DELL’ATTENUANTE DELLA LIEVE ENTITÀ DEL FATTO EX ART. 4 LEGGE N. 110 DEL 1975 – POSSIBILITÀ – RAGIONI.

La Prima sezione della corte con sentenza del 7.03.2017, depositata il 9.11.2017, n. 51261, ha affermato che l’esclusione del beneficio della non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. non impedisce il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità relativa al porto di oggetti atti ad offendere di cui all’art. 4, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110. (In motivazione, la Corte ha precisato che il fatto di “particolare tenuità” ai fini della declaratoria di non punibilità presenta una minore rilevanza offensiva rispetto a quello di lieve entità che attenua il reato).

IMPUGNAZIONI – GIUDIZIO PER CASSAZIONE – RINUNCIA ALL’IMPUGNAZIONE – DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DE PLANO AI SENSI DELL’ARTICOLO 610, COMMA 5 BIS, COD. PROC. PEN. –   ATTO IMPUGNATO EMESSO NELLA VIGENZA DELLA PRECEDENTE DISCIPLINA -AMMISSIBILITÀ –  RAGIONI.

La Prima Sezione della Corte di cassazione, con sentenza del  7/11/2017 (dep. 15/11/2017), n. 52268, ha affermato che la declaratoria di inammissibilità per rinuncia al ricorso, può essere pronunciata “de plano”, ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen. – introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 -, anche se l’atto impugnato sia stato emesso prima della entrata in vigore della nuova disposizione,  trattandosi di causa d’inammissibilità già prevista e riferendosi  la nuova norma al procedimento dinanzi la Corte di cassazione e non al regime delle impugnazioni.

APPELLO – RINNOVAZIONE DELLA PROVA DICHIRATIVA

La Sezione Seconda della Corte di cassazione, con ordinanza del 8 novembre 2017, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione se nel processo con rito abbreviato la condanna in appello di imputati assolti in primo grado fondata sulla rivalutazione di elementi già presenti agli atti (intercettazioni) e sulla rinnovazione parziale del dibattimento, attraverso l’esame di due collaboratori di giustizia, che hanno fornito informazioni su dati di contesto, comporti la necessità di procedere all’esame delle persone offese che hanno sporto denuncia in ordine ai fatti incriminati in conformità alla decisione delle Sezioni unite Patalano del 2017 ovvero se tale principio non risulti superato alla luce del nuovo art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. introdotto dalla legge n. 103 del 2017 secondo cui Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, norma che sotto il profilo letterale escluderebbe la necessità di rinnovare le prove cartolari.

ESECUZIONE – GIUDICE DELL’ESECUZIONE – PROCEDIMENTO – IN GENERE – PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO – OBBLIGO DI CONCLUDERE – SUSSISTENZA – ESCLUSIONE.

La Sezione Prima della Corte, con sentenza n. 50176 del 2017 ha affermato che, in tema di procedimento di esecuzione, l’obbligo di partecipazione del pubblico ministero non implica che questi debba svolgere le sue conclusioni, orali o scritte, su tutte le questioni che si possono prospettare in relazione alle possibili statuizioni del giudice. (In motivazione, la Corte ha affermato che il condannato non è legittimato a far valere la nullità di ordine generale a regime intermedio derivante dalla mancata partecipazione del pubblico ministero all’udienza). 

ESECUZIONE – QUESTIONI SUL TITOLO ESECUTIVO – SENTENZA IRREVOCABILE DI CONDANNA – SOPRAVVENUTA DICHIARAZIONE DI PARZIALE ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 181, COMMA 1-BIS, D. LGS. N. 42 DEL 2004 – CONSEGUENTE RIQUALIFICAZIONE DEL REATO QUALE CONTRAVVENZIONE – POTERE DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE DI RILEVARE LA PRESCRIZIONE – SUSSISTENZA – CONDIZIONI.

La Terza Sezione della Corte di cassazione, con sentenza del  11/07/2017 (dep. 16/11/2017), n. 52438, ha affermato che, nei processi in cui la  dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 181, comma 1-bis, d. lgs.  22 gennaio 2004, n. 42 (sent. Corte cost. n. 56 del 2016) sia intervenuta dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione, riqualificato il reato come contravvenzione ai sensi del comma 1 dell’art. 181 citato, deve dichiarare l’estinzione del reato per la prescrizione maturata nel corso del procedimento di cognizione.

PENA – APPLICAZIONE – IN GENERE – LAVORO DI PUBBLICA UTILITÀ – REVOCA DELLA MISURA SOSTITUTIVA – RIPRISTINO DELLA SOLA PENA DETENTIVA RESIDUA – FATTISPECIE RELATIVA ALL’ART. 73, COMMA 5-BIS D.P.R. N. 309 DEL 1990.

La Prima Sezione della Corte di cassazione, con sentenza del 25/05/2017 (dep. 10/10/2017) n. 46551, pronunciandosi con riferimento all’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5-bis D.P.R. n. 309 del 1990, ha ribadito il principio, già affermato in materia di circolazione stradale, secondo cui la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell’attività, mediante un criterio di esatta corrispondenza temporale.

ESECUZIONE – MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA – PROCEDIMENTO – UDIENZA – UDIENZA CAMERALE PARTECIPATA AI SENSI DELL’ART. 127 COD. PROC. PEN. – LEGITTIMO IMPEDIMENTO DEL DIFENSORE – RILEVANZA AI FINI DELL’EVENTUALE RINVIO DELL’UDIENZA – ESCLUSIONE – RAGIONI.

La Prima Sezione della Corte, con sentenza n. 50160 del 2017 ha affermato che, nel procedimento di sorveglianza, ai fini dell’eventuale rinvio dell’udienza camerale, non è rilevante l’impedimento del difensore in assenza di espresse disposizioni normative in tal senso e per la specificità del giudizio che risiede nella necessità di assicurare celerità nell’applicazione del giudicato, dovendo sopperirsi alla mancanza del difensore di fiducia con la nomina di uno d’ufficio (In motivazione la Corte ha precisato che l’impedimento è invece rilevante nel giudizio camerale di appello nel quale trova applicazione l’art. 420-ter, comma quinto, cod. proc. pen.).

ORDINAMENTO PENITENZIARIO – AZIONE RISARCITORIA AI SENSI DELL’ART. 35-TER L. 26 LUGLIO 1975, N. 354 – ISTANZA PROPOSTA DA DETENUTO AFFIDATO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE – COMPETENZA – MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA – SUSSISTENZA.

In materia di rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 CEDU nei confronti di soggetti detenuti o internati, la Prima Sezione penale della Corte, con sentenza del 18/05/2017 (dep. 12/10/2017), n. 47052, ha affermato che appartiene al Magistrato di sorveglianza la competenza a provvedere sull’istanza riparatoria di cui all’art. 35-ter ord. pen. proposta dal detenuto in stato di affidamento in prova al servizio sociale.