Abstract provvedimento CEDU Caso Moreira Ferreira c. Portogallo

a cura di Giuseppe Di Marzo

Con la sentenza datata 11 luglio 2017, la Grande Camera della Corte europea ha ritenuto a maggioranza (nove a otto), che non ci sia stata violazione dell’art. 6 § 1 (diritto ad un processo equo) della Convenzione, nella decisione della Corte suprema portoghese di respingere la richiesta diretta ad ottenere la revisione di una condanna penale.

Nel caso di specie, la ricorrente, cittadina portoghese, era stata sottoposta a procedimento penale in relazione a fatti di minaccia seguiti ad una lite. Una relazione tecnica aveva accertato che ella, pur avendo limitate capacità intellettive e cognitive, era capace di intendere e di volere, ai fini della responsabilità penale.

In sede di impugnazione avverso la sentenza di condanna alla pena e al risarcimento dei danni, i giudici di secondo grado avevano tenuto un’udienza, ma non avevano proceduto ad un esame dell’imputata e non avevano ritenuto necessario un nuovo accertamento dei fatti.

La Corte europea, adita dalla donna, aveva deciso, con sentenza del 5 luglio 2011, che si era realizzata una violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione.

La Corte suprema portoghese, come detto, aveva però respinto la richiesta di revisione del procedimento, osservando che la mancata audizione dell’imputata aveva rappresentato una irregolarità procedurale insuscettibile di dare ingresso al rimedio invocato e che non esistevano seri dubbi sul merito della condanna.

La Corte europea ha ribadito che, alla stregua della propria consolidata giurisprudenza, la Convenzione non garantisce il diritto alla riapertura del procedimento, e ha fatto anche riferimento all’assenza di una valutazione uniforme degli Stati, quanto alla regole operative sul punto.

E ciò fermo restando, secondo quanto deciso con la sentenza del 5 luglio 2011, che un nuovo processo o la riapertura del procedimento rappresenta, in linea di principio, un modo appropriato di porre rimedio ad una violazione, ma non un rimedio necessario o esclusivo.

La Corte europea, in tal modo, ha evitato di fornire indicazioni vincolanti sulle modalità di esecuzione delle proprie decisioni.

Alla stregua di tali premesse, la Grande Camera ha escluso che la decisione della Corte suprema portoghese, esaminata nel suo insieme, fosse il risultato un evidenti errori di fatto o di diritto, tali da produrre un diniego di giustizia. 

Tale conclusione, in particolare, si fonda sulla considerazione che la Corte suprema aveva condotto un riesame sul merito di vari aspetti collegati alla mancata audizione della donna nel processo di secondo grado, infine rilevando che la decisione del giudice dell’impugnazione non era incompatibile con le indicazioni della sentenza del 5 luglio 2011.

(A cura di Giuseppe De Marzo)