Vademecum sui principali orientamenti della Procura Generale sulla risoluzione dei contrasti

di Fulvio Baldi

SOMMARIO: Premessa

PARTE PRIMA:

Orientamenti di diritto sostanziale

A) REATI CONTRO IL PATRIMONIO: Le condotte illecite ai danni degli istituti assicurativi (art. 642 c.p. e possibili altri) -Le truffe on line- Le truffe non informatiche (art. 640 c.p.) – Omesso pagamento del pedaggio autostradale (artt. 640 c.p. e 641 c.p.) -Omessa restituzione di beni ricevuti in leasing(art. 646 c.p) -La ricettazione (art. 648 c.p.) ed i reati tradizionalmente connessi – L’usura (art. 644 c.p.) -B) ALTRE TIPOLOGIE DI ILLECITI: La corruzione (art. 318 ss. c.p.) -La diffamazione (art. 595 c.p.) -Le lesioni colpose (art. 590 c.p.) -Lo stalking (art. 612 bis c.p.) -I maltrattamenti (art. 572 c.p.) ­Sottrazione e trattenimento di minori all’estero (art. 574bisc.p.) -I reati associativi (art. 416 c.p., 416 bis c.p., art. 74 d.P.R. n. 309/1990) -L’accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 terc.p.) -L’omesso versamento dei contributi INPS (art. 2, comma primo bis, d.l. n. 463 del 1983, conv. con mod. in l. n. 638 del 1983) -La frode sportiva (all’art. 1, comma primo, l. 13 dicembre 1989, n. 401)

PARTE SECONDA:

Orientamenti di diritto processuale

Gli spostamenti di competenza ex art. 11 c.p.p.

Premessa

Come è noto, la Procura Generale della Cassazione ha diramato a tutte le Procure della Repubblica, ad inizio di autunno del 2014, una sorta di vademecum per illustrare, circa le tipologie più ricorrenti ed attuali di contrasti, quali fossero gli orientamenti consolidati da essa adottati su ognuna di dette tipologie, al fine di favorirne la conoscenza negli uffici requirenti di primo grado. Tale documento, pur non avendo, né potendo avere, efficacia vincolante, di fatto è servito ad orientare i sostituti procuratori dell’intero territorio nazionale circa l’opportunità di sollevare un contrasto, in base alla presumibile opinione di chi avrebbe dovuto deciderne l’esito. Anche ad esso si deve, con ogni probabilità, la riduzione dei contrasti iscritti nel 2014 (n. 380) a fronte di quelli iscritti nel 2013 (n. 530). Nell’anno 2015, invece, si è registrato un aumento del numero dei contrasti pervenuti (n. 437), ricollegabile al fatto che ben 73 di essi ha riguardato il fenomeno delle truffe on line, su cui la sentenza n. 25230/2015 della Cassazione ha rivisitato un pregresso orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato, che ancora questa Procura segue, provocando l’effetto del nuovo aumento del contenzioso sulla competenza. Così come già nella prima edizione, nel cd. vademecum sono contenuti, comunque, solo gli orientamenti:

1) consolidati della Procura Generale della Cassazione;

2) tendenzialmente non in difformità dalla giurisprudenza di legittimità;

3) corrispondenti a tipologie di contrasto maggiormente frequenti.

Rispetto alla prima versione del documento si è preferito aggiungere, oltre che i necessari aggiornamenti, anche una serie di suggerimenti volta a favorire l’osservanza delle norme processuali così come interpretate dalla Procura generale, sempre al fine di contenere i contrasti “evitabili”.

PARTE PRIMA: ORIENTAMENTI DI DIRITTO SOSTANZIALE

A) REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Le condotte illecite ai danni degli istituti assicurativi (art. 642 c.p. e possibili altri)

1) Nel caso di denuncia di infortuni mai accaduti (art. 642, c. 2, c.p.), è stato ritenuto che il reato si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la denuncia perviene alla società assicuratrice, soggetto passivo del reato, che solo al momento della ricezione viene a conoscenza di un atto che fino a quel momento resta nella sfera del denunciante. Ne consegue la competenza della Procura ove si trova l’ufficio cui la denuncia viene recapitata.

2) La soluzione non cambia laddove la denuncia del falso incidente si accompagni alla falsificazione di certificati medici attestanti lesioni in realtà mai riportate (art. 476 c.p.), posto che, pur nella connessione dei delitti previsti dagli artt. 642 c.p. e 476 c.p., non conoscendosi il luogo in cui quest’ultimo, decisamente più grave, sia avvenuto, la competenza deve determinarsi in relazione al reato residuo.

3) La stessa soluzione è stata adottata nel caso in cui la truffa si sostanzi nella falsa denuncia del furto dell’auto (art. 367 c.p.). In tal caso, in presenza della connessione, stante la maggiore gravità del reato sub art. 642 c.p., si applica la regola per cui è competente la Procura ove si trova l’ufficio della società assicurativa cui la denuncia viene recapitata.

Le truffe on line

Va premesso che in ogni caso di truffa on line nel commercio elettronico (mediante artifici e raggiri consistenti nell’invio di messaggi volti a indurre in errore la persona offesa e tesi ad ottenere il pagamento mediante forme di bonifico telematico o su carte prepagate) il delitto di truffa è delitto istantaneo di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo: è pertanto irrilevante il luogo nel quale il raggirato abbia effettuato il pagamento, assumendo rilievo ai fini della consumazione del reato esclusivamente il luogo nel quale l’autore della contestata truffa consegue la provvista.

In base agli ormai consolidati orientamenti della Procura generale della Cassazione, ai fini della determinazione della competenza, rileva:

1) nei casi di pagamento a mezzo vaglia postale, il luogo ove il vaglia viene materialmente riscosso;

2) nei casi di pagamento a mezzo bonifico, il luogo ove ha sede la filiale presso la quale l’autore della condotta ha acceso il conto corrente su cui sono state accreditate le somme tramite bonifico bancario;

3) nei casi di pagamento a mezzo ricarica di carta prepagata (postepay e simili), ove detta carta sia “appoggiata” su un conto corrente bancario o postale, il luogo ove hanno sede la filiale della banca o l’ufficio postale presso il quale è stato acceso il conto medesimo;

4) nei casi di pagamento a mezzo ricarica di carta prepagata (postepay e simili), ove detta carta nonsia “appoggiata” ad alcun conto corrente, il luogo ove hanno sede l’ufficio o l’esercizio commerciale presso il quale la carta prepagata è stata attivata (identificabile attraverso il cd. codice univoco della carta).

Laddove le indagini non abbiano consentito di acquisire alcuno dei dati di cui ai punti precedenti, ai sensi dell’art. 9 cpv. c.p.p. rilevano il luogo di residenza e di domicilio dell’indagato. E’ appena il caso di aggiungere che tali criteri consentono una più agevole concentrazione delle indagini ed un più efficace esercizio dell’azione penale.

La Procura generale, dunque, non aderisce all’impostazione interpretativa della sentenza n. 25230/2015 della Prima sezione penale della Cassazione, palesemente in contrasto con altra precedente giurisprudenza (v. Sez. II, n. 7749/2015), con l’auspicio che possano intervenire le Sezioni Unite, già allertate con la segnalazione di contrasto n. 68/2015 da parte del Massimario, a mettere ordine in materia.

Le truffe non informatiche (art. 640 c.p.)

Il reato di truffa, essendo reato istantaneo e di danno, si perfeziona nel luogo del conseguimento dell’effettivo profitto, con il contestuale concreto danno patrimoniale subito dalla parte offesa. Il principio ha varie applicazioni pratiche:

1) Quando il reato abbia come oggetto immediato il conseguimento di assegni bancari, il danno si verifica nel momento in cui i titoli vengono posti all’incasso ovvero usati come normali mezzi di pagamento, mediante girata a favore di terzi portatori legittimi;

2) Nel caso di consegna al vettore, ai sensi dell’art. 1685 c.c., le cose restano nella disponibilità del mittente fino alla consegna al destinatario, momento in cui passano nella disposizione di quest’ultimo. Il profitto viene, dunque, realizzato dall’indagato nel luogo in cui la merce fu consegnata e il profitto illecito conseguito;

3) La truffa contrattuale si consuma non già quando il soggetto passivo assume per effetto di artifici e raggiri l’obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato;

4) In tema di mutuo il reato si consuma con la consegna del danaro;

5) Nel caso di finanziamento per l’acquisto di un’autovettura il reato si consuma non già nel momento in cui la società finanziatrice ha deliberato la concessione del finanziamento, bensì nel momento in cui il denaro è stato materialmente erogato al richiedente tramite il beneficiario concessionario;

6) Nel caso di truffa consumata in danno di una compagnia assicuratrice, il reato si consuma nel luogo e nel momento in cui l’agente ha ricevuto la polizza assicurativa nonché i relativi documenti assicurativi.

Laddove la truffa si manifesti in connessione con altri reati (per il caso di ricettazione v. l’apposito paragrafo), si applica l’art. 16 c.p.p..

Omesso pagamento del pedaggio autostradale (artt. 640 c.p. e 641 c.p.)

In materia occorre distinguere:

  • integra gli artifici e i raggiri tipici della truffa la condotta di chi abbia imboccato la corsia che conduce alle porte riservate al possessore di Telepass o Viacard, ponendosi poi sulla scia dell’autovettura che lo precede munita di telepass o di tessera Viacard, il quale guadagni l’uscita dal casello prima che la sbarra si abbassi. In tal caso la truffa si consuma nel momento e nel luogo di conseguimento del profitto e, quindi, con il passaggio della barriera autostradale di uscita (cfr. Cass. n. 666/10, 51810/13, 51278/14);
  • integra invece il reato di insolvenza fraudolenta la condotta di chi si immetta nella rete autostradale con il proposito – reso successivamente manifesto dalla impossibilità/indisponibilità a pagare verificata al momento dell’uscita dalla rete stessa -di non adempiere alla relativa obbligazione (cfr. Cass. n. 7738/97). In relazione al reato di insolvenza fraudolenta la Procura generale suole determinare la competenza a favore della Procura presso il Tribunale nel cui territorio si è verificato il primo passaggio autostradale abusivo, restando i successivi ininfluenti ai fini della competenza stessa. La soluzione è imposta dall’art. 16 c.p.p. per i reati connessi di pari gravità, in cui si privilegia il primo in ordine cronologico.

Omessa restituzione di beni ricevuti in leasing (art. 646 c.p)

Va premesso che integra il reato di appropriazione di un bene ricevuto dall’agente in leasing la condotta di mancata restituzione dopo la risoluzione del contratto e l’avvenuta richiesta di rendere il bene, essendo il delitto integrato dalla mera interversione del possesso, che sussiste anche in caso di mera detenzione qualificata, consistente nell’esercizio sulla cosa di un potere di fatto al di fuori della sfera di sorveglianza del titolare. Secondo l’orientamento della Procura, ai fini della determinazione della competenza deve aversi riguardo al luogo in cui i beni sono stati consegnati al locatario, che a volte coincide per contratto con quello in cui essi vanno anche restituiti. Il luogo di avvenuta consegna, invero, segna quello certo di utilizzo dei beni ricevuti in leasing e si fa preferire rispetto a quello, incerto, di dove si trova il bene al momento in cui andrebbe restituito. Ne consegue che, laddove luogo della consegna e luogo della mancata restituzione non coincidano, quest’ultimo non ha alcuna rilevanza decisiva.

La ricettazione (art. 648 c.p.) ed i reati tradizionalmente connessi

Il luogo in cui si consumano le condotte di ricettazione (ricezione, acquisto, occultamento, intromissione finalizzata alle predette condotte) è, di solito, non conosciuto.

1) Orbene, nel caso di indagato ignoto, poichè trattasi di reato istantaneo, che si perfeziona all’atto della ricezione della cosa proveniente da delitto, a nulla rilevando il luogo in cui viene accertata la detenzione della res,non può aversi riguardo al criterio previsto dall’art. 8, comma 1, c.p.p., nè può farsi riferimento al criterio sussidiario di cui all’art. 9,comma 1, c.p.p., sicchè è doveroso applicare la regola residuale dell’art. 9, comma 3, c.p.p.

2) Nel caso di indagato noto, invece, può applicarsi il criterio sussidiario di cui al secondo comma dell’art. 9 (residenza, dimora o domicilio). Nessun rilievo devono avere il luogo in cui è stato commesso il reato presupposto o quello in cui la cosa ricettata è stata rinvenuta, posto che l’elemento oggettivo della fattispecie fa riferimento alle condotte di acquisto, ricezione, occultamento ed intermediazione.

3) Spesso la ricettazione si manifesta in connessione con altri reati. L’ipotesi più frequente è quella della truffa (art. 640 c.p.) e della sostituzione di persona (art. 494 c.p.), allorquando l’indagato, ricevuti assegni provento di furto o rapina, li contraffà, spesso fornendo anche false generalità, e li gira ad ignaro venditore incamerando il profitto derivante dal negozio giuridico stipulato con quest’ultimo. In tale contesto, sebbene la ricettazione funga da reato sicuramente più grave tra quelli connessi, essa resta consumata in luogo non conosciuto. Sarà quindi competente il P.M. del luogo in cui si è consumato con certezza il reato connesso in via gradata meno grave rispetto alla ricettazione, a norma dell’art. 16, commi 1 e 3, c.p.p.. Nel caso della falsità in scrittura privata, prima dell’intervento di depenalizzazione del reato sub art. 485 c.p. (ex art. 1 del d.lgs. 15.1.2016, n. 7, in vigore dal 6.2.2016), come è noto il reato si perfezionava con il primo atto di uso del documento falso, essendo questo il luogo di consumazione dell’illecito. A tale momento, dunque, per effetto di detta depenalizzazione, non si potrà dare più importanza. Caduta ogni ragione di connessione con la ricettazione, il luogo di consumazione del reato si dovrà, pertanto, individuare solo con riferimento a quest’ultima figura.

4) Stessa sorte tocca alle ipotesi di concorso tra la ricettazione ed il reato di cui all’art.55 d.lgs. 21 novembre 2007n. 231, sostanzialmente riproducente il testo dell’art.12 della l. 5 luglio 1991, n. 12. Per detta norma è punito chiunque, al fine di trarne profitto per sè o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi oppure, sugli stessi oggetti, operi falsificazioni, alterazioni o semplicemente ne sia in possesso, li ceda, li acquisisca. Orbene, laddove non sia noto il luogo di consumazione della ricettazione, i cui rapporti con la condotta de qua sono stati chiariti da Sez. Un. n. 22902/2001 nel senso della specialità reciproca, competente a procedere è la Procura nel cui territorio sia avvenuta una di dette condotte e, tra esse, soprattutto quella dell’utilizzo, non occorrendo la realizzazione del profitto ai fini della consumazione dell’illecito. Il caso classico è quello dell’acquisto di un biglietto in una stazione ferroviaria facendo uso di un personal number reservation abusivamente captato.

L’usura (art. 644 c.p.)

Il delitto di usura, rientrando nel novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata, si consuma con i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario, atteso che questi ultimi compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, sicchè essi non sono qualificabili come post factum non punibile dell’illecita pattuizione (v. Cass. pen., Sez. II, n. 34910/2008). Laddove difetti l’elemento della riscossione dei ratei usurari, dovrebbe aversi riguardo al momento del perfezionamento dell’accordo o, se questo è ignoto, al luogo in cui è avvenuta la richiesta della somma in denaro.

In tema di usura bancaria, nessuna importanza, ai fini della competenza, riveste la sede legale ove operano i vertici della banca.

B) ALTRE TIPOLOGIE DI ILLECITI

La corruzione (art. 318 ss. c.p.)

Il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa ovvero con la dazione -ricezione dell’utilità, e tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione -ricezione, è solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l’offesa tipica, il reato viene a consumazione (Sez. Un n. 15208/2010). Lo stesso principio è stato affermato in relazione al millantato credito(art. 346 c.p.), avuto riguardo all’analogia di struttura con la corruzione (Sez. 6, Sentenza n. 50078 del 28/11/2014, Rv. 261540).

La diffamazione (art. 595 c.p.)

Vanno distinte le diffamazioni a mezzo stampa, a mezzo TV e a mezzo Internet.

1) Il reato di diffamazione a mezzo stampa si consuma nel luogo e nel momento in cui ha avuto diffusione la notizia di stampa ritenuta lesiva, la quale di solito coincide con il luogo della stampa, nella ragionevole presunzione che, una volta uscito lo stampato dalla tipografia, si verifica l’immediata possibilità che esso venga letto da altre persone e, quindi, la diffusione dello stesso in senso potenziale con contestuale percezione dell’offesa. Venuto meno l’obbligo di deposito preventivo delle pubblicazioni presso la Prefettura a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 3 maggio 2006, n. 252 e potendo tale deposito avvenire entro 60 giorni dalla pubblicazione, esso non è più utile a determinare il momento della diffusione. Si impone, quindi, il ritorno al criterio generale che rimanda all’accertamento del luogo di stampa. Dato che alcuni giornali vengono sottoposti ad una particolare procedura industriale di “incellophanatura”, questo ufficio ha ritenuto che la prima diffusione avviene subito dopo tale accorgimento, allorquando il settimanale è pronto per essere distribuito ai rivenditori, con immediata possibilità, quindi, che esso venga letto da persone estranee al procedimento di redazione e stampa. Nel caso di stampa estera, deve aversi riguardo al primo luogo di diffusione in Italia, con conseguente radicamento della giurisdizione nazionale o, se non è possibile determinarlo, a quello del luogo di prima iscrizione ex atrt. 9, c. 3, c.p.p..

2) Il reato di diffamazione a mezzo trasmissione televisiva si consuma nel momento e nel luogo in cui avviene la diffusione della trasmissione televisiva; l’art. 30 l. 223/90 deroga alla disciplina generale disponendo che, quando vi sia attribuzione di un fatto determinato, la competenza territoriale è determinata in base al luogo di residenza della persona offesa. Tuttavia, in un caso in cui la persona offesa risultava risiedere all’estero, questo ufficio, ritenendo non più applicabile la disciplina derogatoria, ha determinato la competenza territoriale in base alla regola dell’art. 8 c.p.p. con riguardo al luogo di consumazione del reato, avvenuto in Roma negli studi RAI.

3) Quanto alla diffamazione via internet, l’inserimento di frasi offensive o di immagini denigratorie nella rete telematica (internet) dà luogo ad un reato di evento che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa. Quando, tuttavia, non sono noti né il luogo in cui le espressioni inserite nella rete telematica sono state percepite da terzi, né il luogo in cui l’agente ha immesso le stesse nel relativo sitoweb, condotta che costituisce una parte dell’azione (art. 9, c. 1, c.p.p.), per l’individuazione del luogo di consumazione del delitto de quo deve farsi ricorso al criterio suppletivo di cui all’art. 9, c. 2 c.p.p., cioè al luogo di residenza, domicilio o dimora dell’indagato, ovvero ancora al criterio suppletivo di cui all’art. 9, c. 3, c.p.p.

Nel ribadire il principio di cui sopra, si è altresì precisato che il diverso luogo nel quale risultano immesse nel web le espressioni ritenute lesive dell’altrui reputazione potrebbe venire in considerazione solo qualora mancasse l’effettiva percezione della notizia e, quindi, nel caso di reato tentato.

Le lesioni colpose (art. 590 c.p.)

Il delitto di lesioni personali colpose è reato istantaneo che si verifica nel momento dell’insorgenza della malattia. L’insorgenza della sintomatologia durata per lungo periodo determina il luogo (ed il momento) della consumazione. Se non è possibile stabilire ove la malattia è insorta, è competente il P.M. che ha iscritto per prima la notizia di reato.

Laddove le lesioni siano state provocate da merce adulterata oggetto di vendita, il luogo noto dell’adulterazione, ove è sito lo stabilimento di produzione, prevale su quello in cui è insorta la malattia. Se si tratta di medicinale, e non è chiaro ove esso sia stato prodotto, riprende vigore il criterio dell’insorgenza delle lesioni, non avendo alcun rilievo il luogo in cui l’assunzione di esso sia stata prescritta.

Lo stalking (art. 612 bis c.p.)

Trattasi di reato abituale e di evento, che si consuma non appena gli atti abbiano raggiunto un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima. Il luogo di consumazione è quello in cui vengono percepiti i primi atti persecutori e minacciosi. Laddove il reato si accompagni a fatti di sangue, deve valutarsi la gravità e l’entità di questi ultimi. In caso di lesioni lievi (art. 582 c.p.), stante la connessione, a guidare la competenza resterà il reato di stalking, ma non altrettanto può dirsi laddove le lesioni siano gravissime (art. 583 c.p.) o, a maggior ragione, qualora si verifichino episodi omicidiari (art. 575 c.p.). Per le ipotesi di connessione con il reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.) v. oltre.

I maltrattamenti (art. 572 c.p.)

Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti. È stata ritenuta, specificamente, non applicabile la norma di cui all’art. 8, c. 3, c.p.p., riferita ai reati permanenti e non segnatamente a quelli abituali, ed applicabile invece la norma sub art. 9, c. 1, c.p.p. (l’ultimo luogo dove è avvenuta una parte dell’azione). In caso di connessione con fatti di stalking (art. 612bis c.p.) la competenza sarà determinata dal luogo di consumazione dei maltrattamenti, in quanto reato più grave. Resta per lo più assorbita la competenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), che si consuma nel luogo in cui l’assistenza va prestata.

Sottrazione e trattenimento di minori all’estero (art. 574 bis c.p.)

Trattandosi di reato permanente, ai fini della competenza deve privilegiarsi l’applicazione dell’art. 8, c. 3, c.p.p. (luogo in cui ha avuto inizio la consumazione sottrattiva). Laddove la condotta sia stata commessa interamente all’estero da parte di cittadino straniero, si riespande il criterio della prima iscrizioneexart. 9/3 c.p.p. cui fa rinvio l’art. 10/2 c.p.p..

I reati associativi (art. 416 c.p., 416 bis c.p., art. 74 d.P.R. n. 309/1990)

Essendo i reati associativi di natura permanente, la regola generale da applicare è contenuta nell’art. 8, c. 3, c.p.p., secondo cui è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. In difetto di elementi storicamente certi in ordine alla genesi del vincolo associativo, soccorrono criteri presuntivi che valgono a radicare la competenza territoriale nel luogo in cui il sodalizio criminoso si sia manifestato, per la prima volta, all’esterno ovvero si siano concretizzati i primi segni della sua operatività. Quando, inoltre, risultino reati-satellite, è pacifico e consolidato l’orientamento giurisprudenziale per cui, ai fini della determinazione della competenza per territorio, la connessione tra delitto associativo e reati-fine può ritenersi sussistente solo nell’eccezionale ipotesi in cui risulti che, fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dall’adesione ad esso, un determinato soggetto, nell’ambito del generico programma criminoso, abbia già individuato uno o più specifici fatti di reato, da lui poi effettivamente commessi. Una volta riconosciuta la connessione, nulla osta che il reato satellite più grave attragga la competenza di quello associativo, purchè non si versi, naturalmente, in una delle ipotesi di cui all’art. 51, c. 3bis, c.p.p.

L’accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter c.p.)

In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, il luogo di consumazione del delitto coincide con quello in cui si trova l’utente che, tramite elaboratore elettronico o altro dispositivo per il trattamento automatico dei dati, digitando la “parola chiave” o altrimenti eseguendo la procedura di autenticazione, supera le misure di sicurezza apposte dal titolare per selezionare gli accessi e per tutelare la banca-dati memorizzata all’interno del sistema centrale ovvero vi si mantiene eccedendo i limiti dell’autorizzazione ricevuta (v. Sez. Un. n. 17325 del 26/3/2015).

L’omesso versamento dei contributi INPS (art. 2, comma primo bis, d.l. n. 463 del 1983, conv. con mod. in l. n. 638 del 1983)

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali si consuma nel luogo in cui devono essere versati i contributi previdenziali ed assicurativi, da identificarsi in quello della sede dell’istituto previdenziale ove l’impresa ha aperto la sua posizione assicurativa e non in quello della sede legale dell’impresa. Ciò, in applicazione della disposizione dell’art. 1182, comma secondo, cod. civ. per il quale le obbligazioni aventi per oggetto una somma di denaro devono essere adempiute al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza.

La frode sportiva (all’art. 1, comma primo, l. 13 dicembre 1989, n. 401)

Il delitto di frode sportiva si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l’offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta e non in quello dell’accettazione di tale promessa od offerta (v. Sez. 3, Sentenza n. 12562 del 25.2.2010).

PARTE SECONDA: ORIENTAMENTI DI DIRITTO PROCESSUALE

Nel seguire i criteri tassativamente indicati in modo gerarchico dagli artt. 8 e ss. c.p.p. e dall’art. 51, c. 3 bis c.p.p. e, naturalmente, dalle leggi speciali, si raccomanda di ricordare:

1) che la Procura generale per lo più rispetta le pronunce delle Sezioni Unite nonrimesse in discussione da giurisprudenza successiva;

2) che per Sez. Un. n. 40537 del 16/07/2009, Rv. 244330 “qualora per il reato più grave si ignori il luogo di consumazione o non sia applicabile una delle altre regole dell’art. 8 c.p.p. ma si conosca dove è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, giudice competente sarà quello dell’ultimo luogo della parte di azione od omissione, ai sensi dell’art. 9, comma 1 c.p.p.”. La sentenza ha altresì statuito che “se nessuno di questi luoghi è conosciuto, non si dovrà fare subito ricorso ai criteri suppletivi di cui all’art. 9, commi 2 e 3, ma si dovrà passare al luogo di commissione del più grave, in via successivamente gradata, fra i residui reati connessi. Anche per questo secondo reato, ovviamente, il luogo di commissione andrà individuato applicando in via gradata le regole di collegamento oggettive dettate dall’art. 8 e dall’art. 9, primo comma. Se poi per tutti i reati connessi non sarà possibile individuare il luogo di commissione secondo le regole di cui agli artt. 8 e 9, comma 1, allora si dovrà tornare a fare riferimento al reato più grave ed individuare il giudice competente in relazione a tale reato sulla base innanzitutto del criterio suppletivo di cui all’art. 9, comma 2, e subordinatamente, qualora anche tale criterio non sia utilizzabile, del criterio suppletivo di cui all’art. 9, comma 3. Nell’ipotesi poi di più reati connessi di pari gravità, dovranno ovviamente essere seguite le stesse regole e, quindi, si dovrà passare dal primo reato più grave agli ulteriori reati più gravi più recenti nel tempo e, poi, a mano a mano, agli eventuali reati meno gravi, sempre se per nessuno dei reati via via presi in considerazione si conosca il luogo in cui è avvenuta parte dell’azione o dell’omissione”;

3) che per Sez. Un. n. 27343 del 28/02/2013, Rv. 255345, “le regole sulla competenza derivante dalla connessione di procedimenti non sono subordinate alla pendenza dei procedimenti nello stesso stato e grado, essendo anche quello basato sulla connessione un criterio originario e autonomo di attribuzione della competenza”;

4) che ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12 , lett.c), c.p.p., è richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato-fine e quelli del reato-mezzo (v. Sez. 4, n. 27457 del 10.03.2009);

5) che i dubbi in punto di fatto sul luogo di consumazione del reato possono essere risolti non sollevando contrasto, ma con specifiche indagini;

6) che, ai fini determinazione della competenza in fase di indagine, non possono aver rilievo fatti per cui non si può procedere per difetto di querela;

7) che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni introdotte dal d.lgs. 7 settembre 2012, n. 155, recante “Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148″, si considerano già “pendenti”, con conseguente radicamento della competenza per territorio, i procedimenti penali relativi a notizie di reato acquisite o pervenute ai competenti uffici del pubblico ministero entro il 13 settembre 2013, data di efficacia del D.Lgs. n. 155 del 2012, come chiarito dalla disposizione interpretativa contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. 19 febbraio 2014, n. 14 v. Sez. 1, Sentenza n. 41757 del 16/09/2014, Confl. comp. in proc. c/ Ignoti);

8) che è opportuno che il pubblico ministero il quale trasmetta gli atti ad altro ufficio formuli compiutamente l’ipotesi accusatoria (con indicazione degli articoli violati e la sommaria descrizione della condotta) indicando le ragioni dell’altrui competenza per territorio. È altresì opportuno che il P.M. che ha ricevuto gli atti, ma ritenga la competenza dell’ufficio che glieli ha trasmessi, esprima chiaramente le ragioni del dissenso: a) formulando la diversa ipotesi accusatoria ritenuta corretta e sulla base della quale esclude la propria competenza; b) oppure spiegando le ragioni per le quali, pur condividendo l’ipotesi accusatoria, giunge a conclusioni diverse quanto alla competenza.

Gli spostamenti di competenza ex art. 11 c.p.p.

L’operatività dell’art. 11 c.p.p. è subordinata alla condizione che il magistrato abbia la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, purchè tali qualità siano state formalmente assunte nella sede procedimentale. Ciò in quanto, derogando l’art. 11 c.p.p. al principio costituzionale del giudice naturale, la norma è di stretta interpretazione e non suscettibile di interpretazioni estensive.

Altra conseguenza di detta natura è il fatto che la semplice prospettazione ed il sospetto non sono idonei a far operare il criterio di competenza di cui all’art. 11, occorrendo, invece, che il magistrato ritenuto autore del reato sia individuato e raggiunto da concreti indizi. Parimenti non si verificano spostamenti di competenza allorquando sia stata la magistratura nel suo insieme ad essere offesa dal reato o la giustizia.

Non spostano, inoltre, la competenza le posizioni processuali assunte da magistrato non più appartenente all’Ordine giudiziario o le considerazioni in ordine alla plausibilità o meno della notitia criminis.

Se il magistrato sia rimasto ignoto, lo spostamento di competenza ex art. 11

c.p.p. è ugualmente operativo, purchè il magistrato medesimo sia individuabile. Lo stesso avviene quando si tratti di magistrato onorario, posto che l’incarico di quest’ultimo è connotato dalla continuatività riconosciuta formalmente per un arco temporale significativo che lo radica istituzionalmente nel plesso territoriale di riferimento (v. sopra). La stessa regola vale, a maggior ragione, per i giudici di pace, in quanto magistrati onorari dotati di competenza istituzionale propria rispetto a tutti gli altri magistrati “non togati”.

Il sostituto Procuratore generale

Dr. Fulvio Baldi 

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