Report n. 35 del 13 novembre 2024

Cari tutti, il report del plenum del 13 novembre è stato dedicato all’approvazione della nuova circolare sulle valutazioni di professionalità.

Come noto, il 21 aprile 2024 è entrato in vigore il d.lgs. n. 44/2024 che, in attuazione della legge delega n. 71/2022 (cd. riforma Cartabia), tra i numerosi ambiti interessati dalla riforma ordinamentale ha modificato quello riguardante la valutazione di professionalità dei magistrati. L’intervento ha interessato, per un verso, le relative disposizioni del d.lgs. n. 160/2006 (art. 5), per altro verso, alcune norme del d.lgs. n.
25/2006, inerenti al cd. diritto di tribuna di tutti i membri “laici” e al diritto di voto della sola componente avvocati dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione (art. 2).
Nel rimandare alla lettura della relazione introduttiva e dell’allegato articolato, ci preme segnalare che la rivisitazione della disciplina consiliare si è mossa secondo tre principali direttrici:

– rivedere, anche in ottica di semplificazione e snellimento, l’impostazione strutturale della precedente circolare, prevedendo la suddivisione in articoli delle “Parti” e dei “Capi”, eliminando inutili ripetizioni o superflue trasposizioni di norme di legge nonché rendendo più coerente la collocazione sistematica di alcune disposizioni;

– adeguare l’impianto esistente alle novità legislative (paragrafo 2);

– introdurre modifiche dettate dalle criticità operative e/o difficoltà interpretative emerse in sede di applicazione della circolare previgente (paragrafo 3).

Dal punto di vista della struttura dell’articolato, in particolare, si prevedono 4 parti, dedicate rispettivamente all’oggetto della valutazione e ai criteri di giudizio (parte I), alle fonti di conoscenza e alla rilevanza dei procedimenti disciplinari e penali (parte II), al procedimento di valutazione (parte III) e ai magistrati fuori ruolo, ai procuratori europei delegati P.E.D. e alle disposizioni finali (parte IV).

In ordine alle novità conseguenti alla riforma ordinamentale, vi segnaliamo le disposizioni in tema:

– di fascicolo per la valutazione del magistrato e del rapporto tra valutazioni di professionalità e procedimenti disciplinari o penali.
– di gravi anomalie concernenti l’esito degli affari nelle successive fasi e nei successivi gradi del procedimento e del giudizio;
– di standard di rendimento e di attuazione attuazione dei programmi di gestione;
– di capacità del magistrato di organizzare il proprio lavoro e di attribuzione del giudizio di discreto, buono e ottimo;
– di normativa transitoria;
– di criteri e modelli di redazione di relazioni, rapporti e pareri;
– di diritto di tribuna e di voto unitario degli avvocati;
– di aspettativa per mandato o incarico di governo;
– di procedimento.

Detto questo in termini più generali, ci teniamo a segnalarvi alcune circostanze per noi di particolare rilevanza:

I requisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio.
La prima riguarda i cc.dd. “prerequisiti” di indipendenza, imparzialità ed equilibrio (ora chiamati “requisiti” e oggetto di autonoma valutazione).
La nuova circolare – nella versione sottoposta oggi all’approvazione del plenum – conteneva una nuova previsione (articolo 3, comma 6) in forza della quale “L’indipendenza, l’imparzialità e l’equilibrio possono essere valutati in relazione a uno o più comportamenti extra funzionali solo quando questi ultimi, per la loro oggettiva gravità, siano tali da incidere sulla credibilità e sull’immagine del magistrato nell’esercizio delle funzioni giudiziarie”.
Si trattava di una disposizione che, in sostanza, avrebbe vincolato il Consiglio ai più recenti arresti del giudice amministrativo in ordine alla rilevanza delle condotte extra funzionali del magistrato non solo in relazione al requisito dell’equilibrio (come previsto dall’articolo 11, comma 4, lett. f) d.lgs. n. 160 del 2006) ma anche ai requisiti dell’indipendenza e dell’imparzialità.
Ritenendo questa estensione non condivisibile – non essendo assistita dalla copertura della norma primaria (del citato art. 11, comma 4, lett. f) d.lgs. n. 160 del 2006) ed essendo in contrasto con il principio (sancito dall’articolo 2, comma 1, della circolare stessa) per il quale “La valutazione non può attenere alla sfera privata del magistrato, salvo che risultino dati di rilievo disciplinare o penale ovvero ai fini dell’art. 2 r.d.l. n. 511/1946” – abbiamo presentato in plenum un emendamento (sottoscritto anche da Andrea
Mirenda, Mimma Miele e Roberto Fontana) parzialmente soppressivo del citato comma 6, finalizzato ad affermare la rilevanza delle condotte extra funzionali in relazione al solo requisito dell’equilibrio.
Questa iniziativa ha indotto i presentatori della circolare a rivalutare la scelta fatta e, subito dopo, a presentare un emendamento integralmente soppressivo dell’intero comma 6.
A questo punto abbiamo volentieri votato tale ultimo emendamento, con conseguente assorbimento del nostro e approvazione di una circolare che, sul punto, reca in sostanza la stessa formulazione contenuta nella circolare finora vigente.
Una sola osservazione su questo punto: la soppressione della disposizione sulla rilevanza delle condotte extra funzionali sui requisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio restituisce al Consiglio la piena discrezionalità di valutazione, senza far assurgere i recenti arresti della giurisprudenza amministrativa al rango di fonte di autovincolo per il Consiglio stesso.
Si tratta – a nostro avviso – di un risultato di eccezionale rilievo (alla vigilia tutt’altro che scontato), specie in un momento storico in cui, sempre più spesso, la vita personale dei magistrati è oggetto di interesse politico e mediatico.

– Le gravi anomalie
Altro punto qualificante della nuova circolare riguarda il tema delle “gravi anomalie” nell’ambito della valutazione del parametro della “capacità”. Ovviamente i margini lasciati alla discrezionalità del Consiglio erano limitati dal tenore della norma primaria.
L’art. 6 della circolare distingue – seguendo la disposizione di legge – di due tipi di grave anomalia.
La prima sussiste quando il provvedimento del magistrato viene riformato (o rigettato) per abnormità o per altri vizi gravi e la seconda sussiste invece quando – valutando il complesso degli affari trattati dal magistrato – il tasso di annullamento, rigetto o, si badi bene, di semplice riforma dei provvedimenti sia superiore a 2/3.
La scelta è stata, dunque, in primo luogo quella di lasciare alla valutazione del Consiglio (e certamente non al giudice della impugnazione) il profilo della “gravità” cui il legislatore riconnette il giudizio di grave anomalia, dando così, nella prassi applicativa, la possibilità anche di considerare l’episodicità di un annullamento del genere come indicativo di una assenza di “gravità” sotto il profilo della sussistenza
di un tale speciale indicatore del parametro della “capacità”.
Molto importante (perché riguarda in realtà la garanzia del rispetto della indipendenza del magistrato nella interpretazione delle norme di diritto e la salvaguardia dal pericolo di effetti conformativi derivanti dalla pretesa di una tendenziale omogeneità di “esito” rispetto alle decisioni dei giudici dell’impugnazione) è il tema della grave anomalia declinato (anche qui come richiesto dal legislatore) con riferimento al carattere significativo delle riforme o degli annullamenti rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato.
Il Consiglio al riguardo ha stabilito che “significativo” è (ai fini di integrare la grave anomalia “statistica”) il rapporto di due terzi di annullamenti, riforme o rigetti rispetto al complesso degli affari definiti.
La motivazione sottesa a tale determinazione, accusata da alcuni, come di difesa corporativa, è banalmente collegata alla consapevolezza della peculiarità dell’attività giurisdizionale e della fisiologica presenza (nella dinamica processuale sviluppantesi nei vari gradi) della riforma del provvedimento.
Se “riforma” è, per il penale, già la diversa determinazione della pena ovvero la concessione di una attenuante (a volte poi per evenienze sopravvenute alla sentenza di primo grado, come l’ammissione del fatto da parte dell’imputato con scelte collaborative postume) o financo il diverso giudizio di bilanciamento, e se similmente la sentenza civile è “riformata” anche se ad esempio vengono modificate,
nell’appello avverso la sentenza di separazione personale tra coniugi, le modalità di esercizio del diritto di visita, ovvero se interviene la diversa determinazione sul riparto delle spese di lite (o anche seguire uno invece di un altro degli indirizzi giurisprudenziali in tema di natura degli interessi successivi alla domanda giudiziale risarcitoria), trarre da tali tipologie di riforma (non escluse dal testo legislative e quindi da considerare, sempre ai fini della “integrazione” della grave anomalia statistica) elementi per far scattare un campanello di allarme per un ipotetico superamento del livello di guardia di annullamenti e riforme, sarebbe stato oltre che iniquo, anche inutile non essendo in alcun modo indicativi di un difetto di capacità.
Proprio per l’ambito estesissimo delle pronunce da cui procedere alla verifica della natura significativa delle riforme e annullamenti, la scelta è stata di individuare una soglia alta rispetto alla quale può ritenersi assorbito il dato connesso alle riforme “fisiologiche”. Nondimeno, anche per il superamento della soglia dei due terzi, sarà sempre possibile verificare le ragioni della, almeno apparente, “anomalia” per verificare se essa sia effettivamente “significativa”.
Peraltro resta sempre possibile la verifica individuale delle modalità di esercizio della giurisdizione nella fase decisoria; infatti l’art. 5 comma 2, lettera b) espressamente prevede che il giudizio positivo sulla capacità richiede sia l’assenza di gravi anomalie (nelle due forme di manifestazione), sia che siano assenti
“significative criticità in ordine all’esito, delle successive fasi e nei gradi del procedimento, dei prevedimenti giudiziari emessi o richiesti, relativi alla definizione di fasi procedimentali o processuali o all’adozione di misure cautelari”.
Sarà però sul punto il dirigente dell’Ufficio a poter segnalare situazioni che, pur non raggiungendo la soglia della grave anomalia, per la loro “significativa criticità” meritano un più attento esame da parte del Consiglio, garantendo sempre il contraddittorio con il magistrato interessato.

Le c.d. “pagelle”
Il Consiglio ha dovuto poi costruire un nuovo sistema di valutazione della capacità del magistrato di organizzare il proprio lavoro. La normativa primaria, infatti, per la prima volta ha richiesto un giudizio qualificato per l’indicatore della capacità di organizzare il proprio lavoro (la c.d. pagella), assegnando al Consiglio il compito di disciplinare i criteri per articolare il giudizio positivo nelle tre diverse valutazioni di
discreto”, “buono”, “ottimo”.
In questo scenario, la commissione si è trovata davanti a un’opzione culturale, dal momento che bisognava preliminarmente individuare il soggetto incaricato di effettuare la valutazione individuale. A tale scopo, le opzioni percorribili erano due. La prima nel senso di attribuire esclusivamente al dirigente dell’ufficio il compito di assegnare la pagella al magistrato di cui ha una conoscenza diretta con la
conseguenza però di enfatizzare ulteriormente il rapporto gerarchico tra il dirigente e i magistrati dell’ufficio.
La seconda era quella di individuare parametri oggettivi da cui ricavare la capacità del magistrato di organizzare il proprio lavoro, prescindendo, almeno in parte dalla valutazione del dirigente, ma scontrandosi con l’inadeguatezza attuale dei nostri strumenti di rilevazione statistica, quasi sempre improntati al dato meramente quantitativo con il rischio di derive meramente produttivistiche.
Di fronte a queste due possibili alternative, la commissione, dopo una lunga riflessione, ha optato per un sistema ambivalente che dovrebbe coniugare il profilo quantitativo dell’attività giudiziaria con quello qualitativo in un quadro di attenuazione della gerarchia.
Il sistema elaborato prevede così, da un parte, l’individuazione di alcuni parametri statistici quantitativi e, ove possibile, qualitativi il cui raggiungimento consente di ottenere il voto massimo nella valutazione (prescindendo dal giudizio del dirigente), ma, dall’altra, introduce delle clausole di salvaguardia (sulle quali è necessario un coinvolgimento del dirigente) che valorizzano le situazioni soggettive e oggettive e che
consentono di ottenere un giudizio di ottimo in deroga ai parametri indicati.
Si è elaborata quindi una soluzione composita tra le due diverse opzioni culturali, nel tentativo di attenuare i rischi che erano connaturati all’una o all’altra scelta: si è cercato, cioè, tanto di diminuire il peso del rapporto gerarchico con il capo dell’Ufficio, quanto di evitare di ridurre l’attività del magistrato a una mera articolazione numerica di statistiche e dati.
Le regole sulle c.d. pagelle si applicheranno soltanto alle valutazioni il cui intero quadriennio decorrerà dopo l’approvazione della delibera.

Vi riportiamo di seguito gli interventi di:
Roberto D’Auria https://www.radioradicale.it/scheda/743894?i=4828972
Marco Bisogni https://www.radioradicale.it/scheda/743894?i=4828973
Antonino Laganà https://www.radioradicale.it/scheda/743894?i=4828983
Michele Forziati https://www.radioradicale.it/scheda/743894?i=4828988

Alleghiamo il testo della nuova circolare.


Come noto, poi, la Prima Commissione ha votato la proposta di risoluzione a tutela dei colleghi di Bologna che verrà portata al plenum il prossimo 20 novembre: alleghiamo il testo della proposta.

Marco Bisogni Roberto D’Auria Michele Forziati Antonino Laganà

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