A cura del Ministero della Giustizia

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Introduzione

L’articolo 73 del D.L. 69/2013 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98), modificato dagli articoli 50 e 50-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114)  prevede che i laureati in giurisprudenza più meritevoli possano accedere, a domanda e per una sola volta, a stage di formazione teorico-pratica della durata di diciotto mesi presso gli uffici giudiziari, per assistere e coadiuvare i magistrati delle Corti di appello, dei tribunali ordinari, degli uffici requirenti di primo e secondo grado, degli uffici e dei tribunali di sorveglianza, dei tribunali per i minorenni nonché i giudici amministrativi dei TAR e del Consiglio di Stato.

L’intenzione del legislatore sarebbe di riservare tale tirocinio ai laureati con un buon curriculum accademico, così da incentivare e favorire il prosieguo del loro percorso formativo, finalizzato ad accedere alla carriera giudiziaria, amministrativa o anche forense.

Pertanto, sono normativamente determinati i requisiti per l’accesso al tirocinio:

laurea in giurisprudenza all’esito di un corso di durata almeno quadriennale

media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo ovvero punteggio di laurea non inferiore a 105/110;

non aver compiuto i trenta anni di età

requisiti di onorabilità, ovvero non aver riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o sicurezza.

Qualora le domande superino i posti disponibili presso gli uffici giudiziari, costituiscono titolo preferenziale, nell’ordine, la media degli esami sopra indicati, il punteggio di laurea e la minore età anagrafica.
A parità dei requisiti sopraindicati, si attribuisce preferenza ai corsi di perfezionamento in materie giuridiche successivi alla laurea. 

I tirocinanti, in numero non superiore a due, sono affidati ad un magistrato formatore che si è reso disponibile, ovvero è designato dal capo dell’ufficio.
Soltanto negli ultimi sei mesi del tirocinio il magistrato può chiedere l’assegnazione di un nuovo ammesso allo stage, per garantire continuità nell’attività di assistenza.
Il magistrato formatore coordina e controlla l’attività svolta dai tirocinanti.
Al magistrato formatore non spetta alcun compenso aggiuntivo o rimborso spese per l’attività svolta in relazione allo stage formativo. 
Essa è considerata ai fini della valutazione della professionalità e del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito.
Al termine dello stage, il magistrato formatore redige una relazione sullo svolgimento dell’attività da parte del tirocinante, che è trasmessa al capo dell’ufficio giudiziario.

Svolgimento del tirocinio ed obblighi del tirocinante

I tirocinanti assistono e coadiuvano il magistrato nello svolgimento delle attività ordinarie, sia per quanto concerne le attività preparatorie all’udienza che le operazioni svolte durante le udienza nonché studio e approfondimento delle questioni giuridiche, ricerche giurisprudenziali e redazione di bozze di provvedimento.
Gli ammessi allo stage possono accedere ai fascicoli processuali, partecipare alle udienze e alle camere di consiglio (salvo il giudice ritenga di non ammetterli).
I tirocinanti non possono, tuttavia, avere accesso ai fascicoli processuali quando sorga un conflitto d’interessi, con riferimento, in particolare, ai procedimenti trattati dall’avvocato presso il quale svolgono il tirocinio.
I tirocinanti partecipano, inoltre, ai corsi di formazione organizzati per i magistrati e ai corsi di formazione, almeno semestrali, a loro dedicati, secondo i programmi indicati dalla Scuola superiore della magistratura.

Gli ammessi allo stage hanno l’obbligo di riservatezza e di astensione dalla deposizione testimoniale in relazione alle informazioni e notizie acquisite durante il periodo di formazione.
I tirocinanti non possono svolgere attività difensiva presso l’ufficio giudiziario a cui appartiene il magistrato formatore, né in favore delle parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al giudice formatore, anche nelle successive fasi o gradi di giudizio.
Gli ammessi allo stage possono svolgere, purché compatibili, altre attività quali il dottorato di ricerca, il tirocinio forense, la frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali.
Qualora i tirocinanti siano iscritti alla pratica forense o ad una scuola di specializzazione, l’attività di formazione si svolge in collaborazione con i consigli dell’Ordine degli avvocati e con le Scuole di specializzazione per le professioni legali.
Il tirocinio formativo può essere interrotto, su decisione del capo dell’ufficio giudiziario, per ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario con lo stagista.

La funzione teorico-pratica del tirocinio.

L’utilità da attribuire al tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, dipende da una valutazione puramente soggettiva, derivante dall’esperienza personale di ciascun tirocinante. Vero che una relazione non potrebbe contenere l’esperienza di tutti, per questo attraverso una breve sintesi, si è cercato di evidenziare gli aspetti comuni alle diverse esperienze messe a confronto.

Certamente, rappresenta l’occasione per poter indagare e scoprire la “forma mentis” del magistrato. Potrà sembrare banale ma, in realtà, non lo è affatto.

Con questa espressione si intende il diverso modo del magistrato di approcciarsi, di ragionare e di valutare una determinata vicenda processuale.

Generalmente, il giovane laureato, al termine del proprio percorso universitario, si appresta ad affacciarsi al mondo giuridico attraverso il canale più immediato, il praticantato presso uno studio legale. Il dominus gli insegnerà a redigere gli atti, a relazionarsi con i clienti e a svolgere attività in udienza, formando così, il futuro avvocato.

Inizialmente, il tirocinante, nonostante abbia già svolto attività di praticantato legale, nell’affiancare il magistrato affidatario aiutandolo nello svolgimento delle attività, noterà, immediatamente, di avere una visione giuridica del tutto differente. Avrà contezza di ciò che ai fini processuali potrebbe essere rilevante per l’avvocato, ma del tutto indifferente al magistrato; magari quest’ultimo, non si sarà neanche rappresentato la vaga possibilità di prendere in considerazione quel determinato dato processuale, su cui l’avvocato intende costruire la propria difesa.

Infatti, già dopo 12 mesi, a fronte dei 18 che sono l’attuale durata del tirocinio, il tirocinante avrà la sensazione di riuscire finalmente a vedere a 360°, di avere una visione completa di una controversia giuridica, valutandola sia con gli occhi del magistrato che dell’avvocato. Il che non è di poco conto!

Questo, se compreso, è uno dei punti chiave dell’esperienza formativa, perché consente al giovane laureato di essere parte di “un’esperienza professionalizzante davvero unica”.  

Altresì, al termine del percorso, riuscirà a capire quali vesti indossare nella vicenda processuale: “avvocato o magistrato”.

Ciascuna delle fasi in cui è strutturata l’attività di tirocinio assume la sua importanza: l’attività preparatoria è strumentale all’organizzazione del ruolo del magistrato; l’attività di partecipazione all’udienza consente di assistere al confronto tra il magistrato e l’avvocato, potendo così anche interagire; infine, l’attività successiva all’udienza è quella in cui il tirocinante partecipa materialmente all’attività ordinaria del magistrato affidatario.

Rappresenta anche, un momento di confronto e di scambio tra i diversi laureati finalizzato alla crescita professionale.

Tuttavia, nonostante gli aspetti positivi che una tale esperienza presenta, non può esimersi dal soffermarsi anche sulle criticità.

Non è intenzione delle scriventi sollevare polemiche, ma ancora non appaiono segni tangibili della scelta legislativa di creare la figura del tirocinante presso l’ufficio giudiziario.

Occorrerebbe indagare “la ratio” che ha spinto il legislatore in tale direzione.

Vero è che al termine dei 18 mesi di tirocinio, il giovane “formato” avrà un titolo che:

  • costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario;
  • è valutato per un periodo pari ad un anno di tirocinio forense e notarile;
  • è valutato per un periodo pari ad un anno di frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali;
  • costituisce titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario;
  • costituisce titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, dall’amministrazione della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato.
  • costituisce titolo di preferenza, a parità di titoli e di merito, nei concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato.

Ma è altrettanto vero che dopo 18 mesi, una risorsa formata verrà sostituita con una nuova leva da formare.

Proposte

Il magistrato affidatario dopo aver impiegato il proprio tempo e le proprie energie nel formare un tirocinante, si troverà a doverlo sostituire.

Un tirocinante formato avrà indubbiamente arricchito il proprio bagaglio culturale e professionale, ma si sarà dedicato ad un’attività che non darà alcuna prospettiva futura.

Chiaro è sicuramente l’intento del legislatore di dotarsi di brillanti laureati da inserire nel percorso formativo, lo si denota dai requisiti necessari per poter presentare la domanda.

Si propone, quindi, di evitare di trasformare un’occasione formativa, in un inutile appesantimento del carico di lavoro del magistrato affidatario e, in un’ennesima esperienza che il giovane laureato italiano potrà inserire nel proprio curriculum.

Il legislatore dovrebbe concedere una chance, a chi ha duramente lavorato per 18 mesi al fianco di un magistrato, creando un accesso ad hoc nell’amministrazione della giustizia. Dare finalmente un’occasione, a chi con sacrificio, ha sempre raggiunto determinati risultati.

Il tirocinante, cioè, al termine della sua attività formativa, in base alla valutazione del magistrato potrebbe essere inserito quale suo ausiliario.

Si tratterebbe di un soggetto, che, diversamente dal cancelliere, dovrebbe supportare il giudice nell’attività di studio dei fascicoli e nella redazione dei provvedimenti.

Peraltro, altra proposta che si vorrebbe avanzare concerne la possibilità di svolgere parte del tirocinio (ad esempio, soltanto per qualche mese) durante il periodo universitario ovvero al fine di redigere una tesi sperimentale.

A fronte dell’utopistica proposta, stante l’entità della richiesta di tirocinanti, proveniente dai diversi uffici giudiziari, il legislatore potrebbe estendere l’accesso a tutti i laureati in giurisprudenza, non meno bravi di chi ha conseguito una media di almeno 27/30 ovvero un voto di laurea non inferiore al 105/110, utilizzando gli attuali requisiti d’accesso per stilare, soltanto successivamente, una graduatoria di merito. Offrendo così, l’opportunità formativa al laureato in giurisprudenza, senza alcuna preventiva condizione.

Indiscusso è il momento formativo, ma di dubbia provenienza è il suo fine. Rappresenta l’incrocio tra le attuali problematiche: la difficile collocazione nel mondo del lavoro del laureato in giurisprudenza, la carenza di organico presso gli uffici giudiziari e l’annosa questione della durata dei processi.

In merito, potrebbe valutarsi l’opportunità  di formalizzare una nuova figura, da inquadrare all’interno dell’organico dell’amministrazione giudiziaria.

Dott.ssa Ilaria Menzione

Dott.ssa Federica Iandolo

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1. RATIO

Il Dl. 69/2013 (e prima ancora il dl. 98/2011), convertito con modificazioni dalla legge 98/2013 e successivamente integrato dal decreto 90/2014, nasce con il dichiarato intento di perseguire un miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario, in termini soprattutto di riduzione della durata dei procedimenti e smaltimento del contenzioso civile.

Quindi, la legge 98/2013 in generale, e l’art. 73 sui tirocini formativi in particolare, costituiscono la risposta del Legislatore alle istanze di processi più brevi e dunque alla necessità di fornire assistenza al lavoro del magistrato.

Tuttavia, alle crescenti necessità organizzative degli uffici giudiziari fa da contraltare il problema della carenza delle risorse economiche che il legislatore ha aggirato prevedendo, all’art. 73 un periodo di stage di 18 mesi, da parte di giovani laureati in possesso di accertate competenze, e a titolo gratuito.

2. RICOGNIZIONE NORMATIVA

In particolare, l’art. 73 comma 1,  L. 98/2013, nella sua attuale formulazione prevede che “I laureati in giurisprudenza all’esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilità di cui all’art. 42-ter, secondo comma, leggera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e he non abbiano compiuto i trenta anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico- pratica presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici requirenti di primo e secondo grado, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi…”

Inoltre, il Legislatore prevede la possibilità di svolgere lo stage anche presso gli uffici giurisdizionali della giustizia amministrativa, con effetti analoghi a quelli che si ottengono presso gli uffici della giustizia ordinaria.

Accanto al conseguimento di un’adeguata formazione, il legislatore prevede una serie di vantaggi allo scopo di incentivare il ricorso allo stage.

Infatti, benché ilcomma 8 escluda espressamente che lo svolgimento dello stage dia diritto ad alcun compenso e possa determinare il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo; il comma 8 bis (che allo stato è ancora privo di attuazione) riconosce agli ammessi allo stage la possibilità di ottenere l’attribuzione di una borsa di studio del valore di euro 400, 00 circa;

Il comma 10, prevede la possibilità per gli stagisti di svolgere contestualmente allo stage, altre attività, quali il dottorato di ricerca, il tirocinio per l’accesso alla professione di avvocato o notaio e la frequenza ai corsi delle scuole di specializzazione per professioni legali.

Il comma 13 riconosce allo stagista che abbia superato positivamente il periodo di stage, la possibilità che l’esito positivo sia valutato per il periodo di un anno, ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale o ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo, in quest’ultimo caso, il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d’esame.

L’esito positivo dello stage, inoltre, costituisce titolo di preferenza:

– ai sensi del comma 14, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, dall’amministrazione della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato, a parità di merito; mentre per quelli indetti dalle altre amministrazioni dello Stato, costituisce titolo di preferenza a parità di titoli e di merito

– ai sensi del comma 15, costituisce titolo di preferenza nei concorsi per la nomina a giudice onorario di tribunale e vice procuratore onorario.

Infine, il comma 16 prevede che l’esito positivo dello stage renda superfluo il requisito del superamento dell’esame di abilitazione alla professione forense, ai fini della nomina di giudice di pace; mentre il comma 11 bis, prevede l’esito positivo dello stage costituisca titolo di accesso al concorso per magistrato ordinario.

3. ASPETTI CRITICI

Ricostruita in tali termini la normativa di riferimento, e soprattutto in considerazione della ratio della L. 98/2013 che è quella di perseguire, anche attraverso l’attività del tirocinante, l’efficienza del sistema giudiziario, occorre sottolineare come tale obiettivo sarebbe meglio perseguito ove il legislatore ridefinisse i vantaggi promessi dall’art. 73 in termini di maggiore chiarezza.

In primo luogo si evidenzia come, uno degli aspetti più criticati dagli stagisti sia rappresentato dalle indennità.

L’art. 73, infatti, dopo aver previsto i requisiti di accesso e la funzionalizzazione dello stagista all’assistenza del magistrato nel compimento delle ordinarie attività, specifica, al comma 8, che lo stage non da diritto ad alcun compenso, né all’insorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo.

Invero, sebbene tale carenza sia in qualche modo compensata dai plurimi vantaggi che la legge ricollega al tirocinio, tale mancanza di una forma retribuzione o di indennità rischia di frustrare gli effetti positivi dello stage, ponendosi addirittura come ostacolo alla maggiore efficienza del sistema giudiziario.

3.1 Diritto al rimborso spese

La retribuzione per l’attività svolta, infatti, oltre che parametro vitale, perché necessaria al soddisfacimento dei bisogni essenziali di vita del lavoratore, diventa uno strumento di elevazione personale, sociale e culturale dello stesso, oltre che perno centrale della struttura economica e sociale dello Stato.

In altre parole, non solo “il lavoro nobilita l’uomo” ma muove anche l’economia, poiché la vera spinta alla produttività personale è verosimilmente la retribuzione che ne deriva.

D’altra parte, è la stessa Costituzione che all’art. 36 prevede il diritto del lavoratore ad una giusta retribuzione, per ciò intendendo una retribuzione proporzionale all’attività effettivamente svolta, e sufficiente a consentire un dignitoso tenore di vita.

Ne consegue che,oltre a determinare la mancanza del principale incentivo all’attività lavorativa (con pregiudizio in termini di efficienza), il disconoscimento di un diritto al compenso da parte del tirocinante presenta profili di incostituzionalità.

Né tanto meno esclude l’incostituzionalità, la circostanza che il tirocinio presso gli uffici giudiziari non costituisca rapporto di lavoro subordinato o autonomo, o la carenza di risorse economiche in cui versa il nostro paese, giacché “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (art. 1 Cost), e perché “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese” (art. 3, co.2.Cost.).

In altri termini, il problema della carenza di risorse economiche non può essere aggirato richiedendo al tirocinante mano d’opera a costo zero, in quanto, diversamente ragionando esso resterebbe allocato sullo stagista e non invece sulla Repubblica che è onerata della soluzione del problema.

D’altra parte già la Legge Fornero (L. 92/2012), nel disciplinare, tra le altre cose, gli apprendistatipresso imprese private, ha previsto indennità da corrispondere allo stagista e sanzioni per il caso in cui queste somme non vengano corrisposte.

Questo perché, anche se lo stage non costituisce una forma di lavoro e pertanto la contropartita che lo stagista ottiene è costituita dalla formazione pratica di cui beneficia, tale strumento non può essere impiegato in modo distorto per aggirare la normativa sul lavoro subordinato, e pertanto il legislatore impone una forma di retribuzione, sia pure in termini di indennità e rimborso spese.

La stessa ratio è alla base dell’art. 41 della L. n. 247/2012, il quale prevede al comma 11 che il tirocinio professionale, pur non determinando l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, comporta quanto meno l’insorgere di un diritto al rimborso delle spese.

Infatti, negli studi legali privati, è sempre dovuto al praticante avvocato un rimborso delle spese sostenute per conto dello studio presso il quale si svolge il tirocinio. Inoltre, decorso il primo semestre, è facoltà del Dominus riconoscere al praticante avvocato un’indennità o un compenso proporzionali al concreto apporto professionale dato allo studio.

La situazione della pratica professionale presso Enti pubblici e Avvocatura dello Stato, alla quale il tirocinio presso gli uffici giudiziari è maggiormente assimilabile, è diversa ma non del tutto preclusiva in termini di rimborso spese.

Lo stesso comma 11, infatti, prevede che gli Enti pubblici e l’Avvocatura dello Stato riconoscono al praticante avvocato un rimborso per l’attività svolta, ove previsto dai rispettivi ordinamenti.

Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono non può tacersi che sia in atto una tendenza del legislatore a riconoscere al tirocinante un diritto quanto meno al rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell’attività e ciò anche per i tirocini svolti presso gli enti pubblici.

Che qualcosa stia già cambiando anche nel settore dei tirocini presso gli uffici giudiziari, emerge dalla recente notizia dellostanziamento da parte del Ministero della Giustizia di diversi milioni di euro per l’anno 2015, da finalizzare all’assegnazione di borse di studio in base al reddito ISEE della famiglia di provenienza, in attuazione del comma 8 bis della l. 98/2013 (introdotto dall’art. 50 bis della L. 90/2014), che prevede “l’attribuzione agli ammessi allo stage di una borsa di studio”.

Tuttavia, una cosa è la borsa di studio, altra è il rimborso spese.

La previsione di una borsa di studio, infatti, fa leva esclusivamente sull’aspetto teorico del tirocinio, ed ha la funzione di consentire il mantenimento agli studi solo di alcune categorie di studenti, mentre parlare di rimborso spese significa valorizzare l’aspetto pratico dello stage e quindi il concreto apporto professionale che ogni stagista, e non solo quello con un basso reddito familiare, fornisce all’ufficio giudiziario.

Pertanto, al di là dello sforzo sicuramente lodevole del rinvenimento, da parte del Ministero della Giustizia, di risorse da destinare ai tirocinanti ex art. 73 L. 98/2013, non appare condivisibile, a mio parere, che tali risorse restino a beneficio di pochi destinatari della borsa di studio, in quanto questa allocazione dimentica che il tirocinio,oltre a rappresentare un periodo di formazione teorico-pratica per il neo laureato, costituisce un inserimento effettivo dello stagista nell’ufficio del processo, sia pure temporaneo.

3.2 Sbocco lavorativo per il tirocinante

Sempre in un’ottica de iure condendo, e raccogliendo le opinioni di colleghi tirocinanti, la spinta motivazionale ad una maggiore produttività personale sarebbe meglio perseguita ridefinendo in termini più certi le agevolazioni e gli sbocchi che l’art. 73 promette.

Infatti, il comma 14 e il comma 15 dell’art. 73 della L. 98/2013 affermano che l’esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza nei concorsi pubblici sia per merito, che per titoli e merito.

Ed in particolare, mentre l’esito positivo dello stage vale come titolo di preferenza, “a parità di merito” nei concorsi per merito indetti dall’amministrazione della giustizia, della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato, e a “parità di titoli e merito” negli altri concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato; esso è titolo di preferenzaper la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario.

Tuttavia, la legge non spiega entro quali termini viene accordata preferenza al tirocinante che abbia svolto lo stage con esisto positivo nei concorsi per GOT e VPO, facendo presumere che la preferenza sia da intendersi come assoluta e non invece accordata “a parità di altri titoli”.

Inoltre, non si comprende per quale motivo il legislatore che ha inteso attribuire all’esito positivo dello stage il valore di titolo preferenziale, finanche nel concorso per magistrato ordinario (sia pure a parità di meriti), non contempli tra i concorsi in cui ciò sia possibile, il concorso per la nomina a Giudice di Pace.

A ciò si aggiunga che, soprattutto nell’ottica di maggiore efficienza del sistema giudiziario, sarebbe addirittura più logico prevedere come sbocconaturale del tirocinio negli uffici giudiziari, un vero e proprio inserimento negli stessi attraverso il ruolo di magistrato onorario.

Questo perché, non solo il tirocinante, attraverso l’attività svolta in udienza in affiancamento ad un magistrato ordinario, ha maturato una diretta esperienza delle regole del processo, ma anche e soprattutto perché lo ha fatto secondo le logiche di terzietà e imparzialità del giudice.

Potrebbe così superarsi, allo stesso tempo, anche il problema fortemente sentito del rapporto di alterità o cumulo controllato che deve esserci tra magistratura onoraria e l’esercizio della professione forense, prevedendo che il tirocinante inserito stabilmente negli uffici del processo non svolga in alcun modo professione forense.

A tal fine il Legislatore potrebbe prevedere, accanto alla formazione teorico-pratica dello stagista, diretta e valutata dal magistrato affidatario e dal coordinatore del tirocinio, una seconda fase di approfondimento teorico delle materie indicate al comma 1 dell’art. 73 fra i requisiti di accesso, al termine del quale il tirocinante che abbia superato con esito positivo l’esame finale, consegue il titolo abilitante al ruolo di GOT o VPO.

L’attestazione finale del tirocinio, quindi, dovrebbe contenere, non semplicemente la descrizione delle attività svolte ed eventuali profili di eccellenza, ma un vero e proprio giudizio sintetico in termini numerici, sulla cui base provvedere alla formazione della graduatoria.

Tale soluzione, a mio avviso, potrebbe fornire un’unica risposta positiva alle diverse problematiche toccate: non solo l’efficienza del sistema giudiziario, ma anche il rapporto tra magistratura onoraria e professione forense, nonché i possibili sbocchi occupazionali per giovani e meritevoli neolaureati in giurisprudenza.

3.3 Coordinamento con la disciplina delle SSPL

Tra i vantaggi promessi dall’art. 73 della L. 98/2013, ma dai confini incerti, vi è anche l’art. 13 per il quale l’esito positivo dello stage è valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale, ed è valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d’esame di cui all’art. 16 del D.l. n. 398/1997.

Quanto alle SSPL, data l’incertezza normativa, è prassi attuare il comma 13 concedendo l’esonero dalla frequenza ai corsi della scuola, per il periodo di un anno accademico, ed in particolare del primo, pregiudicando chi,ad.es, ha intrapreso il tirocinio alla fine del primo anno di scuola.

Nonostante, infatti, la risoluzione del CSM abbia con sufficiente chiarezza specificato i rapporti tra il tirocinio ex art. 73 della L. 98/2013 e il tirocinio ex art. 37 legge 111/2011, nulla dice in merito alla possibilità di accordare l’esonero per il secondo anno di scuola.

Tuttavia, a mio parere, qualora il legislatore avesse voluto effettivamente limitare l’esonero al primo anno di scuola, non avrebbe poi specificato che occorre comunque superare le verifiche intermedie e le prove finali (che si tengono di norma al secondo anno).

In conclusione, è auspicabile che il legislatore intervenga nuovamente sul punto, chiarendo non solo se l’esonero dalla frequenza ai corsi della SSPL sia da intendersi in termini di anno accademico, o anno solare, ma anche, se esso sia limitato al primo anno di scuola ovvero si estenda anche al secondo.

3.4 Coordinamento con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati

Un altro problema riguarda il mancato coordinamento a livello nazionale dei vari Consigli dell’Ordine degli Avvocati circa le modalità di svolgimento del tirocinio ex art. 73 e della pratica forense.

Per quanto riguarda il distretto della Corte di Appello di Napoli, i diversi Ordini Professionali hanno, infatti, adottato diverse linee di interpretazione riguardo all’esonero di 12 mesi previsto dall’art. 73, alcuni ritenendo che entrambi i tirocini potessero essere svolti congiuntamente, altri non riconoscendo la possibilità di svolgere contemporaneamente sia il tirocinio che la pratica forense, creando, così, di fatto, fra i beneficiari disparità di trattamento.

Il tema è piuttosto caldo, essendo intervenuti sul punto diversi pareri.

L’ANM Trapani evidenziava in una circolare di qualche mese fa come il Consiglio Nazionale Forense con Parere n. 110 del 10/12/2014 avesse ritenuto ammissibile la computabilità del periodo di tirocinio presso gli Uffici Giudiziari nel periodo di pratica forensediscostandosi, espressamente, dal Parere n. 65 del 24.9.2014 con cui lo stesso Consiglio Nazionale Forense aveva originariamente escluso la possibilità di computare il periodo di tirocinio presso gli Uffici Giudiziari nel periodo di praticaforense.

Il Parere n. 65 del 24.9.2014 è stato integralmente riprodotto nel Parere n. 106 del 10.12.2014 reso nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trapani lo stesso giorno del predetto Parere n. 110. 

Nella medesima giornata, quindi, il CNF rendeva due pareri non solo discordanti, ma diametralmente opposti. L’ANM di Trapani evidenziava, inoltre, le conseguenze differenti derivanti dai due pareri: «il Parere n. 110 – in conformità all’art. 73 D.L. 69/2013 – individua nelle Convenzioni tra i Consigli dell’Ordine degli Avvocati e gli Uffici Giudiziari lo strumento per regolamentare la materia dei tirocini; viceversa il Parere n. 106 ha avuto il concreto effetto di indurre il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trapani a sospendere la Convenzione in precedenza stipulata con il Tribunale di Trapani. 

Evidente è la disparità di trattamento anche sotto il profilo territoriale, tenuto conto del fatto che il Parere n. 110 è stato reso su quesito del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara e del fatto che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze ha adottato in data 22.4.2015 una delibera con cui ha ammesso la computabilità del periodo di tirocinio presso gli Uffici Giudiziari nel periodo di pratica forense. 

Si rende ancor più urgente una interlocuzione con il Consiglio Nazionale Forense – già sollecitato dalla Sottosezione dell’ANM di Trapani ai vertici dell’ANM Nazionale – per risolvere il conflitto tra Pareri e dare pieno ed effettivo riconoscimento ai tirocini formativi nel rispetto delle previsioni dell’art. 73 D.L. 69/2013».

Recentemente l’Associazione Nazionale Magistrati è intervenuta di nuovo sul punto adottando il 15.5.2015 la seguente delibera: «[…] 4) La GEC esamina la problematica segnalata dalla sottosezione di Trapani relativa al parere con il quale il CNF ha escluso di potere computare nel periodo della pratica forense il periodo di tirocinio svolto ex art. 73 DL 69/13.

La GEC ha ritenuto di dovere condividere le osservazioni formulate dalla Sottosezione di Trapani ed evidenziando anche che il CNF ha concluso in termini diversi e contrastanti in altro parere e che il COA di Firenze ha ritenuto di discostarsi dall’orientamento più restrittivo, delibera di rappresentare al Presidente del CNF la suddetta problematica e le negative ripercussioni che la stessa comporta sull’organizzazione e sulla efficienza degli uffici giudiziari».

La questione a quanto pare è ancora insoluta e sarebbe pertanto auspicabile un intervento legislativo sul punto.

3.5 Dotazioni strumentali per il tirocinante

Infine, tra le prescrizioni rimaste inattuate, occorre segnalare ancheil comma 4 dell’art. 73, secondo il quale «[…] Il ministero della giustizia fornisce agli ammessi allo stage le dotazioni strumentali, li pone in condizione di accedere ai sistemi informatici ministeriali e fornisce loro la necessaria assistenza tecnica. Per l’acquisto di dotazioni strumentali informatiche per le necessità di cui al quarto periodo è autorizzata una spesa unitaria non superiore ai 400 euro».

Allo stato, infatti, tale ultima indicazionenon risultaancora del tutto applicata, con enorme pregiudizio per il tirocinante che resta sfornito degli strumenti minimi per l’esercizio della propria attività.

In particolare, benché il Ministero abbia effettivamente messo a disposizione dello stagista le credenziali di accesso al sito www.italgiure.giustizia.it e quelle per accedere ai servizi contenuti nel sito www.scuolamagistratura.it , la procedura di registrazione, prevalentemente con riguardo a quest’ultimo, non è mai andata a buon fine.

Né è stata fornita adeguata assistenza per risolvere i problemi tecnici riscontrati in tali casi.

E’ quindi necessario intervenire sul punto, al fine di consentire al tirocinante di assistere e coadiuvare il magistrato con la dovuta efficienza, agevolandolo nella ricerca di massime e soluzioni giurisprudenziali.

Nello stesso senso, inoltre, sarebbe auspicabile mettere a disposizione del tirocinante, e solo per il periodo del tirocinio, una raccolta di modelli di provvedimenti sui quali lavorare, facilitando così, da un lato, lo stagista nella redazione delle bozze eventualmente affidatagli, e dall’altro il magistrato affidatario che non è più onerato, di volta in volta, della ricerca di un provvedimento che si adatti alla fattispecie concreta oggetto di giudizio e dello studio approfondito del fascicolo, necessario a tale fine.

Ne deriva la maggiore autonomia del tirocinante e la concreta possibilità di snellire il lavoro del magistrato.

Inoltre, soprattutto in considerazione dell’attuale tendenza alla telematizzazione del processo, il concreto apporto dello stagista all’efficienza del sistema giudiziario sarebbe ben maggiore fornendo allo stesso un proprio computer (con ciò intendendo un computer dell’ufficio, ma a sua momentanea disposizione) da utilizzare in udienza, e la possibilità di accedere alla consolle del magistrato dalla propria postazione.

Infatti, solo così lo stagista potrebbe procedere ai compiti di verbalizzazione dell’udienza, alla formazione di una scheda del processo, alla predisposizione dei modelli per il magistrato, senza interferire con l’attività del proprio affidatario e ottimizzando i tempi dell’udienza.

4. UNA ESPERIENZA POSITIVA

Nonostante le numerose lacune della L. 98/2013, il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari introdotto dall’art. 73, rappresenta innegabilmente una esperienza positiva; forse, la più concreta e proficua alternativa (rispetto alle altre cui possono indirizzarsi i neo laureati), per la formazione post universitaria non solo per coloro che hanno come obiettivo quello di affrontare il concorso in magistratura, o altri concorsi nella pubblica amministrazione, ma anche per coloro che sono interessati ad intraprendere la professione forense.

Lo stage consente al tirocinante di svolgere numerose attivitàin affiancamento al magistrato formatore.

In particolare allo stagista èrichiesta la partecipazione alle udienze tenute dal magistrato formatore e a quelle collegiali. Tale partecipazione attiva, insieme allo studio dei fascicoli di causa, sottoposti di volta in volta allo stagista dal magistrato affidatario, consente l’approfondimento di questioni specifiche e di conseguenza l’analisi di istituti giuridici, superando in tal modo l’approccio teorico,  proprio dello studio universitario.

Il riflesso pratico di tal tipo di attivitàdiscende in particolare dalla redazione di bozze di provvedimenti (decreti, ordinanze, sentenze).

Lo studio di fascicoli, che vengono indicati dal magistrato formatore ècorroborato da ricerche giurisprudenziali sugli eventuali precedenti di legittimitàe di merito relativi alla fattispecie oggetto del giudizio.

La lunga permanenza dello stagista presso l’ufficio giudiziario, a contatto con il magistrato formatore, potràconsentire allo stesso di prendere visione di un numero molto alto di fascicoli, di esaminare, dal punto di vista dell’attuazione pratica, molteplici istituti di diritto sostanziale e processuale, di comprendere il modo di operare del magistrato, cogliendo progressivamente quali sono gli elementi fondamentali alla redazione dei provvedimenti (soprattutto di quelli decisori), cosìda essere in grado di meglio impostare, anche nello svolgimento della successiva professione forense, gli atti che andràa redigere.

Il contatto diretto e quotidiano con il magistrato formatore consente al tirocinante di avvicinarsi allo studio del diritto in un modo nuovo e senz’altro piùaffascinante.

Infatti, in un primo momento gli viene richiesto di redigere provvedimenti molto semplici,  alla cui correzione e spiegazione degli eventuali errori di diritto e di impostazione provvede il magistrato. Successivamente, dopo aver acquisito una maggiore capacitànella redazione dei provvedimenti, ai tirocinanti èrichiesto anche di redigere provvedimenti un po’piùcomplessi.

Il tirocinio presso gli uffici giudiziari èutile non solo percoloro che vogliano intraprendere la strada della magistratura, ma anche per chi intenda esercitare la professione forense.

La partecipazione alle udienze e alle Camere di Consiglio, lo studio dei molteplici fascicoli e l’approfondimento di sempre diverse questioni giuridiche, la conoscenza del modo di ragionare dei magistrati e del loro approccio alle cause, la molteplicitàdelle questioni che ogni giorno invadono i tribunali, le diverse modalitàdi redazione di bozze di sentenze, la selezione degli atti utili ai fini del decidere costituiscono alcune delle attivitàche indirizzano il tirocinante verso lo studio del diritto nell’ottica della magistratura ed al tempo stesso èutile per il futuro esercizio della professione forense.

Avere la possibilità di porsi nell’ottica del magistrato, che èdiversa da quella dell’avvocato (eventualmente il dominus nel periodo di pratica forense), èun’occasione unica per il tirocinante, per distinguersi da tutti gli altri neo laureati che, non scegliendo di svolgere il tirocinio, non hanno, e forse mai avranno, tale possibilità.

Il tirocinante fornisce a giudice, che si dimostri disponibile nell’affiancamento durante tutto il periodo del tirocinio permettendo allo stagista di osservare le sue modalitàdi lavoro e di lavorare in autonomia sotto la sua supervisione, un concreto ed efficace aiuto nelle molteplici attivitàche ogni giorno il magistrato ètenuto a svolgere.

La stesura di bozze di sentenza e di provvedimenti, lo studio dei fascicoli, specie di quelli meno complessi, la scrittura dei verbali da parte del tirocinante costituiscono il piùimportante allenamento per prepararsi ad intraprendere la carriera forense o quella di magistrato, ma al contempo rappresentano un’ottima forma organizzativa per aiutare a smaltire l’arretrato giudiziario e rendere in tal modo piùefficiente l’ufficio del processo.

I tirocinanti affiancano il magistrato in ogni sua attività sia durante le udienze che durante le attivitàfuori udienza, cosìcomprendendo nei diciotto mesi del tirocinio cosasignifichi davvero svolgere la funzione di magistrato.

Ai tirocinanti èriconosciuta la possibilitàdi partecipare ai corsi di formazione decentrata organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura per i magistrati dell’ufficio e di accedere ai sistemi informatici ministeriali.

Inoltre lo stage exart. 73 L. 98/2013 èun’ottima alternativa alle SSPL sia da un punto di vista formativo che economico: infatti le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali nella maggior parte dei casi si rivelano costose e l’iscrizione alle stesse da parte dei neolaureati si giustificava, nella maggior parte dei casi, per ottenere il diploma necessario a partecipare al concorso in magistratura, prima di avere superato l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Oggi, tuttavia, a seguito dell’introduzione del comma 11 bis da parte della legge 90/2014,che consente allo stagista che abbia superato lo stage con esito positivo di partecipare direttamente al concorso senza necessitàdi alcun titolo aggiuntivo, la partecipazione ai corsi organizzati dalle SSPL non sarà più necessaria a tale fine.

Giulio Amodio

Francesca Loffredo

Emilia Manzo

Anita Montella

Clementina Pietrarola

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Il nostro legislatore è da sempre generoso nell’elaborazione di riforme e/o interventi legislativi volti ad incentivare l’occupazione e la formazione giovanile, tuttavia con scarsità di risultati in merito al concreto riscontro degli stessi. Personalmente ritengo che discorso diverso valga per lo strumento creato con l’articolo73 del D.L. 69/2013 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98), modificato dagli articoli 50 e 50-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), ovvero il “nuovo” tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari.

La norma prevede che possano accedere allo stage, presentando apposita domanda, per una sola volta,  i giovani neolaureati in giurisprudenza (all’esito di un corso di durata almeno quadriennale), che non abbiano compiuto i trenta anni di età, che abbiano riportatouna media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110, in possesso dei requisiti di onorabilità, ovvero di non aver riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o sicurezza.

I neolaureati in possesso di tali requisiti, se ammessi, potranno assistere e coadiuvare i magistrati delle Corti di appello, dei tribunali ordinari, degli uffici requirenti di primo e secondo grado, degli uffici e dei tribunali di sorveglianza, dei tribunali per i minorenni nonché i giudici amministrativi dei TAR e del Consiglio di Stato, per un periodo di diciotto mesi.

Quanto ai requisiti di ammissione, va immediatamente evidenziato un profilo importante, se si considera il punteggio di laurea ovvero la media particolarmente alta relativamente ad una serie di esami, tra i più impegnativi di un corso di laurea in giurisprudenza:la novella legislativasi rivolge ai giovani più meritevoli, incentivandoil giurista in erba (che voglia effettivamente affacciarsi al mondo del lavoro con serietà e professionalità) a costruire sin dagli inizi del proprio percorso universitario, mattoncino su mattoncino,una carriera quanto più proficua possibile.

Una volta ammesso, al giovane studente che ha appena lasciato i banchi dell’università, pieno di sogni e di aspettative, si aprono le tanto attese quanto sconosciute porte del tribunale.

Ecco, questo è il momento in cui si squarcia il velo di Maya e le “cose del diritto” cominciano ad apparire per quelle che sono.

La pratica, così diversa, così nuova, talvolta così confliggente con la teoria, si manifesta poco a poco, facendo comprendere al giovane le proprie attitudini.

Così almenoè stato per me, che ero appena laureata da sei mesi, all’inizio di questo splendido e inestimabile percorso.

Con il nuovo strumento del tirocinio pratico-teorico il legislatore ha voluto che lo stagista svolgesse diverse attività, sotto la direzione e il controllo del magistrato affidatario, con un impegno di due o tre giorni alla settimana, come: accedere ai fascicoli processuali, partecipare alle udienze e alle camere di consiglio (salvo il giudice ritenga di non ammetterli), raccogliere le prove, redigere bozze di provvedimenti (sentenze e ordinanze), gestire il ruolo d’udienza.

Questo secondo quanto prevede la legge. Ma, a mio avviso, ciò che consente la piena realizzazione di questo percorso di formazione post-universitaria è il rapporto tra stagista e magistrato affidatario.

In prima persona ho avuto il grande onore di essere affidata ad un magistrato professionalmente molto generoso che sin dai primi giorni mi ha guidato e fornito gli strumenti per poter approcciare al diritto,sia sostanziale che processuale, in maniera critica e pratica. Infatti, solo una reale collaborazione e un’attiva partecipazione,consente allo stagista di crescere professionalmente ed umanamente,  di trarre così la massima utilità da questa insostituibile esperienza formativa, che altrimenti resterebbe priva di qualsivoglia contenuto.

Se svolto con tali presupposti il tirocinio permette al neolaureato di comprendere, da un’ottica privilegiata,le dinamiche e i meccanismi di svolgimento del processo e fornisce gli elementi essenziali per la redazione di atti e provvedimenti.

Ma il tutto non si esaurisce in questo.

Affiancare un magistrato nelle sue attività quotidiane insegna, a mio giudizio, un nuovo modo di relazionarsi fatto di riservatezza, neutralità, senso di responsabilità e insegna, talvolta, anche la difficoltà e la solitudine che si cela dietro ogni decisione.

Un indubbio punto di forza è rappresentato, inoltre, dall’impegno settimanale, previsto per due o tre giornate. Allo stagista così, non è preclusa la possibilità di potersi dedicare anche ad altre attività, quali il dottorato di ricerca, il tirocinio forense, la frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali e/o di corsi di preparazione al concorso in magistratura.

Strepitosi, poi, i vantaggi che derivano dall’esito positivo dello stage:

  • costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario;
  • è valutato per un periodo pari ad un anno di tirocinio forense e notarile;
  • è valutato per un periodo pari ad un anno di frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali;
  • costituisce titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario;
  • costituisce titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, dall’amministrazione della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato;
  • costituisce titolo di preferenza, a parità di titoli e di merito, nei concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato.

Dunque, per come è stato studiato il tirocinio previsto dall’art. 73 del d.l. 69/2013, sembra essere uno strumento formativo innovativo e vincente, avulso da punti di debolezza.

Eppure, c’è un profilo che viene sistematicamente ignorato e che rappresenta sicuramente una criticità dello stage: la retribuzione, nonché la mancanza di una copertura assicurativa contro gli infortuni.

Infatti, per espressa previsione dell’art.73 comma 8 del D.L. 21/6/2013 n. 69 (convertito dalla legge 9/8/2013 n. 98),”lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi“.

Oggi, nonostante l’art. 50 bis L. 90/2014, abbia inserito l’art. 8 bis nel testo previgente dell’art. 73 L.98/2013, prevedendo “l’attribuzione agli ammessi allo stage di una borsa di studio” determinata in misura non superiore ad euro 400 mensili, il Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non ha determinato ancora l’ammontare delle risorse destinate all’attuazione degli interventi di cui al co. 8 bis art. 50 L.90/2014. In sostanza, quindi, si tratta di una previsione legislativa non attuata e, stante il complesso iter di stanziamento delle risorse, lo sarà ancora per molto tempo.

In definitiva, se appare troppo pretenzioso ricevere una sorta di retribuzione a fronte dell’apporto culturale e formativo ricevuto, almeno un’indennità consentirebbe a noi giovani di coprire quantomeno le spese necessarie per poter affrontare, con maggiore motivazione, questo percorso.

Ebbene, il punto dolente resta sempre lo stesso.

Chi decide di studiare giurisprudenza, deve avere la consapevolezza che si tratta di un percorso lungo e faticoso.

Bisogna avere la pazienza e l’umiltà di seminare con costanza e sacrificio, sperando di raccogliere i frutti del proprio lavoro. Spesso bisogna fare i conti con la frustrazione e con l’incapacità di provvedere economicamente a se stessi, ma investendo quotidianamente nel proprio futuro.

La possibilità di svolgere il tirocinio presso un ufficio giudiziario accresce la passione, se è già sbocciata e, per quanto mi riguarda, dà la possibilità di capire per cosa vale la pena lavorare e quale sogno inseguire con tutte le proprie forze, ricordandoti, tuttavia, che il sentiero è lungo e tortuoso.

La mia esperienza non è solo da stagista, ma anche da neomamma che, durante tutta la gravidanza, ha conciliato l’attesa con il tirocinio, a dimostrazione del fatto che la propria realizzazione personale può essere perseguita senza sacrificare la possibilità di costruirsi una famiglia.

Con forza, impegno e dedizione si può essere mamme senza smettere di sognare e lavorare per diventare magistrato.

L’esperienza in tribunale mi ha insegnato anche questo.

Ma, soprattutto che, l’equilibrio tra pratica e teoria, tra astratto e concreto dovrebbe regnare sovrano, non solo nelle aule dei tribunali, ma nella vita e… probabilmente di ciò dovrebbe tenere conto il legislatore al tavolo delle riforme.

Carmen Veronica Taiano

Magistrato affidatario

Dott.ssa Silvia Blasi

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IN GENERALE

Il Decreto Legge n. 69 del 2013, ilc.d. decreto del fare,pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2013, ed in particolare il titolo III, denominato “Misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile”, trova la sua ratio ispiratrice nell’obbiettivo di dare impulso al sistema produttivo del Paese attraverso il sostegno alle imprese, il rilancio delle infrastrutture, operando anche una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese. In questa ottica si inseriscono gli interventi volti a stimolare la crescita economica, a semplificare il quadro amministrativo e normativo, ed a rendere più efficiente il sistema giudiziario, favorendo, tra l’altro, la più veloce definizione del contenzioso civile. D’altronde il corretto funzionamento di un’economia dipende anche dalla presenza di un sistema giudiziario capace di garantire un’adeguata tutela dei diritti.

I canali attraverso cui la qualità del sistema giudiziario riverbera i propri effetti sull’attività economica sono diversi. Una giustizia efficiente aumenta la disponibilità e riduce il costo del credito, favorisce l’allargamento degli scambi, promuove la concorrenza, stimola gli investimenti.

Trova spazio, tra i vari istituti introdotti dal decreto del fare, il tirocinio formativo ex art.73. L’art. 73 introduce la possibilità, per i laureati in giurisprudenza, di svolgere un periodo di formazione teorico – pratica presso gli uffici giudiziari. Tale previsione, che mira ad arricchire la formazione del giurista ma anche a dotare gli uffici giudiziari di utili risorse ausiliarie (specie per le attività di studio) pare in linea con analoghe previsioni recate dagli interventi normativi che, negli ultimi anni, si sono occupate di disciplina dell’ordinamento professionale forense e da ultimo, soprattutto, la legge n. 247/12.

Allo stesso tempo, tuttavia, la disposizione in esame si rivolge anche a quei laureati che, pur non intendendo accedere alla professione di avvocato, intendano arricchire la propria formazione teorico-pratica attraverso la frequenza di uffici giudiziari, anche perché l’esito positivo di questistagescostituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario.

Queste disposizioni non sono nuove. L’ufficio per il processo compare per la prima volta in un disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 maggio 2007. La “corsia preferenziale” di accesso al concorso per gli stagisti era prevista nel testo originario del decreto legge 69/2013 (c.d. “decreto del fare”), ma era stata cancellata in sede di conversione.

Tali tirocini rispondono ad una vera esigenza della magistratura. La richiesta di una assistenza effettiva al lavoro giudiziario (che esiste in pressoché tutti i paesi europei) è sentita con più urgenza quando, come nel momento presente, si fanno più forti le istanze e le pressioni per garantire un processo ragionevolmente breve.

Questa richiesta – sulla cui fondatezza nessuno muove contestazioni –  è tuttavia rimasta insoddisfatta principalmente a causa della carenza di risorse economiche adeguate a realizzare un simile servizio. Da qui è nata negli ultimi anni l’iniziativa di alcuni uffici giudiziari che hanno sperimentato forme di organizzazione in qualche modo innovative, variamente coinvolgendo le università e i consigli dell’ordine degli avvocati. E’ così accaduto, nei fatti, che la strada dell’organizzazione ed efficienza degli uffici si è incrociata con l’istituto dei tirocini, volto a soddisfare un’esigenza apparentemente distante, quella di formazione e di inserimento delle nuove generazioni nel mondo del lavoro.

L’art. 50 del D.L. 90/14 prevede che facciano parte dell’ufficio per il processo: il personale di cancelleria, i giudici onorari di tribunale, gli stagisti che svolgono presso gli uffici il tirocinio formativo ex art. 73 d.l. 69/13 ovvero la formazione professionale ex art. 37 d.l. 98/11. Poiché le prime due categorie di soggetti sono già inquadrate, a vario titolo, fra il “personale ausiliario”, la loro presenza nell’ufficio del processo nulla aggiunge alle risorse di cui il “sistema giustizia” già oggi dispone; tanto più che a questo personale non possono essere destinate nuove risorse, visto il divieto di maggiori oneri a carico della finanza pubblica contenuto nello stesso art. 50 del decreto.

E’ quindi evidente che l’ufficio per il processo potrà avere un positivo impatto sull’organizzazione giudiziaria solo se di esso faranno parte (stabilmente e in numero adeguato) i tirocinanti. In questo senso si può dire che il legislatore ha riconosciuto il valore, l’efficacia e la potenzialità espansiva di quelle esperienze in cui gli stagisti sono stati proficuamente inseriti nell’organizzazione dell’ufficio.

Attualmente è possibile svolgere un tirocinio presso gli uffici giudiziari in base alle disposizioni di due norme: l’art. 37 della 111/2011 e l’art. 73 della l. 98/2013. Si tratta di tirocini che, pur avendo contenuto analogo, hanno presupposti e finalità differenti. Infatti:

  • i tirocini ex art. 37 presuppongono la stipula di una convenzione fra l’ufficio giudiziario e il consiglio dell’ordine, o la facoltà universitaria, o la scuola di specializzazione (SSPL); hanno durata di 12 mesi; sostituiscono il primo anno di pratica forense per l’ammissione all’esame da avvocato, o il primo anno del corso di dottorato o il primo anno della scuola di specializzazione;
  • i tirocini ex art. 73 non richiedono alcuna convenzione, né l’iscrizione del tirocinante alla pratica forense o alla scuola di specializzazione; richiedono però il possesso di requisiti soggettivi (età, voto di laurea, voti in alcuni esami); hanno durata di 18 mesi; sostituiscono il primo anno di pratica per l’ammissione all’esame da avvocato o da notaio; sostituiscono anche il primo anno di scuola di specializzazione, ma il tirocinante è comunque tenuto a sostenere le verifiche intermedie e finali (e quindi deve essere iscritto alla scuola e pagare le relative tasse); l’esito positivo di questo tirocinio costituisce titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi pubblici, e titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario.

E’ perciò paradossale che, in sede di conversione del d.l. 69/13, si sia abrogato il comma 12 dell’art. 73 che riconosceva a questi tirocini il valore di titolo d’accesso al concorso per magistrato ordinario. In questo modo infatti si è impedito il più naturale sbocco al percorso formativo di questi stagisti. L’art. 50 del decreto 90/14 ha invece (re)introdotto una prospettiva di sicuro interesse per gli studenti che puntano al concorso in magistratura e, al tempo stesso, una concreta possibilità per gli uffici giudiziari di disporre di quegli assistenti qualificati oggi indispensabili. Il tirocinio formativo con possibilità di accesso al concorso offre agli studenti una prospettiva che valorizza il loro percorso universitario, dà loro l’opportunità di conoscere da vicino il lavoro giudiziario e di formarsi “sul campo”. Ovviamente, il tirocinio non si sostituisce alla preparazione teorica, indispensabile per il superamento del concorso.

Si vuole muovere dalla ratio dell’istituto, cioè dalla volontà del legislatore di introdurre forza-lavoro per poter smaltire gli arretrati giudiziari e facilitare e velocizzare il lavoro del giudice, affidandogli anche compiti di cancelleria. L’apporto viene implicitamente consentito sia con riferimento a compiti di studio, sia con riguardo ad attività processuali orali, anche ipoteticamente, di tipo istruttorio, sia con attinenza alla collaborazione redazionale rispetto alla minuta degli atti processuali da compiere. L’atipicità degli atti affidabili allo stagista si esprime nel decreto legge attraverso una definizione davvero molto ampia degli spazi partecipativi del formando, comprensivi delle udienze, anche non pubbliche e delle camere di consiglio.

La prima perplessità è legata proprio alla surrogazione di necessarie figure professionali da acquisirsi stabilmente all’interno dell’ amministrazione della giustizia, con dei stagisti, la cui primaria finalità è formativa, precariamente assegnati agli uffici giudiziari, come tali non in grado di assicurare in prima battuta un sufficiente stabile contributo all’attività giudiziaria, né di dispiegarla successivamente per un periodo di tempo adeguato, una volta acquisita ” sul campo” la necessaria formazione.

Ma a ben vedere, entrambi gli aspetti presentano dei lati negativi. Da una parte, infatti, sarebbe stato di grande utilità sfruttare le persone, già idoneamente formate, per perseguire la finalità di smaltimento degli arretrati, prevedendo una nuova figura che completasse l’ufficio giudiziario. Dall’altra, se si vuole sottolineare il carattere altamente formativo di tale tirocinio, bisognerebbe garantire allo stagista una varietà di attività e di materie da poter apprendere.

Si prende, comunque, positivamente atto del tentativo di immaginare forme di ausilio alla attività giudiziaria “a basso costo” che, seppure non pienamente corrispondenti alle consistenti necessità del sistema, non possono, in ogni caso, essere trascurate in un difficile contesto economico generale.

Altro aspetto da approfondire del D.L. 69/13 è proprio questo ” basso costo” che al momento è pari a zero, non sono previste, infatti, né borse di studio, né indennità, né alcun tipo di rimborso spese e neppure coperture assicurative per gli stagisti. Infatti, seppure sia stato introdotto tra le righe del decreto la possibilità di una borsa di studi, capace di sostenere almeno le spese che i tirocinanti affrontano quotidianamente per recarsi all’ufficio giudiziario, non vi è stata ancora data attuazione. Ciò comporta un grave deficit per molti giovani che, magri per non caricarsi di altri costi, vi rinunciano pur se altamente qualificati. Tuttavia, entrambe le leggi sui tirocini consentono la partecipazione alle convenzioni coi Tribunali anche di “terzi finanziatori”, che possono erogare borse di studi e rimborsi per i tirocinanti.

Queste norme sono espressione di una scelta legislativa discutibile: quella di lasciare ai dirigenti degli uffici giudiziari il compito e la responsabilità di reperire (attraverso convenzioni o accordi con soggetti terzi) le risorse economiche necessarie al buon funzionamento dell’ufficio. Senza considerare che ogni apporto economico non proveniente da fonti istituzionali riduce inevitabilmente la trasparenza e l’imparzialità dell’azione giudiziaria.

Un altro grande deficit della normativa in esame attiene alla poca specificazione delle modalità di inserimento, ma anche delle modalità di svolgimento di questi tirocini, generando confusione, incomprensioni e soprattutto divergenze da ufficio ad ufficio.

La norma prescrive che la domanda dell’interessato debba essere presentata ai Capi degli uffici giudiziari con allegata la documentazione comprovante il possesso dei requisiti e prevedendo la possibilità di esprimere una preferenza ai fini dell’assegnazione a uno o più magistrati dell’ufficio incaricati della trattazione di affari in specifiche materie, di cui si deve tenere conto compatibilmente con le esigenze dell’ufficio.

La fattispecie è stata, quindi, strutturata attraverso la creazione di un rapporto diretto e personale dell’aspirante stagista con l’Ufficio giudiziario di riferimento, in persona del relativo Capo, ma nel momento in cui le richieste avanzate siano superiori all’esigenza degli uffici, come si procede? I vari coordinatori dei diversi uffici si muovono secondo le modalità che ritengono opportune, ma, paradossalmente, gli interessati non sono a conoscenza delle loro sorti, né dei tempi, né delle modalità utilizzate per selezionare i prescelti.

Alcuni hanno proposto che – ove concorrano partecipanti alle attività delle Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali – i criteri di ammissione e scelta degli aspiranti possano essere integrati con i giudizi appositamente rilasciati delle Scuole medesime.

Ma è pur vero che tale scelta potrebbe generare una disparità di trattamento tra i gli stessi candidati provenienti dalle SSPL e tra questi e gli altri neolaureati.

Dunque, è possibile rinvenire una mancata uniformità nelle modalità di selezione ed anche di svolgimento del tirocinio, in tutto il territorio nazionale.

Insomma, la prima impressione che si ricava dal dettato normativo e che lo stesso sia piuttostoaffrettato, dettato dall’esigenza (forse ingiustificata) di “far presto” nell’attrezzare l’ufficio per il processo: visto come possibile panacea dei cronici ritardi della giustizia.

In realtà, il non aver previsto e disciplinato in maniera più pregnante ed organica i compiti dello stagista rischia di vanificare le intenzioni del legislatore: catapultare un giovane neolaureato in un Ufficio Giudiziario (spesso caotico) senza un contemporaneo percorso che miri a fornirgli gli strumenti di base del lavoro del giurista (avvocato o magistrato che sia) e senza una razionalizzazione ed organizzazione del percorso da compiere, rischia di ridurre le potenzialità di tale strumento: il giudice si avvantaggerà ben poco dell’ausilio dello stagista, perché occorre previamente formarlo e lo stagista imparerà poco

IN PARTICOLARE: LE “ESIGENZE” e le “CRITICITÁ” dal PUNTO DI VISTA DELLO STAGISTA

Innanzitutto bisognerebbe studiare un sistema di formazione in ingresso: ben pochi sono gli stagisti che hanno visto un atto di citazione o messo il naso in un fascicolo processuale: per tale motivo sarebbe forse stato meglio prevedere, tramite meccanismi di rotazione, che tutti i tirocinanti iniziassero con le sezioni che trattano il “contenzioso ordinario” (per un periodo di tempo determinato), per poi magari approdare alle sezioni specializzate. Grazie a tale passaggio, infatti, gli stagisti potrebbero beneficiare di un “impatto” organico con i differenti “tipi” di processo, a partire da quello “base” per passare poi attraverso i vari riti, per finire con l’esecuzione (con una puntata “finale” su quella concorsuale).

Ovviamente l’ipotesi è quella del solo stage civilistico, ma analogamente in ambito penale si sarebbe potuto prevedere un inizio con il solo dibattimento monocratico per poi passare agli altri settori (dibattimento collegiale  –  gip  e addirittura una condivisione con l’Ufficio della Procura).

Addirittura si potrebbe prevedere una frequenza divisa tra tirocinio penale e tirocinio civile (col consenso del tirocinante e la disponibilità dell’Ufficio Giudiziario).

In ogni caso si dovrebbe curare di impartire al tirocinante i necessari rudimenti del lavoro del magistrato: quindi non solo lo studio e la risoluzione dei casi, ma anche l’attività più pratica delle numerose incombenze cui  il giudice è chiamato, sia nelle udienze, sia nella gestione dei rapporti con il personale di cancelleria e con l’Avvocatura.

In tale ottica, potrebbe rivestire un ruolo significativo anche l’instaurazione di un filo diretto tra il tirocinante e gli uffici di cancelleria, non soltanto perché tale ufficio si trova ad operare giornalmente e per i più svariati compiti con il magistrato, ma anche perché la cancelleria ha funzioni e compiti propri con cui l’utente del servizio giustizia ha comunque a che fare e che un magistrato deve comunque conoscere per poter padroneggiare all’occorrenza tutti i problemi che si possono porre e le varie sfaccettature con cui essi si presentano.

Sempre su tale strada sarebbe più che opportuno prevedere che lo stagista venga dotato di postazioni informatiche e comunque che lo stesso venga abilitato alle funzionalità di assistente in “consolle del magistrato”, cosa che invero sembra ancora piuttosto rara.

E spingendoci oltre il problema della formazione sorge a ben vedere anche prima del conseguimento del diploma di laurea ma coinvolge la formazione degli studenti nelle università.

E’ communis opinio, infatti, che le facoltà italiane di giurisprudenza – al netto di possibili eccezioni – siano ancorate a delle modalità di insegnamento prettamente  teoriche.

In questa sede non si vuole sindacare la bontà del classico percorso di formazione dei giuristi, ma non possono sottacersi le gravi disfunzionalità che tale impostazione di fondo determina, finendo con l’immettere ogni anno sul mercato del lavoro migliaia di laureati, spesso totalmente a digiuno di quello volgarmente definibile come “lavoro pratico”.

Tale modello, ad esempio, fa sì che anche i giovani MOT vincitori di concorso, si trovano completamente impreparati di fronte ai risvolti pratici del lavoro di magistrato, nonostante abbiano studiato per molti anni.

Gli Ordinamenti ed i sistemi di altri Paesi sono molto più sensibili al tema, improntando i sistemi formativi universitari e post universitari ad una costante correlazione tra teoria e pratica.

Basti pensare alla Germania, dove, dopo l’Università, la formazione per coloro che intendano accedere alle professioni legali consta di un tirocinio obbligatorio negli uffici giudiziari, in quelli della pubblica amministrazione e in uno studio legale, prima di accedere al concorso, che peraltro risulta essere unico per tutti gli sbocchi possibili delle professioni legali “classiche”.

L’introduzione del tirocinio de quo potrebbe essere vista come un primo tentativo di colmare il gapfra studi teorici e mondo del lavoro e costituire un passo in avanti per allineare il nostro Paese con sistemi, indubbiamente più all’ avanguardia.

A maggior ragione non possono non invocarsi maggiori sforzi per proseguire su questa strada, magari ampliando il numero dei laureati legittimati ad accedere al tirocinio, che quindi non andrebbe più soltanto concepito come modalità “premiale” di accesso al concorso in magistratura, ma ne costituirebbe il naturale sbocco fisiologico.

Rispetto a ciò, infatti, non può non segnalarsi la disomogeneità che sussiste tra il tirocinio in questione e la SSPL, entrambi in forza delle normative vigenti titoli legittimanti per accedere al concorso, ma caratterizzati da una diversità strutturale enorme, che a bene vedere forse non giustifica pienamente, in termini di ratio, la medesima idoneità come titolo legittimante.

CONCLUSIONI

Nonostante tutto, va vista in modo positivo e come un’innovazione la possibilità per gli stagisti di accedere a tale tipo di tirocinio, il cui esito positivo costituisce requisito sufficiente ad accedere al concorso per magistrato.

Esso si colloca al crocevia fra diverse questioni di stringente attualità: le opportunità di inserimento nel mondo del lavoro per i giovani laureati, la valorizzazione dei diversi modelli di formazione, la durata dei processi, l’organizzazione degli uffici giudiziari e il reperimento delle risorse necessarie a renderli efficienti.

L’auspicio è che sia i giovani laureati, sia gli uffici giudiziari sappiano cogliere appieno le opportunità del nuovo strumento, adottando moduli organizzativi capaci di coniugare al livello più alto efficienza e offerta formativa.

Torre Annunziata, 15.6.2015.

Carmela Rita De Rosa

Antonio Del Sorbo

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Tribunale Ordinario di Milano 

Ufficio Tirocini Formativi

                   Milano,

ATTESTATO ESITO TIROCINIO del dott.
presso il giudice affidatario dott.
sezione   civile

Dati temporali

Data inizio tirocinio:

Data fine tirocinio:

Orario settimanale: 20 ore / 40 ore (eventualmente come ripartite nell’arco dei giorni, se vi è calendario fisso)

Periodi di assenza: per ferie del giudice o per motivi personali

COMPITI ASSEGNATI (da integrare/rettificare in relazione alla specificità dei compiti assegnati e dell’area di contenzioso)

Attività preparatorie dell’udienza

  1. verifica trasmissione da parte della cancelleria dei fascicoli delle udienze dellasettimana, effettuata tramite controllo ruolo nei registri informatici (SICID, SIECIC, ecc.), quale fornito dalla cancelleria, o visionato da consolle assistente sulla propria postazione
  2. verifica completezza atti del fascicolo d’ufficio, anche eventualmente depositati per via telematica  (verbali udienze, provvedimenti, scritti difensivi delle parti ecc.) e loro riordino secondo il criterio indicato dall’affidatario
  3. preparazione delle udienze con il magistrato, e studio individuale di eventuali fascicoli indicati dal magistrato
  4. preparazion edella “scheda del procedimento” in cui siano sintetizzati il contenuto della lite (causa petendie petitum), le questioni preliminari e leprincipali questioni in fatto e in diritto che la causa pone, previo confronto con il magistrato affidatario, ove necessario; tale attività può effettuarsi nella modalità di consolle con funzione di assistente, eventualmente inserendo dette informazioni nella sezione “annotazioni”
  5. approfondimenti eventuale di profili di diritto controversi, quali emersi dallo studio del procedimento
  6. predisposizione verbali d’udienza in pct (differenziati tra prima comparizione, provvedimenti su provvisoria esecuzione, audizione testi, comparizione parti, ecc.), ed eventuale redazione di bozza di ordinanza
  7. stampa di alcuni atti o documenti del fascicolo, ove telematico, per una più agevole lettura da parte del giudice

Attività in udienza

  1. Redazione verbale d’udienza sotto direzione/dettatura del giudice accedendo aconsolle
  2. archiviazione verbali, per deposito telematico a fine udienzada parte del magistrato
  3. archiviazione informatica di verbali/provvedimenti secondo il modulo di archiviazione previstodal giudice (ad esempio: creazione di apposita cartella informatica per tipologia di cause/controversie)
  4. se udienza collegiale, possibile lettura/presentazione di breve relazione (previamente preparata con l’affidatario) e ascolto della discussione orale e del confronto in camera di consiglio

Attività successiva all’udienza

  1. Su istruzione dell’affidatario, segnalazioni alla cancelleria di singoli incombenti per cause trattate in udienza (ad es: comunicazioni a CTU,informazioni presso uffici pubblici, etc.)
  2. confronto con l’affidatario su eventuali profili decisionali o istruttori emersi, ed aggiornamento “scheda del procedimento”
  3. collaborazione nella redazione di bozza di provvedimenti in riserva, previo confronto con l’affidatario e successiva correzione dell’elaborato
  4. studio e approfondimento di eventuali profili di diritto, e ricerche tramite banche dati di dottrina e giurisprudenza, con redazione sintetica degli orientamenti emersi
  5. individuazione con l’affidatario di cause relativamente semplici, per le quali stendere bozza sentenza/decreto/ordinanza, previo esame autonomo del fascicolo e confronto con l’affidatarioin ordine alla soluzione decisoria e allo schema argomentativo logico-giuridico da seguire
  6. esamepregresse sentenze emesse dall’affidatario, dallo stesso previamente selezionate, e archiviazione per argomento e tipologia di questione di diritto trattata, eventualmente integrata da aggiornamenti di dottrina e giurisprudenza, così da creare/aggiornare l’archivio del magistrato
  7. predisposizione di modelli standard di motivazione per questioni giuridiche ricorrenti
  8. collaborazione nella creazione, gestione, aggiornamento di archivio di dottrina, giurisprudenza, modulisticadella sezione (eventualmente in unione con gli altri tirocinanti presenti in sezione)
  9. partecipazione alle riunioni di sezione ex art.46 quater O.G.
  10. partecipazione ai corsi della formazione decentrata, anche in tema digitalizzazione delprocesso

PROGETTO DI FORMAZIONE DEL TIROCINANTE – OBIETTIVI RAGGIUNTI

– Passaggio dal diritto “studiato” al diritto “applicato”

– Apprendimento della funzione del giudicare: potenzialità e limiti

– Conoscenza delle singole fasi del processo (civile, esecutivo ecc.), nel loro evolversi fisiologico e nella gestione delle possibili anomalie, eccezioni,contestazioni

– Acquisizione capacità di analisi degli atti/documenti e capacità di sintesi nell’enuclearne i profili e dati salienti

–            Acquisizione di capacità argomentative, verbali e scritte, e di tecniche di motivazione nella redazione dei provvedimenti

– Approfondimento differenti istituti di diritto, processuali e sostanziali, nei loro profili teorici e applicativi (sia mediante studio individuale, sia confrontandosi con l’affidatario)

– Acquisizione di capacità organizzative, sia in ausilio dell’affidatario (gestione del ruolo, dell’udienza, del fascicolo, ecc.), sia individuali, per far fronte ai differenti compiti affidati, nel rispetto di scadenze e priorità

– Approfondimento di eventuali aree di interesse specifico del tirocinante, in relazione anche ai suoi progetti professionali futuri

A seconda dello specifico ufficio/settore di appartenenza dell’affidatario e delle capacità dimostrate dal tirocinante, si individueranno gli obiettivi formativi raggiunti (che potranno essere integrati da profili formativi specifici).

VALUTAZIONE DEL MAGISTRATO AFFIDATARIO

Sintetico giudizio su impegno, capacità, competenze, ecc.

ESITO DEL TIROCINIO: Positivo (non positivo)

Il giudice affidatario

dott.

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Tribunale Ordinario di Milano

Ufficio Tirocini Formativi

                   Milano

ATTESTATO ESITO TIROCINIO del dott.
presso il giudice affidatario dott.
sezione   PENALE:

Dati temporali

Data inizio tirocinio:

data di fine tirocinio:

Orario settimanale: 20 ore / 40 ore (eventualmente come ripartite nell’arco dei giorni, se vi è calendario fisso)

Periodi di assenza: per ferie del giudice o per motivi personali

COMPITI ASSEGNATI (da integrare/rettificare in relazione alla specificità dei compiti assegnati e della tipologia dell’ufficio)

  1. Tenuta del ruolo d’udienza
  2. Informatizzazione della gestione del ruolo
  3. Condivisione informatica con la cancelleria e con gli altri giudici della sezione
  4. Ricerche giurisprudenziali
  5. Preparazione schede per la decisione: sintesi dell’istruttoria documentale e orale, individuazione questioni giuridiche, prospettazione delle soluzioni
  6. Predisposizione bozze dei provvedimenti: sentenze, provvedimenti di esecuzione, liquidazioni compensi ad avvocati e ad ausiliari,
  7. Verifica notifiche estratto sentenza, istanze varie, anche cautelari
  8. Nelle direttissime gestione dell’attività di udienza con predisposizione al computer dei provvedimenti e gestione istanze successive
  9. Tenuta scadenzario termini di custodia cautelare
  10. Prospettiva di definizione con motivazione contestuale dei processi
  11. Organizzazione dell’attività di udienza con riguardo alla gestione del pubblico (utilizzo dei monitor, verifica testimoni presenti)
  12. Predisposizione di moduli standard per provvedimenti standard
  13. Aggiornamento tempestivo su modifiche legislative e giurisprudenziali, potendo essere incaricati di curare le novità anche tramite l’esame della giurisprudenza di merito (in caso di pluralità di tirocinanti in sezione si potrebbero costituire gruppi di aggiornamento che settimanalmente informano i componenti della sezione).

Con particolare riferimento all’ufficio G.I.P./G.U.P. (salvo ragioni di riservatezza rimesse alla valutazione del giudice):

  1. Esame delle richieste di misura cautelare personale e reale, valutazione degli elementi a sostegno della richiesta, predisposizione di una bozza di provvedimento
  2. Esame delle richieste di intercettazione telefonica, valutazione della richiesta e predisposizione di una bozza del provvedimento
  3. Valutazione delle richieste di archiviazione, che potranno essere quasi integralmente gestite dal tirocinante previa consultazione con il giudice
  4. Procedimenti di opposizione alle archiviazioni: esame delle opposizioni e individuazione delle questioni in vista dell’udienza camerale di opposizione
  5. Studio e predisposizione delle schede per la decisione dei processi nelle udienze preliminari

PROGETTO DI FORMAZIONE DEL TIROCINANTE – OBIETTIVI RAGGIUNTI

– Passaggio dal diritto “studiato” al diritto “applicato”

– Apprendimento della funzione del giudicare: potenzialità e limiti

– Conoscenza delle singole fasi del processo (penale, esecutivo), nel loro evolversi fisiologico e nella gestione delle possibili anomalie, eccezioni,contestazioni

– Acquisizione capacità di analisi degli atti/documenti e capacità di sintesi nell’enuclearne i profili e dati salienti

– Acquisizione di capacità argomentative, verbali e scritte, e di tecniche di motivazione nella redazione dei provvedimenti

– Approfondimento differenti istituti di diritto, processuali e sostanziali, nei loro profili teorici e applicativi (sia mediante studio individuale, sia confrontandosi con l’affidatario)

– Approfondimento di eventuali aree di interesse specifico del tirocinante, in relazione anche ai suoi progetti professionali futuri

– Acquisizione di capacità organizzative, sia in appoggio all’affidatario (gestione del ruolo, dell’udienza, del fascicolo, ecc.), sia individuali, per far fronte ai differenti compiti affidati, nel rispetto di scadenze e priorità

A seconda dello specifico ufficio/settore di appartenenza dell’affidatario e delle capacità dimostrate dal tirocinante, si individueranno gli obiettivi formativi raggiunti, che potranno essere integrati da profili formativi specifici,come di seguito:

Giudice del dibattimento

  1. Il processo nella sua fase dibattimentale: dal predibattimento alla sentenza di primo grado
  2. La gestione di un ruolo monocratico dibattimentale: struttura delle udienze, calendarizzazione dei processi, modalità di trattazione dei singoli processi
  3. La fase preparatoria dell’udienza: studio dei processi per la prima udienza, studio preistruttoria, studio per la decisione
  4. La prima udienza dibattimentale per i processi a citazione diretta (cosiddetta udienza di smistamento): verifica capo d’imputazione, prima notifica, elezione domicilio,notifica 415 bis, irreperibilità, notifica decreto di citazione a giudizio, processo in assenza, questioni preliminari
  5. Le ordinanze sulle questioni preliminari
  6. L’istruttoria dibattimentale: l’esame dei documenti, la concentrazione del processo dibattimentale
  7. La preparazione della decisione: studio dell’istruttoria e valutazione delle questioni giuridiche
  8. La decisione e la redazione della sentenza
  9. I riti alternativi e la redazione delle relative sentenze
  10. Le sentenze contestuali: quando?
  11. L’esecuzione delle sentenze
  12. Il ruolo collegiale


Ufficio G.I.P./G.U.P.

  1. Le misure cautelari: presupposti, proporzionalità, valutazione della permanenza dei presupposti
  2. Le ordinanze cautelari: studio della richiesta e verifica degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo del P.M.
  3. Le intercettazioni telefoniche: presupposti, proroghe, redazione dei provvedimenti
  4. I presupposti per l’archiviazione, l’opposizione all’archiviazione, il ruolo della persona offesa
  5. L’udienza preliminare: procedimento, presupposti per il rinvio a giudizio e per il proscioglimento
  6. I riti alternativi

VALUTAZIONE DEL MAGISTRATO AFFIDATARIO

Sintetico giudizio su impegno, capacità, competenze, ecc.

ESITO DEL TIROCINIO: Positivo (non positivo)

Il giudice affidatario

dott.

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(da trasmettere all’Ufficio Tirocini Formativi entro 50/60 giorni dall’inizio effettivo del tirocinio)

Tribunale Ordinario di Milano 

Ufficio Tirocini Formativi
Al coordinatore tirocini settore civile dott. Damiano Spera
                  Milano, …

PROGETTO DI TIROCINIO del dott.
presso il giudice affidatario dott.
sezione   civile

Dati temporali

Data inizio tirocinio:

Orario settimanale: 20 ore / 40 ore (eventualmente come ripartite nell’arco dei giorni, se vi è calendario fisso)

Periodi di assenza: per ferie del giudice o per motivi personali

Situazione logistica:

–  presso stanza del magistrato, con autonoma postazione computer

– Oppure: presso stanza al piano condivisa con altri tirocinanti, con autonoma postazione computer

–  Assegnatario credenziali per accesso a Internet, a Italgiure (o ad altro)

– Assegnatario credenziali per accesso a Consolle Assistente (indicare se si è ritenuto di dare visibilità solo di alcuni procedimenti, o dei procedimenti dell’intero ruolo, salva eventuale esclusione di alcuni)

Compiti assegnati (area civile)  da integrare/rettificare in relazione alla specificità dei compiti assegnati e dell’area di contenzioso

Attività preparatorie dell’udienza

  1. verifica trasmissione da parte della cancelleria dei fascicoli delle udienze dellasettimana, effettuata tramite controllo ruolo nei registri informatici (SICID, SIECIC, ecc.), quale fornito dalla cancelleria, o visionato da consolle assistente sulla propria postazione
  2. verifica completezza atti del fascicolo d’ufficio, anche eventualmente depositati per via telematica  (verbali udienze, provvedimenti, scritti difensivi delle parti ecc.) e loro riordino secondo il criterio indicato dall’affidatario
  3. preparazione delle udienze con il magistrato, e studio individuale di eventuali fascicoli indicati dal magistrato
  4. preparazione della “scheda del procedimento” in cui siano sintetizzati il contenuto della lite (causa petendie petitum), le questioni preliminari e leprincipali questioni in fatto e in diritto che la causa pone, previo confronto con il magistrato affidatario, ove necessario; tale attività può effettuarsi nella modalità di consolle con funzione di assistente, eventualmente inserendo dette informazioni nella sezione “annotazioni”
  5. approfondimenti eventuale di profili di diritto controversi, quali emersi dallo studio del procedimento
  6. predisposizione verbali d’udienza in pct (differenziati tra prima comparizione, provvedimenti su provvisoria esecuzione, audizione testi, comparizione parti, ecc.), ed eventuale redazione di bozza di ordinanza
  7. stampa di alcuni atti o documenti del fascicolo, ove telematico, per una più agevole lettura da parte del giudice

Attività in udienza

  1. Redazione verbale d’udienza sotto direzione/dettatura del giudice accedendo aconsolle
  2. archiviazione verbali, per deposito telematico a fine udienzada parte del magistrato
  3. archiviazione informatica di verbali/provvedimenti secondo il modulo di archiviazione previstodal giudice (ad esempio: creazione di apposita cartella informatica per tipologia di cause/controversie)
  4. se udienza collegiale, possibile lettura/presentazione di breve relazione (previamente preparata con l’affidatario) e ascolto della discussione orale e del confronto in camera di consiglio

Attività successiva all’udienza

  1. Su istruzione dell’affidatario, segnalazioni alla cancelleria di singoli incombenti per cause trattate in udienza (ad es: comunicazioni a CTU,informazioni presso uffici pubblici, etc.)
  2. confronto con l’affidatario su eventuali profili decisionali o istruttori emersi, ed aggiornamento “scheda del procedimento”
  3. collaborazione nella redazione di bozza di provvedimenti in riserva, previo confronto con l’affidatario e successiva correzione dell’elaborato
  4. studio e approfondimento di eventuali profili di diritto, e ricerche tramite banche dati di dottrina e giurisprudenza, con redazione sintetica degli orientamenti emersi
  5. individuazione con l’affidatario di cause relativamente semplici, per le quali stendere bozza sentenza/decreto/ordinanza, previo esame autonomo del fascicolo e confronto con l’affidatario in ordine alla soluzione decisoria e allo schema argomentativo logico-giuridico da seguire
  6. esame pregresse sentenze emesse dall’affidatario, dallo stesso previamente selezionate, e archiviazione per argomento e tipologia di questione di diritto trattata, eventualmente integrata da aggiornamenti di dottrina e giurisprudenza, così da creare/aggiornare l’archivio del magistrato
  7. predisposizione di modelli standard di motivazione per questioni giuridiche ricorrenti
  8. collaborazione nella creazione, gestione, aggiornamento di archivio di dottrina, giurisprudenza, modulistica della sezione (eventualmente in unione con gli altri tirocinanti presenti in sezione)
  9. partecipazione alle riunioni di sezione ex art.46 quater O.G.
  10. partecipazione ai corsi della formazione decentrata, anche in tema digitalizzazione del processo

PROGETTO DI FORMAZIONE DEL TIROCINANTE

–  Passaggio dal diritto “studiato” al diritto “applicato”

–  Apprendimento della funzione del giudicare: potenzialità e limiti

– Conoscenza delle singole fasi del processo (civile, esecutivo ecc.), nel loro evolversi fisiologico e nella gestione delle possibili anomalie, eccezioni,contestazioni

– Acquisizione capacità di analisi degli atti/documenti e capacità di sintesi nell’enuclearne i profili e dati salienti

– Acquisizione di capacità argomentative, verbali e scritte, e di tecniche di motivazione nella redazione dei provvedimenti

–  Approfondimento differenti istituti di diritto, processuali e sostanziali, nei loro profili teorici e applicativi (sia mediante studio individuale, sia confrontandosi con l’affidatario)

– Acquisizione di capacità organizzative, sia in ausilio dell’affidatario (gestione del ruolo, dell’udienza, del fascicolo, ecc.), sia individuali, per far fronte ai differenti compiti affidati, nel rispetto di scadenze e priorità

– Approfondimento di eventuali aree di interesse specifico del tirocinante, in relazione anche ai suoi progetti professionali futuri

A seconda dello specifico ufficio/settore di appartenenza dell’affidatario, il progetto del tirocinante potrà essere integrato da profili formativi specifici.

VALUTAZIONE DEL MAGISTRATO AFFIDATARIO
(entro 50/60 giorni da inizio tirocinio)

Si richiedono valutazioni sintetiche dell’affidatario in ordine a preparazione, capacità e impegno del tirocinante, eventualmente distinte – ove necessario – con riferimento ai suddetti profilie obiettiviformativi.

In ipotesi di valutazioni negative, la relazione dell’affidatario potrà essere anticipata e i coordinatori, sentito il tirocinante, potranno valutare di spostarlo in altro ufficio/settore, salvo ulteriori o diversi provvedimenti.

PROGETTO DEL MAGISTRATO AFFIDATARIO: obiettivi e programma di lavoro

Verificato preliminarmenteil numero di cause iscritte nel proprio ruolo e la loro anzianità (tramite SICID o tramite Cancelleria/Ufficio Innovazione),

Verificata la propria produttività nell’anno/biennio precedente,

Valutato il potenziale contributo del tirocinante, alla luce della sua prevista permanenza e presenza part-time o full time, e dipreparazione, capacità, impegno dello stesso, quali emersi nell’arco dei primi due mesi (in linea con la sezione “Valutazione del magistrato affidatario“),

previsione di un programma di lavoro che consenta (in via esemplificativa/alternativa, in relazione alla tipologia e alle problematiche del ruolo di ciascuno, e all’impegno formativo che, in termini più accentuati nella fase iniziale, va comunque destinato dall’affidatario al tirocinante):

– accentuato smaltimento cause arretrate (indicare se potranno essere definite con anticipo cause iscritte oltre il quinquennio, ovvero oltre il triennio, ecc.)

– definizione cause entro il triennio (ad es. in una data percentuale sull’intero ruolo)

– maggiore produttività rispetto all’annualità/biennio precedente (ad es. del 5%, 10%, ecc.)

– aumento numero sentenze emesse ex art.281 sexies c.p.c.

– riduzione termini deposito sentenze, ovvero ordinanze cautelari o istruttorie

– riduzioneprocedimenti pendenti sul ruolo, tenuto conto dei sopravvenuti

– maggiore approfondimento profili di diritto

– migliore organizzazione del lavoro, nel rispetto meno affannato di scadenze e priorità

La stesura del suddetto progetto quali-quantitativo da parte del magistrato affidatario vuole essere un momento di riflessione sulle capacità e sull’impegno del tirocinante, sia al fine di comprendere le potenzialità del percorso formativo del giovane, in vista di un’attestazione di “esito positivo”, quale richiesto ex art.73 d.l.n.69/13, per l’accesso all’esame di avvocatura o al concorso per magistratura, sia al fine di valutarne i riflessi in termini di “assistenza/collaborazione”del tirocinante all’attività del magistrato.

Dimostrazioni di capacità e impegno da parte del tirocinante potranno consentire all’affidatario di esprimere una previsione di possibile aumento della quantità e qualità del proprio lavoro; al contrario possibili carenze dovranno essere tempestivamente segnalate, e saranno valutate dai Coordinatori nel contraddittorio con gli interessati, per accertare se imputabili ad eventuali difficoltà d’intesa con lo specifico affidatario, ovvero ad altre ragioni, onde proporre/rimettere al Capo dell’Ufficio ogni valutazione conseguente. 

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di Giuseppe Buffone

(da trasmettere all’Ufficio Tirocini Formativi entro 50/60 giorni dall’inizio effettivo del tirocinio)

Tribunale Ordinario di Milano    

Ufficio Tirocini Formativi

Al coordinatore tirocini settore penale dott. Ilio Mannucci Pacini

                   Milano, …

PROGETTO DI TIROCINIO del dott.
presso il giudice affidatario dott.
sezione   civile

Dati temporali

Data inizio tirocinio:

Orario settimanale: 20 ore / 40 ore (eventualmente come ripartite nell’arco dei giorni, se vi è calendario fisso)

Periodi di assenza: per ferie del giudice o per motivi personali

Situazione logistica:

–  presso stanza del magistrato, con autonoma postazione computer

– Oppure: presso stanza al piano condivisa con altri tirocinanti, con autonoma postazione computer

–  Assegnatario credenziali per accesso a Internet, a Italgiure (o ad altro)

Compiti assegnati (area penale)  da integrare/rettificare in relazione alla specificità dei compiti assegnati e della tipologia dell’ufficio

  1. Tenuta del ruolo d’udienza
  2. Informatizzazione della gestione del ruolo
  3. Condivisione informatica con la cancelleria e con gli altri giudici della sezione
  4. Ricerche giurisprudenziali
  5. Preparazione schede per la decisione: sintesi dell’istruttoria documentale e orale, individuazione questioni giuridiche, prospettazione delle soluzioni
  6. Predisposizione bozze dei provvedimenti: sentenze, provvedimenti di esecuzione, liquidazioni compensi ad avvocati e ad ausiliari,
  7. Verifica notifiche estratto sentenza, istanze varie, anche cautelari
  8. Nelle direttissime gestione dell’attività di udienza con predisposizione al computer dei provvedimenti e gestione istanze successive
  9. Tenuta scadenzario termini di custodia cautelare
  10. Prospettiva di definizione con motivazione contestuale dei processi
  11. Organizzazione dell’attività di udienza con riguardo alla gestione del pubblico (utilizzo dei monitor, verifica testimoni presenti)
  12. Predisposizione di moduli standard per provvedimenti standard
  13. Aggiornamento tempestivo su modifiche legislative e giurisprudenziali, potendo essere incaricati di curare le novità anche tramite l’esame della giurisprudenza di merito (in caso di pluralità di tirocinanti in sezione si potrebbero costituire gruppi di aggiornamento che settimanalmente informano i componenti della sezione).

Con particolare riferimento all’ufficio G.I.P./G.U.P. (salvo ragioni di riservatezza rimesse alla valutazione del giudice):

  1. Esame delle richieste di misura cautelare personale e reale, valutazione degli elementi a sostegno della richiesta, predisposizione di una bozza di provvedimento
  2. Esame delle richieste di intercettazione telefonica, valutazione della richiesta e predisposizione di una bozza del provvedimento
  3. Valutazione delle richieste di archiviazione, che potranno essere quasi integralmente gestite dal tirocinante previa consultazione con il giudice
  4. Procedimenti di opposizione alle archiviazioni: esame delle opposizioni e individuazione delle questioni in vista dell’udienza camerale di opposizione
  5. Studio e predisposizione delle schede per la decisione dei processi nelle udienze preliminari

Progetto di formazione del tirocinante

–            Passaggio dal diritto “studiato” al diritto “applicato”

–            Apprendimento della funzione del giudicare: potenzialità e limiti

–            Conoscenza delle singole fasi del processo (penale, esecutivo), nel loro evolversi fisiologico e nella gestione delle possibili anomalie, eccezioni,contestazioni

–            Acquisizione capacità di analisi degli atti/documenti e capacità di sintesi nell’enuclearne i profili e dati salienti

–            Acquisizione di capacità argomentative, verbali e scritte, e di tecniche di motivazione nella redazione dei provvedimenti

–            Approfondimento differenti istituti di diritto, processuali e sostanziali, nei loro profili teorici e applicativi (sia mediante studio individuale, sia confrontandosi con l’affidatario)

–            Approfondimento di eventuali aree di interesse specifico del tirocinante, in relazione anche ai suoi progetti professionali futuri

–            Acquisizione di capacità organizzative, sia in appoggio all’affidatario (gestione del ruolo, dell’udienza, del fascicolo, ecc.), sia individuali, per far fronte ai differenti compiti affidati, nel rispetto di scadenze e priorità

A seconda dello specifico ufficio/settore di appartenenza dell’affidatario, il progetto del tirocinante potrà essere integrato da profili formativi specifici, quali i seguenti:

Giudice del dibattimento

  1. Il processo nella sua fase dibattimentale: dal predibattimento alla sentenza di primo grado
  2. La gestione di un ruolo monocratico dibattimentale: struttura delle udienze, calendarizzazione dei processi, modalità di trattazione dei singoli processi
  3. La fase preparatoria dell’udienza: studio dei processi per la prima udienza, studio preistruttoria, studio per la decisione
  4. La prima udienza dibattimentale per i processi a citazione diretta (cosiddetta udienza di smistamento): verifica capo d’imputazione, prima notifica, elezione domicilio,notifica 415 bis, irreperibilità, notifica decreto di citazione a giudizio, processo in assenza, questioni preliminari
  5. Le ordinanze sulle questioni preliminari
  6. L’istruttoria dibattimentale: l’esame dei documenti, la concentrazione del processo dibattimentale
  7. La preparazione della decisione: studio dell’istruttoria e valutazione delle questioni giuridiche
  8. La decisione e la redazione della sentenza
  9. I riti alternativi e la redazione delle relative sentenze
  10. Le sentenze contestuali: quando?
  11. L’esecuzione delle sentenze
  12. Il ruolo collegiale


Ufficio G.I.P./G.U.P.

  1. Le misure cautelari: presupposti, proporzionalità, valutazione della permanenza dei presupposti
  2. Le ordinanze cautelari: studio della richiesta e verifica degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo del P.M.
  3. Le intercettazioni telefoniche: presupposti, proroghe, redazione dei provvedimenti
  4. I presupposti per l’archiviazione, l’opposizione all’archiviazione, il ruolo della persona offesa
  5. L’udienza preliminare: procedimento, presupposti per il rinvio a giudizio e per il proscioglimento
  6. I riti alternativi

VALUTAZIONEDEL MAGISTRATO AFFIDATARIO
(entro 50/60 giorni da inizio tirocinio)

Si richiedono valutazioni sintetiche dell’affidatario in ordine a preparazione, capacità e impegno del tirocinante, eventualmente distinte – ove necessario – con riferimento ai suddetti profilie obiettiviformativi.

In ipotesi di valutazioni negative, la relazione dell’affidatario potrà essere anticipata e i coordinatori, sentito il tirocinante, potranno valutare di spostarlo in altro ufficio/settore, salvo ulteriori o diversi provvedimenti.

PROGETTO DEL MAGISTRATO AFFIDATARIO: obiettivi e programma di lavoro

Dal punto di vista qualitativo:

  • riceveresupporto nella fase preparatoria dell’udienza, in termini di:

          – accurato esame dei fascicoli nella fase precedente all’udienza

          – predisposizione di schede dei processi, che possono diventare una bozza             di sentenza

          – verifica delle questioni giuridiche che potrebbero essere prospettate nei                 processi, acquisizione e analisi della giurisprudenza

  • orientarsi a una redazione dei provvedimenti che valorizzi:

          – schematicità

          – linguaggio semplificato e deburocratizzato

          – prospettiva di redazione delle motivazioni contestuali delle sentenze

  • avvalersi di una struttura di ausilio all’ufficio nel suo complesso sotto il profilo dell’aggiornamento sui temi specializzati
  • gestireinformaticamente il ruolo d’udienza
  • ottenere un’organica gestione dei testimoni nel corso dell’udienza

Dal punto di vista quantitativo:

  • Riduzione dei tempi d’udienza
  • Riduzione dei tempi di deposito delle sentenze, fino alla prospettiva di motivazioni contestuali
  • Aumento delle definizioni dei procedimenti monocratici e collegiali, la cui determinazione dipende dal carico dei ruoli dei giudici, dagli attuali livelli di definizione, dai margini temporali di miglioramento dei tempi di definizione

La stesura del suddetto progetto quali-quantitativo da parte del magistrato affidatario vuole essere un momento di riflessione sulle capacità e sull’impegno del tirocinante, sia al fine di comprendere le potenzialità del percorso formativo del giovane, in vista di un’attestazione di “esito positivo”, quale richiesto ex art.73 DL n.69/13 per l’accesso all’esame di avvocatura o al concorso per magistratura, sia al fine di valutarne i riflessi in termini di “assistenza/collaborazione”del tirocinante all’attività del magistrato.

Se pertanto dimostrazioni di capacità e impegno da parte del tirocinante potranno consentire all’affidatario di esprimere una previsione di possibile aumento della quantità e qualità del proprio lavoro, al contrario possibili carenze dovranno essere tempestivamente segnalate, e saranno valutate dai Coordinatori nel contraddittorio con gli interessati, per accertarne se imputabili ad eventuali difficoltà d’intesa con lo specifico affidatario, ovvero ad altre ragioni, onde proporre/rimettere al Capo dell’Ufficio ogni valutazione conseguente.

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TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

Ufficio Coordinamento Tirocini Formativi

Situazione logistica e informatica

Il tirocinante sarà ospitato nella stanza del magistrato, non emergendo ad oggi altre soluzioni logistiche attuabili, sino a che non si libereranno spazi in esito al trasferimento di alcune sezioni nella palazzina di Via Pace. Sono fatte salve diverse collocazioni temporanee che si rivelino possibili nell’ambito delle singole sezioni e che verranno autorizzate dal Presidente di sezione.

Sarà cura del magistrato affidatario, se ne ricorre l’interesse, richiedere per il tirocinante:

  • assegnazione di computer (che verrà installato nella stanza del giudice, o nel diverso sito autorizzato dal Presidente di sezione)
  • account di dominio
  • accesso a internet dalla rete giustizia
  • configurazione consolle dell’assistente, ove possibile (tramite assistenza tecnica chiamando il numero verde 800.868.444)

Al momento della presa di possesso del tirocinante, l’Ufficio Innovazione:

– acquisisce impegno scritto del tirocinante di riservatezza e segreto professionale  su dati e notizie apprese durante il tirocinio e di osservanza obblighi di cui all’art.73, commi 6,7)

– richiede per il tirocinante codice di accesso a Italgiure (d’ufficio)

– segnala il nominativo alla Formazione Decentrata per corsi di formazione (d’ufficio)

– richiede permesso di accesso al palazzo di giustizia da ingresso riservato per la durata del tirocinio, nel caso in cui il tirocinante ne faccia richiesta (non sarà necessario per il tirocinante che abbia già il tesserino come iscritto alla pratica forense)

Il magistrato non deve comunicare al tirocinante le proprie pw di accesso ai vari servizi giustizia.

E’ in ogni caso fatto divieto di collegare computer privati alla rete giustizia.

Orari

Se part-time: almeno 20 ore settimanali, da ripartire nell’arco dei giorni settimanali secondo accordo affidatario-tirocinante

Se full-time: 40 ore settimanali (obbligatorio per i tirocinanti vincitori di borsa di studio)

Assenze

Per i tirocinanti titolari di borsa di studio, tenuti a una presenza a tempo pieno (40 ore sett.), è consentita una sospensione del tirocinio, nell’arco dei 12 mesi di borsa di studio, di soli 15 giorni consecutivi; eventuali assenze ulteriori, al di là dei periodi di malattia, vanno intese quale sospensione del tirocinio (e relativa borsa di studio), che andrà prolungato del periodo corrispondente.

Per i restanti tirocinanti (a tempo pieno o parziale) saranno concordate con l’affidatario assenze in occasione dei periodi  festivi o delle ferie del magistrato; in ulteriori periodi dell’anno, e al di là di ragioni di malattia, potranno essere concessi brevi periodi di assenza in accordo con l’affidatario.

Assenze particolarmente prolungate, che incidano sulla completezza del periodo di 18 mesi di tirocinio, saranno valutate caso per caso da coordinatori e capo dell’ufficio, e dovranno considerarsi quale sospensione del tirocinio, che si prolungherà per analogo periodo.

Copertura assicurativa

Come da art.7 “Convenzione Tirocini Formativi” tra Uffici Giudiziari di Milano e Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano del 23.12.2013 (pubblicata sul sito del Tribunale), per i tirocinanti (a tempo pieno o a tempo parziale) che siano iscritti nel registro praticanti presso l’Ordine di Milano, il Consiglio dell’Ordine garantisce la copertura assicurativa contro gli infortuni nonché per la responsabilità civile verso terzi “con riferimento a eventi occorsi durante l’attività di tirocinio presso l’Ufficio Giudiziario“. In Convenzione era previsto che la copertura riguardasse “anche attività eventualmente svolte al di fuori dell’Ufficio ma rientranti nel progetto formativo“, estensione mutuata dal format dei tirocini di natura aziendale, ma che non vi è ragione ricorra per il progetto formativo presso l’Ufficio Giudiziario, con conseguente significativo aggravio di costi per l’Ordine (è in sede l’integrale materiale di lavoro/studioe la possibile frequenza di corsi formativi ed è accessibile on line la ricerca dottrinaria o giurisprudenziale). L’Ordine ha pertanto comunicato che non estenderà l’assicurazione per eventi occorsi all’esterno, e si raccomanda ai giudici affidatari di non assegnare ai tirocinanti eventuali compiti esterni all’Ufficio, nécondurli con sé in eventuali accessi esterni.

Per i tirocinanti che non siano iscritti come praticanti presso l’Ordine di Milano, ad oggi non sono in essere coperture assicurative (in tal senso si esprime l’art.73 comma 8 D.L. n.69/13).

Redazione di progetto da parte del giudice affidatario

In linea con il disposto di cui all’art.73 D.L. n.69/13, e con l’inserimento della norma nel Titolo “Misure per l’efficienza del Sistema Giudiziario e la definizione del contenzioso civile”, il progetto di tirocinio intende coniugare esigenze di formazione professionale dei giovani laureati in giurisprudenza, con esigenze organizzative degli Uffici Giudiziari, per un servizio giustizia più efficiente in termini sia qualitativi sia di ragionevole durata del processo. La presenza di un tirocinante a fianco del magistrato, dopo i primi tempi di formazione, dovrebbe tradursi in un supporto per l’affidatario, in termini di assistenza nel compimento delle sue ordinarie attività, anche per approfondimento di studio e stesura bozze provvedimenti.

Si richiede pertanto che, a cura dell’affidatario, venga trasmesso all’Ufficio Tirocini, entro 50/60 giorni dall’effettivo inizio del tirocinio, un progetto quali-quantitativo da condividere con il tirocinante, riguardante sia gli obiettivi formativi del tirocinante, sia il programma di lavoro del magistrato affidatario; a tal fine potrà utilizzarsi lo schema allegato (differenziato tra settore civile e penale).

Relazione finale

Al termine del tirocinio l’affidatario sarà tenuto a redigere un parere circa l’esito del tirocinio, e la verifica del raggiungimento degli obiettivi formativi indicati nel progetto. Si potranno riprendere alcune indicazioni già contenute nello schema allegato di progetto tirocinio.

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L’introduzione dell'”ufficio del processo” o dell'”ufficio del giudice”, quale modello organizzativo, costituisce una rivendicazione storica della magistratura che prende corpo in un ambito culturale proprio della metà degli anni duemila, grazie alla presentazione del disegno di legge n. 2873 del 5 luglio del 2007 (c.d. d.d.l. Mastella), nel quale, per la prima volta, si delineava sul piano normativo la struttura organizzativa dell”’Ufficio per il Processo“: si trattava di un progetto di legge consapevole della necessità di un approccio organizzativo nuovo all’annoso problema della durata dei processi e della necessità di smaltire l’arretrato, che risolvesse uno dei mali più antichi e radicati della giurisdizione in Italia, quello della solitudine del giudice, chiamato a risolvere problemi giuridici delicati e problemi organizzativi immani, rapporti con terzi qualificati (avvocati, periti, consulenti, ausiliari vari) e rapporti con il pubblico e con i mass media, e contemporaneamente costretto a svolgere una moltitudine di incombenze non particolarmente qualificate, che poco hanno a che vedere con l’essenza della funzione giurisdizionale, potendo confidare sempre e comunque esclusivamente sulle proprie forze. 

Si trattava allora di prevedere una soluzione organizzativa improntata alla creazione di una vera e propria struttura permanente, in grado di affiancare il giudice, assistendolo nell’innovazione e nella semplificazione delle attività, nell’utilizzo di nuove tecnologie, con compiti anche di ricerca dottrinali e giurisprudenziali, figura peraltro già esistente in molti ordinamenti stranieri.

Le nuove strutture, denominate appunto “Ufficio per il processo”, dovevano svolgere ogni funzione di assistenza all’attività giurisdizionale, nell’ottica della semplificazione e dell’innovazione delle attività.

L’art. 3 del d.d.l. n. 2873/2007 apriva poi per la prima volta alla possibilità di inserire praticanti e tirocinanti delle scuole di specializzazione, che si affiancassero al giudice per seguirlo nell’attività di udienza e di studio della causa, per un periodo massimo di un anno, e in forza di specifiche convenzioni siglate dal Capo dell’ufficio, praticanti e tirocinanti che sarebbero quindi stati inseriti nel modulo organizzativo dell’ufficio del processo, mediante una serie di previsioni normative che preannunziano chiaramente quelle che verranno introdotte ben sette anni dopo.

Non potendo ricorrere, per ragioni finanziarie, a figure “professionali” di assistenti, si immaginava di sperimentare l’ufficio del processo stipulando convenzioni per stages e tirocini presso gli uffici giudiziari con Università e Consigli dell’Ordine degli Avvocati, che assicurassero la possibilità di utilizzare “tirocinanti” in affiancamento al lavoro dei magistrati.

Quindi, quello che nella previsione dell’impianto generale di tale disegno di legge costituiva un aspetto ancillare del progetto, seppur importante, ovvero l’affiancamento di tirocinanti, diventava il pilastro e lo strumento di realizzazione delle prime sperimentazioni sull’Ufficio per il Processo.

Peraltro, a partire dalla metà degli anni duemila, si era già assistito ad un crescente aumento di sottoscrizioni di convenzioni con enti locali, per lo più Ordini Avvocati e Università, per lo svolgimento presso i Tribunale di tirocini e stages.Si era partitidaconvenzioni stipulate dagli Uffici giudiziari con gli enti pubblici territoriali (Regioni, Province e Comuni) per l’utilizzo, a fini di formazione professionale, di lavoratori socialmente utili, di cassintegrati e di disoccupati, di giovani iscritti in cooperative appositamente costituite, utilizzati per lo più per rimpinguare i vuoti progressivamente determinati nelle Cancellerie dai fisiologici pensionamenti del personale amministrativo. Poi sono intervenute altre tipologie di convenzioni, meno destinate all’orientamento professionale dei giovani o alla (ri)collocazione sul mercato dei disoccupati, e più specificamente indirizzate alla formazione professionale in ambito giudiziario. Vanno in particolare ricordate: le Convenzioni con le Scuole di Specializzazione delle Professioni Forensi introdotte dall’art. 16 d.lgs 17 novembre 1997 n. 398, che prevedono la possibilità che gli studenti svolgano, in modo obbligatorio, una parte della loro formazione presso gli uffici giudiziari (150 ore); le Convenzioni con le Università, previste dall’art. 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 (c.d.legge Treu), ed attualmente art. 1, comma 32, della legge 92/2012 (legge Fornero),checonsentono agli studenti universitari di effettuarestagepresso aziende e Pubbliche Amministrazioni, compresa l’amministrazione giudiziaria; le Convenzioni con gli Ordini degli Avvocati, con le Università e con le SSPL, disciplinate dall’art. 37 legge 111/2011, che consentono la possibilità di un tirocinio presso gli uffici, di durata sino ad un anno, sostitutivo dei percorsi formativi dell’ente sottoscrittore (pratica forense, dottorato di ricerca e tirocinio pressola SSPL). Ora, con l’art. 73 d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (conv. in legge 9 agosto 2013 n. 98),  si è introdotta la possibilità di svolgimento di tirocini formativi da parte di laureati in giurisprudenza presso gli uffici giudiziari in affiancamento a magistrati con compiti di studio, ricerca e redazione di bozze, senza richiedere, necessariamente, ma senza escluderla, la stipula di una convenzione, in quanto il laureato può direttamente rivolgere la domanda al dirigente dell’ufficio giudiziario.

L’idea di fondo, non esplicitata ma nitida, era che, senza attendere provvedimenti legislativi, e di normazione secondaria, fosse possibile dare comunque un segnale di cambiamento, avviando un circolo virtuoso che, con costi limitati, valorizzasse la professionalità del giudice, ne incrementasse la produttività, e contribuisse allo smaltimento progressivo dei procedimenti pendenti.

Non è un caso, dunque, che, recependo gli esiti di un dibattito culturale ormai risalente, l’art. 37 del d.l. n. 98 del 2011 sia stato inserito nel corpo di “Disposizioni per l’efficienza del sistema Giudiziario e la celere definizione delle controversie“, e che l’art. 73 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, che qui in particolare interessa, sia stato inserito all’interno di “Misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile”; e neppure è un caso che, con la risoluzione del 29.4.2014, il CSM abbia individuato nei programmi di gestione annuali di cui all’art. 37 legge 111/2011, e nei Documenti Organizzativi Generali che accompagnano i progetti tabellari per gli uffici giudicanti, lo strumento di controllo e di valutazione della gestione dei tirocini.

Sebbene la risoluzione consiliare del 29.4.2014 l’abbia formulata timidamente, a mo’ di suggerimento, l’idea di fondo cui ispirare l’organizzazione dei tirocini formativi è chiaramente quella della loro valorizzazione in vista della costituzione di un primo nucleo dell’ufficio del giudice, o dell’ufficio del processo.

In realtà, oggi si tratta di un atto dovuto, alla luce del disposto di fonte primaria di cui all’art. 50 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114, recante: «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.», che ha finalmente istituito l’Ufficio del processo, presso gli uffici di primo e di secondo grado, utilizzando a tali fini, insieme con cancellieri, giudici ausiliari e got, anche quanti svolgono i tirocini formativi.

Il tirocinio formativo, dunque, è chiaramente proiettato dal legislatore verso il soddisfacimento delle esigenze organizzative degli uffici giudiziari.

Ciononostante, i tirocini di cui all’art. 73 del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 hanno incontrato il largo favore dei neolaureati, che vi fanno ricorso in misura significativa.

La spiegazione, probabilmente, è nella scarsa attrattiva esercitata dalle Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali, istituite con il d.lgs. n. 398/97, con l’ambizione dichiarata di delegare all’Università un modello formativo per il giurista pratico, quale percorso privilegiato per l’accesso alla magistratura e all’avvocatura, marginalizzando le sempre più diffuse scuole “private” per la preparazione al concorso per uditore giudiziario.

Orbene, la frequenza biennale delle Scuole è indispensabile per accedere al concorso in magistratura, ma le Scuole ripropongono insegnamenti, talvolta addirittura con l’istituzione di vere e proprie “cattedre”, che non riescono a sintetizzare le finalità didattiche del completamento dell’istruzione universitaria, della preparazione al concorso, e della dimensione tirocinante vera e propria, posto che utilizzano contenuti e metodiche mutuati pedissequamente dall’insegnamento universitario, per di più affidati spesso, per ragioni non sempre apprezzabili, a figure professionali (magistrati, avvocati, notai) poco capaci di ripetere il modello d’insegnamento universitario.

La condivisibile ispirazione alla formazione di una comune cultura della giurisdizione tra gli operatori del diritto (giudici, avvocati, notai) è stata fraintesa, ed ha portato a perseguire, per tutti i neolaureati frequentanti, percorsi formativi indifferenziati e comuni a quanti aspirino alle diverse professioni, per tutta la durata de biennio. E poiché le Scuole forensi e le Scuole notarili attraggono ovviamente quanti anelano alla professione forense e a quella notarile, le SSPL finiscono con l’essere frequentate soprattutto da quanti aspirino al concorso per l’accesso alla magistratura, sicchè quei frequentanti sono i soli a dover seguire percorsi indifferenziati, comuni a tutte le professioni forensi.

Una delle conseguenze è che le Scuole universitarie non sono riuscite a sostituire quelle private, per cui i neolaureati che aspirino al concorso in magistratura sono costretti alla doppia fatica delle frequenza della Scuola di Specializzazione, obbligatoria per legge, e di quella privata, indispensabile per acquisire una preparazioni idonea alla difficoltà del concorso. Il che, attesi gli alti costi di entrambe le scuole, sta nuovamente rendendo l’accesso alla magistratura un fenomeno elitario e censuario, legato com’è alle capacità economiche della famiglia di appartenenza dei neolaureati. Senza contare che l’età media di accesso alla magistratura (ormai intorno ai 33-34 anni), cresciuta per la durata quinquennale del corso di laurea universitario e per la necessaria frequenza biennale delle Scuole di Specializzazione, appare poco congrua, alla luce della riduzione dell’età pensionabile dei magistrati.

Il legislatore è intervenuto nella materia, e, con la disposizione dell’art. 50, co. II, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114, ha previsto che l’esito positivo dello stage costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario.

Sicchè, è stata prevista un’ulteriore modalità per l’accesso al concorso in magistratura, che prevede un percorso apparentemente più appetibile, perché più breve (18 mesi, invece dei due anni della Scuola di specializzazione).

Ovvio, peraltro, che, così operando, sul tirocinio di cui all’art. 73 sono finite per gravare in larga parte le aspettative di formazione post universitaria, di preparazione al concorso e di preparazione al lavoro, proprie dei neolaureati.

Sicchè, occorre vagliare se l’impianto dell’istituto delineato dall’art. 73 citato, sia capace di far fronte ad entrambe le esigenze ad esso sottese: da un lato, quella di contribuire al recupero di efficienza del sistema giustizia, dall’altra, quella di far fronte alle esigenze di preparazione al concorso in magistratura, proprie dei giovani che vi anelano.

Domanda di ammissione

L’art. 73 prevede che la domanda dell’interessato debba essere presentata direttamente ai Capi degli uffici giudiziari con allegata la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ammissione:  allo stagista è richiesto un profilo personale molto elevato (voto non inferiore a 27 negli esami più importanti del corso di laurea e voto finale di laurea non inferiore a 105).

Nella domanda può essere espressa una preferenza, ai fini dell’assegnazione, per uno o più magistrati dell’ufficio incaricati della trattazione di affari in specifiche materie, di cui si deve tenere conto compatibilmente con le esigenze dell’ufficio: la  disposizione  pare  consentire  l’espressione  di preferenza rispetto a singoli magistrati, solo in quanto “incaricati della trattazione di affari in specifiche materie”. L’electio sarebbe cioè consentita e valutata solo funzionalmente all’interesse espresso dallo stagista per la trattazione di specifiche materie.

Uffici giudiziari interessati

E’ stato normativizzato un orientamento favorevole alla tendenziale applicazione generalizzata degli stages, dal 2014 anche agli uffici inquirenti, e addirittura agli uffici di legittimità, cui non è stata estranea la considerazione dei vantaggi che lostageassicura al magistrato affidatario: da un lato, il contributo di assistenza fornito dal giovane laureato; dall’altro, e soprattutto, lo specifico titolo professionale, per espressa previsione della legge rilevante sia in sede di valutazione di professionalità, sia ai fini del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi.

La scelta del magistrato affidatario

Gli ammessi allo stage sono affidati a un magistrato che ha espresso la disponibilità ovvero, quando è necessario assicurare la continuità della formazione, a un magistrato designato dal Capo dell’ufficio. Dunque, in linea con esperienze già collaudate, il Capo dell’ufficio è tenuto a diramare un interpello preventivo per l’acquisizione delle disponibilità da parte dei magistrati a ricoprire l’incarico di affidamento dello stagista.

Ciascun magistrato non può rendersi affidatario di più di due ammessi: non è chiarito, ma è ragionevole ritenere, che la norma si riferisca al contestuale svolgimento dello stage.

Limiti dello stage e conflitto d’interessi

Lo stage può essere effettuato dalla stessa persona per una sola volta nella vita.

Esso consiste in un periodo di formazione teorico-pratico della durata complessiva di diciotto mesi.

Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attività. Gli stagisti hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonché alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli.

L’ampiezza della tenore della norma sembra esprimere la volontà di estendere,  quanto  più possibile, l’area di intervento degli stagisti a supporto del magistrato affidatario.

In tale direzione, sembrerebbe consentita la partecipazione del giovane laureato a tutte le attività dell’ufficio, senza esclusioni aprioristiche.

L’apporto viene implicitamente consentito sia con riferimento a compiti di studio, sia con riguardo ad attività processuali orali, anche ipoteticamente, di tipo istruttorio, sia con riguardo alla redazione della minuta degli atti processuali da compiere.

Peraltro, pare troppo generica la previsione del potere-dovere del giudice di non ammettere il giovane alla partecipazione a singoli atti o attività. Infatti, rimangono imprecisati i presupposti di questa facoltà ad excludendum, esercitabile di volta in volta dal magistrato, tenuto conto che la norma, contrariamente alla impostazione della materia invalsa in sede consiliare (che escludeva gli atti coperti da segreto, ed anche quelli ove apparivano prevalenti le esigenze di tutela della privacy), non limita la partecipazione dello stagista ad alcun atto, se non ai fascicoli inerenti ai procedimenti rispetto ai quali esso versa in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi.

Invero, il comma 7 impone il divieto per gli ammessi di esercitare attività professionale presso l’ufficio.

Il comma 10, d’altra parte, ammette lo svolgimento del tirocinio legale contestualmente allo stage e consente espressamente all’avvocato affidatario del tirocinante-stagista di esercitare l’attività professionale innanzi al magistrato formatore, presupponendo, all’evidenza, che il magistrato, in relazione ai procedimenti di cui sia titolare detto avvocato, abbia esercitato lo ius excludendi nei confronti del tirocinante.

In ogni caso, e come detto, il tirocinante dovrà affiancare il giudice assistendolo nell’innovazione e nella semplificazione delle attività, nell’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare in vista dell’entrata in vigore del PCT (che prevede espressamente la figura dell’assistente del giudice) e con compiti anche di ricerca dottrinali e giurisprudenziali.

Il panorama dei moduli sperimentali adottati dai Capi degli uffici giudiziari in proposito varia molto, anche se, in ogni caso, il dato comune di ogni sperimentazioni sembra essere il tentativo di unificare l’aspetto organizzativo dello stage con quello dell’innovazione tecnologica del processo civile telematico (donde la necessità di uno stretto raccordo tra il ruolo della formazione decentrata e quello dei magistrati referenti informatici, sul quale il CSM sarà chiamato  riflettere).

Si è poi detto che l'”ufficio del processo” coinvolge ormai non solo stagisti e tirocinanti ma implica anche una diversa modalità di utilizzo dei giudici ausiliari in appello e dei GOT, che, inseriti in un vero e proprio staff in modo stabile, e facendo riferimento ad un unico giudice, possono contribuire ad un reale smaltimento dei ruoli: anche in questo caso, il CSM è chiamato dalla norma di fonte primaria a delineare il rapporto di queste figure all’interno dell’ufficio del processo. E’ opportuno, peraltro, che il CSM eviti pretese di dirigismo, e si limiti a dettare una cornice di formazione secondaria all’interno della quale i Capi degli uffici debbono poter adattare le singole soluzioni alle caratteristiche concrete degli uffici diretti.

In tutte le esperienze, dopo le prime difficoltà iniziali nel lavorare con accanto uno stagista o un tirocinante e nel dettare ritmi e compiti, è emerso che la buona riuscita dei progetti si realizza solo se i tirocinanti si succedono senza soluzione di continuità, in affiancamento al giudice; altrimenti lo sforzo richiesto al giudice per ripartire ogni volta con un nuovo tirocinante fa perdere fiducia nella sperimentazione stessa, e rischia di incidere negativamente sull’organizzazione del lavoro giudiziario.

La continuità è un nodo problematico che può essere risolto solo assicurando una presenza continua di tirocinanti, e quindi uno stretto coordinamento con gli enti con i quali sono stipulate le convenzioni, al fine di trovare un modulo il più possibile continuo per dare ingresso ai tirocinanti. E’ dunque evidente che, nell’elaborare il modulo informativo da allegare al programma di gestione, il Capo dell’Ufficio deve avere un’idea di organizzazione dell’ufficio che comprenda, tenuto conto delle indicazioni provenienti dal coordinatore, anche l’utilizzo dei tirocinanti, e quindi il numero dei tirocinanti, i compiti loro affidati, la loro assegnazione presso i singoli giudici, o presso i gruppi di giudici (o le intere sezioni), che si siano dichiarati disponibili a fungere da affidatari, e quindi il modo in cui strutturare il singolo ufficio del processo o la pluralità degli uffici del processo,nell’ambito dell’Ufficio giudiziario.

Qualche difficoltà in questo senso può rinvenire da ciò che, mentre i tirociniexart. 37 sono retti  da una convenzione che in qualche modo rende prevedibili alcuni dei dati indicati, quelliexart. 73 non poggiano sul modulo convenzionale, in quanto il laureato può direttamente rivolgere la domanda al dirigente dell’ufficio giudiziario, e non si richiede che l’interessato sia iscritto alla pratica forense o alla scuola di specializzazione delle professioni legali.

Si adotti o no il bando, con la conseguente procedura unitaria e periodica  di ammissione dei tirocinanti, il vero punto, tuttavia, è che si individui e si faccia fronte al fabbisogno organizzativo in modo scadenzato, sì da assicurare quella continuità di presenza di stagisti nell’Ufficio che è garanzia di efficienza del modulo organizzativo adottato.

Sempre il Capo dell’Ufficio dovrà invece attivarsi presso il Ministero della Giustizia per l’apprestamento tempestivo delle risorse informatiche e materiali da mettere a disposizione dei tirocinanti. E’ poi di immediata intuibilità come l’ufficio del processo implichi l’utilizzazione di adeguate risorse materiali, nonché, più banalmente, di spazi, e di tavoli, da destinare agli stagisti ed ai tirocinanti.

Il ruolo del magistrato assegnatario

Nel corso degli ultimi sei mesi del periodo di formazione il magistrato può chiedere l’assegnazione di un altro degli ammessi allo stage al fine di garantire la continuità dell’attività di assistenza e ausilio.

L’attività di magistrato formatore è considerata ai fini della valutazione di professionalità di cui all’art. 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonché ai fini del conferimento di incarichi direttivi, e sul punto occorre rilevare che l’attuale normativa secondaria del Consiglio,  già  contempla le attività formative come esperienze di rilievo da valutarsi ai fini della valutazione di professionalità, come pure  dello svolgimento delle funzioni direttive o semidirettive di merito.

Obblighi di riservatezza

L’attività degli ammessi allo stage si svolge sotto la guida ed il controllo del magistrato e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività e di astenersi dalla deposizione testimoniale.

Per quest’ultimo profilo, pare che il decreto intenda alludere all’obbligo di astensione degli stagisti nei giudizi di qualunque specie su ciò di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio dell’attività di collaborazione, così come analogamente previsto per gli avvocati e tirocinanti dal comma 3, dell’art. 6 della legge n. 247/2012.

In questa direzione, sarebbe stato più nitido un precetto imperniato sull’applicabilità dell’art. 15 del T.U. n. 3/1957, come del resto fa l’art. 37, comma 5, citato.

D’altro canto non può non rilevarsi che, mancando il riferimento alla normativa speciale sopra indicata, il mancato rispetto degli obblighi di riservatezza non è in alcun modo  sanzionato, restando quale unica sanzione per la grave infrazione la mera possibilità di un’eventuale esclusione dal tirocinio.

Incompatibilità ed esclusività

Sul piano delle incompatibilità la disciplina in esame prevede che il contestuale svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione forense non impedisce all’avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l’attività professionale innanzi al magistrato formatore, salvo il limite costituito dal divieto di assegnare al formando praticante fascicoli trattati dall’avvocato medesimo. Gli ammessi allo stage non possono esercitare attività professionale presso l’ufficio ove lo stesso si svolge, né possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore, o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.

Non è previsto che, oltre ad un dovere di denunzia dei conflitti da parte dei formando, gli sia imposto di indicare preventivamente, all’atto della domanda, lo studio di appartenenza e il nominativo di tutti gli avvocati che ad esso appartengono, in modo da consentire al magistrato affidatario di esercitare il necessario controllo, a tutela della immagine di imparzialità della magistratura.

Secondo la disciplina in esame, lo stage può essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l’accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un’adeguata formazione.

Non è quindi prevista la esclusività dell’attività prestata presso gli uffici giudiziari.

Il legislatore stabilisce, tuttavia, che le modalità dello stage siano “compatibili con il conseguimento di una adeguata formazione”.

Ferma restando l’assenza di esclusività, lo stagista dovrà, quindi, assicurare all’ufficio giudiziario una porzione significativa della sua attività lavorativa quotidiana, a pena di revoca dell’ammissione.

Lo status normativo dello stagista

Lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo, né di obblighi previdenziali e assicurativi.

Quanto al compenso, nulla quaestio, visto che la natura mista dello schema tipologico proprio della stage, imperniato sullo scambio tra prestazione formativa ed energie lavorative, garantisce comunque la tenuta ordinamentale della figura, pur se priva di corrispettivo.

Quanto alla qualificazione giuridica del rapporto, è noto che la realtà prevale sul nomen juris, sicchè occorre molta attenzione nel disciplinare l’andamento concreto del tirocinio.

Più dubbia risulta la previsione di assenza di copertura assicurativa a favore dei formandi. Invero, l’art. 18 della legge n. 196/1997, al comma 1, lett. e) impone l’obbligo “da parte dei soggetti promotori di assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)”.

A propria volta, l’art. 3, co. I, D.M. 25 marzo 1998, n. 142, Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all’articolo 18 della l. n. 196/1997, sui tirocini formativi, ribadisce l’imprescindibilità delle “garanzie assicurative”, chiarendo che “i soggetti promotori sono tenuti ad assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro presso l’INAIL nonché presso idonea compagnia assicuratrice per la responsabilità civile verso terzi”.

In assenzadi una qualche forma di copertura assicurativa, l’Amministrazione potrebbe trovarsi a sostenere la responsabilità per gli eventuali danni subiti dallo stagista in occasione dello svolgimento della formazione o da costui provocati  a terzi in occasione od in conseguenza del rapporto di tirocinio.

Le vicende dello stage

Lo stage può essere interrotto in ogni momento dal capo dell’ufficio, anche su proposta del magistrato formatore, per sopravvenute ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario, anche in relazione ai possibili rischi per l’indipendenza e l’imparzialità dell’ufficio o la credibilità della funzione giudiziaria, nonché per l’immagine e il prestigio dell’ordine giudiziario.

Correttamente, si è dunque ritenuto che lo stagista non vanta alcun diritto o interesse pretensivo in ordine al completamento del periodo di formazione, dato che la sua posizione è considerata dalla legge recessiva rispetto alle oggettive esigenze dell’amministrazione della giustizia.

La formazione del tirocinante

Anche l’esecuzione del tirocinio, ed in particolare la formazione dei tirocinanti, sono affidati alla cura del Capo dell’Ufficio, che ovviamente potrà delegare queste attività al coordinatore, ma che dovrà comunque curare, se del caso mediante convenzioni, un’adeguata formazione intranea, stimolando le strutture della formazione decentrata, e coordinando la formazione intranea con quella resa dalla Scuola Forense o dalla SSPL, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, qualora i tirocinanti siano iscritti anche a quelle istituzioni.

Quanto alle metodiche, non deve mai dimenticarsi che i tirocinanti “devono fare e, facendo, devono imparare e, facendo, devono dare una mano all’amministrazione della Giustizia”.

La norma prevede che gli stagisti sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell’ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati almeno con cadenza semestrale.

Non è chiaro se per corsi specificamente destinati ai tirocinanti si debbano intendere quelli immediatamente orientati al loro migliore inserimento nell’ufficio del processo, ovvero se la formazione decentrata possa occuparsi anche del completamento della formazione post universitaria del tirocinante: questa seconda opzione pare preferibile, sia perchè la norma non pone alcuna limitazione, sia perchè il completamento della formazione universitaria è anch’esso funzionale al miglior inserimento del tirocinante nell’ufficio del processo.

Non è chiara l’obbligatorietà o la mera facoltatività della partecipazione ai corsi da parte dei tirocinanti. Sulla base del dato letterale, sembra preferibile la facoltatività della partecipazione, che non può quindi incidere sul rilascio dell’attestato di positivo svolgimento del tirocinio. In questo campo, tuttavia, giocheranno un ruolo sia le convenzioni eventualmente stipulate con le SSPL, sia la proposta formativa pubblicizzata dall’ufficio giudiziario. Probabilmente, questo è un settore in cui è auspicabile l’intervento chiarificatore del CSM, in funzione di omogeneizzazione delle esperienze.

Più problematica la possibilità che la Scuola della Magistratura proponga dei corsi a livello centrale destinati in modo sistematico alla formazione degli stagisti.

La normativa primaria tace sul punto; quella secondaria lo consente, una volta che la formazione decentrata è stata concepita non più come una rete autonoma di autoformazione dei magistrati interna alle Corti territoriali, così come l’aveva concepita il CSM, ma come l’articolazione territoriale della Formazione centralizzata, affidata alla Scuola della Magistratura. E’ quindi evidente che nulla può ostare acchè la Scuola possa curare momenti di riflessione comuni a tutti gli stagisti presenti negli uffici giudiziari, o momenti di confronto su temi che si presentano in modo dialettico nei vari uffici territoriali. E deve sicuramente riconoscersi la possibilità che i corsi destinati alla formazione iniziale, e a quella permanente, dei magistrati, che si svolgono in sede centrale, possano essere aperti anche alla partecipazione di un certo numero (limitato) di stagisti.

Il problema però ha anche una valenza politica, ed induce ad una qualche prudenza il ricordo dell’esperienza che si tentò alla metà degli anni novanta del secolo scorso, allorquando il progetto di istituire la Scuola, intesa anche come istituzione preposta all’accesso alla magistratura, non decollò per le obiezioni della Corte dei conti, in ordine alla mancanza di una norma primaria, che fungesse da copertura normativa per l’erogazione delle spese a quel fine necessarie.

Conclusioni (provvisorie)

Il modello di tirocinante delineato dalla norma è dunque quello di un neolaureato molto preparato, fortemente motivato, chiamato a erogare per un tempo giornaliero significativo, e per la durata di un anno e sei mesi, le proprie prestazioni lavorative in modo gratuito, al solo fine di acquisire tecnicalità e approcci teorico-pratici che gli consentano di partecipare in modo proficuo al concorso per l’accesso in magistratura. Il mansionario richiesto è quanto mai ampio e aperto, suscettibile di ulteriore sviluppo per effetto dell’inglobamento del tirocinante nell’ufficio del processo. Sul tirocinante gravano obblighi di riservatezza e di comportamento leale, nonché incompatibilità professionali, che rassicurano sull’immagine di imparzialità e di indipendenza della giurisdizione, e che lo espongono alla revoca immediata del tirocinio. Su quell’idealtipo, l’ordinamento investe, nella speranze di recuperare al sistema una nuova efficienza organizzativa.

In assenza di retribuzione, di copertura mutualistica ed assicurativa, e persino di sovvenzioni amministrative (borse di studio), la prestazione di una idonea formazione post universitaria, capace, per un verso, di preparare al concorso, per altro verso di fornire competenze utili per l’ottimale inserimento nel mondo del lavoro giudiziario, costituisce il corrispettivo della prestazione di lavoro resa dal tirocinante. Essa impedisce che il tirocinio possa essere visto dai neolaureati come una nuova forma di nexum, che avvince in modo mortificante il tirocinante al magistrato affidatario.

Nel contempo, solo la prestazione di una idonea formazione assicura l’appetibilità dell’istituto e quindi il successo dell’ufficio del processo.

Sicchè, può concludersi nel senso che il recupero di efficienza del sistema giustizia, oggi più che mai, passa anche attraverso la capacità degli uffici giudiziari, della formazione decentrata e della Scuola della Magistratura di fornire ai tirocinanti e agli stagisti un’adeguata preparazione post universitaria.

Maria Silvia Giorgi

 
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a cura del Ministero della Giustizia

Il progetto: uno staff di supporto al lavoro del magistrato e uno strumento per migliorare la qualità del servizio ai cittadini.
Alle luce di numerose e positive esperienze maturate in diversi Paesi stranieri anche in Italia si è diffusa la consapevolezza che i magistrati hanno bisogno di uno staff che li coadiuvi nell’espletamento delle loro molteplici attività, complementari rispetto a quelle propriamente connesse alla giurisdizione.
Allo stesso modo è ormai accresciuta la consapevolezza che l’innovazione tecnologica non può portare ai risultati sperati in termini di efficienza e qualità del servizio se non è accompagnata da un valido supporto di risorse e soprattutto da un ripensamento delle logiche organizzative del lavoro.
L’ufficio per il processo si colloca dunque in tale riflessione sull’organizzazione del lavoro giudiziario, nella consapevolezza dell’importanza della creazione di uno staff del magistrato (e di strutture tecniche) a supporto dei processi di innovazione tecnologica e organizzativa.
La scelta legislativa sottesa all’introduzione delle misure di supporto alla creazione dell’ufficio per il processo, avviata con l’art. 50 del d.l. 90/2014 si innesta in una prassi virtuosa condotta in alcuni uffici giudiziari.
In tale contesto, il ministero, nell’ambito delle sue competenze, ha posto in essere un programma di interventi normativi e organizzativi per fornire strumenti, risorse e tecnologie per la costituzione da parte degli uffici di Tribunale e delle Corti di Appello di tali strutture organizzative.
Si tratta di una precisa scelta programmatica del ministro che mira ad una riformulazione di un paradigma organizzativo diverso, capace di coniugare tecnologie e apprendimento cognitivo, dinamica generazionale e avvio di itinerari professionali.
Non si tratta, quindi, di introdurre forme di episodica assistenza al magistrato ma di un progetto di razionalizzazione del servizio giustizia, con revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, volto a dare impulso all’utilizzazione delle risorse informatiche e allo sviluppo delle tecnologie e dei progetti di innovazione negli uffici giudiziari.
La composizione dell’ufficio per il processo e attività
La struttura organizzativa dell’ufficio per il processo si nutrirà di varie professionalità, proprio perché plurime sono le finalità (assistenza al magistrato, supporto all’avvio delle tecnologie e innovazione organizzativa dei servizi di cancelleria):

  • la magistratura onoraria
  • i tirocinanti laureati
  • i soggetti che hanno completato lo stage ex art. 37 comma 11 del decreto legge 98/2011
  • il personale amministrativo
  • i magistrati ausiliari per le corti di appello

Compiti specifici dei soggetti assegnati all’ufficio per il processo sono svolti nell’ambito e con riferimento alle competenze, attività e mansioni attribuite dalle rispettive normative di riferimento e per il personale amministrativo anche dalla contrattazione collettiva.
Gli interventi normativi del Ministro Orlando per la costruzione e l’implementazione dell’ufficio per il processo

  • Art. 50 del d.l. 90/2014: si indica la possibilità per Tribunali e Corti di Appello di costituire l’ufficio per il processo con varie categorie di soggetti.
  • Art 50 bis d.l. 90/2014: previsione di una borsa di studio, nei limiti delle risorse disponibili, per i giovani laureati che svolgono tirocinio presso il magistrato.
  • Art. 21 ter del d.l. 83/2015: inserimento presso l’ufficio per il processo di coloro che hanno svolto un percorso formativo in cancelleria con borsa di studio sino a 400 euro.
  • Disegno di legge sulla magistratura onoraria n.1738 Senato del 15 gennaio 2015: il giudice onorario, nei primi 4 anni del suo mandato, coadiuverà il giudice professionale, compiendo tutti gli atti preparatori, necessari o utili all’esercizio della funzione giurisdizionale, svolgendo attività e adottando provvedimenti delegati dal giudice professionale, nel rispetto delle direttive impartite da quest’ultimo. E’ inoltre prevista una sua partecipazione più organica all’esercizio della giurisdizione (partecipazione alle riunioni periodiche organizzate dal presidente del tribunale o da un giudice delegato, per la discussione delle questioni giuridiche più rilevanti e delle soluzioni adottate oltre che per favorire lo scambio di esperienze giurisprudenziali e di prassi innovative).
  • Decreto ministeriale 1 ottobre 2015 di prima attuazione dell’articolo 50 del dl. 90/14: offre la prima indicazione delle attività, finalità e modalità di inserimento dei vari soggetti nell’ufficio per il processo.
  • Decreto ministeriale 10 luglio 2015 e correttivo del 1 ottobre 2015 su borse di studio ai tirocinanti ex art. 73 del dl 69/2013: si stanziano 8 milioni di euro per le borse di studio a tali soggetti, per 400 euro mensili, nonché le modalità, il numero ed i criteri di assegnazione delle borse di studio.
  • Decreto ministeriale del 24 settembre 2014 di attuazione dell’art.21 ter dl. 83/15: si prevedono i criteri di inserimento di coloro che hanno svolto il periodo di perfezionamento di cui all’articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ai fini dello svolgimento di un ulteriore periodo formativo di 12 mesi, con assegnazione di borse di studio per un importo di euro 400 da attribuirsi e con possibilità di avere titolo preferenziale, a parità di merito, nei concorsi pubblici.

Le risorse finanziarie

  • 8.000.000,00 per borse di studio tirocinanti laureati
  • 7.813.000,00 per borse per stage di perfezionamento in cancelleria
  • 800.000,00 per ulteriore sviluppo della Consolle dell’assistente e per implementare la banca dati della giurisprudenza di merito
  • 1.000.000,00 circa per l’acquisto di PC, per la gestione amministrativa dei tirocinanti e per il consolidamento dei sistemi informatici

Ai 17 milioni già stanziati si andranno ad aggiungere 5 milioni provenienti dalle risorse europee provenienti dal PON Governance e Capacità istituzionale.
Le attività che si svolgeranno nelle strutture organizzative UPP
Attraverso le strutture organizzate dell’Ufficio per il processo, nell’ambito dell’autonomia dei singoli uffici giudiziari, potranno svolgersi tutti i compiti e le funzioni necessarie ad una maggiore assistenza all’attività giurisdizionale dei magistrati.
Le attività potranno quindi essere di vario contenuto, anche in relazione al soggetto che le svolge: ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, stesura di relazioni, massimazione di sentenze, collaborazione diretta con il magistrato per compiti strettamente ancillari all’attività di udienza e di preparazione della stessa, rilevazione dei flussi dei dati statistici, controllo della corretta gestione dei registri informatizzati e ogni altra attività di supporto al processo civile telematico e all’informatizzazione del processo penale.
Le strutture dell’ufficio per il processo potranno essere organicamente inquadrate dagli uffici all’interno delle sezioni o delle altre unità organizzative degli uffici stessi, con modalità che potranno essere diverse ma non necessariamente alternative, anche in relazione alla figura dell’assistente addetto e all’attività di riferimento.Potrà prevedersi, quindi, da un lato, la destinazione di alcuni soggetti all’affiancamento del singolo magistrato per compiti di assistenza e collaborazione diretta, e dall’altro, invece si potranno creare delle strutture o figure a servizio di tutta la sezione o unità organizzativa (ad es. servizi unici di massimazione delle sentenze della sezione, presidi unici di una o più sezioni per la gestione del processo telematico e dell’informatizzazione del settore penale, servizi di rilevazione statistica), nonché a supporto dell’attività propriamente di cancelleria.
Ufficio per il processo e innovazione tecnologica: consolle assistente e avvio infrastruttura banca dati di merito
In una fase in cui il Ministero della giustizia sta investendo in modo deciso sul processo civile telematico e nell’informatizzazione del processo penale, le risorse assegnate all’ufficio per il processo potranno essere di supporto e contribuire anche alla diffusione dell’innovazione tecnologica.
Il Ministero ha già realizzato un apposito applicativo che può essere utilizzato nel processo civile telematico: la consolle dell’assistente.
Con l’applicativo è possibile un “colloquio” informatico tra l’attività dell’assistente e quella del magistrato: l’assistente può elaborare appunti, ricerche, bozze ed inserirle nel fascicolo informatico di riferimento mettendole a disposizione immediata del magistrato che in tal modo riesce a gestirle in tempi più rapidi.
Le risorse destinate agli “stagisti di cancelleria”, assegnate con il decreto firmato il 24 settembre, potranno contribuire inoltre all’ulteriore sviluppo della digitalizzazione.
Altro importante risultato è lo stanziamento delle risorse finanziare per lo sviluppo delle tecnologie per l’avvio della “Banca dati della giurisprudenza di merito”.
E’ così finalmente possibile tramite il supporto degli assistenti, in specie dei tirocinanti, arrivare ad avere uno strumento per la conservazione dei precedenti giurisprudenziali che consentirà l’arricchimento del bagaglio di conoscenze degli orientamenti della giurisprudenza degli uffici sul territorio.
Si consente così, per la prima volta, che la relazione territorio – ufficio non sia episodica, ovvero rimessa alle singole vicende giudiziarie, ma stabile, in quanto votata ad una rappresentazione costante, per cittadini, avvocati e imprese, dello stato della giurisprudenza locale.
Ciò comporta la riduzione del contenzioso esplorativo, con possibilità di scelte conciliative, anche con ricorso ai meccanismi di ADR, maggiormente consapevoli perché arricchiti dall’esperienza maturata nell’ufficio chiamato a decidere della futura lite.
I principali benefici per i vari soggetti

  • tirocinanti laureati: il tirocinio è titolo idoneo all’accesso al concorso in magistratura e titolo di preferenza per i concorsi pubblici, borsa di 400 euro
  • praticanti avvocati: equiparazione del tirocinio ad un anno di pratica legale e notarile e conoscenza dei sistemi di digitalizzazione della giustizia, crescita professionale condivisa
  • avvocati e cittadini: maggiore efficienza dei servizi e per la conoscenza degli orientamenti giurisprudenziali anche in sede locale
  • personale amministrativo: miglioramento qualitativo dei processi lavorativi, in specie quelli di relazione con il magistrato
  • magistratura onoraria: crescita professionalizzante e specializzazione in vista dell’inserimento nelle funzioni giurisdizionali e diretta partecipazione nelle sezioni all’attività di discussione degli indirizzi giurisprudenziali e di diffusione di prassi innovative
  • gli stagisti di cancelleria: acquisizione di un titolo preferenziale per i concorsi pubblici, borsa sino a 400 euro

I risultati attesiLe prime sperimentazioni hanno consentito di verificare che una tendenziale riduzione delle pendenze del 15% circa, dato di assoluto rilievo se sommato all’elevata produttività dei magistrati italiani.Gli obiettivi principiali sono:

  • riduzione dell’arretrato e dei tempi dei processi
  • efficienza nella gestione delle udienze e del lavoro giudiziario
  • miglioramento dei servizi di cancelleria
  • maggiore circolazione dei saperi e delle esperienze professionali
  • banca dati di merito

L’ufficio per il processo è anche un intervento che consente ai giovani di avere un ulteriore opportunità di un itinerario formativo, affinché i giovani laureati possano acquisire strumenti di concretezza operativa a completamento della formazione universitaria. Formazione che consentirà maggiore consapevolezza e dinamismo culturale sull’innovazione tecnologica e organizzativa nelle future funzioni di magistrati, avvocati o altri operatori del diritto.
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VISTO l’articolo 37, commi 5 e 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111VISTO l’articolo 16-octies, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;VISTO l’articolo 73 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;VISTO l’articolo 50, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;RITENUTA l’opportunità di indicare le linee fondamentali per l’uniforme organizzazione dell’ufficio per il processo;

DECRETA

Art. 1(Oggetto)1. Il presente decreto stabilisce le misure organizzative necessarie per il funzionamento dell’ufficio per il processo, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti.2. L’inserimento dei giudici ausiliari e dei giudici onorari di tribunale nell’ufficio per il processo non può comportare lo svolgimento di attività diverse da quelle previste dalle disposizioni vigenti.3. L’inserimento del personale di cancelleria nell’ufficio per il processo non può comportare modifiche dei compiti e delle mansioni previsti dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti.Art. 2(Costituzione dell’ufficio per il processo)1. Il presidente della corte di appello o del tribunale articola le strutture organizzative denominate ufficio per il processo, tenuto conto del numero effettivo di giudici ausiliari o di giudici onorari di tribunale, nonché del personale di cancelleria, di coloro che svolgono lo stage di cui all’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, o la formazione professionale dei laureati a norma dell’ articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 Il dirigente amministrativo adotta le misure di gestione del personale di cancelleria coerenti con le determinazioni del capo dell’ufficio.2. Al fine di svolgere il periodo di perfezionamento di cui al comma 1-bis dell’articolo 50 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, possono altresì far parte dell’ufficio per il processo i soggetti in possesso dei criteri stabiliti dal decreto previsto dal predetto comma. Tali soggetti svolgono, di regola, nell’ufficio per il processo attività di supporto al personale di cancelleria.3. Il presidente della corte di appello o del tribunale assegna le strutture organizzative di cui al comma 1 a supporto di uno o più giudici professionali, tenuto conto in via prioritaria del numero delle sopravvenienze e delle pendenze, nonché, per il settore civile, della natura dei procedimenti e del programma di gestione di cui all’articolo 37, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011.4. Il coordinamento e il controllo delle strutture organizzative di cui al comma 1 sono esercitati dai presidenti di sezione, o dai giudici delegati allo svolgimento dei predetti compiti.5. Il presidente della corte di appello o del tribunale può accentrare in capo ad una o più delle strutture organizzative di cui al comma 1 anche lo svolgimento di attività di cancelleria che sarebbero di competenza di più sezioni, ivi incluse le rilevazioni statistiche e la risoluzione delle problematiche derivanti dall’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e dalla adozione di nuovi modelli organizzativi.Art. 3(Dotazione degli applicativi informatici)1. La direzione generale dei sistemi informativi automatizzati sviluppa gli applicativi informatici per il funzionamento, il coordinamento e il controllo delle strutture organizzative denominate ufficio per il processo.Art. 4(Ammissione allo stage e attestazione del relativo esito)1. Il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria predispone un modello standard della domanda di ammissione allo stage di cui all’articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che deve almeno contenere:a) le generalità e i dati anagrafici del richiedente;b) il codice fiscalec) i dati previsti dall’articolo 6 riferiti al richiedente;d) il valore dell’indicatore ISEE del richiedente, calcolato per le prestazioni erogate agli studenti nell’ambito del diritto allo studio universitario.2. I dati contenuti nella domanda sono dichiarati a norma del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modificazioni.3. Il modello standard di cui al comma 1 è pubblicato sul sito internet del Ministero della giustizia entro novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto a norma dell’articolo 11. Decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del modello standard, la domanda di ammissione alla stage è effettuata esclusivamente avvalendosi dello stesso.4. Entro dodici mesi dalla pubblicazione del presente decreto a norma dell’articolo 11, il responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia adotta le specifiche tecniche per la trasmissione con modalità telematiche delle domande di ammissione allo stage. Decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione delle specifiche tecniche sul sito internet di cui al comma 3, le domande di ammissione allo stage sono trasmesse esclusivamente con tali modalità.5. Quando la domanda di ammissione allo stage è accolta, il presidente della corte di appello o del tribunale fissa la data in cui il periodo di formazione teorico-pratica deve avere inizio.6. Il magistrato formatore redige la relazione di cui all’articolo 73, comma 11, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, entro quindici giorni dal termine dello stage; il presidente della corte di appello o del tribunale appone il proprio visto sull’attestazione medesima. L’attestazione prevista dall’articolo 73, comma 11, del decreto-legge di cui al periodo precedente è rilasciata anche a coloro che hanno completato con esito positivo lo stage, pur avendolo iniziato prima dell’entrata in vigore dell’art. 16-octies, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.7. Il provvedimento e la relazione di cui ai commi 1 e 2 sono redatti in conformità alle linee guida stabilite dalla direzione Generale dei Magistrati del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Ministero della Giustizia. 8. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti di cui all’articolo 37, commi 5, del decreto-legge n. 98 del 2011.Art. 5(Attestazione del completamento del periodo di perfezionamento e del relativo esito)1. Il capo dell’ufficio o un giudice da lui delegato attesta il completamento, con esito positivo, del periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo da parte dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, anche ai fini di cui all’articolo 21-ter, comma 1-quater, del decreto legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132,Art. 6(Censimento e monitoraggio)1. Il dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi provvede, avvalendosi, nell’ambito delle rispettive competenze, della direzione generale dei sistemi informativi ed automatizzati e della direzione generale di statistica, alla predisposizione di un sistema informatico volto alla rilevazione dei dati inerenti le strutture organizzative denominate ufficio per il processo, al fine di constatare, in particolare, le corti di appello e i tribunali presso i quali le stesse sono presenti, il numero delle strutture articolate presso ciascun tribunale e corte di appello, le categorie dei soggetti che fanno parte delle medesime strutture organizzative, l’assegnazione di esse a supporto di uno o più magistrati, nonché l’eventuale articolazione di strutture organizzative accentrate a norma dell’articolo 2, comma 4. I dati sono elaborati dalla direzione generale di statistica al fine della rilevazione dell’incidenza della presenza dell’ufficio per il processo e del modello organizzativo concretamente adottato sulla produttività dell’ufficio e sulla durata dei procedimenti. Il sistema informatico di cui al presente comma è reso pienamente operativo entro il 31 dicembre 2017.2. Il dipartimento di cui al comma 1, con le modalità previste dal predetto comma, provvede altresì alla rilevazione dei dati relativi ai soggetti ammessi al periodo di formazione teorico-pratica di cui all’articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013, al fine di constatare, in particolare, il numero dei predetti soggetti, la suddivisione degli stessi per fasce di età, per voto di laurea riportato, per media dei voti riportati negli esami di cui al comma 1 del predetto articolo, le università presso le quali hanno conseguito la laurea, nonché le materie per le quali hanno espresso preferenza ai fini dell’assegnazione, il numero di magistrati che hanno espresso la disponibilità a norma del comma 4 del predetto articolo, il numero degli ammessi allo stage a cui è stata fornita la dotazione strumentale prevista dal predetto comma, il numero di coloro che ricevono la borsa di studio prevista dal comma 8-bis del predetto articolo precisandone l’ammontare annuo, il numero dei corsi organizzati a norma del comma 5 del predetto articolo, il numero di coloro che non hanno terminato lo stage con esito positivo, il numero di coloro che si sono avvalsi del titolo di cui al comma 11-bis del predetto articolo ai fini della presentazione della domanda di partecipazione al concorso per magistrato ordinario e il numero di coloro che sono stati dichiarati idonei, il numero di uffici che hanno concluso le convenzioni ai sensi del comma 17 del predetto articolo, nonché l’incidenza dell’ausilio degli ammessi allo stage sulla produttività dell’ufficio e dei magistrati formatori. 3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti di cui all’articolo 37, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011.Art. 7(Banca dati della giurisprudenza di merito)1. La direzione generale dei sistemi informativi ed automatizzati svolge tutte le attività necessarie per assicurare, a decorrere dal 31 dicembre 2016, l’avvio della banca dati della giurisprudenza di merito e la fruibilità dei dati in essa contenuti su base nazionale. La direzione generale di cui al comma 1 svolge tutte le attività necessarie per consentire l’inserimento dei metadati di classificazione nella banca dati di cui al comma 1 ed agevolare il reperimento dei provvedimenti giurisdizionali ivi contenuti, anche potenziando l’efficacia dei sistemi informatici di ricerca. Per i primi dodici mesi successivi alla data di cui al periodo precedente la banca dati opera in forma sperimentale.2. Il presidente della corte di appello o del tribunale, ovvero i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3, stabiliscono, con cadenza annuale a decorrere dalla pubblicazione del presente decreto a norma dell’articolo 11, i criteri per la selezione dei provvedimenti da inserire nella banca di cui al comma 1, avvalendosi per l’espletamento di tali compiti dell’attività di coloro che svolgono il tirocinio formativo a norma dell’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, o la formazione professionale dei laureati a norma dell’ articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché di coloro che fanno parte dell’ufficio per il processo a norma dell’articolo 50, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.Art. 8(Organizzazione dei servizi di cancelleria)1. La struttura organizzativa denominata ufficio per il processo valorizza i vantaggi conseguenti alla diffusione della digitalizzazione nei settori civile e penale, nonché quelli derivanti dagli effetti della disposizione di cui all’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196, potenziando i servizi di cancelleria che non richiedono il contatto col pubblico, al fine di garantire un complessivo miglioramento dei servizi.Art. 9(Copertura assicurativa ed obblighi previdenziali degli ammessi allo stage)1. Per l’ammissione e lo svolgimento dello stage formativo teorico-pratico di cui all’articolo 73 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto2013, n. 98, non occorre alcuna copertura assicurativa e dallo stesso non sorgono obblighi previdenziali.2. Rimane fermo che le risorse finanziarie eventualmente apportate da terzi a norma dell’articolo 73, comma 17, del citato decreto-legge possono essere impiegate anche per attivare forme di copertura assicurativa.Art. 10(Copertura finanziaria)1. All’attuazione delle disposizioni del presente decreto si provvede mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio del Ministero della Giustizia.Art. 11(Pubblicità)1. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e della pubblicazione è data notizia sul sito internet del ministero della giustizia.Roma,

IL MINISTRO

On.le Andrea Orlando

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Delibera CSM del 7 settembre 2016

«Il Consiglio Superiore della Magistratura delibera di approvare le seguenti linee programmatiche relative alla formazione permanente dei magistrati per il 2017 da trasmettere alla Scuola Superiore della Magistratura:

Sommario 

Premessa

I. Principi di carattere generale. 1. Centralità della formazione e pluralismo culturale. – 2. Interesse collettivo alla formazione magistratuale. – 3. Unitarietà e circolarità della formazione. – 4. Sistemi di analisi futuri ed attuali obiettivi primari.

II. linea metodologica di base:programmazione nel confronto progressivo

III. pari opportunita’ nella formazione

IV. I magistrati in tirocinio. 1. Unitarietà ed organicità del modello formativo. –  2. Il metodo della collaborazione e del confronto. Figure e ruoli – 3. La realtà del tirocinio nelle recenti esperienze applicative. – 4. Scansione del tirocinio: nuovo dosaggio di pratica e teoria. – 5. Format pedagogico tra tradizione e modernità. – 6. Costruire la sfera deontologica del magistrato. – 7. Autoresponsabilità e corresponsabilità di sistema. – 8. Dalle conoscenze nozionistiche allo sviluppo di capacità intellettuali multiformi.  – 9. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri, ambiente, previdenza ed altri. – 10. Il sistema di valutazione.

V. La formazione permanente. -1. Principi di base. – 2. La selezione delle esigenze di formazione dei magistrati. – 3. L’accesso ai corsi ed i criteri di selezione dei partecipanti. – 4. La selezione del corpo docente. – 5.Metodologie didattiche e nuove tecnologie. – 6. .Circolazione delle risposte giurisprudenziali e condivisione dei saperi. – 7. La cultura comune della giurisdizione penale. 8. La formazione per le funzioni specialistiche. – 9. I temi della formazione permanente: a. I profili deontologici; b. I temi di ordinamento giudiziario e la cultura dell’organizzazione; c. L’uso delle nuove tecnologie; d. I temi processuali; e. Formazione interdisciplinare; f. La formazione in sede di conversione di funzioni; g. La Formazione europea e linguistica; h. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri, ambiente, previdenza ed altri.

VI.La formazione dei dirigenti. – 1. I corsi per gli aspiranti dirigenti  e la formazione dei dirigenti già nominati. – 2. Scopi di una formazione dedicata . – 3 Metodi didattici. – 4. La recente esperienza applicativa

VII.la formazione decentrata. – 1. Funzioni ed esigenze ordinamentali: omogeneità e raccordo. – 2. Complementarità ed autonomia. – 3. La formazione dei formatori

VIII.gli altri percorsi di formazione. – 1. La formazione della magistratura onoraria. – 2. La formazione degli operatori della giustizia diversi dai magistrati (stagisti) nonché la collaborazione formativa con le organizzazioni forensi e le scuole di specializzazione

IX.Conclusioni

Premessa

Il Consiglio Superiore della Magistratura esprime, con la presente delibera, le Linee Programmatiche sulla formazione, di cui la Scuola superiore della magistratura dovrà tener conto nell’esercizio delle sue funzioni.

L’elaborazione che segue è intesa a proiettare verso il futuro prossimo un disegno progettuale che, muovendo da un preciso sistema assiologico, irradia specifiche direttrici, concrete e mirate, per un’adeguata e tangibile propulsione della rete di crescita della magistratura.

Rivolta verso il futuro, ma attenta alle esperienze del passato, l’analisi che segue tiene conto in modo significativo degli esiti dell’attività formativa già svolta, come oggetto di diretta percezione consiliare e come descritti nell’ultima  Relazione del Comitato Direttivo della Scuola per gli anni 2012-2015.

Inoltre, in linea con la Linea Metodologica fondamentale, che sarà illustrata nel successivo Capo II, la recentissima interlocuzione diretta con la Scuola ha consentito di irrobustire il percorso di analisi con dati conoscitivi ancor più aggiornati, relativi al primo semestre dell’anno in corso. Lo studio si è così arricchito, su sollecitazione della Commissione referente, degli utili suggerimenti e dei numerosi spunti forniti dal Comitato Direttivo, peraltro nella sua rinnovata composizione.

Se destinataria prima della presente delibera è certamente la Scuola della Magistratura, non si tratta di un atto riservato al rapporto tra due Istituzioni, ma di un provvedimento indirizzato anche a tutti magistrati e, mediatamente, d’interesse per l’intera collettività, nella misura in cui costituisce esercizio primario di prerogative consiliari, a presidio dell’indipendenza ed autonomia della magistratura e, dunque, a beneficio dei diritti della cittadinanza tutta.

I.

Principi di carattere generale

1. Centralità della formazione e pluralismo culturale.

Nel  disegno  costituzionale, la formazione giudiziaria non  ha  diretta emersione in alcuna norma specifica, semplicemente perché è uno dei profili, forse il più qualificante, del principio portante di indipendenza ed autonomia della magistratura.

Soltanto  un elevato  livello  di  professionalità  diffusa  dei  magistrati  conferisce, infatti, legittimazione all’intervento giudiziario e gli consente di essere davvero indipendente ed  autonomo. In tale contesto l’autonomia deve essere intesa non come possibilità di effettuare scelte  arbitrarie,  soggettivistiche,  casuali  o  frutto  d’ignoranza,  ma come possibilità per il magistrato di effettuare scelte autonome – in misura consapevole  e  culturalmente  fondata  –  tra  le  interpretazioni  possibili della norma e del fenomeno reale.

Ciò vale ancor di più nel tempo presente, in cui le aspettative di una società sfiduciata  reclamano  una  migliore  risposta giudiziaria,  dato che  il  rafforzamento  della  legittimazione  della  magistratura  esige certamente l’irrobustimento delle competenze professionali e dei valori deontologici. 

Il valore e la delicatezza della didattica  si coglie soprattutto considerando la  posizione  dei giovani  magistrati  in tirocinio,  tenuto conto  che,  rispetto  alle  nuove  generazioni,  al  bisogno  primario  di  apprendimento,  teorico  e  pratico,  e  alle  esigenze  di  arricchimento deontologico,  si  accompagna  la  necessità    di  verificare  l’idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie. 

Il  processo  di  formazione  iniziale  dei  magistrati esordienti  è,  d’altra parte,   orientato   alla   creazione   di   un’identità   nuova,  non necessariamente già matura, attraverso l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza ed imparzialità, nonché   dell’attitudine   all’aggiornamento   permanente  alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, i mezzi di comunicazione, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo. 

Ora,  se  la  formazione  è  un  aspetto  dell’indipendenza  della magistratura, il C.S.M. ne è il suo naturale custode.

Il  Consiglio  Superiore,  invero,  esiste  nella  nostra Costituzione  in quanto  baluardo  dei  valori  supremi  della  giurisdizione,  contro  ogni possibile turbamento, interno ed esterno; un presidio indeclinabile ed indisponibile,  trattandosi  della  responsabilità  di proteggere  non proprie  prerogative,  bensì  beni  appartenenti  alla  generalità  dei cittadini, garanzia ultima della democrazia e dello Stato di diritto.

Proprio  in  forza  di  questa  precisa  ed  esclusiva  posizione ordinamentale,  per  circa    venticinque    anni,    l’Organo  di  governo autonomo ha – con piena dedizione ed eccellenti risultati – avviato e sostenuto l’impegno della formazione della magistratura, creando dal nulla  e  affinando  nel  tempo  un  modello  di  successo, imitato  da numerosi ordinamenti stranieri.

Come noto, l’art.5 del Decreto Legislativo n.26 del 2006 ha introdotto un   nuovo   riparto   di   competenze   nella materia  della  formazione  giudiziaria, stabilendo che il CSM ed il Ministro della Giustizia devono disporre le “linee programmatiche” di cui la Scuola Superiore deve tener conto nella adozione e nella modifica del programma annuale dell’attività didattica; in maniera correlata la medesima norma stabilisce che al Consiglio ed al Ministro venga trasmessa la relazione finale sull’attività svolta.

Nella delibera del giugno del 2015 veniva sottolineata la necessità di assicurare un maggior raccordo tra le due istituzioni. Ciò è avvenuto nell’ultimo anno alla luce di un rinnovato impegno tra il CSM e la SSM che ha permesso di raggiungere una posizione condivisa sui  temi di seguito indicati (come si avrà modo di indicare dettagliatamente nelle conclusioni) :

  • permanente collaborazione che si è realizzata mediante l’istituzione di un tavolo tecnico permanente;
  • potenziamento dell’offerta integrativa sui temi ordinamentali e di interesse di carattere nazionale, da tenersi a Roma come recentemente avvenuto con i corsi in materia di terrorismo, giustizia ed informazione, consigli giudiziari;
  • verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione;
  • necessità di realizzare in materia omogenea la formazione decentrata sul territorio e di superare i deficit formativi nei corsi dei dirigenti, nonché di trasmettere le schede relative ai corsi ( si veda al riguardo quanto affrontato nel capitolo 6).

Il tema della centralità della formazione nella vita professionale del magistrato contiene quello del pluralismo culturale nell’ambito formativo. Tale principio  non  deve certo intendersi come confronto dialogico esasperato e assoluto, teso a considerare qualunque posizione culturale ed ermeneutica si possa prospettare,  bensì come ricerca delle soluzioni interpretative ragionevolmente ipotizzabili secondo la guida del tenore testuale di una norma o di un insieme di principi coinvolti nella problematica di volta in volta trattata.

La ricerca della giustizia,  nell’ambito astratto della formazione, implica infatti un percorso di ricerca scientifica della corretta soluzione  esegetica, con considerazione delle diverse opzioni culturali. Si tratta di un confronto dialogico che certamente ha quale presupposto l’idea  ormai acquisita per cui nessun interprete o gruppo culturale possa sentirsi “il detentore” della verità o della corretta interpretazione.

Il significato del confronto tra soggetti portatori di sensibilità differenti risiede nella possibilità di riconoscere, grazie al dialogo, come la posizione dell’altro possa essere rivelatrice della verità, o di una sua parte, o consenta un miglior avvicinamento a questa, sul presupposto secondo cui l’oggetto dell’indagine, anche nel caso delle scelte di valore e delle opzioni ermeneutiche normativo/culturali, sia  fattore esterno al singolo interprete e meglio conseguibile grazie agli apporti dei sostenitori delle diverse concezioni.

D’altronde, qualora si smarrisse una simile impostazione e si ritenesse che ciascuno possa essere già portatore della miglior soluzione esegetica o che l’oggetto dell’analisi non sia esterno al singolo interprete, o ancor peggio non raggiungibile, perderebbe  senso il  confronto e il dialogo.

Un’attenzione, quindi, deve essere posta anche nella scelta dei diversi relatori, in modo che siano, a prescindere anche da qualsivoglia appartenenza, effettivamente rappresentativi delle diverse posizioni di rilievo e interesse culturale.

Inoltre, il fatto che l’analisi debba essere condotta tenendo conto dei riferimenti esterni al singolo magistrato di carattere normativo e culturale pone anche il fondamentale principio per cui la tensione al giusto, o l’affermazione di valore, non sempre sia da sottoporre a un principio di maggioranza, con legittimazione piena al dibattito, quindi,  anche di chi sia portatore di valori o di rappresentazioni ermeneutiche di minoranza.

2. Interesse collettivo alla formazione magistratuale.

Il momento formativo, quale fondamento legittimante della funzione magistratuale, costituisce oggetto di un interesse collettivo, condiviso e generalizzato, di primario rilievo.

Nella delibera del luglio del 1996 si trova ben espresso il fermo e radicato convincimento consiliare, secondo cui “soltanto un elevato livello di cultura della funzione mette il magistrato al riparo dalla tentazione di imboccare la strada delle scorciatoie e della disinvoltura pur di raggiungere un risultato giusto. Ed è spesso il magistrato non colto quello più portato ad improntare i suoi comportamenti all’indifferenza verso i valori della persona, verso il valore delle garanzie, verso il ruolo della difesa. In definitiva, la professionalità costituisce un fattore indeclinabile di legittimazione della funzione giudiziaria”.

Trova, in questo senso specifico risalto il richiamo all’art. 14 co. 1 della carta di Nizza, il quale prevede che “Ogni individuo ha diritto all’istruzione e all’accesso  alla formazione professionale e continua”; tale inciso vuole significare  che il diritto alla formazione professionale e continua, in quanto diritto del singolo, è patrimonio culturale comune, appannaggio non della sola categoria professionale, ma della intera collettività, che trae beneficio dal lavoro di professionisti  che sappiano gestire con responsabilità le incombenze loro demandate.

La formazione per i magistrati è strettamente legata ai compiti ed ai doveri che essi hanno nei confronti della cittadinanza, dunque, essa deve arricchirsi anche di una prospettiva d’indagine e riflessione esterna a se stessa e non autoreferenziale.

3.Unitarietà e circolarità della formazione.

Le presenti linee generali trattano organicamente anche la formazione dei magistrati in tirocinio, dei dirigenti e delle sedi decentrate, quali parti integranti del circuito didattico affidato alla programmazione consiliare.

E’ intendimento del Consiglio vedere rinsaldati i nessi di unitarietà e compattezza della professionalità del magistrato, in una visione in cui l’unità della giurisdizione invoca la ricerca di uno stile professionale comune e di un approccio al servizio fondato sulla condivisione dei valori costituzionali.

Lungi dal profilarsi quale mera petizione di principio, il presente canone ispira, come si vedrà, molteplici misure, di valenza anche diversa, che vanno dalla creazione di sistemi informatici di dialogo permanente tra giudice di primo grado e giudice di appello all’effetto moltiplicatore ed amplificatore delle conoscenze che può crearsi nel passaggio tra circuiti di formazione centrale  e territoriale, dalla condivisione “corale” delle prassi virtuose (v.infra)al raccordo fra la giurisdizione di legittimità e quella di merito, dall’impulso all’omogeneità della formazione decentrata ai nessi di continuità tra tirocinio mirato e prima assunzione delle funzioni.

Entro queste medesime coordinate, occorre aspirare alla circolarità dell’esperienza formativa posto che, in un prototipo ideale di cultura ed efficienza, chi riceve formazione, dovrebbe, a propria volta, reinvestirla, diffonderla, approfondirla, farsene propulsore. Anche quest’ultimo passaggio, lontano da formule retoriche vuote, si aggancia a dati empirici oggettivi; basti pensare all’assenza di aspiranti al ruolo di formatore decentrato, in alcune corti d’appello, nelle ultime tornate concorsuali.

4. Sistemi di analisi futuri ed attuali obiettivi primari.

E’ questa l’occasione istituzionale in cui il Consiglio, per poter assicurare un’adeguata governancegiudiziaria, esprime l’esigenza di una profonda revisione dell’universo formativo, muovendo dalla preliminare necessità di disporre di un sistema di valutazione, attendibile e ragionevole, dell’attività che si svolge e si va svolgendo in questo campo.

E’ chiaro, infatti, che qualsiasi strategia di formazione responsabile deve prendere le mosse dalla comprensione profonda dell’andamento del reale. Essa, non può fondarsi né sugli svariati indici di gradimento dei corsi, né su stime approssimative e presuntive, ma si deve fondare, primariamente su un sistema plausibile di analisi, di misurazione  e di verifica di qualità.

E’, dunque, intendimento dell’Organo di governo autonomo soffermarsi quanto prima sui basamenti strutturali di questo fenomeno, per ogni opportuna riflessione sia in ordine ai necessari meccanismi di rilevamento dei fabbisogni provenienti dalla platea dei destinatari, sia per l’affinamento di strumenti di apprezzamento, misurazione e test delle performances formative complessive rispetto ai risultati prefissati.

Tanto premesso, nel momento attuale, pur con le specificità legate ai diversi momenti in cui interviene l’azione formativa, le direttrici di fondo tendono ai seguenti macro-obiettivi di sistema:

  1. creazione e/o rinsaldamento della credibilità professionale del magistrato. Credibilità ed affidabilità professionale come forza legittimante;
  2. rafforzamento delle capacità individuali di solving problem, di organizzazione, di analisi e ragionamento. Educazione alla sintonia di sistema
  3. sviluppo di competenze tecniche non burocratizzate, ma vigili, perspicaci ed equilibrate. Attenzione alla direzione dei processi, piuttosto che al solo momento decisionale.

Molto importante, nella formazione di un magistrato la cui figura corrisponda al modello costituzionale (artt. 101 e segg.), l’attenzione dedicata al “dialogo” con la Corte costituzionale, con particolare riferimento alla conoscenza delle caratteristiche e della logica stessa del giudizio in via incidentale. L’esperienza degli ultimi anni registra un crescente aumento delle decisioni di inammissibilità rese dal giudice costituzionale in sede di giudizio incidentale, i cui motivi sono soprattutto individuati nella mancata o carente motivazione in tema di rilevanza della questione proposta e nel carattere generico o ambiguo della medesima. Trattandosi di motivi che rimandano a un deficit di conoscenza del processo costituzionale da parte di troppi magistrati, occorre una risposta forte nel senso di potenziare la loro formazione professionale (nelle sue diverse forme, iniziale e permanente), tanto più necessaria quanto più consolidato diviene l’orientamento, da parte del giudice costituzionale, di richiedere al giudice comune di individuare egli stesso, prima di sollevare la questione di legittimità, un’interpretazione costituzionalmente orientata, conforme o adeguatrice, della disposizione sulla cui legittimità costituzionale si dubita.

Tanto premesso, in seguito si procederà alla enunciazione delle specifiche linee guida per i singoli settori di attività, sulla falsariga della impostazione di fondo sin qui tratteggiata.

II.

Linea metodologica di base: programmaZIONE nel confronto progressivo

Ferma l’assunzione di responsabilità in ordine alle precise prerogative ordinamentali di cui è titolare, il Consiglio consolida vieppiù la propria convinzione che le potenzialità insite nel fenomeno formativo, per esprimersi a pieno ed arricchirsi, rendono prezioso un percorso di continuo dialogo e confronto con tutti i diversi soggetti che prendono parte a questa essenziale attività, primo fra tutti, la Scuola stessa.

In questa prospettiva, si reputa opportuno formulare una precisa traiettoria metodologica, che vuole che il percorso formativo annuale si modelli, entro certi limiti, in itinere sulla base del dato esperienziale immediatamente rilevato, sulla base delle nuove prospettive che possano via via aprirsi e sulla base di un confronto permanente e vivo.

Una certa dose di dinamismo nell’attività di programmazione didattica risulta, del resto, impressa dallo stesso legislatore, allorché ha previsto che il Comitato direttivo non solo adotta, ma anche “modifica” il piano formativo, tenuto conto delle linee programmatiche (art. 5, co. 2, d.lgs. n. 26).

Ad evitare, in ogni caso, che la fase della programmazione da parte del CSM e quella attuativa rimessa alla Scuola costituiscano momenti disgiunti e sconnessi, avulsi dallo sviluppo reale  dell’attività, si avverte l’esigenza di una programmazione, da parte dello stesso Consiglio, che, almeno entro certi limiti, si moduli e si sviluppi in progress, in stretta correlazione con i risultati applicativi e la consapevolezza empirica via via acquisita.

Pertanto, in primis, si sottolinea l’utilità che, con singola cadenza annuale, pervenga al Consiglio la Relazione annuale sull’attività svolta, prevista dall’art. 5 del d.lgs. vo n. 26 cit., secondo la scansione individuata dall’art. 7, 1 co., lett. g) dello Statuto della Scuola (cioè entro il 31 dicembre di ogni anno).

Inoltre, ferma restando la formulazione d’insieme delle linee formative nella presente sede si segnala la necessità di proseguire e stabilizzare gli incontri del c.d. Tavolo tecnico di coordinamento permanente tra ilConsiglio Superiore della Magistratura e la Scuola Superiore della Magistratura, quale luogo (non solo ideale, ma) reale di raccordo tra Istituzioni. Auspicabile sarebbe un incontro a cadenza mensile, con almeno due nuclei tematici da approfondire ogni volta e con enucleazione finale di precise indicazioni.

In tale contesto, potrà anche procedersi ad esplorare il settore della programmazione collaborativa su singoli corsi e sulla  elaborazione di studi congiunti (cfr. art. 2 co. 1 lett. 1 del d.lgs 26/2006).

Resta infine essenziale la collaborazione con tutti gli altri soggetti che prendono parte alla sfida formativa, in costante feedback col Consiglio e ciò con la trasmissione di dati conoscitivi concreti e ragionati, e non solo con la trasmissione di dati statistici di gradimento unitari, carenti di reale efficacia euristica.

In particolare, la natura pluralistica delle componenti culturali della giustizia sollecita il coinvolgimento della Avvocatura nei percorsi formativi, con le formule ed i moduli più adatti, tenuto anche conto del recente Protocollo d’Intesa sottoscritto dal CSM col Consiglio Nazionale Forense, per il miglior coordinamento interistituzionale sui temi in questione.

III.

Pari opportunità nella formazione

L’art. 25 del d.lgs. n. 26 cit. prevede un ben preciso “obbligo di frequenza”, stabilendo che “Tutti i magistrati in servizio hanno l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad uno dei corsi di cui all’articolo 24 … Nei primi quattro anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati devono partecipare almeno una volta l’anno a sessioni di formazione professionale”.

Inoltre, nel percorso professionale del magistrato, la partecipazione ai corsi come discente, eda fortiori, come docente, assume un obiettivo rilievo positivo.

Alla luce di ciò, tra i principi generali di riferimento, il Consiglio intende richiamare l’attenzione sulla necessità che in sede di erogazione del servizio formativo venga, per quanto possibile, garantito il principio della pari opportunità tra tutti i magistrati.

S’intende, invero, scongiurare qualsiasi rischio di discriminazione indiretta, che può, anche larvatamente verificarsi, quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio talune persone rispetto ad altre.

Il quadro giuridico antidiscriminatorio dell’UE  si compone di alcune direttive che vietano le discriminazioni in materia proprio di formazione, aspetto questo ancor più rilevante nella magistratura, posto che la formazione costituisce un preciso dovere di ciascun magistrato, oltre che una importantechancedi crescita e progressione professionale.

Si aggiunga che un corpo nazionale che vede la componente togata ormai più della metà al femminile, con presenza di un’ampia compagine impegnata in doveri genitoriali, sollecita necessariamente un ripensamento delle metodiche organizzative tradizionali a supporto del principio di pari opportunità. Ma il discorso ricomprende tutti coloro che si trovino, anche temporaneamente, in situazioni di difficoltà personale o familiare.

Nella Relazione sull’attività svolta, il Comitato direttivo ha dato atto che tra i magistrati in tirocinio, per il 65% donne, molte sono state le mamme in aspettativa per  gravidanza o puerperio. La Scuola ha cercato di venire incontro il più possibile alle esigenze delle mamme, attivando una sala per l’allattamento e una sala “nido” per i neonati e gli accompagnatori.  Per tutte le m.o.t., assenti per lunghi periodi in ragione dell’aspettativa obbligatoria o facoltativa, sono stati adottati provvedimenti individualizzati di recupero delle sessioni omesse (ai sensi dell’art. 13.9 del Regolamento per la formazione iniziale dei magistrati). Ma, nella stessa Relazione si da’ atto della frequente impossibilità di garantire, in sede di recupero, il ripristino del percorso formativo completo.

Naturalmente il problema ha un ambito di estensione ben oltre la sfera propria dei tirocinanti.

In tal senso, occorre riflettere, nella sede di consultazione permanente propria del Tavolo Tecnico, per esempio, sulla possibilità di creare sistemi di equiparazione tra frequenza dei corsi decentrati e dei corsi centrali, per sostenere i doveri ed interessi scientifici dei magistrati che si trovino in condizioni di difficoltà o disagio rispetto all’allontanamento dalla propria zona di residenza. La Scuola stessa ha del resto auspicato che, nell’ambito delle intese in sede di Tavolo tecnico si preveda l’accreditamento equivalente fra almeno quattro corsi decentrati nell’arco di un anno solare ed un corso centrale (Risoluzione n. 721/2013).

Similmente, forme di apprendimento telematico potrebbero soddisfare esigenze straordinarie di formazione o aggiornamento domiciliare.

Si raccomanda, infine, di valutare la posizione dei soggetti in oggettiva difficoltà (adeguatamente certificate) quali legittimati all’ammissione straordinaria ai corsi di formazione ovvero quali soggetti meritevoli di peculiare trattamento logistico.

Ovviamente, anche nella prospettiva di scelta dei docenti o di chi partecipa comunque al circuito formativo, come poi si dirà, il principio delle pari opportunità è un tema trasversale che dovrebbe sempre orientare, nei limiti ovviamente della primazia professionale e didattica, le selezioni degli aspiranti.

Sul punto, merita invero attenzione il quadro ricostruttivo, frutto di un’attenta opera di rilevamento curata dal Consiglio, dimostrativo di una consistente sottorappresentazione della quota femminile negli incarichi scientifici, conseguenza soprattutto di fenomeni di autoemarginazione (Partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale: Delibera del 24 luglio 2014).

In tale prospettiva, come il CSM ha già affermato (delibera 15 luglio 2009), la promozione di iniziative volte a consentire la conciliazione dei tempi di vita e le chance di lavoro costituisce “uno dei principali fattori di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali e, al contempo, consente di fornire strumenti utili per rendere compatibile la sfera lavorativa con

quella familiare. L’attività consiliare, nei diversi settori nei quali si articola è da tempo attenta al tema della pari opportunità in magistratura per il pieno riconoscimento dell’impegno professionale di tutti i magistrati, uomini o donne, con la consapevolezza che un’adeguata ponderazione delle differenze di genere può offrire un contributo di efficienza e ricchezza per tutti”.

IV.

i magistrati in tirocinio.

  1. Unitarietà e organicità del modello formativo.

A seguito delle modifiche introdotte col d.lgs.vo n. 26 del 2006, la formazione dei magistrati di prima nomina è stata tendenzialmente considerata, sul piano ordinamentale, quale settore a se stante, autonomo e separato rispetto agli altri ambiti di formazione, segnatamente quello permanente e quello destinato agli aspiranti dirigenti.

Siffatto approccio, caratterizzato dalla segmentazione e separazione delle diverse aree dell’attività formativa, è stato conseguenza di una particolare lettura delcorpusnormativo, che ha enfatizzato le distinzioni regolative, pur esistenti, tra i vari ambiti d’interesse, trascurando però la indispensabile visione d’insieme dell’istituto.

La frantumazione del sistema complessivo, in autonomi compartimenti, separati tra loro e privi di momenti di raccordo funzionale, ha trovato emersione negli stessi modi espressivi della volontà consiliare, esercitata in sedi deliberative diverse, e dunque in modo sempre ripartito.

Il Consiglio, come accennato sopra, intende oggi rifondare una prospettiva unitaria ed organica, posto che il percorso di crescita e di arricchimento professionale del magistrato è un itinerario unico, continuativo ed armonico, pur modulato, così come la legge prevede, sulle specifiche esigenze connesse alle singole fasi di sviluppo ed avanzamento.

Questo modello, integrato e compatto, rispetta a pieno anche le specificità relative ai singoli ambiti di riferimento. Infatti, se al CSM, ai sensi dell’art. 2, lett. o), del d.lgs. n. 26 cit., spetta indicare le “direttive” per il tirocinio dei magistrati, non vi è dubbio che queste ultime si iscrivano nell’ambito della più ampia funzione di indirizzo svolta dal CSM anche con riferimento alla formazione permanente (ai sensi degli artt. 5, co. 2, e 12, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 26/2006), recependone e specificandone, con maggiore pregnanza precettiva, i principi generali.

Analogamente, una volta delineate le linee evolutive della crescita e formazione dei magistrati, resta ferma la concorrente competenza del CSM a determinare, per conseguenza, le modalita’ di svolgimento delle sessioni del tirocinio e le materie dei corsi di approfondimento teorico-pratico, durante la sessione effettuata presso le sedi della Scuola.

   2. Il metodo della collaborazione e del confronto. Figure e ruoli.

Sul piano metodologico, la recente esperienza applicativa ha ulteriormente dimostrato l’essenzialità della relazione di collaborazione e coordinamento tra Consiglio e Scuola.

Le due Istituzioni si sono – nel perimetro delle rispettive competenze – proficuamente interfacciate nei diversi momenti della sequenza formativa, dalla elaborazione del piano scientifico, all’organizzazione delle sessioni di tirocinio presso gli uffici giudiziari, sino al giudizio finale sul tirocinante. L’attività formativa si è sviluppata in modo partecipato e condiviso, quale significativo frutto della collaborazione tra gli interlocutori istituzionali. 

Il Regolamento per il tirocinio, adottato dal CSM con delibera del 13 giugno 2012 prevede una efficace collaborazione tra il CSM, organo del governo autonomo della magistratura, e la Scuola superiore della magistratura, voluta dal legislatore come ente competente per la formazione iniziale dei magistrati in tirocinio e per la formazione permanente dei magistrati ordinari tutti.

A seguito della delibera istitutiva del 25.1.2012, la costituzione del menzionato Tavolo Tecnico, al quale partecipa la Scuola Superiore della Magistratura ed il Ministero della Giustizia, si sta rivelando un preziosissimo momento di confronto e raccordo, tanto da rendere auspicabile che il medesimo diventi sempre più un “luogo stabile” di interlocuzione istituzionale.

Si auspica che, soprattutto nel momento di esordio del percorso professionale, a ciascun magistrato sia offerta una corretta immagine istituzionale di sintonia e leale collaborazione tra i diversi soggetti interessati.

Cruciale rilievo hanno altresì le altre figure istituzionali che prendono parte al fenomeno formativo, dai consigli giudiziari, ai magistrati affidatari, sino ai magistrati collaboratori.

Quanto a questi ultimi, si tratta, come è noto, di una figura oggetto di normazione secondaria da parte del CSM, con la duplice differente veste, rispettivamente delineata agli artt. 10 e 14 del Regolamento sulla formazione iniziale.

Si rende opportuno un succinto chiarimento sul punto data la richiesta al CSM, espressa nella Relazione annuale della Scuola (p. 35), “di dare attuazione all’art. 14 del Regolamento sulla formazione iniziale”.

I magistrati collaboratori di cui all’art. 10 predispongono per ciascun magistrato il programma di tirocinio ordinario e mirato, indicando altresì i magistrati affidatari, e lo sottopongono al Consiglio giudiziario, che esprime il relativo parere; essi, inoltre, verificano l’efficacia e la validità del tirocinio pratico e rilevano le eventuali criticità; infine, coordinano gli stage esterni, d’intesa con i tutori nominati dal Comitato Direttivo, nonché eventuali altre attività loro delegate dal Comitato Direttivo della Scuola.

I magistrati collaboratori di cui all’art. 14, invece, sono designati dopo l’individuazione della sede per ciascun magistrato presso l’ufficio di destinazione, con il compito di introdurre il MOT nelle dinamiche organizzative di tale ufficio e di seguirlo sin nelle prime fasi di approccio alle future funzioni, rendendolo partecipe delle prassi applicative e delle principali questioni giurisprudenziali che si pongono nella sede giudiziaria. In questa prima fase, dunque, di tirocinio mirato, il collaboratore nella sede futura crea un utile trait-d’union col tirocinante e, quindi, con gli organi della formazione iniziale.

Di contro, dopo l’assunzione delle funzioni giudiziarie, terminato il periodo di tirocinio, ciascun magistrato è seguito per un anno dal medesimo collaboratore, nell’ambito però di un rapporto di colleganza e di riferimento professionale, pur nel rispetto della piena autonomia di cui il magistrato è titolare nell’esercizio delle funzioni giudiziarie affidategli.

Per entrambe le figure sono periodicamente individuati i magistrati designati, previo interpello, su proposta del Consiglio giudiziario. Si auspica un sempre maggior coinvolgimento di tutti i magistrati alle funzioni in questioni, nella prospettiva, di cui si è detto, di circolarità della cultura e di socializzazione delle conoscenze.

Ovviamente, sarà oggetto di approfondimento ulteriore, presso il Tavolo tecnico, ogni altra questione collegata al tema.

  1. La realtà del tirocinio nelle recenti esperienze applicative.

Il presente momento progettuale non solo muove dal focalizzare, sul piano prettamente normativo, gli specifici tratti morfologici di cui occorre tener conto nella formazione iniziale[1], ma intende anche fare il punto sul percorso già sperimentato, mettendo in luce positività e difficoltà riscontrate.

A partire dalla data effettiva d’inizio dell’attività della Scuola si sono svolte sessioni di tirocinio per magistrati di 3 concorsi, per un totale di 997 partecipanti. Dunque, un numero sufficientemente corposo per individuare positività e svantaggi dell’attuale sistema di formazione; il relativo rilevamento risulta, peraltro, compiutamente svolto nella Relazione sull’attività formativa svolta dal Comitato direttivo, di cui alla Premessa.

Il Tavolo tecnico consentirà di far emergere con maggiore completezza e nitore i dati conoscitivi reali delle ultime esperienze di tirocinio, con la propulsione verso migliori forme organizzative e, permetterà, in fieri, durante il lungo percorso di addestramento dei tirocinanti di aggiustare eventualmente il tiro a fronte di eventuali sopravvenienze, imprevisti o inadeguatezza che dovessero emergere.

     4.  Scansione del tirocinio: nuovo dosaggio di pratica e teoria.

Il Consiglio ha già avuto occasione di evidenziare che il sistema voluto dal legislatore sembra  presentare  alcuni  limiti, dei quali si è proposta la correzione[2].  L’esperienza degli ultimi concorsi conferma tale ultima conclusione.

In particolare, bisogna qui ribadire che la previsione di  un intervallo di tirocinio di 6 mesi da effettuarsi presso la Scuola, concentrati nella fase del tirocinio generico, su  un totale di 18 mesi di periodo complessivo previsto dalla legge, comprime eccessivamente l’esperienza applicativa.

L’esperienza storica dei 50 anni precedenti la riforma[3] ha dimostrato che l’addestramento pratico presso gli uffici, costituisce il valore aggiunto della formazione iniziale dei neo magistrati ed il miglior viatico per il loro percorso professionale.  Le caratteristiche del concorso in magistratura inducono infatti gli aspiranti a consacrare un tempo significativo alla loro preparazione teorica, che segue gli studi universitari e la specializzazione post-laurea.

Con la novella 2007, tuttavia, la sessione presso gli Uffici giudiziari è stata ridotta da 18 a 12 mesi, mentre quella presso la Scuola è rimasta di 6 mesi.

Il tirocinio presso gli Uffici giudiziari o comunque di contenuto pratico è, di contro, da privilegiarsi poiché consente di apprendere il mestiere del magistrato e mettere in pratica l’ampio bagaglio teorico già conseguito nel corso di lunghi anni di studi. 

Di recente, la Commissione ministeriale per le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha – anch’essa – ritenuto squilibrata la distribuzione temporale tra i due periodi ed eccessivamente contratto il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari. Tale esperienza è, infatti, non solo il vero banco di prova per la verifica e la messa a punto da parte dei m.o.t. delle conoscenze sia teoriche che pratiche acquisite durante il percorso formativo, ma anche un’insostituibile occasione per consentire al magistrato in tirocinio di misurarsi (e di essere valutato) anche per gli aspetti relazionali (con i conseguenti risvolti deontologici) che implica la professione del giudice, continuamente chiamato a rapportarsi con gli avvocati, e le parti del processo. La Commissione ha, pertanto, proposto la modifica dell’art. 18 del .D.lgs n. 26 del 2006 allungando il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari a quindici mesi e prevedendo un periodo di formazione presso la Scuola di tre mesi.

Tale rilievo critico sembra essere stato raccolto dal legislatore, che, con il decreto legge 168/2016, all’articolo 2, comma tre, nel ridurre, seppure in via straordinaria, perché solo per i magistrati in tirocinio dichiarati idonei all’esito dei concorsi banditi negli anni 2014 e 2015, la durata del tirocinio in dodici mesi, ha anche rimodulato l’articolazione del tirocinio stesso. Infatti, la sessione presso la Scuola superiore della magistratura per tali magistrati, non rimane più pari ad un terzo dell’intera durata del tirocinio (ossia a quattro mesi), bensì è stata ridotta a soli due a fronte dei complessivi dieci da spendere in via differenziata presso l’ufficio giudiziario. Se tale soluzione dovesse trovare ‘conferma’ nel testo della legge di conversione, si porrà immediatamente il problema di modificare i già programmi di tirocinio. Laddove, invece, si dovesse tornare ai 18 mesi o passare ad un periodo superiore ai 12 mesi, il Consiglio intende ribadire la necessità di applicare la normativa in maniera tale da riconoscere, in ogni caso, uno spazio maggiore al training pratico-operativo.

In ogni caso, in attesa di più radicali interventi correttivi del legislatore ordinario, de iure condito, il Consiglio intende procedere immediatamente ad un’applicazione razionale della disciplina vigente del tirocinio, al fine di riconoscere uno spazio maggiore al training pratico-operativo.

Ciò potrebbe agilmente essere concretizzato in virtù della previsione contenuta nell’art. 5 del Regolamento sulla formazione dei magistrati in tirocinio, a mente del quale “la sessione presso la Scuola, nel rispetto delle direttive formulate dal CSM, può prevedere stage esterni realizzati -avvalendosi delle strutture della formazione decentrata – presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio .. nonché di iniziative formative presso le sedi di Corte d’appello”.

In particolare, “la sessione presso la Scuola” potrebbe articolarsi nei consueti corsi teorici in sede, correlati con combinati momenti formativi in loco, cioè ad applicazione pratica diretta, presso gli uffici giudiziari territoriali, gestibili anche con l’ausilio della rete di formazione decentrata, con un programma comune sul territorio e con un tutor di riferimento. La partecipazione del tirocinante a tali importanti momenti, non di simulazione, ma di realtà giudiziaria effettiva, sarebbe equipollente ai laboratori in sede, quale momento di articolazione della Sessione presso la Scuola. Ciò tuttora avviene con gli stage esterni organizzati dalla Scuola presso soggetti terzi.

Il rapporto relazionale diretto che, solo attraverso forme didattiche vis à vis riesce ad esprimersi a pieno, permetterà una valutazione idoneitaria effettiva e dunque munita di adeguata efficacia euristica.

5. Format pedagogico tra tradizione e  modernità.

Il sistema normativo vigente deve essere maggiormente ed ulteriormente valorizzato nelle sue potenzialità, al fine di creare un prodotto formativo più consono, nelle forme e nei contenuti, alle esigenze della magistratura attuale in raffronto proattivo con una società che cambia. Nel contempo, la ricchezza del patrimonio culturale della magistratura italiana – che rende il nostro ordinamento giudiziario un modello seguito in tutto il mondo – rimanda alla necessità che il giovane magistrato conosca il passato, le esperienze già vissute e le radici dell’esperienza giudiziaria.

Sotto quest’ultimo aspetto, si da’ positivo riscontro all’informazione, contenuta nell’ultima Relazione della Scuola, circa “la consapevolezza da parte dei mot della preziosa opportunità offerta dalla Scuola di ascolto delle eccellenze” in ambito giudiziario, universitario e forense, cioè l’attenzione per le radici del sapere giuridica, al di là dei contingenti risvolti applicativi.

E’, peraltro, compito essenziale calibrare esattamente rispetto al dettato normativo le funzioni stesse del tirocinio: accanto alla formazione professionale teorica, pratica e deontologica dei magistrati ordinari appena entrati in servizio e alla verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, tra gli obiettivi del tirocinio, resta focale l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza e imparzialità, nonché l’attitudine all’aggiornamento permanente della propria preparazione professionale e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, con i mezzi di comunicazione, con i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.

Riservandosi, nell’apposita sede la precisa individuazione delle materie dei corsi di formazione e delle ulteriori direttive generali riguardanti le singole classi di tirocinio, è necessario qui delineare alcune linee d’insieme che devono connotare la preparazione e la crescita professionale del magistrato, soprattutto nella fase di avvio.

6. Costruire la sfera deontologica del magistrato.

I doveri di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 109/2006, lungi dal costituire delle mere condotte esteriori, vuote e formali, richiedono un habitus mentale ed etico adeguatamente interiorizzato, che deve essere oggetto di un serio impegno formativo.

La circostanza che attualmente si è di molto innalzata l’età media di superamento del concorso – peraltro nel contesto generale di crisi dei sistemi assiologici – crea il rischio di una flessione della spinta ideale, che, di contro deve necessariamente improntare l’esercizio delle funzioni, intese quale munus a servizio del cittadino, con conseguente necessità di rinvigorire, in fase iniziale, lo slancio professionale e il bagaglio di idealità.

Ciò offre il destro anche per precisare che la preparazione auspicata non è burocratizzata ed impiegatizia, ma deve rispondere ad un senso ordinamentale e professionale altissimo.

Il senso istituzionale, la percezione di sé quale magistrato, il ruolo e la testimonianza nella società civile, saranno dunque oggetto di precisa attenzione nella fase del tirocinio.

7. Autoresponsabilità e corresponsabilità di sistema.

Le attuali asperità connesse con l’esercizio delle funzioni rendono evidente la necessità che ciascuno si attivi, anche in carenza di risorse esterne, per fare quanto può, in stretta correlazione e cooperazione con gli altri operatori.

Autonomia ed in(ter)dipendenza sono dunque le chiavi di volta di un sistema corale che non consente a nessuno di restare in passiva attesa di miglioramenti esterni delle condizioni date e non permette atteggiamenti monadici, d’ isolamento e separatezza.

In questa direzione, il tirocinio non deve esaurirsi nell’erogazione unilaterale di flussi di dati e contenuti, ma deve prima di tutto preparare professionisti in grado, all’occorrenza, di autoformarsi, di autoaggiornarsi, di farsi promotori, nei singoli contesti ove si troveranno, d’iniziative di confronto e dialogo.

Insomma, come detto in precedenza, la formazione non si riceve solo passivamente, ma la si cerca, la si promuove, la si condivide.

La recente valorizzazione delle prassi virtuose, vede proprio implementata una visione non monadica della giurisdizione, in una rete istituzionale orientata, in cui i legami sono sempre meno deboli.

La capacità di organizzazione, l’uso razionale del tempo, l’attitudine ad autogestirsi pur in condizioni critiche, l’uso tecnologie sono i corollari di questo approccio responsabilizzante.

Tale essenziale livello di crescita professionale ed umana costituisce una piattaforma di partenza ineludibile e, in seguito, un formidabile volano che può fungere da straordinario moltiplicatore delle potenzialità di risorse e mezzi limitati.

Sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione , appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione , nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro ,  componenti del CSM e  magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

D’altra parte, proprio nelle più recenti occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, da parte della Scuola è stato espresso il favore per “occasioni di attività integrate progettate e gestite in modo bilaterale”, da SSM e CSM, da moltiplicarsi e da incrementarsi.

8. Dalle conoscenze nozionistiche allo sviluppo di capacità intellettuali multiformi.

L’universo giuridico è in costante evoluzione di pari passo con la continua metamorfosi della società e dell’economia. Una formazione iniziale che si risolva nel mero passaggio statico di soluzioni e conoscenze nozionistiche rischia di dimostrarsi, in brevissimo tempo, obsoleta.

Nella medesima prospettiva, si raccoglie uno degli spunti emersi di recente nelle occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, secondo cui occorre ridestare la “libertà creativa del giudice”, che appare essere in questo momento in maggiore sofferenza, notandosi appunto che “abbiamo le pronunce più innovative da parte della Cassazione e non più dei magistrati giovani”.

I moduli didattici devono, dunque, primariamente consentire all’individuo di rafforzarsi nei metodi di ragionamento, nell’ermeneutica, ma anche nella capacità di previsione dei risultati delle scelte applicative, nella valutazione approfondita e, insieme, grandangolare delle fattispecie.

Intelligenza giuridica, come inter-lĕgere, cioè come capacità di ‘raccogliere in mezzo’, cioè selezionare tra le tante informazioni quelle rilevanti e connetterle ai fini della migliore soluzione.

In questa linea logica, nelle nozioni fornite, i format  educativi  devono garantire un corretto equilibrio tra formazione generalista e specialistica.

Inoltre, grande rilievo ha la costituzione, in capo al tirocinante, della capacità di gestire razionalmente i procedimenti giudiziari, dal loro inizio, spostandosi cioè l’asse d’interesse sulla regia processuale complessiva, piuttosto che sulla mera definizione finale.

9. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri,  ambiente, previdenza, ed altri.

Ovviamente la preparazione dei tirocinanti non può prescindere dal puntuale apprendimento di quelle tematiche che, per la loro novità o peculiarità, sono verosimilmente sfuggite all’approfondimento universitario e post-universitario e che, invece, costituiscono oggetto di fenomeni emergenziali di assoluto rilievo.

Primo fra tutti, il fenomeno dell’immigrazione clandestina, riferibile, in maniera ampia, a tutti i casi di ingresso o soggiorno in Italia di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del paese di destinazione. Come è noto, sul piano quantitativo, i flussi in entrata di soggetti immigrati in maniera irregolare sono divenuti ormai da tempo di enorme consistenza, con una serie di dinamiche indotte di assoluta gravità, sotto più punti di vista.

La magistratura italiana si trova in prima linea nel dover fornire una risposta a questo fenomeno emergenziale, con un approccio multidisciplinare e plurisettoriale di assoluta complessità e delicatezza. Ciò anche perché si assiste ad una produzione normativa emergenziale a ritmi convulsi, che spesso crea questioni di stratificazione e coordinamento regolativo di peculiare difficoltà ermeneutica.

Infatti, intorno alla questione dell’immigrazione si sviluppano questioni di natura giuridica di varia natura, correlate allo status personale, ai sistemi di prima accoglienza, alle responsabilità penali causative del flusso, all’induzione delinquenziale che ne deriva o che ad essa si collega (prostituzione, schiavitù, commercio di organi, traffico di esseri umani, microcriminalità, etc.).

Specifico rilievo e gravità assume poi la questione dei  Minorenni stranieri non accompagnati,, rispetto ai quali occorre preparare una magistratura specializzata, che sappia fornire una risposta effettiva, pronta e qualificata, in termini di rafforzamento del sistema di tutela. Tale formazione potrà avvenire anche d’intesa con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, già fortemente interessata al fenomeno.

Tra gli ulteriori temi di attualità, sui quali occorre un richiamo formativo specifico vi sono quelli relativi al terrorismo internazionale, all’informatica, ai sistemi giuridici di risoluzione della crisi di impresa, alla contraffazione e alla tutela del “prodotto made in Italy“, all’ambiente ed all’assetto idrogeologico ed alle problematiche connesse al sistema di Protezione civile. Ma, in questa prospettiva emergenziale, costante attenzione sarà prestata a tutti i settori che più risentono dei mutamenti regolativi e che presentano anche un alto tasso di tecnicismo; si pensi ai temi della previdenza sociale e del diritto del lavoro o al diritto della crisi d’impresa.

10. Il sistema di valutazione.

La Relazione della Scuola prospetta una serie di inadeguatezze dell’attuale sistema valutativo dei tirocinanti, in quanto le schede di sintesi finale risulterebbero spesso omologate e standardizzate, impedendo un’adeguata personalizzazione; ciò essenzialmente sarebbe causato dalla difficoltà oggettiva per i collaboratori didattici di procedere ad una puntuale correzione degli elaborati di esercitazione pratica e dalla stessa modalità procedimentale di svolgimento del tirocinio (pag. 30 e 31).

Il Consiglio prende atto dello sforzo organizzativo compiuto dalla Scuola, e conviene sull’assoluto rilievo che le schede di valutazione hanno ai fini del giudizio idoneitario del tirocinante, tanto da non consentire flessioni nel loro valore euristico.

In tal  senso, il momento di verifica a consuntivo affidato alla scuola, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 26, lungi da ogni possibile standardizzazione o svuotamento di contenuto, deve, al contrario, essere valorizzato per la sua basilare funzione ordinamentale.

Tra i temi su cui il Tavolo tecnico dovrà soffermarsi vi è , quindi, senz’altro quello della valutazione finale dei tirocinanti, onde mettere a punto le migliori modalità e strategie organizzative per rimediare ai margini di defaillance registrati, anche con riferimento alla necessaria riflessione sul giudizio attitudinale rispetto alle funzioni giudicanti o requirenti, tenuto conto che nell’attuale assetto regolativo esso è successivo alla scelta della prima sede.

V.

La formazione permanente

1.Principi di base.

Nel settore della formazione permanente, il CSM è chiamato ad elaborare le linee programmatiche volte a circoscrivere il quadro generale dell’attività didattica della Scuola. Analoga programmazione è attribuita al Ministro, al Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio Universitario Nazionale.

Naturalmente, la funzione di indirizzo generale non può essere circoscritta alla mera enunciazione di idealità programmatiche annuali perché, in uno con la elaborazione di linee di programma, si pone la necessità di una peculiare attenzione alla fase di elaborazione ed alla conseguente erogazione dell’offerta formativa.

Tale ultimo aspetto (verifica sulla elaborazione ed erogazione dell’offerta formativa) è fondamentale, non certo per finalità di controllo sull’operato della Scuola, quanto per la comprensibile esigenza di porre l’organismo di governo autonomo nella condizione di conoscere la resa effettiva dell’attività formativa e, in conseguenza, di realizzare le condizioni per la elaborazione delle future linee programmatiche.

A tal fine è necessario che la Scuola provveda con sollecitudine, e con cadenza almeno trimestrale, alla comunicazione degli esiti dei singoli corsi (con le principali notazioni a cura del responsabile del corso) affinché il Consiglio Superiore della Magistratura non si trovi in una inappropriata posizione di mero spettatore esterno, al quale attribuire una funzione programmatica priva di reale contenuto pratico.

In questa logica, come suggerisce da ultimo il Comitato della Scuola, andrebbe strutturato un sistema unitario di rilevazione, comprensivo anche dei corsi decentrati di rilievo nazionale, cioè i corsi organizzati dalle strutture del decentramento con ammissione di magistrati provenienti da tutto il territorio nazionale.

Si è, del resto, detto in premessa che una delle linee metodologiche qui inaugurate è quella della loro definizione progressiva e partecipata nel corso dell’anno. Gli incontri del Tavolo di lavoro tra il Consiglio Superiore ed il nuovo comitato direttivo della Scuola avranno dunque il compito di verificare la gestione e l’andamento delle attività presso le strutture territoriali, nonché di alimentare il dialogo e l’interazione nel concreto esplicarsi dell’attività didattica permanente, orientandone, con prontezza le modulazioni e gli adattamenti.

Per esempio, sin da ora, potrebbe essere ipotizzata la duplicazione dei corsi di successo per i quali risulti presentato il più alto numero di domande (i primi tre, per esempio), in modo da assicurarne immediatamente una congrua rinnovazione per soddisfare il maggior numero di aspiranti partecipanti.

Nella concreta elaborazione della programmazione annuale del settore della formazione permanente, il Consiglio Superiore della Magistratura sollecita l’adozione di programmazioni tecniche finalizzate agli approfondimenti nei settori del diritto sostanziale e della procedura, sia in ambito civile che penale, ponendo particolare attenzione alle novità legislative ed alle tematiche di impatto sociale e di tipo ordinamentale.

In questo contesto, giova riprendere la tradizionale bipartizione della formazione in due aree: una consolidata (costituita da corsi che devono svolgersi necessariamente ogni anno in quanto rispondenti ad esigenze formative stabili es. prassi giurisprudenziali, tecniche di gestione dei processi, tecniche di assunzione delle prove, temi indefettibili di diritto sostanziale o procedurale) ed una variabile, per così dire sperimentale,  ovvero l’area legata ai processi di innovazione ed alla trattazione di temi di elevato taglio scientifico e culturale.

In questo settore dovrebbero essere inserite altre aree che comprendano il diritto e la società, il diritto ed il linguaggio, il diritto e l’etica professionale ecc.

Va osservato che il protocollo seguito dalla Scuola già prevede un’ampia offerta formativa per aree, la quale merita di essere coordinata e razionalizzata con l’inserimento di  ulteriori contenuti  anche di tipo interdisciplinare.

Nell’insieme, si vorrebbe aumentare la prevedibilità e la conoscibilità delle decisioni; ciò in funzione di una definizione razionale del contenzioso, che sappia elaborare e tenere conto anche degli indirizzi giurisprudenziali formatisi sul territorio nazionale.

Uno degli obiettivi di una accurata formazione di tipo permanente è certo l’approfondimento sulle tecniche di conduzione del processo e sulle tecniche di decisione.

L’analisi dei temi di diritto processuale è invero di fondamentale importanza ed è proporzionale al grado di innovazione legislativa sul fronte del processo. Non possono essere, invero, ignorate le riforme del processo civile, da anni in profonda evoluzione; da qui la necessità di fare il punto sul rito e sulle prassi virtuose volte ad incentivare la ragionevole durata dei procedimenti civili.

Ancora, in ambito di formazione permanente, in via generale e programmatica, un ruolo particolare va assegnato ai temi attinenti all’ordinamento giudiziario, ai ruoli del consiglio giudiziario, alla formazione dei formatori,  al settore della dirigenza e all’approfondimento di modelli dirigenziali da comparare alle variegate realtà giudiziarie presenti sul territorio nazionale (uffici giudicanti ed uffici requirenti).

In conclusione, in linea generale e programmatica, si deve porre attenzione ad un “sapere” tecnico ed ordinamentale.

In via di sperimentazione sarà utile prevedere l’elaborazione di programmi volti a sperimentare modalità organizzative connesse all’impiego ed alla gestione dei tirocinanti e delle nuove professionalità aventi funzioni collaborative nella gestione dell’attività giurisdizionale (magistrati onorari, giudici ausiliari di corte di appello  e figure professionali introdotte dall’art. 73 del d.l. n. 69/2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013 e relativo d.m. di attuazione in data 9.9.2014).

Il tavolo tecnico potrà essere la base di partenza per l’avvio di tali forme progettuali e formativa.

Nelle presenti linee programmatiche senza dubbio deve essere inserita la necessità di prevedere dei moduli didattico-formativi da flessibilizzare ed articolare secondo le esigenze concrete.

Ad es. per temi di assoluta novità legislativa è possibile auspicare dei corsi brevi con approfondimenti mirati sulla nuova legislazione.

Ancora, per un salto di qualità più elevato è necessario che i programmi prevedano anche delle raccolte ragionate di materiale didattico e di giurisprudenza da distribuire ai magistrati interessati con l’intento di divulgare l’imponente patrimonio scientifico e culturale generato dalla formazione professionale in ambito giudiziario.

La formazione permanente, inoltre, non può fare a meno delle c.d. “collaborazioni formative”, le quali sono destinate ad essere inserite, come elemento di novità, nelle presenti linee programmatiche giacché solo attraverso la collaborazione dei vari protagonisti del comparto della giustizia si realizza una vera formazione anche di tipo interdisciplinare.

Si prende atto con compiacimento che la scuola ha avviato forme di collaborazione con il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con la Fondazione Nazionale del Notariato, con il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria con l’auspicio che tali forme di formazione congiunta vengano perseguite anche in futuro.

Importante tracciare delle linee programmatiche di collaborazione formativa con le organizzazioni forensi, con particolare attenzione al mondo delle ADR (mediazione e negoziazione assistita) con il macro obiettivo di proficui risultati nell’ambito della riduzione del contenzioso civile e nella diffusione di una vera e propria cultura della mediazione.

Nella giusta misura, la formazione dovrà essere estesa anche ai c.d. saperi “extragiuridici” che rappresentano il giusto completamento del sapere giuridico.

Non a caso, la ENM, nei suoi programmi, cura da sempre numerose attività “de rèflexion sur les èvolutions de la sociètè contemporaine, de sensibilitation, et d’ouverture” affinché nel magistrato si sviluppi non solo una solida preparazione tecnica ma anche una accresciuta consapevolezza critica del proprio ruolo nella società.

Infatti se è vero che la padronanza delle tecniche è essenziale, a questa deve affiancarsi anche una consapevolezza culturale di stampo elevato.

2. La selezione delle esigenze di formazione dei magistrati.

La predisposizione di linee programmatiche per l’attività formativa deve tenere in giusta considerazione il tema della rilevazione delle esigenze formative dei magistrati.

Si è già detto, in precedenza, dell’intendimento del Consiglio di strutturare un impianto innovativo, attendibile e ragionevole, per il monitoraggio dei fabbisogni formativi e lo studio di un sistema di analisi qualità.

La rilevazione compete al Consiglio Superiore della Magistratura, ai singoli componenti del Comitato Direttivo della Scuola; ai magistrati referenti a livello distrettuale, i quali dovranno avere cura di recepire le indicazioni provenienti direttamente dagli uffici giudiziari; alle varie associazioni composte da magistrati; ai consigli giudiziari.

Il rapporto con i magistrati referenti in sede decentrata consente altresì di individuare le inizative di formazione a livello centrale e, al contempo, consente di recepire nuove esigenze di formazione.

Ancora, altro protagonista indispensabile del processo di selezione delle esigenze di formazione è costituito dalla Rete Europea della Formazione Giudiziaria.

La cooperazione in tale ambito, anche attraverso scambi di esperienze e di partecipazione dei magistrati dei vari Paesi membri dell’Unione Europea, consente  di approfondire la conoscenza del diritto europeo e la consapevolezza del ruolo dei magistrati nel contesto europeistico. Per una maggiore rispondenza dell’offerta formativa ai bisogni di tutti i magistrati, sarebbe interessante studiare moduli didattici con approfondimenti progressivi, anche modulati sulla tipologia di magistrato (l’adult learningè molto in uso nella prassi delle altre Scuole europee).

In definitiva, nelle presenti linee programmatiche si auspica una formazione progressiva e circolare, nella quale i corsi organizzati dalla formazione distrettuale siano volti a fornire una preparazione basilare per i magistrati, mentre incontri centrali di particolare rilievo vengano duplicati nelle varie sedi territoriali per garantirne la diffusione nelle sedi periferiche.

In conclusione, i bisogni formativi vengono generati da questo dialogo centro-periferia, cui occorre prestare grande attenzione nelle presenti linee guida  con esigenze di raccordo tra l’offerta formativa delle sede centrale e le iniziative decentrate.

Una particolare attenzione poi spetta agli interventi formativi urgenti, generati dalla necessità di riflettere ed approfondire sulle risposte che la magistratura è chiamata a dare nell’immediato ai mutamenti del quadro normativo o giurisprudenziale.

Si suggerisce infine di coinvolgere, tramite l’Organismo consiliare o in raccordo con esso, l’intera magistratura nell’opera di individuazione dei bisogni di formazione e di proposizione di metodi didattici, anche mediante l’elaborazione di questionari e/o formulari da distribuire ai magistrati al fine di verificare se le tematiche prescelte per il programma annuale siano effettivamente in sintonia con le esigenze della magistratura italiana.

3. L’accesso ai corsi ed i criteri di selezione dei partecipanti.

Il tema dell’accesso ai corsi con i correlati criteri di selezione dei partecipanti merita di essere approfondito.

A tal fine, non può dirsi sufficiente una ampia programmazione dei corsi che garantisca tanti posti quante saranno le domande connotate dalla “obbligatorietà” della partecipazione.

I protocolli per le ammissioni dovranno assicurare un rapporto equilibrato tra l’area di interesse professionale e culturale dei candidati e la natura della iniziativa formativa.

La selezione dei partecipanti dovrà fondarsi, ragionevolmente, su due criteri concorrenti:

a)      il criterio territoriale;

b)       il criterio della funzione esercitata dal richiedente.

Nella scheda di preparazione del corso sarà necessaria anche l’indicazione delle percentuali dei partecipanti  – percentuali  da dividere tra i magistrati di merito ed i magistrati di legittimità, nonché tra i magistrati requirenti ed  i magistrati giudicanti.

Il  bando dovrà esplicitare i criteri  predetti e dovrà essere indirizzato ai magistrati che svolgono funzioni nella materia oggetto dell’incontro di studi, ai quali potrà essere richiesto, contestualmente alla presentazione della domanda, di allegare un’autocertificazione o un’attestazione del capo dell’ufficio contenente la precisazione che il magistrato opera nel settore cui è diretta l’attività di formazione.

Altro aspetto da non ignorare è quello riguardante il dato territoriale perché, pur essendo la formazione di tipo centrale, occorre rispettare un certo equilibrio dato il necessario carattere “unificante” della formazione centrale.

 In conclusione, è necessario che la Scuola presti una attenzione costante al fine di garantire  che su ogni tema sia instaurato un confronto tra tutti i magistrati operanti nell’intero territorio nazionale.

Il corso dovrà essere bilanciato sulla base dei criteri suddetti ed i componenti del comitato direttivo, nella predisposizione delle singole schede formative in ambito di programmazione annuale, dovranno avere cura di individuare la tipologia dei destinatari (corsi comuni o specialistici- individuazione di particolari specificità di formazione) e successivamente di acquisire le necessarie informazioni i partecipanti al corso, che potranno essere fornite all’atto della compilazione della domanda di partecipazione mediante la previsione di modelli nei quali i richiedenti siano chiamati a compilare campi (predeterminati) che meglio consentano di conoscere le rispettive specifiche esperienze professionali.

La Scuola potrebbe dettagliare, nel programma annuale, le principali linee guida seguite nell’accesso ai corsi con indicazione delle caratteristiche  del sistema informatico utilizzato per la selezione dei partecipanti e dei criteri sulla base dei quali tale sistema è chiamato ad effettuare la selezione.

In ogni caso, si auspica una modifica dell’attuale sistema informatico in maniera tale da semplificare e rendere più agevole le modalità di presentazione delle domande di partecipazione ai corsi e di verifica delle ammissioni e dello scorrimento delle liste di attesa: così da eliminare, per un verso, ritardi e disagi che sono stati in passato lamentati dai magistrati; e, per altro verso, da garantire una effettiva corrispondenza tra il numero previsto dei partecipanti e quello degli effettivi partecipanti a ciascun incontro di studio.

Nuovo sistema informatico che dovrebbe anche consentire, attraverso l’impiego di un adeguato motore di ricerca, una più agevole individuazione delle relazioni e del materiale dei corsi inserito nel sito webdella Scuola; ciò senza escludere la possibilità di una futura osmosi con l’ancora utile archivio informatico del materiale dei corsi di formazione curati fino al 2012 dal Consiglio.

La recentissima interlocuzione con la Scuola ha consentito di apprendere che il 5 aprile 2016 è stata approvata una Deliberazione dei criteri per le ammissioni straordinarie ai corsi della formazione permanente, al fine di regolare in modo uniforme e trasparente un flusso di domande risultato consistente,  e non prima disciplinato da fonti scritte o da prassi consolidate. Anche in questo contesto si ribadisce l’opportunità di massimo confronto tra Consiglio e Scuola delle direttrici di svolgimento dell’attività formativa.

E’, in ogni caso, interesse consiliare far sì che sia garantito l’inserimento nel fascicolo personale del magistrato, consultabile su Cosmag, dell’elenco dei corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura ai quali i singoli magistrati hanno effettivamente partecipato o comunque fatto domanda di partecipazione. In sede di Tavolo tecnico si affronterà tale tema, in concomitante sviluppo peraltro dei lavori di reingegnerizzazione del CSM.

Si trattato già partitamente della questione delle pari opportunità nella formazione.

4. La selezione del corpo docente.

La  selezione del corpo docente deve poter contare su un’ampia platea di nominativi che siano in grado si svolgere il compito didattico con competenza, autorevolezza e con equilibrio.

L’attività di docenza esige un progressivo affinamento e, per quanto concerne i magistrati, l’assumere impegni presso la Scuola dovrà essere oggetto di attenta valorizzazione e riconoscimento professionale, e ciò ad opera della stessa struttura consiliare.

La recentissima interlocuzione con la Scuola, ha consentito di apprendere che il Comitato direttivo ha approvato, in data 13 giugno 2016, l’istituzione di un Registro ufficiale degli incarichi conferiti, consistente in un documento informatico, progressivamente aggiornato, che l’immediata conoscibilità del numero e della qualità degli incarichi conferiti a singoli, con le corrispondenti valutazioni ottenute.

Ora, in un’ottica di trasparenza e condivisione, sarà interesse condiviso che anche il Consiglio acceda a tale registro.

In linea generale, poi, si registra l’oggettivo cruccio emerso nella interlocuzione con la Scuola, in ordine all’alternativa tra eccessiva rotazione e necessaria specializzazione dei docenti. In questa luce, considerando il costo formativo gravante sulla collettività, non solo in termini strettamente economici, ma anche di sottrazione della prestazione professionale del magistrato assente dal servizio, s’intende quanto alto debba essere l’indice di giovamento ed utilità della posta di ritorno, in termini formativi correlati. Dunque, la scelta dei docenti deve essere oculata, filtrata, scrupolosissima rispetto alle qualità didattiche, scientifiche e relazionali di ciascuno dei docenti.

Si conviene, inoltre, sull’importanza dell’autoformazione del corpo togato complessivo, nel senso che la trasmissione di saperi acquisiti o sperimentati mediante l’attività professionale risulta particolarmente virtuosa. Ciò tuttavia è valevole anche rispetto alla posizione degli avvocati, utili maestri, in quanto spettatori esterni di modelli applicativi e comportamentali che richiedono, per essere visti con oggettività, di momenti di alterità.

In ogni caso, la Scuola si farà carico di individuare gli obiettivi per ciascun corso (esempio ricognizione dello stato dell’arte di un determinato settore; analisi critica della giurisprudenza ecc.) cosicchè i  docenti, nell’ambito della piena libertà di insegnamento, potranno spaziare al fine di impostare la metodologia didattica ed il materiale che più si adatta al tipo di formazione necessaria.

Di fondamentale importanza si rivela l’approccio con la docenza, che dovrà avere ben chiaro quale sia il suo ruolo e quale sia il materiale divulgativo indispensabile per la buona riuscita del corso.

Sul piano delle metodologie, non si può limitare la varietà delle opzioni di metodo: si spazia  dai testi e dalle elaborazioni tecniche sulla materia a forme divulgative meno tradizionali (es. fascicoli virtuali, questionari progressivi, simulazioni di ruolo) con l’intento di tramandare le esperienze e di preparare le basi di una impostazione scientifica dell’attività istituzionale.

L’albo dei docenti potrà comprendere un settore dedicato ad esperti di scienza della formazione, non solo al fine di utilizzarne le competenze nell’ambito di corsi di formazione dei formatori, ma anche per momenti di interlocuzione diretta con il Comitato Direttivo e con i responsabili di settore, specie nella fase di predisposizione dei programmi.

La scuola avrà cura di aggiornare l’albo dei docenti, verificando altresì che i docenti non versino in situazioni tali da sconsigliare l’assunzione dell’incarico (es. carichi penali pendenti, procedimenti disciplinari ecc.).

Parimenti per i corsi dei quali è deliberata l’organizzazione verrà fornita immediata comunicazione al Consiglio, con espressa e dettagliata indicazione degli enti coinvolti nell’organizzazione e nella sponsorizzazione dell’evento.

Si è trattato già partitamente della questione della scarsa partecipazione delle donne agli incarichi scientifici e della necessità di curare la pari opportunità nella formazione, sul lato attivo e passivo.

5. Metodologie didattiche e nuove tecnologie.

La scelta delle metodologie didattiche più adeguate alla formazione è di competenza della Scuola Superiore della Magistratura  ma si auspica, in linea con le indicazioni fornite dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 14 marzo 2012 sulla formazione giudiziaria (2012/2575(RSP)), l’utilizzo, accanto ai metodi tradizionali, delle nuove tecnologie al servizio della didattica (forum telematici,mailing-list, videoconferenze, corsi on-line, streaming webon demandpodcasting dei file audio e video digitali degli incontri di formazione), allo scopo di favorire il dialogo e la più ampia partecipazione possibile, coinvolgendo anche i magistrati dei distretti periferici. Sotto questo punto di vista, va segnalata la necessità di assicurare una reale corrispondenza tra il metodo didattico prescelto e lo scopo formativo perseguito, in maniera tale da evitare che, come è talora accaduto in passato, format quali i gruppi di lavoro o le tavole rotonde finiscano per celare non appropriati approfondimenti delle tematiche mediante scontate forme di relazioni frontali.

6. Circolazione delle risposte giurisprudenziali e condivisione dei saperi.

Come già premesso, nell’individuazione dei principi generali, il Consiglio avverte l’esigenza di rinsaldare un modello culturale dell’intera magistratura quantio più possibile unitario e condiviso.

Ciò in quanto militano non solo esigenze di certezza del diritto e prevedibilità delle decisioni, ma anche ragioni di rafforzamento del ragionamento giudiziario con la consapevolezza delle soluzioni presenti nel sistema o dei eprcorsi scinetifici già verificati o, infine, delle misure gestionali già efficacemente testate come virtuose.

In tale direzione, lungi dal creare distorsioni o cadute in termini di svilimento dell’autonomia interpretativa o organizzativa di ciascun magistrato, la formazione deve saper sostenere istanze di apertura e confronto, di condivisione e di conoscibilità dei saperi.

Tale obiettivo di massimo richiede la creazione di sistemi di scambio di conoscenze e soluzioni, a più livelli d’intervento, per esempio:

–          costituzione di una banca dati di agevole fruibilità di tutti i materiali forniti ai corsi, centrali e decentrati, anche, eventualmente connessa ai materiali consiliari in tema di formazione (anche grazie al nuovo sistema data warehouse);

–          costituzione di sistemi di conoscibilità dell’esito delle impugnazioni, anche tramite l’ausilio delle strutture decentrate: della decisione di appello da parte del giudice che abbia deciso la controversia in primo grado ed, analogamente, da parte del giudice d’appello con la corrispondente sentenza di legittimità;

–          costituzione, anche tramite le strutture decentrate, di banche dati interne ai singoli uffici ovvero di sistemi di comunicazione informatica collettiva per gruppi omogenei di funzioni, con auspicata previsione dell’invio con posta elettronica a tutti i magistrati di una newsletter informativa.

7. La cultura comune della giurisdizione penale.

Deve ricondursi al profilo metodologico essenziale la necessità di assicurare la cultura comune della giurisdizione penale, 

Elemento comune a tutti i corsi di formazione e di aggiornamento professionale dedicati ai magistrati del settore penale dovrà essere  quello della contestuale partecipazione a ciascun momento formativo tanto dei magistrati giudicanti quanto di quelli requirenti.

Ovviamente la particolarità di alcuni incontri giustifica  la scelta di graduare percentualmente le partecipazioni delle diverse figure professionali: così, ad esempio, i corsi sulle tecniche di indagine hanno privilegiato i magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero in primo grado; così come quelli sulla giurisdizione di sorveglianza potranno  riguardare essenzialmente i magistrati giudicanti di quel settore. Deve tuttavia essere evitata  una formazione differenziata tra giudici penali e pubblici ministeri, poiché, anzi, il principio dell’unità della giurisdizione impone il mantenimento e la prosecuzione delle esperienze positivamente maturate in passato , le quali ultime hanno assicurato  un confronto tra coloro che hanno maturato esperienze nei due diversi ambiti innanzi indicati. Si segnala la opportunità che nei corsi relativi al settore penale sia prevista la presenza di uno o più avvocati, al fine di garantire la pluralità dei “punti di vista” sulle varie questioni interpretative ed assicurare, attraverso la voce di qualificati esponenti del ceto forense, il costante riferimento al rispetto dei diritti e delle garanzie difensive.

Sul tema, infine, si sollecita specifica attenzione al delicato tema delle intercettazioni telefoniche e del loro utilizzo, secondo la Ricognizione di buone prassi in materia di cui alla recentissima delibera del 29 luglio 2016.

8. La formazione per le funzioni specialistiche.

Di grande importanza il  settore della formazione dei magistrati con funzioni specializzate (lavoro, minorile, sorveglianza, tribunale delle imprese) o con funzioni specialistiche (fallimentare, esecuzione, gip-gup, appello o legittimità).

In tali settore è necessario che la Scuola continui ad organizzare  iniziative che si inseriscano nei filoni della specializzazione e che consentano di dare vita ad una formazione maggiormente approfondita per le varie aree di specializzazione. Se così non fosse una vasta platea di magistrati resterebbe priva della formazione specifica tanto necessaria per materie altamente specialistiche.

In particolare in settori, quali il diritto del lavoro e della previdenza sociale (al quale, sono, per esempio, impiegati oltre 500 magistrati) , ed in tutti quelli che più risentono, sul piano normativo, della rapida trasformazione della realtà economico-sociale, si rende conveniente una fitta formazione di avanguardia applicativa, che sappia con prontezza cogliere i temi e le prospettive di aggiornamento su cui soffermare subito l’attenzione formativa.

9. I temi della formazione permanente:

a.      I profili deontologici.

Il tema dell’etica e della deontologica professionale costituisce un capitolo irrinunciabile dell’offerta di formazione professionale.

Si rimanda qui al Capo I relativo alla formazione iniziale quanto all’importanza dell’arricchimento personale, ideale ed ordinamentale del magistrato.

La formazione deve porre attenzione alla materia disciplinare sia sotto il versante del diritto interno sia per quanto concerne  la dimensione comunitaria e internazionale, avuto riguardo alla evoluzione degli strumenti normativi.

Particolare attenzione dovrà essere dedicata ai contributi resi nella materia della deontologia professionale dalla Rete Europea dei Consigli di Giustizia; la prospettiva di diritto comparato interessa non solo le forme di indipendenza del giudice ma anche le forme di indipendenza del pubblico ministero e finisce inevitabilmente per coinvolgere i complessi rapporti tra giurisdizione e politica.

L’offerta formativa sul tema dovrà orientarsi soprattutto al tema della imparzialità, quale snodo centrale intorno a cui comporre a più ampia questione dell’etica giudiziaria.

La prospettiva storica consentirà di ricostruire l’evoluzione dei principi di indipendenza e di imparzialità alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo quali giudici deputati alla salvaguardia dei valori fondanti qualsiasi sistema democratico; senza trascurare, in tale ambito, il prezioso contributo della Corte di cassazione.

Il tema della imparzialità potrà costituire una preziosa occasione di  approfondimento di tutte le attività correlate al settore disciplinare: es. attività ispettiva ministeriale; funzione disciplinare del Consiglio Superiore; codice etico della magistratura italiana.

Nell’ampia prospettiva deontologica andrà pure affrontato il tema del rapporto tra magistratura emass media. L’influenza dei mezzi di comunicazione di massa sullo svolgimento del processo e sulla formazione della decisione dovrà rappresentare uno dei punti di approfondimento anche attraverso lo studio di casi concreti di “processo parallelo” e di accesso delle telecamere nelle aule di giustizia, coinvolgendo non solo magistrati, ma anche giornalisti, conduttori televisivi, esperti di comunicazione pubblica.

Nell’ambito dell’offerta formativa dovranno essere previsti specifici corsi di riqualificazione professionale per i magistrati nei cui confronti, a seguito di valutazione di professionalità negativa, il Consiglio disponga la partecipazione quale elemento integrante dell’attività di recupero nel biennio successivo, ai sensi dell’art. 11 comma 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in rapporto alle specifiche esigenze di professionalità riscontrate.

L’individuazione di tali corsi potrà avvenire anche mediante l’indicazione, concordata tra la Scuola e il Consiglio, tra quelli già presenti nell’offerta formativa, anche in sede decentrata, qualora adeguati al recupero delle carenze professionali individuate dalla delibera di valutazione di professionalità non positiva.

b.      I temi di ordinamento giudiziario e la cultura dell’organizzazione.

La materia dell’ordinamento giudiziario merita di essere inserita, a pieno titolo, negli approfondimenti finalizzati ad una formazione completa e ben articolata.

Si spazia dai diversi istituti che regolano il funzionamento del sistema giudiziario e della vita professionale dei magistrati sino all’esame della normativa secondaria adottata con le delibere del C.S.M..

Da considerare rilevanti i temi relativi alle attività ed alle competenze degli organi del governo autonomo, della mobilità e delle incompatibilità dei magistrati, dell’organizzazione tabellare degli uffici giudicanti, delle valutazioni di professionalità e della selezione dei dirigenti, degli incarichi extragiudiziari, della formazione iniziale e permanente, dell’organizzazione degli uffici requirenti e di legittimità.

L’attività formativa dovrà accompagnare e favorire la diffusione della cultura dell’organizzazione degli uffici giudiziari e dell’auto-organizzazione del lavoro del magistrato, nonché dovrà occuparsi delle nuove tecnologie, verificandone non solo le potenzialità ma anche gli aspetti problematici.

Particolare attenzione dovrà essere posta ai temi dell’analisi e gestione dei flussi statistici degli uffici giudiziari, delle “buone prassi” metodologiche ed operative, della normativa prevista dall’art. 37 della legge 15 luglio 2011, n. 111 in tema di programmi di gestione dei procedimenti civili e di carichi esigibili. 

Un focus specifico andrà dedicato all’ufficio del processo ed alla sua morfologia.

In settori quali la formazione dei dirigenti e di coloro che aspirano a ricoprire tali incarichi e l’organizzazione del lavoro dei magistrati, l’apporto del CSM, in ragione della sua specificità e della posizione di rilievo costituzionale nel governo autonomo della magistratura, non può limitarsi alla funzione di indirizzo generale ma deve trovare uno spazio adeguato anche nella definizione dei programmi. Il Consiglio, infatti, nelle sue articolazioni, può offrire un fondamentale valore aggiunto sui temi ordinamentali e organizzativi, nella prospettiva del miglioramento continuo dell’offerta formativa e del suo adeguamento alle concrete esigenze degli Uffici giudiziari.

Importante, inoltre, in tale ambito, appare l’ampliamento del numero dei magistrati da coinvolgere, a diverso titolo, nelle attività di formazione della Scuola, anche attraverso il ricorso a coloro che rivestono funzioni specifiche nelle varie articolazioni del governo autonomo. Si pensi ai componenti del CSM, ai magistrati addetti alla Segreteria e all’Ufficio studi del CSM, ai componenti dei Consigli Giudiziari e del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, ai componenti delle commissioni flussi istituite presso i Consigli Giudiziari, ai referenti distrettuali per l’informatica, ai magistrati di riferimento per l’informatica dei singoli uffici.

Anzi, sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione, appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro, componenti del CSM e magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

Come sopra ricordato, proprio nelle più recenti occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, da parte della Scuola è stato espresso il favore per “occasioni di attività integrate progettate e gestite in modo bilaterale”, da SSM e CSM, da moltiplicarsi ed da incrementarsi.

Con specifico riferimento al CSM, la presenza attiva di componenti o di magistrati addetti potrà garantire non solo il necessario raccordo tra esercizio delle competenze consiliari e contenuti concreti della formazione (si considerino ad esempio i corsi di formazione dirigenziale), ma anche una delle più efficaci e dirette modalità di partecipazione di tutti i magistrati ai temi dell’autogoverno. 

c.    L’ uso delle nuove tecnologie.

Tra i temi da approfondire in quanto collegato alle problematiche dell’organizzazione del lavoro dei magistrati, vi è quello del corretto uso delle tecnologie messe a disposizione degli stessi, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del processo civile telematico.

Il Consiglio ha già avviato un progetto di Collaborazione con la Scuola superiore della magistratura per un progetto di formazione nelle sedi distrettuali nelle materie dell’innovazione e dell’informatizzazione, organizzato in sinergia fra Referenti informatici distrettuali e Formatori decentrati (Delibera del 14 ottobre 2015), anche in correlazione con la delibera sul PCT (12 giugno 2014) con cui è stata sollecitata una assunzione di impegno da parte del Ministero della giustizia (anche attraverso la valorizzazione dell’esperienza dei C.S.I.A.) e della Scuola superiore della magistratura (attraverso le strutture della Formazione decentrata) a collaborare nelle iniziative di formazione/informazione tecnologica con i Referenti informatici distrettuali ed i Magistrati di riferimento per l’informatica.

Tali percorsi devono essere proseguiti e rafforzati.

Le iniziative di formazione dovranno esaminare i modelli gestionali ed organizzativi del lavoro del giudice, con illustrazione delle esperienze concrete di organizzazione virtuosa. In particolare, pare emergere necessità di approfondimento, in relazione a tutti quei programmi specificamente creati per la gestione dei procedimenti, sia nel settore civile che penale.

In tale prospettiva occorrerà avvalersi del contributo di esperti esterni (in particolare di docenti di programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche e di organizzazione aziendale), e di professionalità complementari a quella del magistrato (in particolare quella dei dirigenti amministrativi), attraverso la metodologia dei gruppi di discussione-confronto.

Sotto altro profilo ulteriore attenzione dovrà essere dedicata alla diffusione della conoscenza delle banche dati esterne al pianeta giustizia (si pensi ai database delle camere di commercio, all’anagrafe dei comuni, all’anagrafe tributaria, ecc.) alle quali i magistrati hanno la possibilità di accedere con richieste di informazioni nonché all’esame ed all’illustrazione delle reali potenzialità degli strumenti informatici di uso comune ai magistrati quali i sistemi di videoscrittura e di creazione di moduli che agevolino compiti di routine.

Più specificamente l’attenzione dovrà essere rivolta:

a) alle ricerche informatiche (giurisprudenziali, normative, ecc.) fornendo suggerimenti non solo sui luoghi di ricerca delle informazioni ma anche sulle metodologie di ricerca delle stesse;

b) all’illustrazione dei programmi informatici utilizzati dagli operatori della rete giustizia, per gestire i procedimenti, che pur non essendo rivolti al magistrato devono da questi essere conosciuti, come sopra chiarito, soprattutto se dirigente o semidirettivo, alfine di poterne estrarre le conoscenze necessarie per la migliore organizzazione del lavoro;

c) all’esame dei programmi rivolti ai magistrati per la gestione degli affari giudiziari, nella loro evoluzione e diffusione;

d) ai profili di sicurezza nell’uso degli strumenti informatici legati alle parallele necessità di proteggere i propri dati e l’intero sistema informatico sul quale si opera da indebite intrusioni da parte di terzi;

e) alle nuove modalità del comunicare da parte degli operatori della Giustizia, a partire dalle nuove tecnologie telefoniche finalizzate al risparmio di tempo e di denaro e fino a giungere alla più semplice ma non meno importante “deontologia” nell’uso degli strumenti informatici, quali le mailing-list e la posta elettronica.

Per realizzare le finalità di cui si è appena detto e, comunque, per incrementare e rendere effettiva la formazione dei magistrati nell’uso delle nuove tecnologie applicate al lavoro quotidiano sarà peraltro necessario il coordinamento tra la Scuola, i formatori decentrati, i referenti distrettuali per l’informatica, il Ministero della Giustizia e il C.S.M.

Del resto con la delibera del 13 maggio 2015, il C.S.M., nell’ambito di una valutazione complessiva dello stato di funzionamento ed evoluzione del processo civile telematico ha invitato la Scuola Superiore della Magistratura a considerare la materia dell’informatica giuridica e giudiziaria, ed in particolare le questioni attinenti al processo civile telematico e all’informatizzazione del processo penale, quali parti imprescindibili e prioritarie del complessivo progetto di formazione dei magistrati, da attuarsi anche in collaborazione con il Ministero della Giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura nell’ambito delle rispettive prerogative e  competenze.

In particolare sul versante penalistico, una offerta formativa specifica non dovrà  attendere il completamento di un sistema in qualche modo simile al p.c.t., essendo già in uso in diverse realtà giudiziarie sistemi applicativi che stanno profondamente incidendo sulle modalità di esercizio della giurisdizione (portale notizie di reato, registro unico nazionale SICP, applicativi documentali e consolle, notifiche penali telematiche) e che come tali possono svolgere un ulteriore irrinunciabile compito di promozione delle migliori esperienze e delle avanguardie che si stanno realizzando nei singoli uffici.

Vanno richiamate dunque le delibere del 14 ottobre 2015 in materia di informatizzazione del settore penale e di realizzazione di un piano di formazione nel settore dell’innovazione che coinvolga i R.I.D. ed i Magrif con i formatori decentrati.

Infine deve ricordarsi la recente delibera del 7 luglio 2016 di approvazione del primo manuale ricognitivo delle buone prassi di organizzazione che potrà rappresentare riferimento qualificato per la formazione iniziale, per la formazione permanente e per quella dei dirigenti degli uffici.

d.      I temi processuali.

La formazione dovrà diffondere una costante attenzione ai valori del processo, non al fine di esaltare quella che alcuni commentatori moderni hanno definito la giustizia procedurale, ma per consentire di guardare al processo come ideale contenitore nel quale si attua la tutela dei diritti.

Per quanto concerne la procedura deve essere rimarcata l’esigenza di un potenziamento di tale area formativa con lo studio  delle prassi virtuose  e delle modalità di organizzazione dotate di una certa efficienza badando a soluzioni per lo più condivise ovvero, nell’impossibilità di una totale condivisione,  educando alla logica del dissenso che, certo può rappresentare un prezioso elemento di novità e di arricchimento critico, purchè sia consapevole e ben motivato.

Fondamentale l’attività di formazione e di raccordo dei vari indirizzi giurisprudenziali formatisi sul territorio nazionale, la quale certamente arreca un grande beneficio alla prevedibilità delle decisioni ed alla velocizzazione dei giudizi.

Per quanto concerne le tematiche procedurali va segnalata l’esigenza di un approfondimento costante sulla base dell’opera di riforma legislativa tuttora in atto sul versante del rito.

Nel settore penale, dovrà essere posta particolare attenzione ai temi che, in specie nella fase cautelare, riguardano la tutela della libertà delle persone sottoposte ad indagine o a processo,  con una riflessione non soltanto sugli aspetti strettamente tecnici della materia ma anche sul piano dei principi e dei valori costituzionali.

Il ricorso a strumenti coercitivi piò essere giustificato solo come extrema ratio ed il mezzo cautelare non può mai tramutarsi in  una esigenza di natura principalmente securitaria.

Sia in ambito civile che in quello penale, dovrà dedicarsi ampio spazio alla riflessione sulle tecniche di assunzione della prova, sul ragionamento probatorio, sul peso delle massime di esperienza e sul modo in cui queste possono essere ricavate.

Inoltre, non dovranno mancare iniziative specifiche sulle tecniche di redazione dei provvedimenti giudiziari, sia, ancora una volta, in ambito cautelare, ove spesso si assiste a forme di incorporazione nel provvedimento decisorio del materiale investigativo, già inopinatamente refluito nella richiesta di misura cautelare; sia nella sentenza, troppo spesso ancorata, sia nel settore civile che in quello penale, a modelli, strutturali e funzionali, ormai non più compatibili con le esigenze di un sistema moderno, che deve garantire un controllo sul processo decisorio del giudice senza indulgere in pretese di rappresentazione enciclopedica dell’universo processuale.

Si sollecita, poi, specifica attenzione al delicato tema delle intercettazioni telefoniche e del loro utilizzo, secondo la Ricognizione di buone prassi in materia di cui alla recentissima delibera del 29 luglio 2016.

e.       Formazione interdisciplinare.

Come già detto occorre che, nella giusta misura, la formazione dovrà riguardare anche i c.d. saperi “extragiuridici” che rappresentano il giusto completamento del sapere giuridico.

La ENM, nei suoi programmi, cura da sempre le attività che sviluppino, non solo una solida preparazione tecnica, ma anche una accresciuta consapevolezza critica del proprio ruolo nella società.

Infatti se è vero che la padronanza delle tecniche è essenziale, a questa deve affiancarsi anche una consapevolezza culturale di stampo elevato.

 In questo ambito è possibile stabilire l’approfondimento di temi che, pur non di stretto diritto, siano rilevanti  per l’attività giudiziaria e la professione del magistrato.

Si pensi a tematica al confine con la psicologia, con la letteratura, con l’etica (etica del giudice), con l’interpretazione e la logica interpretativa, la discrezionalità del giudice, con la tecnica della scrittura, con i temi della comunicazione e del multiculturalismo.

Il CSM dunque, anche in questo documento programmatico, invita la Scuola Superiore della Magistratura a non smorzare l’attenzione per una formazione completa ed attenta alla novità del cambiamento e preannuncia, sin d’ora, che intenderà proporre alla Scuola di condividere importanti momenti di alta formazione con riferimento alle seguenti tematiche:

–   Il lavoro del giudice in bilico tra le esigenze del diritto e l’economia;

–   La magistratura ed i mezzi di comunicazione;

–   Il nuovo mercato del lavoro tra il diritto e l’economia;

–    Il lavoro del magistrato e le nuove frontiere dei mezzi di prova

–   Seminari di base sulle nozioni di contabilità e bilancio;

–   Internet e il diritto d’autore;

–   Perizia e consulenza tecnica psicologica in ambito forense;

–   La psicologia del giudizio e l’ambito forense;

–   Il principio del libero convincimento del giudice: la valutazione delle prove e la motivazione.

f.       La formazione in sede di conversione di funzioni.

La conversione delle funzioni è un settore delicato della formazione essendo diretta ai magistrati che vogliono o debbono mutare funzioni o settore di competenza. Esige particolari attenzioni e la predisposizione di speciali supporti che si devono modulare sia per la tempistica che per la scelta di modalità adeguate che inseriscano l’intervento formativo nel momento più appropriato del mutamento delle funzioni.

La difficoltà sta nel fatto che la riconversione si configura come un crocevia attraverso cui si intersecano le strade che conducono alle diverse funzioni: dal settore civile al settore penale e viceversa, dalle funzioni generiche alle funzioni specializzate e viceversa, dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti e viceversa, dalle funzioni di primo grado a quelle di secondo grado, dalle funzioni di merito a quelle di legittimità.

La necessità di interventi formativi differenziati e mirati ha fatto sì che sin dall’origine  tale attività fosse delegata alla formazione decentrata, la cui duttilità nell’utilizzo dei modelli organizzativi e didattici è apparsa  meglio in grado di soddisfare le complesse e diversificate esigenze  di chi si accingeva a mutare le funzioni.

In passato si è peraltro avuto modo di constatare l’insufficienza e la variabilità dell’offerta formativa in tale specifico e delicato settore tra i vari distretti di Corte d’Appello, e la mancata innovazione  nei metodi e nelle forme di studio e di aggiornamento.

Ne consegue che dovrà essere perseguita, alla luce delle pregresse esperienze, e ferma la opportunità che la conversione avvenga in sede decentrata,  l’esigenza di una maggiore omogeneizzazione dell’offerta formativa.

A tal fine la SSM oltre a fornire indirizzi comuni , potrà organizzare per le funzioni per le quali è più frequente la riconversione , anche alcune  iniziative presso la  sede centrale, in relazione ai temi di maggiore rilievo nell’ambito delle funzioni di destinazione, operando una  opportuna selezione.

Alla formazione locale dovrebbe, poi,  essere affidato il compito di  rilevare, sostanzialmente ad personam, i bisogni ed di  programmare e gestire i percorsi formativi più conferenti, pur sempre sulla base dei criteri direttivi forniti dalla SSM , diretti ad assicurare la necessaria omogenietà di metodi e contenuti.

La funzione di indirizzo e coordinamento della SSM in questo settore appare particolarmente importante atteso che il settore della riconversione è quello  in cui, tradizionalmente, sono emerse le maggiori criticità riferibili alla formazione decentrata , a volte , contraddistinta, come  più volte evidenziato da CSM e SSM anche nell’ambito del Tavolo tecnico istituito tra dette istituzioni,  da un’offerta formativa territorialmente disomogenea sotto il profilo qualitativo, metodologico e della continuità.

Con riferimento, infine, alla forma di riconversione obbligatoria (art. 13 legge 30 luglio 2007, n. 111) per il passaggio  dalle funzioni giudicati a quelle requirenti (e viceversa) dovrà tenersi adeguatamente conto del fatto che la  tendenziale “gerarchizzazione” degli uffici di procura  incide sia sull’organizzazione del lavoro che sui rapporti all’interno dell’ufficio

L’attenzione al radicale cambiamento del ruolo dovrà essere l’aspetto formativo da privilegiare, mentre, quanto ai contenuti, sarà preferibile un’impostazione più incline all’inquadramento sistematico delle principali problematiche di base, non senza margini per la trattazione casistica.

Anche in questo caso si ritiene che debba essere privilegiata la formazione in sede decentrata, con corsi “centrali” effettuati all’esito di un percorso di conversione già iniziato in sede decentrata (nel rispetto dei protocolli di indirizzo), in relazione al quale il corso centrale potrebbe costituire un momento di riflessione finale che passi anche attraverso il doveroso confronto tra le prassi di specialità esistenti nei vari distretti nella prospettiva di assicurare una visione globale ed omogenea delle stesse.

g.     La Formazione europea e linguistica.

In una “Comunità di diritto”, quale deve definirsi l’Unione Europea, già secondo la storica pronunciaLes Verts della Corte di Giustizia del 1986, la tutela dei valori comuni è affidata non solo alla Corte di Giustizia e alle sue Istituzioni ma a tutti i giudici nazionali.

E attraverso  il “dialogo” con le Corti sopranazionali, i giudici nazionali hanno contribuito ad attuare l’ordinamento dell’Unione e a rendere effettivo un sistema di tutela “multi- livello” dei diritti fondamentali. Ciò ha portato, nel nostro ordinamento, a quella che è stata definita una “mutazione genetica della funzione giurisdizionale” della Corte di legittimità, chiamata a svolgere una attività di “nomofilachia europea” per assicurare l’uniforme interpretazione della legge anche alla luce della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e del diritto dell’Unione europea, e perciò espressione di una rete giurisdizionale volta ad assicurare non soltanto la conformità delle decisioni alla legge, ma soprattutto la conformità alle esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

La realizzazione dello spazio comune di libertà giustizia e sicurezza e la cooperazione giudiziaria richiedono che sempre più si rafforzi la comune cultura dei “magistrati europei”, e da tempo le Istituzioni dell’Unione invitano gli Stati membri a rafforzare il loro impegno per favorire la diffusione della conoscenza del diritto europeo.

Come sottolineato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010 la capacità di comprendere e di gestire le differenze tra i sistemi giuridici europei può nascere solo da una cultura giudiziaria europea, che deve essere coltivata condividendo le conoscenze e la comunicazione, studiando il diritto comparato e mutando radicalmente il modo in cui i giudici partecipano alla formazione e allo sviluppo professionale, attraverso azioni che hanno l’obiettivo di superare le barriere linguistiche. Così la Commissione europea, nella comunicazione relativa alla formazione del 13 settembre 2011, e il Parlamento europeo, nella risoluzione sulla formazione giudiziaria del 14 marzo 2012, hanno evidenziato che la padronanza di una lingua straniera e della sua terminologia giuridica dovrebbe costituire uno degli obiettivi della formazione continua degli operatori della giustizia, essendo la conoscenza linguistica requisito indispensabile per l’efficacia dei contatti tra gli Stati membri, a loro volta sono cruciali per la cooperazione giudiziaria.

Dunque, in primis, la formazione linguistica dei professionisti del comparto legale è priorità dell’U.E. e che la realizzazione di attività coordinate miranti alla promozione delle abilità linguistiche rientra tra le priorità indicate ai responsabili europei per la formazione dei magistrati dall’art. 3, co. 2 della Carta della “Rete Europea di formazione Giudiziaria”, cui il C.S.M. ha aderito. Del resto, l’inserimento della lingua straniera nel gruppo di materie da sostenere nel concorso per uditore giudiziario, di cui all’art. 123 del R.D. 30/1/41 n. 12, come modificato dalla L. 13/2/2001 n. 48, rende ancor più evidente la necessità formativa in oggetto.

In particolare,  la formazione centrale e decentrata, non solo non possono esimersi dal perseguire essa stessa questi scopi, che potrebbero definirsi di “alfabetizzazione linguistica primaria” dei magistrati, ma dovrebbe prevedere un particolare orientamento di questa formazione in senso più delimitato al campo del linguaggio giuridico. In tale ambito, la formazione linguistica orientata ai termini legali, può consentire di ricomprendere tale attività formativa nell’alveo della formazione giuridica in senso stretto.

In questa prospettiva, poi, devono essere valorizzate le iniziative già adottate dal CSM nel settore della formazione “internazionale”, dando in particolare completa attuazione al progetto European Gaius (approvato con delibera del 13.4.2011), citato dal Parlamento europeo, nella Risoluzione del 14 marzo 2012, insieme a quello dei Paesi Bassi quali modelli da seguire per gli Stati europei e tali conclusioni sono state ribadite nella Risoluzione del 7 febbraio 2013; del pari, particolare rilievo deve essere riconosciuto alla partecipazione ai progetti di formazione di rilievo europeo e internazionale, prediligendo, in linea di continuità con le relazioni e gli accordi stabiliti dal Consiglio in questi anni, le attività realizzate e promosse con le Scuole nazionali della magistratura e le Istituzioni nazionali che curano la formazione dei magistrati.

Dovrà quindi essere proseguita l’attività di formazione nell’ambito dei programmi di scambio tra autorità giudiziarie nel quadro delle attività della Rete Europea di Formazione Giudiziaria, in particolare con gli stage di breve durata  e di lunga durata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte europea dei diritti dell’uomo ed Eurojust: si tratta di iniziative risultate particolarmente qualificanti sotto il profilo professionale per i magistrati che hanno partecipato con interesse e assiduità a partire dalla prima edizione del 2009 all’attività presso i principali organismi giudiziari europei ed Eurojust, e di arricchimento per la giurisdizione che si è potuta giovare del patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite dal magistrato nei predetti contesti.

Ma, nella medesima prospettiva, la formazione dovrà tenere adeguatamente conto della sempre più attiva partecipazione del CSM al processo di allargamento dello spazio europeo di giustizia e libertà, quale ente sempre più coinvolto in   numerosi  progetti banditi dalla Unione Europea, oltre che, in generale, al processo di  rafforzamento, anche attraverso accordi bilaterali, di variegate forme di  cooperazione istituzionale internazionale. La volontà del CSM  e la necessità istituzionale  di procedere allo sviluppo di  tale settore, confermate dalla iniziativa consiliare ( deliberazione del 25 marzo 2015)  che ha condotto alla  costituzione del Tavolo tecnico per le attività internazionali –  al quale partecipano,  oltre al CSM, il Ministero della Giustizia ,  il Ministero degli Affari Esteri e la stessa Scuola della Magistratura – impone lo sviluppo di una adeguata strategia che consenta di formare  magistrati esperti nei singoli settori del diritto, con capacità di relazionarsi con sistemi giudiziari di altri paesi,  forniti di un adeguato livello di conoscenza linguistica, ma anche di sufficienti capacità di adattamento ai diversi contesti internazionali.

La formazione internazionale richiede inoltre particolare attenzione anche ai risultati prodotti dal confronto fra sistemi giudiziari e magistrature nelle sedi europee e in organismi consultivi, come i Consigli consultativi dei giudici e dei pubblici ministeri nel Consiglio d’Europa, la Rete Europea dei Consigli di Giustizia, finalizzato ad individuare standard comuni di indipendenza e di professionalità: la riflessione sulle tematiche oggetto di documenti e di carte internazionali elaborate in tali contesti, e sui principi e i valori condivisi che ne costituiscono l’oggetto, può infatti costituire – in una più ampia prospettiva europea- un importante momento di approfondimento rispetto a temi, come la responsabilità e la deontologia, e a profili di fondamentale rilievo per la formazione professionale, finalizzata ad acquisire le conoscenze e i “punti di vista” di altre esperienze e contesti culturali, che contribuiscono ad un esercizio consapevole e indipendente delle funzioni giudiziarie.

h. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri,  ambiente, previdenza ed altri.

Ovviamente così come per i tirocinanti, una formazione al passo coi tempi non può prescindere dal puntuale apprendimento di quelle tematiche che, per la loro novità o peculiarità, sono verosimilmente sfuggite all’approfondimento universitario e post-universitario e che, invece, costituiscono oggetto di fenomeni emergenziali di assoluto rilievo.

Primo fra tutti, il fenomeno dell’immigrazione clandestina, riferibile, in maniera ampia, a tutti i casi di ingresso o soggiorno in Italia di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del paese di destinazione.

Come è noto, sul piano quantitativo, i flussi in entrata di soggetti immigrati in maniera irregolare sono divenuti ormai da tempo di enorme consistenza, con una serie di dinamiche indotte di assoluta gravità, sotto più punti di vista.

La magistratura italiana si trova in prima linea nel dover fornire una risposta a questo fenomeno emergenziale, con un approccio multidisciplinare e plurisettoriale di assoluta complessità e delicatezza. Ciò anche perché si assiste ad una produzione normativa emergenziale a ritmi convulsi, che spesso crea questioni di stratificazione e coordinamento regolativo di peculiare difficoltà ermeneutica.

Infatti, intorno alla questione dell’immigrazione si sviluppano questioni di natura giuridica di varia natura, correlate allo status personale, ai sistemi di prima accoglienza, alla tutela dei diritti umani, alle responsabilità penali causative del flusso, all’induzione delinquenziale che ne deriva o che ad essa si collega (prostituzione, schiavitù, commercio di organi, traffico di esseri umani, microcriminalità, etc.).

Specifico rilievo e gravità assume poi la questione dei Minorenni stranieri non accompagnati, rispetto ai quali occorre preparare una magistratura specializzata, che sappia fornire una risposta effettiva, pronta e qualificata, in termini di rafforzamento del sistema di tutela. Tale formazione potrà avvenire anche d’intesa con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, già fortemente interessata al fenomeno.

Tra gli ulteriori temi di attualità, sui quali occorre un richiamo formativo specifico vi sono quelli relativi al terrorismo internazionale, all’informatica, ai sistemi giuridici di risoluzione della crisi di impresa, alla contraffazione e alla tutela del “prodotto made in Italy“, all’ambiente ed all’assetto idrogeologico ed alle problematiche connesse al sistema di Protezione civile. Ma, in questa prospettiva emergenziale, costante attenzione sarà prestata a tutti i settori che più risentono dei mutamenti regolativi e che presentano anche un alto tasso di tecnicismo; si pensi ai temi della previdenza sociale e del diritto del lavoro o al diritto della crisi d’impresa.

Non dovrebbero essere trascurati, infine, temi che, malgrado il loro carattere “tradizionale”, sono oggi ritornati di attualità nella pratica quotidiana, specialmente presso le magistrature di merito, quali quelli attinenti alle materie delle successioni e della pubblicità immobiliare.

Infine, la materia della giustizia penale dovrà dedicare attenzione ai temi della giustizia riparativa in campo penale anche alla luce degli interventi di riforma ed in particolare:

  • alla considerazione del reato in termini non meramente formali (come condotta corrispondente ad una fattispecie astratta descritta da una norma penale), ma anche ‘esperenziali’, ossia come ‘lesione’ che coinvolge direttamente, e sotto molteplici aspetti (morali,materiali, emotivi, relazionali) singole persone e una comunità;
  • all’esame delle sperimentate tecniche per porre attivamente rimedio alle conseguenze dannose del reato, avendo riguardo ai bisogni della vittima.

VI.

La formazione dei dirigenti

1. I corsi per gli aspiranti dirigenti e la formazione dei dirigenti già nominati.

Sulla formazione della classe dirigente, il Consiglio Superiore della Magistratura, in ragione della peculiare attività svolta nella selezione della dirigenza giudiziaria, è chiamato a fornire importanti spunti di riflessione nella elaborazione delle linee guida della formazione.  

Già in passato il Consiglio  (cfr. delibera del CSM del 12 giugno 2014 «Linee programmatiche per l’anno 2014 relative alla formazione permanente dei magistrati giudicanti e requirenti che aspirano al conferimento di incarichi direttivi di primo e secondo grado, da trasmettere alla Scuola superiore della magistratura») ha avvertito l’esigenza di  individuare e definire il ruolo e la funzione della partecipazione della Scuola nel percorso di formazione e di selezione per il conferimento degli incarichi direttivi, affermando, sul piano dei principi, che quest’ultima, nel fornire «elementi di valutazione in ordine al conferimento degli incarichi direttivi con esclusivo riferimento alle capacità organizzative»,svolgerà le funzioni di «organo tecnico ausiliario» della Commissione consiliare competente al conferimento degli incarichi direttivi.

La Scuola in tal senso è tenuta a ricavare gli «elementi di valutazione» dalle conoscenze acquisite dall’aspirante dirigente unicamente nelle materie indicate al comma 1 dell’art. 26 bis.

Sul solco di questa delibera, è bene rilevare che le schede di valutazione e le conseguenti indicazioni del comitato direttivo non possono riguardare per ciascun partecipante dei giudizi (nemmeno se articolati su generiche scale di valutazione) sul livello di apprendimento o di rendimento poiché tali giudizi implicano delle valutazioni approfondite, che travalicano le attribuzioni della scuola.

 In sintesi, dunque, il contributo della Scuola potrà riguardare, in via tassativa, le materie indicate dall’art. 1 dell’art. 26 bis  (criteri di gestione delle organizzazioni complesse  nonché i sistemi informatici e dei modelli di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri servizi). 

Tale premessa per significare che, una volta definiti i fini delle rispettive attività nel settore dei dirigenti, le linee guida elaborate dal Consiglio Superiore della Magistratura dovranno necessariamente porre l’attenzione sui contenuti di tali corsi che, in ogni caso, dovranno costituire l’occasione per elaborare una formazione globale sulla dirigenza, che non prescinda dalla complessità delle responsabilità connesse con tale ruolo.

2. Scopi di una formazione dedicata.

La partecipazione degli aspiranti dirigenti ai corsi di formazione non può rappresentare un adempimento formale, obbligatorio e necessario solo al fine di  ottenere un titolo di legittimazione al concorso.

Occorre che tale occasione ordinamentale divenga uno strumento concreto per elaborare una formazione approfondita in un settore, quello della dirigenza, del quale, solo da pochi anni, si va formando una  coscienza in termini di importanza e centralità del tema  della organizzazione e della managerialità.

Di grande significato appare la recente modifica del Testo unico sulla dirigenza attuata con la  delibera del 28 luglio 2015, al quale ha «rielaborato i criteri oggettivi per la valutazione dell’idoneità direttiva», con l’obiettivo di «guidare il Csm nell’esercizio della propria discrezionalità valutativa» e di «fornire a ciascun magistrato chiare indicazioni in ordine ai possibili sviluppi della propria carriera».

La Scuola Superiore della Magistratura ha ereditato dal CSM la politica di formazione e specializzazione dei dirigenti ed occorre assicurare che il management degli uffici giudiziari possa essere prerogativa di eccellenza dell’ordine giudiziario italiano.

Ciò che conta è non snaturare il magistrato ma coronarne le competenze, facendo in modo che il dirigente, consapevole dei suoi compiti (di direzione, indirizzo, rappresentanza, organizzazione, gestione e programmazione, proposta e informazione, sorveglianza e vigilanza) si inserisca all’interno del circuito della direzione.

E’ per questo necessario che il magistrato possegga, specie se dirige un grande tribunale, tecniche di conduzione del personale e di utilizzazione dei mezzi, capacità di organizzare e programmare il lavoro e di relazionare il servizio con il contesto socio-economico. 

Ecco perché i corsi di formazione mirati allo “studio dei criteri di gestione delle organizzazioni complesse nonché all’acquisizione delle competenze riguardanti la conoscenza, l’applicazione e la gestione dei sistemi informatici e dei modelli di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri servizi” non dovrebbero fare a meno dell’approfondimento di temi a carattere normativo e di ordinamento giudiziario, ivi comprese le numerose attribuzioni che la legge demanda ai capi degli uffici.

La prioritaria necessità formativa è quella di selezionare una classe dirigente ben consapevole degli innumerevoli problemi correlati alla gestione delle plurime emergenze organizzative e che sia tale da relazionarsi alla complessa articolazione amministrativo-burocratica di riferimento (es. gestione dei rapporti con il personale ed azione coordinata con la dirigenza amministrativa).

A livello programmatico è doveroso evidenziare che la scienza dell’amministrazione pubblica  deve essere accostata a singole sessioni formative per lo studio delle normative ordinamentali di riferimento.

In tale settore si auspica un intervento risoluto ed ampio così da confezionare un’offerta formativa all’altezza del ruolo che il magistrato-dirigente sarà chiamato a svolgere.

3. Metodi didattici.

Nelle presenti linee guida si auspica una discontinuità rispetto al passato affinché la teorica dell’organizzazione sia fusa nell’approfondimento pratico e nella elaborazione di corsi curati da magistrati-dirigenti esperti, che sappiano individuare i macro obiettivi della formazione con una ponderata ed accurata selezione degli argomenti che rientrano nelle incombenze di un dirigente.

Sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione , appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione , nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro ,  componenti del CSM e  magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

Insomma si rivela indispensabile mettere a punto – per la formazione professionale dei dirigenti – un modello formativo adeguato ai tempi, in considerazione del numero crescente di incombenze attribuite dalla legge al ruolo dirigenziale in magistratura.

4.La recente esperienza applicativa.

Quanto alla verifica dell’offerta formativa già erogata nel settore dei dirigenti, va detto che i corsi sinora organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura sono apparsi eccessivamente scostati dal dato reale con una scarsa attività di approfondimento della c.d. gestione complessa (per l’appunto settore della giustizia) e delle norme che ne caratterizzano la gestione. La relazione del Comitato Direttivo sull’attività svolta nel quadriennio 2012-2015 consente di effettuare una verifica sull’andamento dei corsi che, pur attuati nel rispetto delle indicazioni di metodo elaborate dal Consiglio Superiore della Magistratura[4], non sono risultati pienamente soddisfacenti.

La relazione suddetta richiama le problematiche indicate dai partecipanti al corso, che hanno segnalato «un’impostazione aziendalistica di impronta privatistica, più adatta alla gestione di ‘aziende’ complesse che a quella degli uffici giudiziari deputati a quel particolare compito che è il rendere giustizia, l’astrattezza di qualche lezione.. Il corso appare incentrato più sulla «’teoria dell’organizzazione’ che sui concreti nodi relativi all’organizzazione degli uffici giudiziari».

Ancora, viene segnalata la mancata previsione di specifiche sessioni dedicate a settori di particolare rilievo per il dirigente, come il regime tabellare, le valutazioni di professionalità, le spese giudiziarie, l’organizzazione della sicurezza e della salute dei lavoratori del proprio ufficio.

In relazione a tali rilievi, si evidenzia che è stata effettuata la scelta di riservare una formazione più approfondita a coloro che già sono titolari di incarichi direttivi, privilegiando per gli aspiranti dirigenti lo sviluppo di competenze di programmazione e di gestione dell’attività.

Gli aspetti critici sopra descritti permangono inalterati tanto che, nel Tavolo tecnico, è stato affrontato il problema di come rimodellare i corsi per i dirigenti e di come renderli idonei allo scopo principale, ovvero quello di fornire  agli aspiranti alla carriera dirigenziale una solida e concreta base di partenza da cui sviluppare la nuova esperienza professionale.

Ancora, si avverte l’esigenza che l’attuale meccanismo seguito per le valutazioni degli elaborati (da predisporre a cura dei partecipanti successivamente al corso), verificati da esperti nella scienza dell’amministrazione pubblica, sia reso conoscibile all’esterno ed in particolar modo ai partecipanti il corso così da poterli rendere edotti anche delle eventuali conseguenze derivanti dalla mancata o tardiva consegna dell’elaborato. D’altro canto potrà essere valutata la possibilità di superare i metodi di valutazione dei partecipanti fondati sulla mera stesura di un elaborato predisposto dagli stessi in un momento successivo rispetto alla partecipazione al corso. Sotto tale profilo potrebbe essere valutata l’opportunità di affidare ai magistrati esperti e agli organizzatori del corso la formulazione di schede finali contenenti elementi informativi sul livello di partecipazione.

La linea guida del settore dunque non potrà che essere quella di confezionare nuovi programmi per i corsi degli aspiranti dirigenti con contenuti ben identificati e correlati alle numerose incombenze gestionali che spettano al dirigente dell’ufficio giudiziario.

 A livello di programma è necessario che vi sia anche l’obiettivo di organizzare appositi corsi per i dirigenti già nominati, da affiancare a corsi per gli aspiranti dirigenti. Si tratta di una formazione complementare al ruolo svolto, la quale non potrà prescindere dall’approfondimento delle tematiche attinenti agli aspetti gestionali, da attuare anche di concerto con il personale della dirigenza amministrativa e con l’intento di fondere le diverse culture professionali (in ambito dirigenziale).

Si auspica la creazione di una apposita area formativa ovvero l’AREA DIRIGENTI, nella quale far confluire tutti i corsi riguardanti la dirigenza.

In tale settore la collaborazione con il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà essere sviluppata anche in funzione di una elaborazione comune di metodologie formative ecco perché, nelle presenti linee guida, si sollecita l’avvio di un “Progetto Dirigenti”nell’ambito del quale sperimentare eventuali nuovi modelli di formazione per gli aspiranti dirigenti e per i dirigenti già in servizio .

VII. 

La formazione decentrata

1. Funzioni ed esigenze ordinamentali: omogeneità e raccordo.

Dal tronco centrale della formazione, si diparte il ramo della formazione decentrata, che ne costituisce una delle articolazioni più ricche di potenzialità.

Il più recente sviluppo regolativo e la prassi degli ultimi anni vedono assegnata alle strutture territoriali un ambito sempre più vasto di competenze, quali:

– la tradizionale didattica di prossimità

– la competenza sui MOT, sui magistrati onorari, sugli stagisti, sui giudici ausiliari presso le Corti d’Appello

– la formazione di conversione

– la didattica linguistica straniera

Dai dati forniti dalla Scuola, si evince che nel primo semestre del 2016 in sede decentrata sono stati organizzati già 366 incontri. Invero, si pone non tanto una questione quantitativa assoluta, ma di qualità del servizio rispetto alla mappatura nazionale.

Sulla base delle conoscenze esperienziali acquisite,in subiectala relativa programmazione deve essere impostata tenendo conto di due fattori essenziali:

– necessaria omogeneità, almeno tendenziale, dell’offerta formativa sul piano nazionale

–  raccordo e coordinamento con la formazione centrale

Quanto al profilo della tendenziale omogeneità sul territorio nazionale, quale punto di partenza, occorre segnalare che le risultanze già emerse in sede di Tavolo tecnico di consultazione dimostrano l’esistenza di una mappatura didattica fortemente sperequata e differenziata nei diversi Distretti.

La morfologia a “macchie di leopardo”, caratteristica dell’attuale sistema giudiziario sotto più aspetti, ha origine multifattoriale, trovando causa in dati quali la differente consistenza quantitativa dei Distretti, i divari di mezzi e strutture, lo scarto tra i livelli culturali di partenza, intesi come percorsi già collaudati, predisposizione dei discenti alla partecipazione, peculiarità locali del corpo togato.

Alcuni margini di miglioramento potrebbero essere conseguiti, con alcune misure di facile attuabilità, quali:

–  rafforzamento dei momenti di formazione uniforme dei formatori decentrati

–  creazione di una più precisa agenda minima comune a tutti i distretti

–  accentuazione dei momenti di supervisione, verifica e raccordo con le strutture decentrate, per intercettare tempestivamente eventuali problemi strutturali o funzionali alla base di servizi di minore efficacia.

Ma, ciò che pure desta preoccupazione è il progressivo venir meno dell’interesse formativo tour court in alcuni territori, tanto che, nei recenti bandi di nomina, mentre  in alcuni distretti sono pervenute domande in misura nettamente superiore ai posti disponibili, da parte di colleghi con notevolissima esperienza formativa, in altri distretti non sono nemmeno pervenute disponibilità: nessuno vuole rivestire il ruolo di referente. Tanto che la procedura dovrà essere rinnovata.

Il Consiglio si ripromette di esaminare, con l’apporto della Scuola, questo dato fenomenico, onde riflettere sulle migliori misure da adottare.

2. Complementarità ed autonomia.

Quanto alla seconda linea metodologica, l’offerta formativa deve essere intesa intanto in termini di complementarietà qualitativa rispetto all’offerta formativa organizzata a livello centrale.

In tale direzione, deve essere oggetto di attenta riflessione, da parte dei formatori decentrati, l’individuazione dei fabbisogni didattici periferici, in un rapporto di prossimità con la realtà locale che, evidentemente, qualifica questo servizio.

Ora, pur a fronte delle notevoli potenzialità dell’istituto, occorre prendere atto della scarsa partecipazione media dei magistrati agli eventi territoriali, realtà che deve sollecitare, in sede di tavolo tecnico, una riflessione sulle possibili cause e sulle possibili soluzioni incentivanti.

Certamente le traiettorie della formazione territoriale si proietteranno sui seguenti macrosettori:

– temi di pronto intervento in-formativo, divulgativo e conoscitivo: in caso di novità rilevanti sul piano normativo o giurisprudenziale, le strutture territoriali sono munite di quella agilità che consente l’organizzazione immediata di incontri di primo contatto col tema, anche accompagnati dall’offerta di materiale scientifico utile; ciò può avvenire anche sui temi ordina mentali, in caso di significativi mutamenti della normativa primaria e secondaria.

– temi di precipuo interesse locale, riferendosi a quegli argomenti che presentino specifici momenti di emersione nel contenzioso del luogo, anche eventualmente in correlazione con l’Avvocatura o con altre strutture pubbliche presenti sul territorio;

– incontri di diffusione ad effetto “eco” (moltiplicatore formativo), cioè su temi già trattati in sede centrale, dei quali si valuti utile la riproposizione in sede locale; anzi tale indicazione potrebbe essere richiesta, alla fine di ogni corso centrale, a tutti i discenti per la successiva diffusione della chance sui territori.

In ogni caso, la complementarità deve essere intesa anche in termini di ausiliarietà degli eventi decentrati rispetto a quelli nazionali, nel senso che, ove risultasse troppo sovraccarica l’esigenza formativa centralizzata, rispetto alle necessità, e si avvertisse, previa interlocuzione condivisa, la difficoltà di gestione di un così ponderoso volume di incontri, si potrebbe valutare la possibilità di affidare alle strutture locali l’organizzazione di corsi, valevoli come corsi propri del circuito della formazione centrale, sotto la supervisione di quest’ultima. Ciò anche nella prospettiva delle pari opportunità (v.supra).

Anche in tali ambiti, appare opportuno ribadire le linee guida già indicate a proposito della formazione permanente, evidenziando come la formazione decentrata, molto spesso, sia utilmente praticata da un gran numero di magistrati e dunque sia destinata a coprire una rilevante fascia di formazione.

Di grande utilità, specie per la formazione dei magistrati in ambito organizzativo, potrebbe rivelarsi la organizzazione di appositi corsi in sede territoriale con un approccio pratico nelle problematiche relative alla gestione dell’ufficio ed al settore organizzativo.

Deve inoltre proseguire ed essere implementato il progetto relativo all’informatizzazione centrale degli incontri di studio territoriali, con immissione diretta delle informazioni relative ai corsi in sede decentrata direttamente nel DB.

Come già chiarito nel Capo dedicato alle Pari Opportunità nella formazione, ma anche oltre tale perimetro, sarà oggetto di preciso e tempestivo confronto, in sede di Tavolo permanente, la possibilità, oggetto di precisa sollecitazione da parte della Scuola, di assolvere all’obbligo formativo della partecipazione annuale a corsi di formazione, anche tramite la frequenza a plurimi corsi decentrati.

3. La formazione dei formatori.

La radice di una valida formazione sta, ça va sans dire, nella adeguatezza dei maestri e delle figure guida. L’investimento di energie, di tempi e di risorse in questo preliminare ambito risulta, pertanto esiziale.

Peraltro, secondo gli ultimi dati conoscitivi forniti dalla Scuola, nel periodo intercorrente tra marzo e luglio 2016 sono scaduti 91 formatori decentrati togati, cioè i 2/3 dei formatori togati, e 72 formatori onorari, cioè oltre il 90% dei formatori onorari. Ciò rende necessario un pronto e vasto momento di formazione dei neo-nominati referenti.

Le competenze da fornire sono, chiaramente, di natura strumentale, sul piano delle conoscenze pedagogiche, educative, scientifiche e relazionali ed anche ordinamentali.

In relazione alle criticità riportate dalla Scuola, inoltre, occorre rinsaldare, in capo ai referenti una perfetta competenze circa il loro stesso ruolo, soprattutto dal punto di vista contabile, fiscale e gestionale (dovrà, per esempio, essere assicurata una piena conoscenza del regolamento di contabilità delle strutture decentrate, con le modifiche apportate sino 28 giugno 2016).

La serena gestione dei loro compiti agevolerà, infatti, l’attività formativa a loro affidata, evitando inutili immobilismi.

Dunque, il contributo da fornire è sfaccettato e multilivello.

In occasione dei periodici incontri di studio dedicati ai formatori, il Consiglio ha preso atto delle difficoltà ed esigenze emergenti ed ha offerto una serie di criteri, soluzioni e metodiche, quale utile viatico per il miglior svolgimento di questa delicata funzione istituzionale.

Il tavolo tecnico sarà il luogo di confronto deputato a focalizzare nuovi bisogni dei formatori e le possibili vie di arricchimento e sostegno del loro percorso.

In via concorrente, si auspica la stabilizzazione dei momenti d’incontro dei rappresentanti della Scuola presso le strutture decentrate, per un pronto e diretto dialogo sui temi in discussione.

VIII.

Gli altri percorsi di formazione

1. La formazione della magistratura onoraria.

La consapevolezza del rilievo dell’attività di formazione (e di aggiornamento professionale) per l’autonomia ed indipendenza del magistrato professionale, , non consente eccezioni per il settore della magistratura onoraria, dove peraltro si avvertono peculiari esigenze di adeguamento della professionalità di un corpo magistratuale numericamente rilevante le cui attribuzioni si sono  progressivamente incrementate nel tempo.

D’altro canto, alla luce delle recenti riforme della magistratura onoraria, che anche il sistema di formazione ed aggiornamento professionale ad essa riferito , impone  un collegamento funzionale sempre più forte con il  più appropriato impiego della stessa negli uffici giudiziari.

Il rilievo numerico della magistratura onoraria, la diversità delle funzioni, in uno ad una più spiccata attenzione per altre “tradizionali” emergenze del sistema giustizia, non ha fino ad oggi consentito la realizzazione di un adeguato  organizzativo della formazione della magistratura onoraria, spesso penalizzato da un’offerta formativa insufficiente ed episodica.

Cosi non c’è dubbio che anche in questo campo, con riferimento alla fase iniziale del rapporto onorario, collocato nell’ambito dell’ufficio del processo, sia necessaria una particolare attenzione alla formazione iniziale, che potrà essere  assicurata con  un adeguata previsione di  teorico- pratici, al cui durata potrebbe essere di mesi sei, scaglionata nei primi due anni di attività .

Con riferimento ai giudici onorari che svolgono direttamente le funzioni giurisdizionali , oltre ad eventuali iniziative di formazione a livello centrale destinate esclusivamente ai magistrati onorari, si ritiene opportuno prevedere una formazione continua che preveda almeno un corso annuale per ciascun magistrato onorario.

Sul piano organizzativo e metodologico,  l’organizzazione della formazione della magistratura onoraria dovrà essere costituita da una offerta che si colloca soprattutto a livello distrettuale, così da consentire un intervento più capillare e gestibile, anche con riferimento alla peculiarità dei destinatari dell’offerta formativa.

Appare necessario che sia favorita una progressiva valorizzazione di stabili momenti di confronto a livello di realtà operative territoriali, riservando alle iniziative centrali, che dovranno essere poche e ben selezionate,  il compito di creare momenti di riflessione funzionali all’elaborazione di organiche linee di orientamento.

In tale quadro è opportuno che la Scuola  assicuri ogni necessario supporto alla  struttura organizzativa a livello decentrato, affinchè  possa curare sia l’aspetto della formazione iniziale che quella permanente di tutta la magistratura onoraria.

La struttura distrettuale,  sulla base delle indicazioni fornite dalla SSM in sede centrale, dovrà assicurare un’offerta formativa capace di soddisfare le esigenze di una platea di utenti che richiedono, per caratteristiche inerenti alle modalità di selezione, all’origine e soprattutto alla peculiarità delle attribuzioni, una caratterizzazione specifica e diversificata. E’ inoltre auspicabile  la predisposizione di moduli formativi e di metodologie didattiche funzionali sia

alla tipologia delle attribuzioni dei magistrati onorari che alla natura dei soggetti destinatari dei  processi formativi, con adeguata valorizzazione di tematiche di carattere ordinamentale e deontologico. Infine dovrà essere adottato un modello di “formazione permanente obbligatoria”, mediante la previsione di una costante, quanto meno annuale,  partecipazione alle attività organizzate dalla struttura di formazione.

Nella predisposizione dell’attività di formazione si suggerisce di prevedere anche iniziative di carattere interdistrettuale, accorpando distretti viciniori, consentano un più ampio confronto delle rispettive esperienze:

Si segnala, inoltre, la necessità di predisporre , sulla scorta dei medesimi principi metodologici, opportune iniziative formative dedicate ai giudici ausiliari delle corti di appello.

2. La formazione degli operatori della giustizia diversi dai magistrati (stagisti) nonché la collaborazione formativa con le organizzazioni forensi e le scuole di specializzazione.

Tale settore riguarda una peculiare attività di formazione estesa all’intero comparto della giustizia.

Intanto, ai sensi della legge 21 giugno 2013 n. 69 convertito in Legge 9 agosto 2013 n. 98 e modificato, da ultimo, dal d.l. 90/14 conv. in L. 114/14 ha introdotto, con l’art. 73, la possibilità, per «i laureati eccellenti» di espletare un percorso di formazione presso gli uffici giudiziari a mezzo

di tirocini. Il percorso di formazione, affidato a «magistrati formatori» e seguito, a monte, da coordinatori  dei  tirocini (CSM,  delibera    29  aprile  2014), include,  tra  l’altro,  la frequenza di  corsi dedicati obbligatori  (SSM, risoluzione n. 284/2014) organizzati dalla  Formazione Decentrata con cadenza semestrale.

Gli stagisti richiedono chiaramente una preparazione modulatata sullo stato delle loro conoscenze e competenze, ma anche tarata sul ruolo che essi sono chiamati a svolgere presso gli uffici giudiziari. In tal senso, essi vanno attentamente formati in vista del ruolo e dell’apporto per essi previsto dalla legge.

Inoltre, rientrano nell’ambito di cui titolo le collaborazioni con le università, con le organizzazioni forensi e con i consigli di presidenza delle altre magistrature (tributaria, amministrativa, militare e contabile).

Da non trascurare le linee programmatiche della collaborazione formativa con le organizzazioni forensi, da attuare con particolare attenzione nella materia delle ADR (mediazione e negoziazione assistita), la quale si presta ad essere approfondita e studiata anche per il perseguimento dei risultati nell’ambito della riduzione del contenzioso civile e per la diffusione di una vera e propria cultura della mediazione.

La collaborazione formativa con le scuole di specializzazione può essere implementata così da  trovare uno sbocco immediato sia nella gestione dell’offerta formativa per i tirocini previsti dall’art. 73 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, sia per una più intensa attività di studio e di collaborazione nell’intento di delineare la base organizzativa per  l’ufficio del giudice.

La collaborazione con le scuole di specializzazione, infine,  può rappresentare l’occasione di avvicinare il mondo della giustizia all’ambiente accademico per progetti di studio comuni e di ricerche sulle tematiche di maggiore modernità in ambito giudiziario.

IX.

Conclusioni

La presente delibera, nel delineare un progetto culturale unitario relativo all’intera magistratura, anche con riferimento alla formazione iniziale ed alla formazione del settore dirigenziale, vuole porre in rilievo la circostanza che nel servizio che presta a favore della collettività,  il magistrato, deve essere sostenuto costantemente da un ricco nutrimento formativo.

La funzione didattica ed educativa costituisce, in altri termini, il viatico essenziale per il corretto esercizio delle funzioni giudiziarie, in modo realmente autonomo ed indipendente, cioè con la credibilità ed affidabilità che derivano dalla forza legittimante di un’alta professionalità.

Il magistrato non è un perito  del diritto, né un burocrate, ma una persona che opera nella società, con unmunusdi rilievo istituzionale e sociale ed è per questo  che un esercizio autorevole della sua professione non può fare a meno della misura culturale, umile e sensata, del proprio ruolo.

Risuonano quanto mai attuali le parole contenute in una richiamata delibera consiliare del 1996 nella quale veniva sottolineato come “soltanto  un elevato  livello  di  professionalità  diffusa  dei  magistrati  consente all’intervento giudiziario di essere  davvero indipendente ed  autonomo, se autonomia significa, come deve significare, non già la possibilità di scelte  arbitrarie,  soggettivistiche,  casuali  o  frutto  d’ignoranza,  ma consapevole  e  veramente  autonoma  scelta  –  autonoma perché consapevole  e  culturalmente  fondata  –  tra  le  interpretazioni  possibili della norma, del fenomeno reale, del proprio stessoruolo. Soltanto un elevato  livello  di  professionalità  conferisce  legittimazione  all’intervento giudiziario, anche a quello innovativo ed a quello che afferma la difficile cultura della legalità e delle garanzie”.

Un’adeguata formazione, radicata nella tradizione e protesa verso l’avanguardia, lungi dall’ipotizzare  un modello utopistico di amministrare la giurisdizione, deve contribuire a sviluppare l’autonomia e la saggezza nel decidere, lontano da  scelte arbitrarie o soggettivistiche, ma secondo la sana coscienza del rendere giustizia, nel caso concreto, in modo equilibrato e consapevole, e con una ricca idealità.

“Noi dobbiamo essere, in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l’avvenire”, secondo le indimenticabili parole di Vittorio Bachelet.

Una società in cammino ha la necessità di uomini ben formati e sensati e la dimensione culturale del proprio mestiere costituisce l’ obiettivo primario ed irrinunciabile di ogni esperienza formativa.

Obiettivo che potrà più facilmente essere raggiunto attraverso una esperienza il più possibile condivisa tra il CSM e la SSM da realizzarsi mediante:

  • il costante aggiornamento del tavolo tecnico permanente;
  •  il potenziamento dell’offerta integrativa sulle emergenze tematiche del momento (oggi rappresentate dall’immigrazione, dai minori stranieri, dalla tutela dell’ambiente e dall’uso delle nuove tecnologie) e sui temi ordinamentali;
  • la verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione;
  • la realizzazione in materia omogenea della formazione decentrata sul territorio.”

[1]Si precisa, sul piano terminologico, che la legge parla solo di “tirocinio”, mentre usa l’espressione «formazione iniziale» solo relativamente alla magistratura onoraria

[2] Proposta ai sensi dell’art. 10, secondo comma, Legge 24 marzo 1958 n. 195 concernente il tirocinio dei magistrati. (Delibera del 2 luglio 2014)

[3] Gli artt. 129, R.d. n. 12 del 1941, e 48, D.p.r. n. 916 del 1958 sull’ordinamento giudiziario avevano rimesso al C.S.M. la regolamentazione del tirocinio degli uditori, limitandosi a fissarne la durata in almeno due anni, da trascorrere presso i tribunali e le procure della Repubblica con opportuni avvicendamenti, con possibilità che fossero conferite le funzioni dopo almeno un anno di tirocinio. La materia era stata successivamente riorganizzata dal D.p.r. 17 luglio 1998 e dalla circolare del C.S.M. del 30 luglio 1999, che avevano fissato in 18 mesi la durata minima del periodo di tirocinio(di cui 13 mesi di tirocinio «ordinario» e 5 di tirocinio «mirato»), precisando le regole e le competenze del C.S.M., dei Consigli giudiziari e delle commissioni uditori costituite a livello dei distretti di corte d’appello.

[4] la Scuola ha legato gli «elementi di valutazione» di ciascun aspirante, «oltre che alla diligente e proficua partecipazione al corso», ad una esercitazione da svolgersi in remoto entro 20 giorni dalla fine del corso. Ogni partecipante è chiamato ad redigere un progetto tale da fare fronte ad una situazione di difficoltà organizzativa relativa agli uffici giudiziari di appartenenza o ad uffici similari.  La valutazione dell’elaborato è consistita nella verifica «dell’abilità di personalizzazione dei concetti e delle nozioni che il corso ha presentato nelle varie sessioni» senza giudizi contenenti numeri o l’uso della tradizionale aggettivazione (insufficiente, buono, ottimo, ecc.) «che avrebbero rimandato ad una graduazione di valori di difficile e opinabile costruzione». 

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