Roberto D’Auria
Roberto D’Auria – Collegio 3 Giudicanti di merito (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Marche Molise, Sardegna)

1. Mi presento. Sono nato il 5 dicembre 1971 a Castellammare di Stabia dove ho studiato e dove ancora vivo. Dopo l’Università, ho lavorato in Banca d’Italia come coadiutore dal 2001 al 2002. A gennaio di quell’anno ho fatto ingresso in magistratura.

Dopo il tirocinio al Tribunale di Napoli ho assunto le funzioni al Tribunale di Salerno, addetto alla sezione distaccata di Eboli con funzioni Penali (32 comuni e 230 mila abitanti con flussi costanti di sopravvenienze pari oltre 1200 procedimenti penali per anno).

Dopo sette anni di trincea a Eboli ho ottenuto il trasferimento al Tribunale di Napoli.

Sono stato assegnato d’ufficio alla Sezione Gip. Funzione che mai da giudice del dibattimento avrei voluto fare per la preoccupazione della sua complessità.

Dopo il tirocinio al Tribunale di Napoli ho assunto le funzioni al Tribunale di Salerno, addetto alla sezione distaccata di Eboli con funzioni Penali (32 comuni e 230 mila abitanti con flussi costanti di sopravvenienze pari oltre 1200 procedimenti penali per anno).

Dopo sette anni di trincea a Eboli ho ottenuto il trasferimento al Tribunale di Napoli.

Sono stato assegnato d’ufficio alla Sezione Gip. Funzione che mai da giudice del dibattimento avrei voluto fare per la preoccupazione della sua complessità.

Ci sono rimasto dieci anni, e ci ho lasciato un po’ di cuore.

Dieci anni di attività incessante (non solo per merito mio), per provare a assicurare, su un territorio costellato di microfenomeni associativi e non – sotto però l’immanente pressione di più estese consorterie criminali i cui processi ho trattato con maxi-misure cautelari e maxi-abbreviati – la risposta giudiziaria immediata, efficace e soprattutto “giusta” che la Costituzione richiede per i cittadini.

Dieci anni in cui ho dato il mio contributo anche nella organizzazione dell’ufficio (45 magistrati in organico), per la gestione dei turni, delle udienze, per la formulazione della proposta tabellare, in un ufficio la cui complessità si riverbera senza filtri sulla predisposizione di progetti organizzativi che siano trasparenti ed efficienti nella distribuzione del carico di lavoro.

Nel 2021, dopo una applicazione in Corte di Assise, sono stato assegnato alla Settima Sezione penale, con entusiasmo e la contentezza di aver trovato persone disponibili, gentili e col doveroso approccio all’esercizio della funzione facendosi carico di ataviche complessità che riguardano il dibattimento penale napoletano.

Forse si sarà capito che il lavoro che faccio mi piace, mi realizza come uomo e magistrato.

Questo in breve chi sono e cosa ho fatto in questi 20 anni.

Venti anni nei quali fin dall’inizio mi sono riconosciuto nei valori fondativi di Unità per la Costituzione. Per venti anni ho cercato di dare concretezza nell’impegno quotidiano, indossando la toga che per me è un costante monito del ruolo terribile che la Costituzione ci assegna e che deve essere esercitato nella consapevolezza della fallibilità umana, della assenza di qualsiasi convincimento di superiorità morale, nell’umiltà della funzione per la quale siamo stati riconosciuti idonei con un concorso; una toga che dobbiamo meritarci di  indossare di giorno in giorno.

2. Il ‘perché’ della mia candidatura. Una premessa di contesto è d’obbligo. Dal 2019 i fatti dell’Hotel Champagne hanno fatto emergere, per alcuni, un collateralismo tra politica e giustizia eccedente quanto necessitato dallo svolgimento delle funzioni di consigliere di CSM.

Ciò ha consentito alla politica, in una immanente tensione che riguarda in maniera preoccupante tutto l’occidente, di intervenire sulle norme di ordinamento giudiziario, non però in un’ottica, pubblicizzata sì, ma mai in concreto attuata, di miglioramento del servizio. La riforma appena approvata, nonostante i tentativi della magistratura di segnalarne i pericoli “intrinseci” per la giurisdizione, rende molto concreto il rischio di una “sterilizzazione” della indipendenza e autonomia del magistrato. E’, per questo, nello spirito di fondo che la anima, una riforma intrinsecamente incostituzionale oltre che assolutamente inutile per migliorare la risposta alla domanda di giustizia.

La mia candidatura si inserisce in questo quadro, in cui il nuovo Statuto di Unità per la Costituzione – attraverso un reticolo di incompatibilità – richiede il  contributo attivo dei colleghi che finora si sono impegnati nel lavoro, e non direttamente sul fronte associativo e istituzionale.

Nel contesto nel quale ci troviamo ho dunque maturato una disponibilità, per me totalmente inaspettata, superando la mia egoistica ritrosia ad impegni rappresentativi. La disponibilità a mettermi in gioco ed a rappresentare i colleghi alla luce dell’esperienza che, non solo per miei meriti, ho acquisito nel corso di questi anni.

Spero di poter portare le difficoltà e le fatiche dei magistrati, che conosco per averle vissute in uffici piccoli e grandi, al CSM, per lì poter decidere conoscendo il lavoro concreto di ogni magistrato, l’impegno e il sacrificio, personale e anche familiare, per garantire una giustizia giusta. 

Negare la mia disponibilità oggi mi sembrava negare di aver provato a fare con lealtà, onore e decoro il Giudice.

La mia candidatura è infatti maturata all’esito di una democratica scelta dei colleghi del distretto cui appartengo, scelta rimessa a chiunque si riconosca nei valori fondativi del gruppo, valori che sono in realtà il codice genetico di ogni magistrato della Repubblica e che devono essere praticati.

Valori che proprio la scelta democratica ha esaltato e riacceso nell’animo dei colleghi.

3. Con quale stile? Dicevo che il mio impegno è: nessun collateralismo.

Ma ‘no al collateralismo’ non vuol dire richiudersi in una torre d’avorio.

L’ascolto dei colleghi, in primo luogo, sarà il principale dei miei impegni. Essere eletti non porta a condizioni di privilegio o di aristocratica supremazia; anzi impone ancor di più, io credo, l’obbligo di essere vicini al territorio, tutto; ai colleghi, tutti.

Il CSM è un organo di rilievo costituzionale che garantisce un potere dello Stato e il Legislatore Costituente attribuisce piena legittimazione ai laici, quindi nessuna trincea. Il magistrato eletto dovrà avere contatti esterni avendo ben chiaro che prima di tutto è un magistrato e un magistrato vero ha un solo faro: la COSTITUZIONE.

Deriva da quello il rispetto della Legge e soprattutto delle prerogative e dei limiti che dalla stessa sono riconosciuti.

Questo confronto, questa relazione, è consustanziale al fisiologico svolgersi della funzione esercitata nella consapevolezza dei limiti invalicabili, dei principi di indipendenza e autonomia che costantemente devono essere alla base di qualsiasi scelta.

Questi principi non sono negoziabili, non sono comprimibili né suscettibili di scambio, e dovranno ispirare sempre le scelte del CSM, a partire dalle competenze in materia di nomine di direttivi e semidirettivi.

4. Il nuovo ordinamento giudiziario e il ruolo del prossimo CSM. Come già avvenuto dopo la riforma del 2006, anche il nuovo CSM avrà il delicatissimo compito di arginare i rischi per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura che l’ultimo intervento legislativo sembra portare con sé, di offrire una interpretazione costituzionalmente orientata e fedele ai valori di autonomia e indipendenza . Valori di autonomina e indipendenza che nell’unità dell’ordine giudiziario devono riaffermarsi anche per i magistrati requirenti. E il nuovo CSM dovrà prestare particolare attenzione, nei limiti delle competenze attribuitegli , anche alle concrete modalità di attuazione del novello fascicolo di valutazione del magistrato , perché, non nascondiamocelo, quel fascicolo di valutazione del magistrato, al di là delle implicazioni concrete, suona come un messaggio di diffidenza nei confronti dei magistrati, quasi a volerne sottolineare la necessità di un più stringente controllo a fronte di chissà quale neghittosità e incompetenza. E di tutto ciò il nuovo CSM dovrà essere consapevole.

Il rischio è di avere una magistratura sempre più conformista ed omologata, sempre meno consapevole dei suoi doveri etici e deontologici.

5. Soluzioni inesplorate  e compiti consiliari. C’è un problema serio di domanda di giustizia che finora credo non sia stato adeguatamente affrontato. Di organico della magistratura, di cui deve essere assicurata quantomeno totale copertura, di strumenti, di edilizia. Su questi temi va riattivato un ruolo propulsivo del CSM, in termini di iniziative di politica giudiziaria, nei confronti del Ministro della Giustizia.

Ed il nuovo CSM, come ad oggi, dovrà farsi carico anche di questo, con i suoi interventi in materia di valutazioni di professionalità, di carichi di lavoro, di copertura dei posti vacanti, e così via.

Da un lato deve essere garantita con continuità la copertura dei ruoli soprattutto nelle fasi di assenze prolungate o trasferimenti proporzionalmente, eventi che soprattutto nelle sedi più piccole sono di più onerosa gestione e spesso impattano significativamente sulla qualità e quantità del lavoro dei colleghi. Dall’altro, è necessario individuare modalità snelle nella trattazione delle questioni tabellari connesse a tali situazioni che consentano una risposta in termini di tempestività rispetto alle decisioni dei capi degli uffici che incidono sul profilo tabellare.

6. Le nomine. Ciò ci riporta al delicato tema delle nomine dei direttivi.

Certamente occorre intervenire sulla normazione rilevante, in particolare il Testo Unico della Dirigenza Giudiziaria, introducendo parametri quanto più obiettivi, verificabili e quindi prevedibili, certamente non equivocabili.

Sono un magistrato e rispetto il legislatore ma certamente un robusto valore da attribuire alla durata continuativa dell’attività al servizio della giurisdizione che riduca i margini di discrezionalità non è solo opportuno ma assolutamente indispensabile. Ma pur valorizzando in maniera decisa tale elemento, se in primis le nostre legittime fonti di conoscenza non rappresentano in pieno l’effettivo stato delle cose, qualsiasi decisione corre il rischio di sembrare arbitraria, apparire illogica o semplicemente essere sbagliata.

Dobbiamo recuperare rispetto a un deficit di autorevolezza che solo in parte ci siamo meritati.

Questo incide anche sulla competenza che, se non più direttamente ma certamente con maggiore incisività, rileva nell’assetto costituzionale della magistratura, vale a dire la competenza consultiva su disegni e proposte di legge attinenti al settore Giustizia ovvero i rapporti con il Ministero della Giustizia con il quale occorre leale collaborazione, ma anche capacità di seria interlocuzione allorquando le richieste meramente quantitative o le proposte ministeriali siano solo “a carico” dei magistrati e dei dirigenti, senza idonei investimenti e un adeguato potere di spesa.    

7. Concludo. Sappiamo bene a chi spetta la competenza legislativa e quella esecutiva; ed allora intanto il CSM può rappresentare un interlocutore credibile, la cui opinione possa costituire un contributo alle scelte parlamentari, o alla dialettica che impone l’art. 107 Cost., in quanto l’organo di governo autonomo recuperi l’autorevolezza e credibilità che solo l’Indipendenza ed una Autonomia al servizio della Repubblica possono garantire. Dobbiamo credere che questa sia l’unica strada percorribile e che chi sarà al CSM opererà non per la propria carriera personale, bensì per preservare e ancor più promuovere nei fatti indipendenza e autonomia, che non sono prerogative di favore, ma garanzie funzionali alla sottoposizione del giudice solo alla legge e a declinare il principio di eguaglianza dei cittadini

                                                                                                                 Roberto D’Auria

roberto.dauria@giustizia.it

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