Una finestra sull’Europa

di Paolo Mammola

L’ordine giudiziario non può esimersi, al fine di un efficiente esercizio del potere giurisdizionale di cui esso è costituzionalmente investito, dal valutare il proprio operato, alla luce della soggezione dell’Italia agli obblighi internazionali ed eurounitari, nonché entro un dialogo tra le Corti sovranazionali.

Una tale premessa presuppone la valorizzazione di ogni sensibilità comparatistica all’interno della Magistratura italiana, che non esiti a farsi propulsore – in Unicost ravvisando un veicolo – di un allineamento del processo civile ai livelli di altri Paesi europei, le cui misure, pur caratterizzandosi per la celere definizione dei procedimenti (in particolare, di ultima istanza), hanno nondimeno trovato positiva sanzione presso le Corti costituzionali.

Sembra potersi diffusamente condividere l’assunto che una giustizia tardiva non sia giusta o che, almeno, non sia percepita come tale, non solo dal cittadino o residente italiano, ma altresí dagli operatori economici stranieri, dissuasi dall’effettuare investimenti nella nostra Penisola, che indicatori internazionali, da un lato, e più significative sanzioni della Corte EDU, dall’altro, contraddistinguono per le lungaggini dei procedimenti giudiziari.

Senso dello Stato, disciplina ed onore chiamano il Magistrato a prendere atto che la reputazione dell’ordinamento giudiziario passa anche attraverso la capacità di stimolare e guidare il legislatore, nella direzione di un ripensamento di istituti tradizionali e, conseguentemente, di un adeguamento del sistema processualcivilistico ai livelli di Paesi di cultura giuridica affine, avendo riguardo ai risultati che, in termini di efficienza, vi si sono raggiunti.

Lo studio che qui si introduce, e presenta, mira ad offrire un terreno di confronto teorico e pratico, per il superamento di quanto osti ad una celere definizione dei processi, in uno al rispetto del diritto di accesso alla giustizia, come interpretato anche in altri ordinamenti, ove non si esita a restringere l’accesso alle Corti Supreme, proprio in ossequio al principio del giusto processo.

Si è accennato al necessario ricorrere ad un metodo comparativo, che, lungi dal consistere in una erudizione avente ad oggetto il diritto straniero, rappresenta per il giurista, in quanto umanista, ciò che per lo scienziato è il laboratorio, ossia il raffronto con il momento empirico dell’indagine. Non è ignoto alla letteratura giuridica italiana – si pensi alla visione emergente dalla Prefazione agli Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione di Tullio Ascarelli – che, allorquando un medesimo problema si manifesti in differenti luoghi geografici, la soluzione adottata nell’uno possa sperimentarsi nell’altro. Vero è, del resto, l’inverso, ossia che la circostanza che un problema – in ipotesi, la lenta definizione dei processi – sia presente solo in uno fra territori culturalmente affini, fa sí che possa più agevolmente ricostruirsi l’etiologia del problema medesimo – ad es., la inadeguatezza del sistema legislativo, l’esperirsi indiscriminato e non selezionato dei gravami, l’insufficienza dell’organico.

Quanto premesso favorisce la comprensione del presente intento di valutare (in particolare, a partire dall’ultimo decennio) se istituti processuali esteri, una volta esaminatane struttura e funzione, possano − in una prospettiva de jure condendo − giovare al sistema processuale italiano, la cui interpretazione teleologicamente orientata al soddisfacimento dei valori costituzionali (anche di fonte europea) comprende la ragionevole durata dei processi.

Si avrà riguardo, a tal fine, alle esperienze di Paesi europei (Regno Unito, Germania, Francia e Spagna), ove – può qui anticiparsi − si ravvisa, con ampiezza differente, il comune sussistere di meccanismi di filtro e preliminari vagli di ammissibilità alle rispettive Corti Supreme.

Se si mira a consegnare alla fruizione del lettore una panoramica dei temi enunciati prima dell’inizio d’estate 2016, dapprima si auspica di poter cominciare con l’illustrare il c.d. leave to appeal, in quanto filtro per l’ammissibilità del ricorso alla House of Lordsed occasione per un approccio al sistema giudiziario del Regno Unito.

Paolo Mammola *

*      Junior Academic Visitor, Commercial Law Centre, Harris Manchester College, Oxon;

Dottorando di Ricerca in Diritto privato e commerciale, Università degli Studi di Salerno;
Alumnus in Giurisprudenza, Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’.

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