SCUOLA SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA: REPORT FINALE DEL CORSO “IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI E L’ESECUZIONE ESATTORIALE” ( SCANDICCI 2-4.3.2016)

Scuola Superiore Magistratura: Report finale del corso “Il pignoramento presso terzi e l’esecuzione esattoriale”

Scandicci 2-4.3.2016

Responsabile del corso: Gianluigi Morlini.Organizzazione e report: Sergio Rossetti.Realizzazione informatica: Eugenio Duca.Tra il 2 e il 4 marzo 2016, si è tenuto presso la sede di Castel Pulci della Scuola Superiore della Magistratura l’ormai tradizionale1 corso su “il pignoramento presso terzi e l’esecuzione esattoriale” (cod. P16019), che ha visto la partecipazione sia di magistrati professionali che di magistrati onorari.Il corso è stato idealmente suddiviso in due macro aree, la prima dedicata all’esecuzione esattoriale, l’altra al pignoramento presso terzi.

Mercoledì 2 marzo.La prima sessione, dedicata alle cc.dd. “opposizioni alle esecuzione esattoriali” è stata tenuta dalla dottoressa Daniela Longo, ricercatrice presso l’Università di Foggia, e dal dottor Raffaele Rossi, dell’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione.Il dottor Rossi ha introdotto il tema evidenziando la peculiarità del ” ruolo” quale titolo esecutivo di formazione unilaterale e amministrativa e, di conseguenza, la peculiare natura della riscossione esattoriale caratterizzata da un coacervo di atti soggettivamente e formalmente amministrativi, ma strutturalmente e funzionalmente giurisdizionali. Tale prima ragione di complessità, dà luogo, almeno in astratto, ad una serie di motivi di opposizione (ad es. violazione della legge 241/1990), inconcepibili nelle opposizioni ordinarie avverso i titoli di natura giudiziale o stragiudiziale e più aderenti ai vizi che affliggono gli atti amministrativi.Inoltre, ulteriore fattore di complessità dell’espropriazione esattoriale è data dalla eterogeneità dei crediti che sono idonei ad essere soddisfatti con la procedura di riscossione esattoriale e che possono essere contenuti in un’unica cartella esattoriale, ciò che ha rilevanti conseguenze con riferimento al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e commissioni tributarie, di competenza tra Tribunale e Giudice di Pace nonché di attribuzione tra sezioni ordinarie e Giudice del Lavoro.Infine, ulteriori aspetti di peculiarità della disciplina si rinvengono nella circostanza per cui non esiste coincidenza tra il titolare del diritto (l’Ente impositore) e il titolare dell’azione (l’Agente della Riscossione), ciò che porta con sé discussioni mai sopite in punto di litisconsorzio necessario o facoltativo.La dottoressa Daniela Longo ha evidenziato che, attualmente, non solo l’espressione “esecuzione esattoriale” è impropria, ma anche la dizione di “procedure di riscossione delle entrate patrimoniali mediante ruolo” non abbraccia completamente l’area del fenomeno analizzato, potendo procedere l’Agente della Riscossione, oltre che sulla base del “ruolo”, anche in forza degli avvisi di accertamento o di addebito che sono atti “impoesattivi”, in quanto racchiudono in sé l’atto impositivo, il titolo esecutivo e il precetto. La relatrice si è poi soffermata sulle diverse ragioni oppositive suscettibili di essere attivate nell’ipotesi di riscossione per entrate tributarie e non tributarie. Inoltre, ha chiarito quali siano i motivi deducibili nelle forme dell’opposizione all’esecuzione (per entrate non tributarie), evidenziando come la qualifica della domanda proposta in relazione ai motivi dedotti, determini rilevanti effetti in punto di competenza. Esaminando gli aspetti relativi alle opposizioni agli atti esecutivi, particolare attenzione è stata prestata ai profili relativi alla mancanza di motivazione e alla notificazione della cartella di pagamento. La relazione esamina analiticamente anche i mezzi di tutela esperibili in ordine alle riscossione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, nonché il rapporto tra opposizioni esecutive e impugnazione del titolo ai sensi dell’art. 22 l. 689/1981. Sempre alla relazione si deve rimandare il lettore, per l’esame delle opposizioni esecutive opponibili con riferimento ai crediti di natura tributaria, nonché per l’approfondito esame, anche casistico, del tema relativo al risarcimento del danno nei confronti del concessionario a norma dell’art. 59 d.p.r. 602/1973.Giovedì 3 marzo.Il corso si è aperto con gli interventi dei colleghi Franco De Stefano e Giuseppina Luciana Barreca, consiglieri della III Sezione Civile della Corte di Cassazione, sulla recente giurisprudenza della Suprema Corte in materia di esecuzione esattoriale.Il dottor Franco De Stefano, i cui appunti per la relazione orale spaziano da una ragionata rassegna di giurisprudenza di legittimità suddivisa per argomenti, ad un contributo su “l’esecuzione esattoriale” in generale, ha proposto ai colleghi l’analisi di alcune sentenze ritenute particolarmente significative: dopo avere ricordato che per le entrate di diritto privatogli enti possono agire mediante ruolo, ma solo dopo avere acquisito un titolo esecutivo (ad es. Cass. 14628/2011), l’analisi si è soffermata sulle domande di risarcimento del danno a norma dell’art. 59 d.p.r. 602/1973 che sono inammissibili nel caso in cui il contribuente/debitore abbia omesso di impugnare nelle competenti sedi gli atti impositivi e quelli successivi (Cass. 6521/2014); ancora, il Consigliere si è soffermato sul problema relativo all’impugnabilità dell’estratto di ruolo, ponendo la questione relativa al tempo di insorgenza dell’interesse ad impugnare (Cass. S.U. 19704/2015); residuando ancora incertezze nella giurisprudenza di merito in ordine alla natura della cartella e del ruolo nonché sul punto relativo alle informazioni che possono essere tratte dalla cartella, il relatore si è soffermato su alcune pronunce che hanno definitivamente chiarito questi aspetti (Cass. 11141/2015, Cass. 111142/2015) ed è tornato sulla questione, sempre attuale e sempre proposta dagli opponenti, relativo alla qualificazione dei vizi di notifica degli atti dell’esecuzione esattoriale (ad es. 1656/2016; Cass. 1657/2016; Cass. 11140/15); infine,dopo aver richiamato quella giurisprudenza della Suprema Corte che ritiene applicabile il regime della responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. anche nel giudizio di Cassazione (Cass. 2584/2016), l’analisi si è concentrata su una recente sentenza che nel ribadire che l’opposizione avverso la cartella esattoriale per difetto di motivazione deve essere qualificata a norma dell’articolo 617 c.p.c. e che, anche in tale ipotesi, l’impugnazione va proposta nei confronti dell’Agente della Riscossione, ha confermato l’orientamento in base al quale, in tale ipotesi, la cartella di pagamento non può essere annullata se il debitore abbia dimostrato con l’impugnazione di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati (Cass. 3707/2016).La dottoressa Giuseppina Luciana Barreca ha concentrato la propria attenzione sulla giurisprudenza della Suprema Corte relativa al fermo e al preavviso di fermo. La relatrice ha ricostruito in chiave di disciplina storica l’istituto del preavviso di fermo ricordando come tale atto, l’unico mediante il quale il contribuente ha conoscenza dell’esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell’autoveicolo, sia stato istituito dall’Agenzia delle Entrate nel 2003 e abbia un contenuto equipollente al preavviso di cui all’articolo 50, comma 2, d.p.r. 602/1973 (Cass. 26075/2015). La relatrice si è poi soffermata, in particolare, sulla controversa natura del fermo – atto prodromico all’esecuzione, atto dell’esecuzione ovvero atto di natura cautelare e/o coercitiva – e sulle incertezze in materia di giudice competente a decidere la controversia allorquando il provvedimento sia stato adottato per crediti diversi dalle entrate tributarie, analiticamente esponendo i risultati a cui è giunta la Corte di Cassazione (Cass. S.U. 15354/2015), senza però trascurare di analizzare le problematiche questioni di riparto di competenza che si pongono allorquando il fermo amministrativo (o il preavviso) sia impugnato unitamente alla cartella esattoriale, specialmente nel caso in cui i vizi dedotti siano inquadrabili a norma degli artt. 615 e 617 c.p.c. (Cass. 22782/2015; Cass. 23738/15).La seconda parte della mattina del 3 marzo ha visto l’intervento del professore Achille Saletti sulle recenti novità in materia di espropriazione presso terzi.La relazione analizza molti degli aspetti problematici che la riforma del 2014 ha proposto agli interpreti delle differenze strutturali del pignoramento presso terzi tradizionale e quello introdotto in conseguenza delle ricerche di cui all’articolo 492 bis c.p.c., alle conseguenze dell’omessa avvertimento al terzo circa la mancanza della dichiarazione, alle problematiche inerenti all’iscrizione a ruolo, alle questioni circa la riunione e la riduzione del pignoramento, all’individuazione del tempo di perfezionamento del pignoramento, per concludere con le principali novità introdotte in materia di pignoramento di stipendi e pensioni.Particolare spazio è stato dedicato alle questioni inerenti all’individuazione del giudice competente per l’espropriazione presso terzi, chiarendo che, allorquando pignorati siano beni in possesso del terzo, trova applicazione la norma di cui all’articolo 26 c.p.c. e, quindi, la competenza andrà riconosciuto in favore del giudice del luogo in cui le cose si trovano. Con riferimento alla discussa questione relativa all’ambito di applicazione della norma derogatoria previste in punto di competenza con riferimento alle azioni esecutive svolte nei confronti della pubblica amministrazione, è stato detto che competente è sempre il giudice del luogo di residenza o della sede del terzo indipendentemente dalla circostanza per cui il credito azionato sia o meno inerente ad un credito da lavoro a norma dell’articolo 413 c.p.c. Sempre con riferimento alla competenza, si è affermato che la disposizione di cui all’articolo 26 bis c.p.c. prevede alternativamente la competenza del luogo di residenza, domicilio o dimora del debitore e che, con riferimento alle persone giuridiche, si deve avere riguardo esclusivamente alla sede effettiva e non ad eventuali sedi secondarie dell’impresa.Particolare attenzione, poi, è stata dedicata al tema della sussistenza della giurisdizione italiana nell’ipotesi in cui debitore non sia residente nel territorio dello Stato, concludendo nel senso che ciò non esclude la giurisdizione del giudice italiano se il terzo pignorato sia localizzato in Italia, rappresentando il terzo l’effettiva “realtà fenomenica sulla quale l’esecuzione forzata deve incidere” e proponendo quindi una ricostruzione diversa da quella offerta dalle Sezione Unite (sentenza n. 5827/1981) che ancoravano la giurisdizione italiana alla circostanza per cui il credito oggetto di pignoramento fosse sorto o dovesse essere adempiuto in Italia. Così individuata la giurisdizione italiana, si è opinato che, ai fini dell’individuazione del giudice competente, debba aver sia riguarda principalmente alla residenza del creditore (art. 18 c.p.c.) e, solo in caso in cui anche il creditore non risiede in Italia, alla localizzazione del terzo pignorato.Nel pomeriggio del 3 marzo i partecipanti si sono suddivisi in due gruppi di lavoro, l’uno dedicato alle “prime prassi applicative sulle recenti novità in materia di espropriazione presso terzi con speciale riferimento al pignoramento di stipendi e pensioni”, coordinato dai dottori Boerci e Bottiglieri, l’altro avente ad oggetto “l’esecuzione nei confronti della pubblica amministrazione”.I dottori Boerci e Bottiglieri, in particolare, hanno proposto ai discenti alcune questioni problematiche inerenti al nuovo volto del pignoramento delle pensioni, sia con riferimento al regime temporale della nuova disposizione sia con riferimento ai limiti di pignorabilità ivi previsto; ampio spazio è poi stato dedicato al pignoramento di conti correnti su cui confluiscono pensioni o stipendi, anche con riferimento alle modalità di dichiarazione del terzo, ponendo, infine, una serie di interrogativi su alcuni casi pratici che si verificano in ipotesi di pluralità di pignoramenti sul medesimo conto corrente, anche per “cause diverse” e in particolare per crediti alimentari; ampio spazio, inoltre, è stato dedicato al tema relativo al difficile rapporto tra concorso tra il pignoramento “a valle” del conto corrente e il pignoramento “alla fonte” dello stipendio o pensione, al tema del pignoramento su conti su cui confluiscono emolumenti in favore di lavoratori c.d. “parasubordinati”, al pignoramento di conto corrente “in rosso” e al pignoramento di conto corrente cointestato. Infine, i coordinatori del gruppo di lavoro si sono soffermati sulla previsione speciale di cui all’art. 72 ter d.p.r. 602/1973 per il caso in cui sia l’Agente della riscossione a procedere su conto corrente su cui confluiscono stipendi.Si rimanda all’ampia relazione per l’approfondimento di dettaglio di questi temi.Il dott. Alessandro Auletta ha proposto al gruppo di lavoro da lui coordinato una serie di questioni problematiche inerenti all’esecuzione forzata promossa nei confronti della Pubblica Amministrazione. In seno al gruppo è stato evidenziato come il bilanciamento dei contrapposti interessi della tutela del creditore e della “funzione” affidata alla p.a. ha descritto nella legislazione un “movimento pendolare” tale per cui, a mano a mano che si è aggravata la crisi della finanza pubblica, si è compresso sempre più il diritto del singolo creditore di agire in via esecutiva verso la pubblica amministrazione sua debitrice. Il coordinatore si è poi soffermato sulla previsione di cui all’art. 14, co. 1,d.l. 669/1996 (anche in riferimento ai rimedi esperibili avverso la violazione di tale precetto) che ha la funzione di garantire “uno spatium adimplendi per l’approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati”. In particolare il gruppo si è concentrato sull’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, atteso che il concetto di Pubblica Amministrazione “in senso soggettivo” tende ad assumere contorni sfumati, se non addirittura evanescenti. Dubbi sull’applicazione della disposizione, in particolare, riguardano le società in house. Inoltre, il coordinatore ha evidenziato come l’art. 14, co. 1 bis, d.l. 669/1996 detti una regola in punto di competenza derogatoria rispetto a quella oggi sancita dall’art. 26 bis c.p.c., anche segnalando la peculiarità ivi contenuta circa la perdita di efficacia del pignoramento e del provvedimento di assegnazione se, rispettivamente, entro un anno dal pignoramento non sia seguita l’assegnazione ovvero se, entro il medesimi termine, dalla data dell’ordinanza di assegnazione non si provveda all’esazione delle somme assegnate. Il gruppo si è ancora soffermato sulle modalità di perfezionamento del pignoramento nei confronti del tesoriere. Il coordinatore, inoltre, ha evidenziato, con un’ampia casistica, come a seguito della “parificazione” della Pubblica Amministrazione al comune debitore, il legislatore sia intervenuto ampiamente (e spesso in modo disorganico) per limitare sotto vari profili e con diversi livelli di intensità, la possibilità del creditore di aggredire le somme di denaro di cui la Pubblica Amministrazione disponga per il tesoriere, anche dando conto dei ripetuti interventi della Corte Costituzionale in proposito.Si rimanda all’ampia relazione per l’approfondimento delle questioni proposte al gruppo.Venerdì 4 marzoL’ultima sessione del corso è stata interamente dedicata al tema della non contestazione e dell’accertamento dell’obbligo del terzo, istituti introdotti con la riforma del 2012, ma ancora rimaneggiati dal legislatore nel 2014 e nel 2015. Sul tema si sono confrontati in un serrato dialogo l’avv. G. Tota e il dott. Crivelli. I relatori, sottolineati – non senza accenni critici – i profili acceleratori della riforma, hanno analizzato gli snodi processuali tramite cui è possibile giungere al provvedimento di assegnazione nonostante il silenzio del terzo, evidenziando la profonda differenza esistente tra il principio di non contestazione di cui al richiamato art. 115, co. 1°, c.p.c. e la non contestazione prevista dall’art. 548 c.p.c. giungendo alla conclusione per cui tale disposizione «accenna alla “non contestazione” per una finalità meramente descrittiva».Chiarito l’ambito di applicazione del principio di non contestazione, i relatori si sono soffermati sulle ipotesi in cui il creditore anziché effettuare un pignoramento del tutto generico, ovverosia perfettamente specifico, si limiti ad indicare il titolo, ma non la somma dovuta e viceversa.Ampio spazio, inoltre, è stato dedicato al nodo interpretativo relativo ai rimedi esperibili avverso l’ordinanza di assegnazione adottata dal giudice dell’esecuzione in conseguenza della mancata dichiarazione del terzo, anche evidenziando i casi in cui, in ogni caso, deve ritenersi concesso il rimedio di cui all’art. 615 c.p.c.Quanto al giudizio endoesecutivo di accertamento dell’obbligo del terzo, tradizionalmente riservato ad un separato giudizio di cognizione ordinaria, i relatori hanno affermato che, quale che ne sia la sede (esecutiva o di cognizione), la funzione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (minima ed indefettibile) è sempre quella di definire ed individuare i diritti oggetto di espropriazione forzata, anche però affermandosi (Tota) che, essendo esperibile il rimedio di cui all’art. 617 c.p.c., è possibile che alla cognizione sommaria del giudice dell’esecuzione segua l’instaurazione di «un autonomo giudizio cognitivo che, sebbene non istituzionalmente vocato all’accertamento dei diritti, non appare strutturalmente inidoneo né a quell’accertamento né tantomeno alla formazione del giudicato» , concludendo nel senso per cuiil complesso meccanismo di cui all’art. 549 c.p.c. possa condurre ad una pronuncia con efficacia di giudicato sostanziale tra le parti del rapporto, come nel vigore della precedente disciplina sostenuto dalle Sezioni Unite.I relatori, poi, hanno ancora discusso delle modalità introduttive dell’incidente esecutivo e degli strumenti atti ad assicurare il contraddittorio tra le parti e nei confronti del terzo, anche analizzando quali siano i “necessari accertamenti” che il giudice dell’esecuzione deve compiere, valutando l’esistenza di eventuali poteri istruttori ufficiosi in capo al GE al fine del compimento delle proprie valutazioni. Infine, ampio spazio è stato dedicato al regime di stabilità dell’ordinanza che definisce il “giudizio” incidentale di accertamento dell’obbligo del terzo, ai rimedi oppositivi esperibili e ai rapporti tra questo giudizio oppositivo e il processo esecutivo eventualmente sospeso.
Per il necessario approfondimento si rimanda alle relazioni di G. Tota e di A. Crivelli

Milano, 18 luglio 2016

L’esperto formatore del corso Sergio Rossetti

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