Relazione illustrativa ad una proposta di modifica di alcune norme in tema di notifiche penali

di David Mancini

Come è noto, il sistema della notifiche rappresenta uno dei principali ostacoli all’efficienza e alla celerità nella celebrazione dei processi. Le disfunzioni riscontrate nella prassi attengono sia alle modalità con cui vengono effettuate le notifiche sia alle regole che le sovraintendono. Si tratta di meccanismi obsoleti, il cui funzionamento è affidato alla figura dell’ufficiale giudiziario, non sempre in grado di soddisfare precisione e rapidità, anche a causa delle molteplici funzioni ad esso assegnate, oppure all’operato della polizia giudiziaria, spesso distolta da emergenze operative più direttamente  compatibili con i propri compiti.

A dispetto della marginalità con cui l’istituto viene considerato all’interno della procedura penale, si tratta di un ambito fondamentale in cui è necessario contemperare esigenze di certezza della conoscenza degli atti da parte dei soggetti interessati e snellimento delle procedure, per alleggerire gli uffici giudiziari da meccanismi obsoleti e da incombenti spesso e volentieri inutili e forieri di ritardi ingiustificati.

Se da un lato, quindi, non possono che essere accolti favorevolmente i recenti interventi normativi sull’attuazione del processo telematico e l’uso della posta elettronica certificata per l’effettuazione delle comunicazioni e delle notificazioni non dirette all’indagato o all’imputato, nonché sull’articolo 143 c.p.p. in tema di diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamentali, dall’altro non possono essere accolte con favore riforme emergenziali o di settore, talvolta al solo scopo di adeguamento a normative sovranazionali. E’ il caso, ad esempio, della riforma introduttiva dell’art. 157, comma 8 bis del codice di procedura penale che, lasciando spazi troppo ampli all’interpretazione giurisprudenziale, ha finito per determinare un’incertezza applicativa ancora più dannosa del problema cui si intendeva porre rimedio.

Sarebbero, dunque, auspicabili interventi organici di riforma della disciplina delle notifiche orientata a principi generali. Ad esempio, solo per citarne alcuni, si pensi:

– alla necessità che la prima notifica all’indagato/imputato avvenga secondo modalità tali da garantire la certa conoscenza dell’atto e con l’espresso avvertimento che le notifiche successive avverranno con procedure semplificate (ad. es. notifica al difensore); – alla previsione che la nomina del difensore di fiducia, perché sia efficace, debba essere espressamente accettata dal difensore, salve eccezioni per i casi di urgenza; – all’utilizzo di strumenti tecnologici diffusi e informatizzato (che risolvano ad esempio la questione annosa della trasmissione immediata delle cartoline di ricevimento in caso di invio a mezzo posta delle notifiche.

La scommessa principale è inevitabilmente sul piano economico e tecnologico. Nella società della comunicazione con un “click” non è concepibile proseguire nell’incentrare il sistema delle notifiche su operazioni di movimento fisico del personale e non su dinamiche tecnologiche di atti digitalizzati, rispetto a cui il movimento dell’operatore diventa un’eccezione.

La digitalizzazione del processo penale procede molto lenta rispetto a quella del processo civile.

La ragione sarebbe da individuare nella differenza strutturale dei due sistemi processuali, con la presenza nel processo penale di una parte pubblica rappresentata dal Pubblico Ministero. Ciò comporta inevitabilmente maggiori difficoltà ad introdurre metodi e procedure processuali telematiche, essendo necessari ingenti interventi a livello nazionale.

In questo solco si pongono alcune implementazioni tecniche adottate negli ultimi anni che sono sicuramente importanti per il funzionamento del processo penale, ma che non coinvolgono direttamente i cd. operatori esterni al settore giustizia. Si pensi, ad esempio, all’attivazione su tutto il territorio nazionale, di SICIP – Sistema Informativo della Cognizione Penale – , sistema che ha consentito di uniformare tutti i registri informatici delle Procure della Repubblica italiane con definitivo abbandono delle plurime versioni distrettuali dello storico applicativo Re.Ge.

Dal lato dell’utente, invece, allo stato, l’unico intervento tecnico che ha interessato anche soggetti esterni è costituta da SNT – Sistema Notifiche Telematiche Penali.

Si tratta di un sistema operativo che consente agli uffici giudiziari penali di eseguire a mezzo PEC le notificazioni, a persona diversa dall’imputato, a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale.

Tale procedura è in vigore a livello nazionale dal 15 dicembre 2014 e riguarda tutti i procedimenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello (art. 16, comma 9, lett. c-bis), D. L. 179/2012, come modificato dall’art. 1, comma 19, punto 1, lett. a-1), L. 228/2012).

SNT è tecnicamente funzionante e, come sottolineato dal Ministro della Giustizia nella sua notificazioni. Le questioni apertesono piuttosto di tipo normativo, poichè la notifica telematica a mezzo PEC non è stata disciplinata come procedura ordinaria per le notificazioni, ma solo come eccezione, benché generalizzata ed autorizzata ex lege rispetto alla regola tradizionale dell’ufficiale giudiziario (art.148, comma 1, c.p.p.); attualmente la posta elettronica certificata può essere utilizzata solo per le notificazioni di cui agli artt. 148, comma 2 bis, 149, 150, 151, comma 2, c.p.p., ovverosia, in sintesi, in sostituzione di fax, telefono e telegrafo.

In secondo luogo, il disposto dell’art.16, comma 4, D.L. 179/2012 prevede che le notificazioni siano effettuate per via telematica all’indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.

Tuttavia, nell’attesa che il legislatore appronti una riforma organica del settore notifiche penali, considerati i profili di maggiore sovraccarico degli uffici giudiziari penali, sarebbe opportuno intervenire con una circoscritta modifica normativa che sarebbe in grado di snellire notevolmente il carico delle notifiche penali, garantendo la piena conoscenza degli atti in capo all’indagato/imputato, senza determinare indebite “sostituzioni” o aggravi in capo ai difensori. Non sarebbe l’ennesima micro riforma tendente a “sbilanciare” oneri e responsabilità, ma un’oggettiva presa d’atto di principi fondamentali comuni a molte legislazioni di altri Paesi. Si sottolineano alcuni principi ispiratori della proposta di modifica normativa allegata, così espressi:

  • Il diritto/dovere dell’indagato/imputato a conoscere gli atti sin dalla prima fase del processo;
  • Il diritto di conoscerli, ai sensi dell’art. 143 c.p.p., in una lingua a lui comprensibile;
  • Il diritto di essere informato con una comunicazione esaustiva, ai sensi dell’art. 369 bis c.p.p.;
  • Il dovere di raccordarsi, una volta ricevute le informazioni di cui sopra, con il proprio difensore, per seguire l’ulteriore corso del procedimento, ponendo così fine ad un ingiustificato “inseguimento” da parte dello Stato per tutte le notifiche successive. Tale dovere opera esclusivamente nel caso in cui lo Stato abbia assolto al proprio onere di notificare compiutamente il primo atto, unitamente alla prescritta comunicazione ex art. 369 bis c.p.p., eventualmente tradotta in lingua straniera.

Proposta di legge

All’articolo 157 del codice di procedura penale, dopo il comma 8-bis è aggiunto il seguente:

“8-ter. – Se la notificazione dell’atto è eseguita congiuntamente alla comunicazione di cui all’articolo 369-bis, le notificazioni successive sono eseguite mediante consegna ai difensori, nominati ai sensi degli articoli 96 e 97, commi 2 e 3”.

All’articolo 161 del codice di procedura penale, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

“4-bis. – Le disposizioni del presente articolo non si applicano nel caso in cui la prima notificazione sia stata eseguita con le modalità di cui all’articolo 157 comma 8ter.”

All’articolo 369bis del codice di procedura penale, al comma 2, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:

c bis). – L’informazione che le notificazioni successive alla prima, ai sensi dell’articolo 157, comma 8-ter, vengono eseguite presso i difensori di fiducia o, in mancanza, presso il difensore nominato d’ufficio.”

All’articolo 420 bis del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:

“2. Salvo quanto previsto dall’articolo 420-ter, il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo ovvero nei casi previsti dall’art. 157 comma 8-ter.”

All’articolo 420 quater del codice di procedura penale è aggiunto il comma seguente:

“3-bis. – le disposizioni degli articoli 420-ter e del presente articolo non si applicano nei casi previsti dall’articolo 157 comma 8-ter.”

DA: “RACCOLTA PROPOSTE DI RIFORMA NORMATIVA PRESENTATE IN OCCASIONE DEL CONVEGNO “IL GOVERNO DEL PROCESSO: AVVOCATURA E MAGISTRATURA A CONFRONTO” TENUTOSI A MILANO IL 27 GIUGNO 2016″