Rassegna cassazione penale settembre 2016

di Luigi Giordano

INDUZIONE INDEBITA – VIOLENZA SESSUALE – CONCORSO – ESCLUSIONE

Con la sentenza n. 33049, del 17 maggio 2016, depositata il 28 luglio 2016, la Terza sezione della Corte di cassazione ha affermato che non è configurabile il concorso di reati tra il delitto di violenza sessuale mediante costrizione e quello di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen.

DIFFAMAZIONE – ELEMENTO OGGETTIVO

Con sentenza del 29 febbraio 2016, depositata il 26 agosto 2016, la Quinta sezione della Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la valutazione del giudice di merito secondo cui il termine “animali” utilizzato nel rivolgersi alle persone offese si presenta offensivo dell’onore e decoro dei destinatari, con esso volendosi attribuire alle persone offese mancanza di senso civico e di educazione, caratteristica questa, secondo la comune sensibilità, lesiva dell’ altrui reputazione.

MINACCIA – ELEMENTO OGGETTIVO

Con sentenza n. 35018, del 3 maggio 2016, depositata il 18 agosto 2016, la Quarta sezione ha ribadito che, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 612 cod. pen., è necessaria una minaccia che sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto, da valutarsi con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto. Risponde di tale reato, pertanto, l’insegnante che minacci un suo allievo con un coltello a serramanico, dicendogli «stai zitto o ti squarcio» anche se le circostanze del fatto e la reazione dell’insegnante successiva al fatto possano abbiano ridimensionato la gravità del fatto e dato allo stesso una connotazione scherzosa, tanto che «nessuno si era spaventato» e che «la cosa si era risolta in una risata generale».

REATI CONTRO IL PATRIMONIO – AUTORICICLAGGIO

La Corte di cassazione, Seconda sezione, con la sentenza n. 33074 del 14 luglio 2016, depositata il 28 luglio 2016 della Seconda Sezione ha affermato che non costituisce l’elemento oggettivo del delitto di autoriciclaggio la condotta di versamento del profitto del furto su una carta prepagata intestata allo stesso autore del delitto presupposto, difettando la capacità di occultare la provenienza delittuosa del denaro oggetto del profitto.

ACQUE- INQUINAMENTO IDRICO – TUTELA PENALE – SCARICO DI ACQUE REFLUE.

La Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza n. 35850 del 10/05/2016 (dep. 31/08/2016) ha affermato che, in tema di inquinamento idrico, lo scarico di acque reflue provenienti da un centro di emodialisi configura il reato di cui all’art. 137, comma 1,  del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, trattandosi di acque provenienti da un’attività che ha ad oggetto l’effettuazione di prestazioni terapeutiche caratterizzate dall’impiego di sostanze estranee sia al metabolismo umano che alle attività domestiche.

MISURE CAUTELARI PERSONALI – ATTUALITA’ DEL PERICOLO.

La Corte di cassazione, Sez. Sesta, con sentenza n. 24476 del 4 maggio 2016, depositata il 13 giugno 2016, Rv. 266999, ha affermato che “l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale; ne deriva che non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti”.

MISURE CAUTELARI PERSONALI – SCELTA DELLA MISURA – PROGNOSI DI CONDANNA SUPERIORE AD ANNI TRE DI RECLUSIONE

La Corte di cassazione, con sentenza del 27 gennaio 2016, n. 11045, depositata il 16 marzo 2016), affrontando il delicato tema dell’applicabilità della custodia cautelare in carcere per il reato di evasione, ha affermato che «… i limiti di applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere previsti dall’art. 275 comma 2-bis, secondo periodo, cod. proc. pen. possono essere superati dal giudice qualora ritenga, secondo quanto previsto dal successivo comma terzo, prima parte, della norma citata, comunque inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari ogni altra misura meno afflittiva (in questo senso, Sez. 3, n. 32702 del 27/03/2015, Jabbar; Sez. 4, n. 43631 del 18/09/2015, Jovanovic)».

Al riguardo, la Corte di cassazione, con sentenza del 23 giugno 2016, n. 31583, Halilovic, depositata il 21 luglio 2016, in motivazione ha affermato che il legislatore «disegna un sistema normativo che affida in modo tutt’altro che illogico la reazione alla trasgressione delle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dai luoghi in cui sono attuate le misure cautelari e detentive domiciliari unicamente agli specifici meccanismi propri alla gestione di quelle misure, eliminando la sovrapposizione di valutazioni – e la possibilità di confliggenti esiti – permessa, prima della citata novella, dall’art. 391, comma 5, cod. proc. pen. in tutti i casi di evasione puniti ai sensi del primo comma dell’art. 385 cod. pen.Al di là dei giudizi di opportunità relativi a tale innovazione normativa, non sembra quindi possibile – nel contesto sopra richiamato e tenuto conto dei sopra citati principi costituzionali (artt. 13, comma 2; 27, comma 3; 32 Cost.) – liquidare tale novella e il mancato richiamo dell’art. 275, comma 2 bis, tra le norme di cui l’art. 391, comma 5, consente, in caso di arresto convalidato, la deroga a fini dell’applicazione di una misura coercitiva, come dati manifestamente illogici, frutto di una semplice svista del legislatore. Al contrario, si impone all’interprete l’obbligo di registrare il chiaro tenore testuale delle norme in esame, che attengono ai presupposti e alle condizioni di legalità delle limitazioni che possono essere tassativamente imposte alle libertà della persona ex artt. 13, comma 2, Cost. e 272 cod. proc. pen. e sono quindi insuscettibili di interpretazione analogica o estensiva».

Sul medesimo tema, la Suprema Corte, con sentenza del 17 maggio 2016, n. 24111, depositata il 9 giugno 2016,  ha affermato che, ai fini dell’applicazione del limite all’adozione della misura della custodia in carcere previsto dall’art. 275, comma 2-bis. cod. proc. pen., deve trovare applicazione il principio secondo cui le diminuenti connesse a riti speciali non hanno incidenza ai fini delle valutazioni prognostiche da operare ex art. 275, cod. proc. pen., in sede di applicazione delle misure cautelari”

MISURE CAUTELARI PERSONALI – DICHIARAZIONE DI INEFFICACIA PER MOTIVI FORMALI – LIMITI ALLA RIEMISSIONE DELLA MISURA – NECESSITA’ DELLA SUSSISTENZA DI ECCEZIONI RAGIONI DI CAUTELA – NOZIONE

La Corte di cassazione, con sentenza n. 29921/2016, depositata il 14 luglio 2016, ha affermato che «per quanto riguarda la nozione ed i criteri per identificare la sussistenza di “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza” sul punto si è formato un consolidato orientamento giurisprudenziale, in relazione alle norme di cui all’art. 275, quarto comma, cod. proc. pen. Secondo tale indirizzo le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza si distinguono da quelle ordinarie solo per il grado del pericolo, che deve superare la semplice concretezza richiesta dall’art. 274 cod. proc. pen., per raggiungere la soglia della sostanziale certezza che l’indagato, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continui nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede – e sono desumibili dagli stessi elementi indicati per le ordinarie esigenza cautelari e, pertanto, dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’indagato desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali».

Sullo stesso tema, la Corte di cassazione, con sentenza n. 28002-2016, depositata il 6 luglio 2016, ha affermato che «…le eccezionali esigenze cautelari richieste per l’emissione di una nuova ordinanza cautelare non vanno equivocate con la necessità di un quid pluris rispetto alla situazione precedente né con la necessità di elementi nuovi sopraggiunti. … Il requisito delle eccezionali esigenze cautelari costituisce un rafforzamento degli indicatori del pericolo di reiterazione, il quale diviene elevata probabilità di ripetizione delle azioni delittuose. In altri termini, esse non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in una esposizione al pericolo per la collettività di tale consistenza da non risultare compensabile se non con l’imposizione di una misura coercitiva. Ma, al contempo, tali esigenze sono comunque desumibili dagli stessi elementi indicati per le ordinarie esigenze cautelari …».

Con la sentenza n. 28957-2016, depositata il 12 luglio 2016, infine, la Corte di cassazione ha affermato che «… tra i parametri di valutazione della sussistenza delle “eccezionali esigenze cautelari” va annoverata anche la ‘doppia’ presunzione relativa (ovvero, nei casi residui, assoluta), di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. … Nel caso della rinnovazione della misura ex art. 309, comma 10, c.p.p., invece, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo ‘prova contraria’, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di “eccezionalità”; tale, cioè, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo ‘cautelare’, salvo ‘prova contraria’. …  l’antinomia’ tra l’art. 275, comma 3, e l’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., non può essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della seconda norma, che è generale, laddove la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, è speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico lexspecialisderogatlegi generali, lexposteriorgeneralis non derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in particolare nella dimensione della ‘sussistenza delle esigenze cautelari’, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., nel senso che l’ “eccezionalità” delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo ‘prova contraria’, insita proprio nel giudizio di astratta e costante ‘pericolosità cautelare’ formulato ex ante dal legislatore. Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (tra i quali l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi, salvo ‘prova contraria’ (recte, salvo che emergano elementi di segno contrario), integrare le “eccezionali esigenze cautelari” richieste dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. per la rinnovazione della misura estinta».

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – PROVVEDIMENTI – ORDINANZA DEL GIUDICE – REQUISITI – MOTIVAZIONE

La Terza sezione, con sentenza n. 18501 del 2 febbraio 2016 depositata il 4 maggio 2016, ha affermato che in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, va osservata anche nell’ipotesi di ordinanza che applichi nuovamente la custodia cautelare che abbia perduto efficacia per omesso interrogatorio di garanzia, essendo prescritta una nuova valutazione che “attualizzi” la sussistenza delle predette condizioni anche in base alle risultanze dell’interrogatorio. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto legittima l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 302 cod. proc. pen. che aveva operato un integrale rinvio “per relationem” all’ordinanza genetica -allegandola in copia – quanto all’individuazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, e ne aveva attualizzato la valutazione richiamando, per incorporazione, le esigenze cautelari evidenziate nella nuova richiesta del P.M., nonché il contenuto delle dichiarazioni rese dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ritenuto privo di elementi di novità suscettibili di diversa valutazione cautelare).

TRIBUNALE DEL RIESAME – POTERI

La Corte di cassazione, sezione Seconda, con sentenza n. 10150 del 24 febbraio 2016, depositata in data 11 marzo 2016, Rv. 266190, ha affermato che ilTribunale del riesame ha il potere-dovere di integrare le insufficienze motivazionali dell’ordinanza di custodia cautelare relative alla valutazione di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con l’uso del braccialetto elettronico atteso che l’art. 309 comma nono cod. proc. pen. non prevede quale causa di annullamento dell’ordinanza cautelare la mancanza di indicazioni sull’adeguatezza della misura. (Nella fattispecie il g.i.p. si era limitato a valutare l’inadeguatezza delle altre misure coercitive facendo riferimento all’assenza di una fissa dimora dell’indagato).

MISURE CAUTELARI REALI – SEQUESTRO CONSERVATIVO – RIESAME – QUESTIONI ATTINENTI LA PIGNORABILITÀ DEI BENI- COMPETENZA DEL TRIBUNALE DEL RIESAME – SUSSISTENZA.

Le Sezioni Unite della corte di Cassazione, con sentenza del 21 luglio 2016 (dep. 16 settembre 2016), n. 38670 in materia di sequestro conservativo, hanno affermato che le questioni  attinenti alla pignorabilità dei beni sono deducibili con la richiesta di riesame e devono essere decise dal giudice penale, non sussistendo una riserva di competenza del giudice civile a deciderle dopo la conversione del sequestro conservativo in pignoramento, a seguito della irrevocabilità della sentenza.

ARCHIVIAZIONE – RICHIESTA DEL PUBBLICO MINISTERO – OPPOSIZIONE DELLA PERSONA OFFESA – ARCHIVIAZIONE PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO IN LUOGO DEI DIVERSI MOTIVI INDICATI DAL P.M. – MANCATA OSSERVANZA DELLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 411, COMMA 1 BIS, COD. PROC. PEN. – CONSEGUENZE.

Con sentenza n. 36857 del 7/07/2016 (dep. 5/09/2016), la Quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che è nulla l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto pronunciata ai sensi dell’art. 411, comma 1, cod. proc. pen., in luogo dei diversi motivi di merito indicati nella richiesta del p.m., senza l’osservanza della speciale procedura prevista al comma 1 bis, non essendo le disposizioni generali contenute negli artt. 408 e ss. cod. proc. pen. idonee a garantire il necessario contraddittorio sul punto. 

IMPUGNAZIONI – APPELLO

Con sentenza n. 33563 del 14 luglio 2016, depositata il 1 agosto 2016, la Seconda Sezione ha affermato che non viola il divieto di reformatio in peius il giudice dell’appello che, derubricando il reato, individui una pena base di entità maggiore rispetto a quella stabilita per l’originaria ipotesi di reato, purchè venga irrogata in concreto una sanzione finale non superiore a quella inflitta dal giudice di primo grado.

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