Crisi bancaria e responsabilità

Articolo di Michele Guernelli – App. Bologna

Sommario: 1. Precedenti misure per le crisi bancarie, responsabilità dell’emittente – 2. Responsabilità dell’intermediario – 3. La sentenza TERCAS – 4. Il decreto CARIGE – 5. Il FIR

1. Precedenti misure per le crisi bancarie, responsabilità dell’emittente

L’ulteriore vicenda di CARIGE e i cambiamenti del quadro politico hanno recentemente arricchito di nuove puntate la narrazione giuridica (e non) delle crisi bancarie italiane nel contesto europeo, su cui già sono esercitati continuativamente il legislatore, gli interpreti (1) e più sporadicamente qualche giudice.

A partire dalla nota vicenda delle “quattro banche”(2) in risoluzione poi in LCA, passando per MPS e per le “banche venete”, il mutato contesto europeo con il controverso bail in (direttiva 2014/59/UE cd. BRRD, d.leg. 180 e 181/2015) ha infatti costretto il legislatore nazionale e le autorità di settore ad una rincorsa e un adattamento immediati e disagevoli per cercare di tutelare il sistema bancario e i risparmiatori-investitori confrontandosi con concetti estranei alle categorie giuridiche tradizionali interne, e talvolta anche poco comprensibili in sé (3) .

Vi è poi stato un consistente numero di crisi bancarie che pure non sono state governate da interventi normativi specifici, ma da provvedimenti dell’Autorità di vigilanza, e ordinari rimedi di mercato (acquisizioni più o meno pilotate), pur con gli inevitabili strascichi giudiziari di azioni di responsabilità, sanzioni amministrative, contenzioso con i clienti. Per quanto qui di interesse, basterà ricordare che dopo l’intervento “successivo” per le “quattro banche” (d.l. 183/2015 confluito nella l. di stabilità 208/2015 art.1, c. da 842 a 854), già istitutivo di un “Fondo di solidarietà” per i piccoli investitori titolari di obbligazioni subordinate (poi art. 1 c. da 855 a 861 l. 208/2015), con il d.l. 18/2016 è stata introdotta la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazioni (senior) delle sofferenze.

E’ stato da più parti rilevato infatti che il punto maggiormente critico della nuova disciplina di “azzeramento delle passività” concerne la legittimazione passiva delle prospettabili azioni dei clienti investitori: prospetticamente vuote di contenuto quelle nei confronti delle banche emittenti azioni e obbligazioni subordinate in LCA; foriere di oneri economici temuti insopportabili quelle nei confronti delle banche “salvate” o acquirenti; posizioni sulle quali anche la dottrina è divisa (4).

Nel “Fondo di solidarietà” sopra citato (finanziato e gestito dal FITD, e quindi dal sistema bancario) con determinati requisiti soggettivi e patrimoniali di accesso, vi erano due percorsi alternativi: una procedura arbitrale di cui alla medesima legge e al d.m. 9.5.2017 n. 83, ovvero l’erogazione diretta di un “indennizzo forfetario” fino all’80% del capitale ex artt. 8 e ss d.l. 59/2016 (conv. dalla l. 119/2016), per coloro che avessero acquistato i titoli entro il 12 giugno 2014. Le prestazioni erano limitate a chi aveva acquistato gli strumenti finanziari ex c. 855 della l. 208/2015 “nell’ambito di un rapporto negoziale diretto con la banca in liquidazione che li ha emessi”. Rimaneva comunque il diritto al risarcimento del danno nelle sedi ordinarie “nei confronti del soggetto ritenuto responsabile”, salva (art. 1 c. 860 della l. cit.) la surroga del Fondo per le somme erogate in caso di domanda di indennizzo forfettario, mentre l’azione rendeva improcedibile l’arbitrato (art. 4 d.m. cit.). Con la legge 205/2017 (legge di bilancio) art. 1 c. da 1106 a 1108 (modificati con d.l. 91/2018 , art. 11 conv. l. 108/2018) è stato poi istituito un “Fondo di ristoro finanziario” con una dotazione finanziaria per la prima volta a carico dell’Erario di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019, 2020 e 2021 per l’erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice, o con pronuncia arbitrale, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione o comunque poste in LCA dopo il 16 novembre 2015 e prima della data di entrata in vigore della medesima legge (1.1.2018).

Il d.l. 237/2016 (5) ha concesso la garanzia dello Stato sulle passività delle banche e sui finanziamenti della Banca d’Italia per fronteggiare crisi di liquidità, a seguito di domanda delle banche interessate e la possibilità di sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane da parte del Ministero dell’Economia per esigenze di rafforzamento patrimoniale; come poi avvenuto per MPS, per il quale lo Stato è arrivato a detenere il 68,25% . Il salvataggio è avvenuto previo accordo con la Commissione UE che prevedeva che la ricapitalizzazione con denaro dei contribuenti fosse precauzionale, limitata e sufficientemente remunerata.

Nel d.l. 237/2016 conv. dalla l. 15/2017 per la crisi MPS si è previsto che lo Stato ha facoltà di acquistare le azioni di nuova emissione – previa presentazione di un “programma di rafforzamento patrimoniale” (necessario a seguito di stress tests) – frutto di conversione forzata o azzeramento delle passività subordinate cui viene condizionata la sottoscrizione, “con l’obiettivo di contenere il ricorso ai fondi pubblici”, sempre da parte dello Stato, delle azioni dell’emittente, anche in caso di transazione fra l’emittente e gli azionisti “convertiti”, purché la transazione preveda “la rinuncia dell’azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti”. Una pretesa risarcitoria è dunque possibile, ma solo nei confronti della banca “salvata” con il contributo statale, e si cerca di attutire l’impatto del possibile contenzioso con ulteriori incentivi pubblici.

Nel d.l. 99/2017 conv. in l. 121/2017 (6) , il problema della legittimazione passiva viene risolto escludendo chiaramente che l’acquirente possa essere ritenuto responsabile delle passività pregresse non comprese nel perimetro della cessione (art. 3 c. 1 e 2) e quindi agli azionisti e obbligazionisti subordinati. Sul versante pubblico viene esplicitamente estesa la tutela del suddetto Fondo di solidarietà ai creditori subordinati (art. 6), e vengono concesse garanzie statali per circa 12 mld di euro “sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo” 7 : in realtà anche con imponenti interventi diretti a favore del cessionario (art. 4).

2 – Responsabilità dell’intermediario

Sul versante della responsabilità dell’intermediario diverso dall’emittente azioni od obbligazioni subordinate di banche in crisi invece nihil sub sole novi, nel senso che la CONSOB ha da tempo emesso disposizioni specifiche per adeguare il comportamento degli intermediari alle nuove regole del bail in (comunicazione 0090430 del 24.11.2015), per circondare di cautele il collocamento di prodotti potenzialmente illiquidi, quali in prospettiva anche le obbligazioni bancarie (comunicazione 9019104 del 2.3.2009), classificato come prodotti complessi e quindi non raccomandabili alla clientela retail “i prodotti finanziari per i quali, al verificarsi di determinate condizioni o su iniziativa dell’emittente, sia prevista la conversione in azioni o la decurtazione del valore nominale”.

La vera novità consiste piuttosto nel recepimento della MiFID II (direttiva 2014/65 UE), e del Regolamento delegato UE 2017/565, con alcune nuove disposizioni del TUF (d.leg. 129/2017) e il nuovo regolamento Intermediari CONSOB 20307/2018 (questo con perplessità sul nuovo regime e il richiamo al reg. 2017/565 quanto a idoneità/adeguatezza/appropriatezza dei prodotti finanziari). Soprattutto però vanno menzionati i nuovi art. 23 e 25 bis TUF dopo il d. leg. 129/2017: il primo al suo c. 4 conferma che “Le disposizioni del titolo VI, del T.U. bancario (8) non si applicano: a) ai servizi e attività di investimento; b) al collocamento di prodotti finanziari; c) alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina degli articoli 25-bis e 25-ter ..”.

Il secondo stabilisce ora al c. 1 che “ Gli articoli 21, 23 e 24-bis si applicano all’offerta e alla consulenza aventi ad oggetto depositi strutturati e prodotti finanziari, diversi dagli strumenti finanziari, emessi da banche”.

Va però ricordato che secondo il TUF sono (art. 1 c. 1 lett. u) “prodotti finanziari” gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria (non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari). Sono (art. 1 c.2) “strumenti finanziari” qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I (valori mobiliari, strumenti del mercato monetario, quote di un organismo di investimento collettivo, derivati; gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari). Sono (art. 1 c. 1 bis) “valori mobiliari”: azioni, obbligazioni, derivati.

La conseguenza è che ora azioni, obbligazioni e derivati emessi da banche non sono più sottoposti alla tutela “basilare” del TUF di cui agli artt. 21 e 23 TUF (lo erano secondo il previgente art. 25 bis TUF (9)), ma non sono neppure sottoposti, nella fase del collocamento o se compravenduti nell’ambito di servizi e attività di investimento di cui all’art. 1 c. 5 TUF (10), alla tutela del TUB.

Questo vuoto di tutela non sembra affatto conseguenza della normativa UE, e poco credibile appare anche imputarlo ad una svista.

3. La sentenza TERCAS

Merita un riferimento la sentenza del Tribunale di primo grado dell’Unione Europea (19 marzo 2019, cause riunite T-98/16, T-196/16, T-198/16 Repubblica italiana c/ Commissione) che ha accolto il ricorso dell’Italia contro la decisione della Commissione UE 23.12.2015 che aveva ritenuto “aiuto di Stato” vietato ex art. 107 c. 1 TFUE l’intervento del FITD autorizzato dalla Banca d’Italia e richiesto dalla Popolare di Bari per acquisire la TERCAS, allora in A.S. dal 2012, consistente in un contributo di 265 milioni a copertura del deficit patrimoniale della Tercas; la prestazione di garanzie per 35 e 30 milioni, a copertura del rischio di credito e dei costi derivanti dal trattamento fiscale del contributo (11).

La ricapitalizzazione tramite il FITD venne quindi sostituita da un meccanismo di intervento volontario per consentire alle banche aderenti di trasferire nuovamente capitale a TERCAS. Il Tribunale UE ha ritenuto non dimostrato che le misure fossero imputabili allo Stato e presupponessero l’uso di risorse statali, poiché il FITD è un ente privato di natura consortile che aveva agito in modo autonomo, e non era sufficientemente provato che i fondi concessi fossero controllati dalle autorità pubbliche italiane.

Queste avevano affermato che il FITD ex art. 96 bis TUB e art. 29 del suo statuto poteva intervenire a favore delle banche consorziate, ove sia prevedibile un minore onere rispetto all’intervento in caso di LCA, e quindi discrezionalmente, al di fuori dell’obbligo (mandato pubblico) di rimborsare i depositanti col limite di 100.000 euro in caso di LCA.

La pronuncia è stata retrospettivamente ritenuta significativa perché l’intervento (mancato) del FITD comportò la necessità di porre in (improvvisa) risoluzione le “quattro banche”, con i costi sociali conseguenti, e apre la possibilità – anche se la Commissione l’ha impugnata avanti la CGUE – di scenari più “morbidi” rispetto a crisi bancarie future (12).

4. Il decreto CARIGE

Prima della sentenza TERCAS era tuttavia venuta alla ribalta la crisi di CARIGE, in A.S. su disposizione della BCE dal gennaio 2019.

La soluzione legislativa adottata in sostanza ricalca, nonostante le vivaci discussioni politiche e giornalistiche, quella già presa per MPS (non menzionato nel d.l. 237/2016 apparentemente “generale”; CARIGE è invece citata), con il medesimo determinante sostegno pubblico, come sempre con l’avallo presupposto dell’UE.

Infatti il d.l. 1/2019 (conv. con l. 16/2019) prevede ugualmente la garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (all’art. 1 con lo stesso preambolo dell’art. 1 d.l. 237/2016), con i medesimi limiti e caratteristiche (artt. 2 e 3 dei rispettivi d.l.), ora con la sola condizione (già prima presente) dello svolgimento della “attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico..

E’ ugualmente di nuovo prevista (art. 9) la “erogazione di liquidità di emergenza” (garanzia statale per integrare il collaterale, o il suo valore di realizzo, stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità), previa presentazione di un piano di ristrutturazione.

Inoltre è ancora prevista (art. 12 “Intervento dello Stato”, cfr. art. 13 d.l. MPS) la sottoscrizione da parte del Ministro dell’Economia di azioni di nuova emissione, previa presentazione di un “programma di rafforzamento patrimoniale”, nel rispetto delle norme UE e positiva decisione della Commissione. Non sono ripetute però le disposizioni in materia di transazione degli azionisti “convertiti”.

L’art. 20 ripete in sostanza la “condivisione degli oneri” (in sostanza, il burden sharing attraverso il bail in) preliminare rispetto alla sottoscrizione delle azioni da parte dello Stato, con modalità analoghe a quelle dell’art. 22 del decreto MPS.

Ad oggi (13) comunque risulta l’esistenza di un accordo quadro vincolante per una “soluzione privata” con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD), lo Schema Volontario di Intervento del FITD (SVI), la Cassa Centrale Banca – Credito Cooperativo Italiano (CCB), la Società per la Gestione delle Attività (SGA) e altre istituzioni finanziarie con un aumento di capitale da 700 milioni di euro, emissione di warrant e un nuovo prestito subordinato Tier 2 per 200 milioni.

5. Il FIR

Più pregnanti novità sul fronte dei clienti investitori cd. “truffati”.

Dopo il Fondo di solidarietà (per gli “investitori”, e finanziato dal FITD) di cui si è prima accennato e il Fondo di ristoro finanziario è stato introdotto il FIR (Fondo indennizzo risparmiatori) dalla legge di bilancio 2019 (art. 1 c. 493-507 l. 145/2018, modificati dall’art. 36 d.l. 34/2019 conv. con l. 58/2019) con una dotazione finanziaria di ben 525 milioni per ciascun anno dal 2019 al 2021.

“Per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito”, il nuovo Fondo eroga indennizzi a favore dei risparmiatori “che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche… poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018 (14), in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza” ai sensi del TUF.

Il FIR sostituisce il Fondo di ristoro finanziario (a carico dello Stato ma con dotazioni di molto inferiori), ma non il Fondo di solidarietà gestito dal FITD, che quindi si deve ritenere affianchi. Il “ristoro” è infatti al netto di ogni altro rimborso o transazione (comma 499).

Non sono scomparsi nel FIR i riferimenti all’acquisto di azioni e obbligazioni subordinate, ma spostati ai commi 494, 496, 497; è introdotto il concetto di “violazioni massive” del TUF quale condizione per l’erogazione.

I presupposti soggettivi appaiono duplici: nel comma 494 sono individuate persone fisiche, imprenditori individuali, associazioni e microimprese; nel comma 502 bis si prevede l’erogazione dell’indennizzo forfettario determinato secondo i commi 496 e 497 (30% per gli azionisti, 95% per gli obbligazionisti subordinati col limite di 100.000 euro) senza il procedimento di cui al comma 501 (accertamento delle “violazioni massive”, nesso di causalità col danno, ecc. (15)) per le persone fisiche con reddito inferiore a 35.000 euro, ovvero patrimonio mobiliare inferiore a 100.000 euro.

Nel comma 501 si stabilisce – con previsione di più che dubbia legittimità – che “La prestazione di collaborazione nella presentazione della domanda e le attività conseguenti non rientrano nell’ambito delle prestazioni forensi e non danno luogo a compenso.“ (16)

Quanto ai presupposti oggettivi, è importante il decreto attuativo (d.m. 10.5.2019), che definisce (art. 2 c. 1 lett. g) le “violazioni massive” le “violazioni individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, poste in essere anche con carattere di ripetitività e sistematicità, degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza”, ai sensi del TUF.

Le specifica ulteriormente (art. 7 c. 1 lett. c) e d) demandandone la verifica alla Commissione tecnica , precisando che devono aver “causato un pregiudizio ingiusto agli aventi diritto da parte di banche in liquidazione ai risparmiatori e, per conseguenza, agli altri eventuali aventi diritto”, con “acquisizione d’ufficio di apposita documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale, tra cui sentenze di giudizi penali o civili, pronunce emesse da arbitrati promossi dalle parti…, provvedimenti sanzionatori o atti ispettivi della Banca d’Italia o della Consob, documenti ricognitivi dei commissari delle liquidazioni coatte amministrative, documenti acquisiti dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario» prodotti dai soggetti intervenuti, documentazione bancaria sulla profilatura e informativa della clientela e sui contratti di acquisto”. La Commissione poi “stabilisce criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale… in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno. “

Alcune fattispecie di violazioni massive sono già tipizzate, e vi sono fatte rientrare diverse condotte violative o fraudolente già emerse nella casistica anche giudiziaria o nell’attività ispettiva delle Autorità di vigilanza (17).

Quanto all’esonero dal “procedimento” ex c. 501 e 502 bis citati, il decreto lo limita alla possibilità di non presentare copia di eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell’accertamento delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato il danno ingiusto ai risparmiatori; introducendo per converso l’obbligo di autocertificazione dei limiti di reddito e patrimonio.

Da un primo esame della normativa suddetta – che pure ha un evidente positivo effetto deflattivo dell’imponente potenziale contenzioso – emergono plurime perplessità: le più evidenti si collegano alla evidente disparità di trattamento tra una ben determinata e limitata categoria di clienti investitori “truffati” e moltitudini di altri investitori che furono in tesi oggetto nei decenni precedenti di violazioni altrettanto “massive”; alla decisione di addossare alla fiscalità generale, in tutto o in parte, gli esiti di condotte sbrigativamente etichettate, quando è nota la casistica giudiziaria nella quale in molti casi il cliente non è affatto “truffato”, ma assume consapevolmente rischi a fronte di più alti rendimenti, per poi addossare agli emittenti/intermediari l’esito infausto dell’investimento e cercare di rifarsi in qualche modo delle perdite.

Questi aspetti sono tanto più critici ove si consideri da un lato che il dichiarato presupposto dell’indennizzo sarebbe “la tutela del risparmio” e “il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito”, che si assumono evidentemente omessi o trascurati dalle pubbliche Autorità nei casi in questione, senza che però vi siano state percepibili conseguenze nei confronti di eventuali presunti responsabili pubblici; e dall’altro che l’indennizzo appare tanto meno giustificato in quanto erogato sulla base di una sorta di class action amministrativa (e i relativi piani di riparto), con tipizzazioni dei presupposti oggettivi operate per decreto ministeriale o per scelta di una singola Commissione, sulla base di casi anche solo analoghi.

A ciò va aggiunto il vuoto di tutela conseguente alla modifica dell’art. 25 bis del TUF come sopra delineata; infatti per l’investitore “ordinario” è esclusa già dal d.leg. 129/2017 (ma quindi anche per i “risparmiatori” di cui al FIR “truffati” dopo il nuovo art. 25 TUF) per le azioni e obbligazioni bancarie sia la normativa sulla trasparenza del TUB sia quella degli artt. 21 e 23 TUF e gli è precluso l’indennizzo: tanto comporta inoltre che l’acquirente dalle note banche in LCA avrà avanti a sé solo l’indennizzo a spese del contribuente e nessuna alternativa ove sottoposto al d.leg. 129/2017, mentre entrambe le strade (o dell’indennizzo FITD) le avrà l’acquirente in epoca precedente.

(1) Sia consentito rinviare a M. Guernelli, Crisi bancarie: responsabilità dell’emittente e dell’intermediario, in Banca Impresa Società, 3/2017 e ai relativi riferimenti bibliografici .

(2) CARIFE, Banca Marche, Carichieti, Popolare Etruria.

(3) A. CASTIELLO D’ANTONIO, L’amministrazione straordinaria delle banche nel nuovo quadro normativo. Profili sistematici, in Banche in crisi: chi salverà i depositanti?, a cura di R. LENER, U. MORERA, F. VELLA in Analisi Giuridica dell’Economia, 2/2016, p.551 e ss.

(4) Per le contrapposte posizioni, v. R. LENER, Bail-in bancario e depositi bancari fra procedure concorsuali e regole di collocamento degli strumenti finanziari, BBTC, 3, 2016, 287 e ss. e P. FIORIO, La responsabilità delle good banks per la vendita delle azioni e delle obbligazioni risolte e le procedure di indennizzo a carico del fondo di solidarietà, Riv. Dir. Banc., 2, 2016

(5) “Al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e preservare la stabilità finanziaria, ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 e dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del regolamento (UE) n. 806/2014”

(6) Salvataggio di Popolare di Vicenza e Veneto Banca in LCA mediante acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo.

(7) Precedenti misure per fronteggiare le crisi bancarie, Studi Camera -Finanze -Focus 14 gennaio 2019, in www.camera.it .

(8) Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti (9) Che disponeva: “Gli articoli 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione”.

(10) “Per “servizi e attività di investimento” si intendono i seguenti, quando hanno per oggetto strumenti finanziari:a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente; c-bis) collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente; d) gestione di portafogli; e) ricezione e trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti; g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione; g-bis) gestione di sistemi organizzati di negoziazione”; c. 5-bis. “Per “negoziazione per conto proprio” si intende l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta.”

(11) La sentenza del tribunale di primo grado UE sull’operazione di acquisto di TERCAS, Studi Camera – Affari Comunitari -focus 20.3.2019, in www.camera.it.

(12) A. Pezzuto, La sentenza del tribunale dell’UE sulla vicenda TERCAS, in www.tidona.com; ; A. Baglioni, Crisi bancarie: questa sentenza è una lezione per l’Europa, in www.lavoce.info.

(13) Comunicato stampa CARIGE 9.8.2019 in www.gruppocarige.it.

(14) Quindi Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti, Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e le loro controllate.

(15) Tramite una Commissione tecnica di nove membri, con compenso annuo globale di ben 1,2 milioni di euro.

(16) Con l’immediata conseguenza non solo di limitare le spese dei “truffati”, ma di escludere dal “mercato” i professionisti a favore delle associazioni sindacali, consumeristiche e non, talune a loro volta anche indirettamente sovvenzionate dallo Stato, e che comunque possono lucrare per il loro intervento quote associative.

(17) “(i) la vendita o il collocamento di azioni o altri strumenti finanziari… senza l’osservanza dei presidi informativi o valutativi idonei ad assicurare la consapevolezza e l’adeguatezza dell’acquirente rispetto al profilo di rischio dei suddetti strumenti finanziari”; (ii) la realizzazione delle suddette strategie di vendita o collocamento di cui al precedente punto (i) in connessione con uno o più dei seguenti elementi: l’erogazione di finanziamenti o altre forme di credito, anche a soggetti diversi dall’acquirente o il sottoscrittore ma collegati con esso, da parte della medesima banca ovvero società del gruppo (le cc.dd. operazioni baciate), includendo anche i casi in cui il controvalore versato per le azioni e gli altri strumenti finanziari sia significativamente inferiore all’entità dei finanziamenti o delle altre forme di credito; la carente informazione o profilatura della clientela, ad esempio tramite l’assegnazione ai clienti di un grado di rischio e di un orizzonte temporale di investimento incongruo rispetto all’età ovvero alla composizione del loro patrimonio immobiliare o mobiliare, in particolare qualora quest’ultimo risulti concentrato in misura pari o superiore al 50% in strumenti di capitale o altri strumenti finanziari della banca o del gruppo bancario, ovvero in misura pari o superiore al 30% nel caso di prestazione del servizio di gestione di portafogli da parte della banca emittente o di società del gruppo; la variazione in aumento del profilo di rischio del cliente assegnato dalla banca contestualmente o in prossimità all’operazione di vendita o collocamento; operazioni di disinvestimento di strumenti finanziari non emessi dalla banca, presenti sul conto titoli presso la banca emittente o società del gruppo, in tempi di poco anteriori all’acquisto di strumenti di capitale o debito subordinato emessi dalla banca; (iii) la produzione e pubblicazione o divulgazione da parte di una banca o di un gruppo bancario di dati fuorvianti per l’investitore in relazione alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della banca o del gruppo bancario, sia nel corso dell’ordinaria amministrazione sia in connessione con operazioni di aumento di capitale. “