Emergenza Corona Virus FAQ sul Processo Penale telematico (seconda parte) È possibile depositare provvedimenti da remoto?

di Luigi Petrucci e Marco Bisogni in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

Sommario

Processo Telematico e diritto dell’emergenza: le fonti del PPT..

La trasmissione di atti informatici

Segue: diritto dell’emergenza..

Argomenti a favore dell’ammissibilità..

1) Stampare, firmare, fotografare..

Argomenti a favore dell’ammissibilità..

2) Stampare, firmare, scannerizzare..

Argomenti a favore dell’ammissibilità..

Argomenti contro queste due prime soluzioni

Possibile soluzione di compromesso..

3) Stampare, firmare, scannerizzare, firmare digitalmente..

Argomenti a favore dell’ammissibilità..

Argomenti contro..

4) Firmare digitalmente e basta..

Come si appone la firma digitale..

Argomenti a favore dell’ammissibilità..

Argomenti contro..

Processo Telematico e diritto dell’emergenza: le fonti del PPT

In tempi ordinari le fonti del Processo Telematico (anche Penale, di seguito in breve PPT) sono regolate, come tutti gli aspetti del mondo digitale, dai regolamenti dell’Unione n. 910/2014 eIdAS (electronic Identification and Signature) e n. 679/2016 GDPR (General Data Protection Regulation).

Il primo regola l’identità digitale delle persone e dispone, fra le tante cose, che al documento elettronico (art. 46) ed alla firma elettronica (art. 25, co. 1) non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della loro forma elettronica e che la firma elettronica qualificata ha effetti giuridici equivalenti a quelli di una firma autografa (art. 25, co. 2).

Il secondo regola il diritto alla privacy e, nel settore penale, per le note riserve di competenza dell’Unione Europea, ha la sua fonte in una direttiva, attuata nell’ordinamento interno attraverso il d.lg. n. 51/2018.

Questa fonte interna di rango primario detta oggi i principi ai quali si deve attenere la gestione delle basi dati della cognizione penale, dell’esecuzione della pena, della sorveglianza, dei minori, della prevenzione.

La materia regolata dai due provvedimenti è più specificamente disciplinata dall’ordinamento interno dal d.lg. n. 82/2005 o CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) e dal d.lg. n. 70/2003 o CCE (Codice del Commercio Elettronico).

Il CCE detta le regole ai gestori delle rete telematiche sulle quali viaggiano anche i Processi Telematici, mentre il CAD, in conformità ai principi del eIDAS e del GDPR, regola la validità ed i modi di trasmissione e conservazione del documento informatico, nonché gli effetti giuridici collegati all’apposizione della varie tipologie di firme elettroniche disponibili sul mercato.

Le disposizioni del CAD si applicano anche ai Processi Telematici, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico (art. 2, co. 6, CAD).

Il concetto è ribadito anche all’art. 20, co. 1-quater, CAD, in forza del quale Restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico.

Le disposizioni del PPT (come quelle del Processo Civile Telematico: PCT) sono dettate, in forza dell’art. 4, d.l. n. 193/2009, dal regolamento del Ministero della Giustizia n. 44/2011.

Il regolamento prevede, poi, che gli aspetti più legati alle caratteristiche tecnologiche degli applicativi siano stabiliti da un Provvedimento del Direttore Generale della D.G.S.I.A. (Direzione Generale dei Servizi Informatizzati, cfr. art. 34 d.M. cit., di seguito: Provvedimento).

La trasmissione di atti informatici

Il codice di procedura penale distingue (non sempre in modo univoco) le nozioni di notificazione, comunicazione, deposito ed avviso di deposito: in questo contesto tutte queste nozioni si possono intendere in modo indistinto, perché sono tutte accomunate dal fatto che l’informazione da comunicare viene trasmessa grazie ad una tecnologia informatica (PEC, upload, etc.) ed entrano automaticamente nel fascicolo informatico, con conseguente possibilità di consultazione dai soggetti autorizzati ad accedervi (cfr. art. 7 d.M. n. 44/2011).

Le chiameremo, pertanto, tutte trasmissioni informatiche o, più semplicemente, trasmissioni.[1]

L’aspetto della trasmissione è concettualmente distinto da quello delle caratteristiche tecnologiche del documento informatico (sulle quali v. l’art. 13 Provvedimento), ma ovviamente sono molto connesse perché si può trasmettere in modo informatico solo un documento informatico[2].

Con riferimento all’atto informatico ovvero al provvedimento emesso dal magistrato contenuto in un documento informatico anziché cartaceo (o analogico, seguendo la dizione del CAD), l’art. 12 Provvedimento dispone che:

1.  L’atto  del  processo  in  forma  di  documento  informatico,  da  depositare  telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti:

a)  è in formato PDF;

b)  è privo di elementi attivi;

c)  è  ottenuto  da  una  trasformazione  di  un  documento  testuale,  senza  restrizioni  per  le  operazioni  di  selezione  e  copia  di  parti;  non  è  pertanto ammessa la scansione di immagini;

d)  è  sottoscritto  con  firma  digitale  o  firma  elettronica  qualificata  esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti;

e)  è  corredato  da  un  file  in  formato  XML,  che  contiene  le  informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta  gli  XSD  riportati  nell’Allegato  5;  esso  è  denominato  DatiAtto.XML ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica  qualificata.

2.  La  struttura  del  documento  firmato  è  PAdES-BES  (o  PAdES  Part  3)  o  CAdES-BES;  il certificato di firma è inserito nella busta crittografica; è fatto divieto di inserire nella busta crittografica le informazioni di revoca riguardanti il certificato del firmatario. La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti”  o  parallele,  e  prevede  che uno o più  soggetti  firmino,  ognuno  con  la propria  chiave  privata,  lo  stesso  documento  (o  contenuto  della  busta). L’ordine  di  apposizione  delle  firme  dei  firmatari  non  è  significativo  e un’alterazione  dell’ordinamento  delle  firme  non  pregiudica  la  validità  della busta crittografica;  nel  caso  del  formato  CAdES  il  file  generato  si presenta con un’unica estensione  p7m.  Il  meccanismo  qui  descritto  è valido  sia  per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple.

3.  Le applicazioni di generazione della firma digitale o qualificata per la sottoscrizione dei documenti informatici devono utilizzare la funzione di hash di cui all’art 4, comma 2, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 febbraio 2013.

In tempi ordinari non è, dunque, possibile depositare atti informatici, perché non esiste un sistema ministeriale che assicuri il rispetto  né di questa disposizione, né di quella relativa alla tenuta del fascicolo informatico.

È questo l’argomento che abbiamo affrontato con riserva di approfondimento in Emergenza Corona Virus. (cfr. https://www.unicost.eu/emergenza-corona-virus-faq-sul-processo-penale-dopo-il-d-l-n-18/.)

Sulla base di questo argomento, in tempi di pace, la Corte di Cassazione ha vietato l’ingresso di atti informatici delle parti nel processo penale, pur se l’art. 48, co. 2, CAD equipara l’invio di una PEC a quello della notificazione a mezzo posta che è pure un mezzo di deposito previsto dal codice di rito (cfr. art. 583 c.p.p.).

Del resto, in tempi ordinari, nessuno si è mai seriamente posto neppure il problema di consentire il deposito di un provvedimento spedito a mezzo raccomandata.

Di solito il magistrato si reca in ufficio, dove il segretario/cancelliere attesta l’individuazione dell’autore e la relativa paternità del provvedimento (cd. principio di non ripudio o principio dichiarativo), che viene ad esistere solo con il deposito, anche in relazione all’esigenza di garantire data e, se del caso, ora in cui è stato emesso (cfr. art. 111 c.p.p.). [3]

Per lo sviluppo del nostro ragionamento dialettico è importante sottolineare che il provvedimento originale analogico è, in realtà, formato da due documenti, in quanto contiene due informazioni molto diverse tra loro: il provvedimento vero e proprio del giudice ed il depositato del segretario/cancelliere.

In termini informatici un flusso documentale conterebbe le informazioni relative alla produzione del primo documento e del secondo documento, censendo in modo molto preciso di individuare l’autore e data del primo e del secondo documento. Solo nella realtà documentale analogica, per esigenze di certezza del diritto, si considera esistente il provvedimento solo con l’apposizione del depositato, come se i due documenti venissero ad esistenza contemporaneamente in quel momento (cosa che in effetti non accade).

Segue: diritto dell’emergenza

Forti delle nostre diverse posizioni dialettiche di partenza, proviamo a sottoporre la conclusione provvisoria sull’inammissibilità del deposito da remoto alla prova del diritto dell’emergenza e, in particolare, alla fonte di natura eccezionale prevista dall’art. 83, co. 4, lett. c), d.l. n. 18/2020, che consente ai capi degli uffici un generico potere di adottare ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento.

Argomenti a favore dell’ammissibilità

È pacifico che questo potere consente di derogare ad altre regole processuali, ad esempio quella appena citata relativa alla trasmissione di istanze a mezzo PEC o anche Posta Elettronica Ordinaria (PEO).

Si potrebbe, dunque, immaginare che, per salvaguardare lo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia (così la relazione introduttiva al d.l. n. 18 cit.), il capo dell’ufficio autorizzi i magistrati a trasmettere attraverso la PEO istituzionale (nome.cognome@giustizia.it) i suoi provvedimenti.

Per quanto riguarda la trasmissione, l’utilizzo della PEO istituzionale è una forma prevista dall’art. 45 CAD, secondo cui:

1. I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

Non può, infatti, dubitarsi che la trasmissione di un documento che proviene dall’indirizzo istituzionale sia stata effettuata dal magistrato al quale è stata assegnata dall’Ufficio quell’utenza.

Utilizzando la funzione conferma consegna e conferma lettura, questa trasmissione ha praticamente lo stesso effetto della raccomandata con ricevuta di ritorno. Il comma 2 chiarisce al riguardo che:

2. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.

Potremmo fermarci qui, ma vogliamo ancora sottolineare che la connessione fra mezzo di trasmissione e documento trasmesso (inscindibilmente collegati dai files prodotti dalla trasmissione a mezzo PEO) consente di attribuire al documento trasmesso la stessa sicurezza sull’individuazione del suo autore. Questo specie se il testo del messaggio contenga una frase del tipo “Dichiaro di aver preso visione del documento e di sottoscriverne il contenuto”, analoga a quella che compare prima di apporre la firma digitale[4].

A questo punto, in forza del diritto dell’emergenza, il segretario/cancelliere stampa e deposita il provvedimento allegato, dandogli quelle necessarie certezze che il processo attribuisce alla forma analogica ed al tempo di emissione dell’atto, eventualmente facendo una riserva espressa di allegare al fascicolo il provvedimento originale analogico, secondo il meccanismo prefigurato dall’art. 128 c.p.p. (evidentemente ad altri fini).

Il provvedimento originale digitale potrebbe, invece, essere da subito inserito in SICP e/o TIAP-Document@, con analoghi effetti certificativi in ordine al tempo garantiti dai sistemi, che tengono traccia di ogni modifica e del soggetto che la esegue (nel nostro caso il cancelliere/segretario presente in ufficio che carica il documento).

Vediamo ora in quali modi sia possibile rendere digitale il provvedimento e quali sono le corrispondenti cornici normative.

1) Stampare, firmare, fotografare

Il modo più semplice di rendere digitale un provvedimento è quello di fare una foto al provvedimento stampato e firmato a casa. In questo caso il documento informatico assume il formato .jpg.

Conviene usare il formato 4:3 più simile a quello della pagina formato A4, nonché ridurre la dimensione dell’immagine per non appesantire inutilmente la trasmissione e la successiva conservazione (comunque si vedrà più che bene stampato).

Argomenti a favore dell’ammissibilità

La foto non si può considerare una copia informatica di un documento analogico, perché non rientra nei casi previsti dall’art. 22 CAD, in quanto il formato .jpg molto difficilmente rispetta le proporzioni del provvedimento originale (basta una leggera inclinazione della macchina fotografica) e, comunque, non consente mai di aver l’unicità del documento a più pagine, poiché sarebbe sempre solo una serie di foto, ciascuna contenuta in un file separato.

È, però, un documento informatico che, ove trasmesso a mezzo PEO istituzionale, dimostra l’emissione del provvedimento originale da parte del magistrato, con la sufficiente certezza in ordine all’individuazione del magistrato ed alla sua volontà di assumere la paternità del provvedimento trasmesso, alla luce di quanto appena detto.

La segreteria/cancelleria stampa e mette il depositato, eventualmente con espressa riserva di acquisire agli atti l’originale, che verrà depositato ora per allora ai sensi dell’art. 128 c.p.p., attraverso un’operazione che sarà compiuta nei giorni seguenti, volendo anche al termine dell’emergenza.

In questo modo la segreteria/cancelleria attesta, fino a querela di falso, di aver ricevuto dal magistrato non l’originale del provvedimento, ma un documento informatico che sostituisce provvisoriamente l’originale che verrà depositato in seguito.

Il punto è se è il provvedimento previsto dall’art. 83 d.l. n. 18/2020 può consentire di derogare al fatto che il segretario/cancelliere non depositi, temporaneamente, l’originale.

Fino ad ora le discussioni avevano riguardato l’emissione di provvedimenti letti in udienza, unica ipotesi in cui praticamente si era avuta una scissione fra la notizia della deliberazione ed il deposito del provvedimento con la sua motivazione.

Il contesto emergenziale potrebbe dare cittadinanza a questa ipotesi, dal momento che il magistrato è temporaneamente impedito o, comunque, limitato nella possibilità di recarsi in ufficio per le ragioni di ordine pubblico ben note.

Sarà ovviamente possibile impugnare immediatamente il provvedimento contenuto del documento informatico, senza dover attendere l’originale analogico.

2) Stampare, firmare, scannerizzare

Un modo solo poco più complicato è quello di scannerizzare il provvedimento e mandarlo in formato .pdf.

Argomenti a favore dell’ammissibilità

In questo caso il documento informatico non solo è più facile da gestire, ma rientra tra i formati previsti dall’all. 2 alla bozza di linea guida dell’AgID, in quanto consente al documento di avere il contenuto e la forma identici a quelli del documento.[5]

In assenza di Linee guida, non si può negare a questa copia informatica quanto meno il valore previsto dall’art. 22, co. 1 bis, CAD, in quanto è tecnicamente in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia.

Per il resto valgono le considerazioni già espresse a proposito del formato jpg.

Argomenti contro queste due prime soluzioni

Il “diritto dell’emergenza” e la sua interpretazione devono avere come obiettivo primario la realizzazione di attività processuali non affette da nullità relative o assolute che, specie nel settore penale, possono avere effetti negativi sui provvedimenti (e sulle attività) adottati in questo periodo anche nella prospettiva dell’auspicato termine dell’emergenza.

In questa prospettiva è possibile “stressare” il sistema con interpretazioni evolutive le quali, tuttavia, non possono diventare anche solo potenzialmente elusive di disposizioni il cui mancato rispetto potrebbe essere sanzionato ex artt. 178 o 181 c.p.p..

Occorre evidenziare che le regole generali del CAD  sopra richiamate valgono per il processo se non è disposto diversamente”, ma l’art. 15 del DM 44/2011 (Deposito dell’atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni)  prevede, espressamente che:   

1. L’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico. 

2. In caso di atto formato da organo collegiale l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente. 

3. Quando l’atto è redatto dal cancelliere o dal segretario dell’ufficio giudiziario questi vi appone la propria firma digitale e ne effettua il deposito nel fascicolo informatico. 

4. Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e provvede a depositarlo nel fascicolo informatico, apponendovi la propria firma digitale. 

Non è, quindi, consentito, in assenza di firma digitale, predisporre atti in PDF con mera scansione della firma manuale e che vengono gestiti, di fatto, come originali.

In questa ipotesi, infatti, si ha un’obiettiva e insuperabile scissione tra l’atto originale (che viene conservato dal Giudice) e l’atto effettivamente depositato ovvero quello che viene depositato dal cancelliere dopo la stampa dell’allegato trasmesso via mail.

Si tratta di una modalità che appare in netto contrasto con l’art. 128 c.p.p., che impone invece il deposito dell’originale del provvedimento del giudice da parte della cancelleria entro cinque giorni dall’emissione dell’atto e che induce in grande confusione la stessa cancelleria nelle fasi successive di gestione del provvedimento depositato (ad esempio nel momento del rilascio delle copie conformi all’originale che, in realtà, non è mai depositato).

Possibile soluzione di compromesso

In questo contesto occorre, dunque, trovare interpretazioni normative che consentano tanto il ricorso a sistemi di trasmissione agile degli atti, quanto il rispetto delle disposizioni previste dal codice in tema di atti e provvedimenti.

Una possibile soluzione perviene proprio dal combinato disposto dell’art. 128 c.p.p. e dell’art. art. 1, co. 2, D.L. n. 11/2020, che prevede una generale sospensione dei termini processuali.

Orbene se, da un parte, l’art. 128 impone il deposito dell’originale degli atti nei cinque giorni dalla sua emissione, dall’altra il decreto legge stabilisce la sospensione di tutti i termini processuali senza alcuna esclusione in materia di deposito degli atti e deve, pertanto, trovare applicazione anche con riferimento allo stesso termine ex art. 128 c.p.p.

Lo schema proposto quindi prevede:

  1. la possibilità per il Giudice di predisporre il suo provvedimento anche da remoto con successivo invio (anche attraverso PEO) alla cancelleria;
  2. il deposito da parte del cancelliere del provvedimento pervenuto (che costituisce all’evidenza soltanto copia del documento originale non dissimile da una fotocopia);
  3. il deposto da parte del Giudice del provvedimento in originale entro cinque giorni dalla fine dell’emergenza e della “nuova” decorrenza ordinaria dei termini processuali.

Consigliamo di verificare in base alle esigenze dell’ufficio se valga la pena adottare questa modalità di deposito per i provvedimenti per i quali è sospeso il termine per il deposito della motivazione. Questo sia per non gravare la cancelleria/segreteria di adempimenti non urgenti, sia perché forse in futuro potrebbe essere eccepita l’inesistenza della difficoltà temporaneo del magistrato al deposito nelle forme ordinarie.

3) Stampare, firmare, scannerizzare, firmare digitalmente

Se siamo in possesso di uno strumento di firma digitale (e lo è la nostra Carta Multiservizi della Giustizia, che è il documento di riconoscimento che ci rilascia la nostra Amministrazione) e del lettore di smart card (integrato nei portatili che negli ultimi anni ci sono stati forniti, ma comunque gli uffici sono pieni di lettori esterni, che si collegano alla porta USB), è possibile aggiungere al procedimento precedente il passaggio costituito dalla firma del file .pdf.

Argomenti a favore dell’ammissibilità

Come abbiamo detto, l’AgID non ha ancora emesso Le linee guida previste dall’art. 20, co. 1 bis, CAD, ma nella bozza si afferma che La conformità della copia per immagine ad un documento analogico è garantita mediante l’apposizione della firma digitale o firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata, ovvero del sigillo elettronico qualificato o avanzato da parte di chi effettua il raffronto.

Possiamo, quindi, firmare digitalmente il file .pdf e con questa operazione, senza necessità di utilizzare alcuna formula, attestiamo la sua conformità all’originale analogico in nostro possesso, che poi depositeremo.

Questo sistema assicura la massima garanzia al segretario/cancelliere che, con la stampa ed il depositato, attesta quanto abbiamo già detto.

Questa procedura è pressoché analoga alla consegna del documento cartaceo firmato che facciamo normalmente, perché PEO istituzionale e firma digitale (né più, né meno di quanto facciamo per l’internet banking), nel mondo virtuale, sono analoghe alla presenza fisica. È solo differito il momento di acquisizione agli atti dell’originale analogico.

Argomenti contro

Valgono le stesse argomentazioni già espresse, soprattutto con riferimento alla confusione che viene ingenerata fra originale e copia del provvedimento.

4) Firmare digitalmente e basta

Un’altra possibilità è l’invio del provvedimento in formato .pdf firmato digitalmente.

Come si appone la firma digitale

Apriamo una breve parentesi per spiegare come si firma digitalmente un provvedimento, operazione ormai rutinaria per i colleghi che hanno fatto civile, ma di solito sconosciuta ai penalisti.

Oltre a mettere la CMG nel lettore di smart card (attenzione a dove è rivolto il chip: dovrebbe essere in alto), dobbiamo avviare un programma di firma (qui utilizziamo schermate prese da OK GOLD, ma le funzionalità sono analoghe). Inoltre dobbiamo essere connessi ad internet per permettere al programma di verificare la validità dei certificati[6].

Il primo passo è cliccare su firma e si aprirà la consueta maschera di dialogo in cui ci viene chiesto di scegliere il file da firmare (come apri file da Word).

Una volta scelto file e dato il comando “apri”, saranno verificati i certificati di firma ed apparirà questa schermata, in cui dobbiamo mettere il PIN, scegliere il tipo di firma[7] e poi premere avanti:

Nel passaggio successivo, dopo aver eventualmente controllato il documento da firmare con il tasto “apri il documento” (v. n. 1 della figura), rendiamo la dichiarazione mediante la spunta della casella:

Premendo avanti il documento viene firmato in questo modo:

Il nostro file firmato digitalmente è pronto per la trasmissione a mezzo PEO istituzionale e vale quanto detto prima.

Fine della parentesi.

***

Argomenti a favore dell’ammissibilità

Sull’ammissibilità vale tutto quanto detto prima per il formato .pdf, anche se in più va detto che la firma digitale equivale a sottoscrizione e che, ai sensi dell’art. 23 bis CAD, il file trasmesso, in quanto duplicato del file (che resta presente sul nostro pc o cloud, se archiviamo in OneDriveForBusiness), ha il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui è stato tratto.

A norma di CAD, dunque, è come se stessimo consegnando alla segreteria/cancelleria il documento analogico.

In tempi di pace non lo possiamo fare solo perché esiste la normativa speciale sul PPT, ma è un documento valido a tutti gli effetti.[8]

In effetti in questo caso la segreteria/cancelleria deve comunque stampare il provvedimento ed apporvi il depositato e questo è l’originale dell’atto, che sarà conservato nel fascicolo e, se del caso, nell’archivio degli atti giudiziari.

Argomenti contro

Nel codice la necessità di attribuire la paternità dell’atto -e, quindi, di prevedere la sottoscrizione autografa- è chiaramente collegata ad atti che manifestano la potestà punitiva dello Stato, quasi a richiamare la necessità di una particolare ponderazione di queste decisioni.

Sono casi in cui è prevista la sottoscrizione a pena di nullità: l’ordinanza che dispone misure cautelari (art. 292, co. 2, lett. e, c.p.p.), la richiesta di rinvio a giudizio (art. 417, co. 1, lett. e, c.p.p.), il decreto di citazione a giudizio (art. 552, co. 1, lett. h, c.p.p., con l’aggiunta della controfirma dell’ausiliario che assiste il Pubblico Ministero), il decreto che dispone il giudizio (art. 429, co. 1, lett. g, anche qui con l’aggiunta della controfirma dell’ausiliario che assiste il G.u.p.), il decreto che dispone il giudizio immediato, che ha le stesse caratteristiche formale del decreto che dispone il giudizio (art. 456, co. 1, c.p.p.), il decreto penale di condanna (art. 460, co. 1, lett. h, c.p.p. qui con la controfirma dell’ausiliario che assiste il G.i.p.), la sentenza (art. 546, co. 1, lett. g, c.p.p.). [9]

Vi sono, invece, altri atti che nella pratica sono sempre sottoscritti, ma senza che tale requisito sia previsto dal codice ad esempio:

  • l’invito a presentarsi per l’interrogatorio (art. 375 c.p.p.);
  • la richiesta di convalida, che potrebbe avvenire anche oralmente (arg. ex art. 390 c.p.p.), così come la presentazione dell’arrestato o del fermato all’udienza nel giudizio direttissimo (arg. ex art. 450, co. 3, c.p.p. per il caso della citazione del soggetto libero);
  • l’avviso di fissazione dell’udienza di convalida e di discussione sulla richiesta di archiviazione, l’ordinanza sulla richiesta di convalida dell’arresto e la richiesta di archiviazione (artt. 391 e 409 c.p.p.);
  • l’avviso di conclusione delle indagini (art. 415 bis c.p.p.);
  • la richiesta di giudizio immediato (art. 454 c.p.p.);
  • la richiesta di decreto penale di condanna (cfr. art. 459 c.p.p.);
  • le memorie delle parti (cfr. art. 121).

Non è, poi, prevista alcuna forma particolare per la delega di indagini alla Polizia Giudiziaria da parte del Pubblico Ministero (cfr. art. 370 c.p.p.).

Valgono comunque le stesse obiezioni di cui sopra atteso che “L’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico”. 

La firma digitale apposta un atto del processo è prevista nell’ipotesi di un deposito telematico in un futuribile (per il penale) fascicolo informatico. In assenza di tale regolamentazione l’atto firmato digitalmente è comunque destinato ad essere stampato ed inserito nel fascicolo cartaceo con l’assoluta perdita di senso della stessa firma digitale che su un foglio di carta diviene una mera attestazione, perfettamente replicabile, dell’esistenza della firma sul documento informatico che resta l’unico originale.

Paradossalmente, poi, in questo caso il Giudice non potrebbe neppure provvedere al successivo deposito ex art. 128 c.p. non avendo la disponibilità fisica di un originale firmato analogicamente.


[1] Il d.M. n. 44/2011 distingue tendenzialmente fra deposito telematico, che attiene alla trasmissione dell’atto informatico da parte del magistrato (Soggetto Abilitato Interno, cfr. art. 2, lett. m, n. 1, d.M. cit.), dalla trasmissione dell’atto ai difensori (Soggetti Abilitati Esterni, cfr. art. 2, lett. m, n. 2, d.M. cit.) parti o dalle parti al magistrato, a seconda che il tragitto che compie la trasmissione si muova solo all’interno o anche all’esterno della RUG (Rete Unica Giustizia o dominio della giustizia, cfr. art. 3 d.M. cit.).

[2] TONINI intende per “documento informatico” quello in cui il contenuto rappresentativo (“documento”) viene incorporato (nella sua elaborazione comunque “scritto”, sebbene in modo “informatico” e non analogico) nel “supporto informatico”, v. P. TONINI, Documento informatico e giusto processo, in Dir. Pen. e Processo, 2009, 4, 401. La sua nozione fa perno, quindi, sul metodo di incorporamento nel supporto (digitale vs. cartaceo), ferma restando la natura scritta del documento. Anche Cass. Sez. 3^, n. 37419 del 5/07/2012 tratta il documento informatico come un documento, perché afferma che «I dati di carattere informatico contenuti nel computer, in quanto rappresentativi, alla stregua della previsione normativa, di cose, rientrano tra le prove documentali.». Per una chiara, ma sintetica, panoramica delle varie posizioni teoriche (non tutti conformi a quella espressa da TONINI), v. G. BUONOMO, A. MERONE, La  scrittura  privata  informatica:  firme  elettroniche,  valore  probatorio  e  disconoscimento  in giudizio [alla luce delle modifiche introdotte dalla l. 221/2012], in www.judicium.it.

[3] E, comunque, oggi in tempi di emergenza la spedizione a mezzo raccomandata sarebbe ugualmente contraria all’esigenza di ordine pubblico di evitare spostamenti. In caso di impedimenti è capitato che i provvedimenti dei magistrati siano stati recapitati a mezzo posta o presi dal commesso dell’ufficio.

[4] Le disposizioni sulla firma digitale escludono, infatti, ogni forma di automazione, in quanto “I documenti informatici devono essere presentati al titolare, prima dell’apposizione della firma, chiaramente e senza ambiguita’, e si deve richiedere conferma della volonta’ di generare la firma secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71” (cd. principio what you sign is what you see fissato dall’art. 35, co. 2, seconda parte, CAD).

[5] Con una App di gestione dei file .pdf sarebbe possibile formare un .pdf unico formato dalle varie foto, ma non discutiamo questa ipotesi.

[6] Il meccanismo di firma si fonda su un PIN, un device e dei certificati di firma, che hanno lo scopo di assicurare che il device non sia utilizzato impropriamente, proprio come il BANCOMAT. Ogni volta che apponiamo la firma, il programma verifica che i certificati non siano stati revocati. La CMG ha, poi, un corso di validità e viene verificato anche questo.

[7] Scegliendo firma grafica avanzata possiamo collocare all’interno del file .pdf il simbolo grafico della firma dove preferiamo, diversamente viene apposto dal programma (con OK GOLD in alto a sinistra).

[8] La normativa speciale sul PPT tende a replicare in ambito informatico le garanzie che sono insite del “doppio documento” analogico di cui abbiamo parlato all’inizio ovvero il provvedimento del magistrato ed il depositato della cancelleria/segreteria, in modo da dare alla procedura tutte le garanzie possibili, insieme ad un’automazione delle operazioni di conservazione ed aggiornamento dei registri.

[9] Cfr. art. 160 c.p., che comprende anche altri atti per i quali non è espressamente prevista dal codice di procedura la sottoscrizione: l’ordinanza di convalida dell’arresto e del fermo, l’invito a rendere l’interrogatorio, il provvedimento di fissazione dell’udienza a seguito della presentazione della richiesta di archiviazione o di patteggiamento nel corso delle indagini preliminari, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, la presentazione dell’arrestato nel giudizio direttissimo.

Il parallelo fra la sottoscrizione e l’interruzione della prescrizione è anche in Cass. Sez. 6, n. 2397 del 02/02/2000 – dep. 25/02/2000, P.G. in proc. Monaco, Rv. 21564501: “La mancanza di sottoscrizione del decreto di citazione a giudizio nel procedimento pretorile non comporta invalidità dell’atto ma semplice irregolarità. Detta sottoscrizione ha la funzione di certificare il momento di emissione del decreto ai fini della certezza della data di interruzione della prescrizione del reato; tuttavia questo non significa che l’atto in mancanza di tale sottoscrizione non sia idoneo a produrre gli effetti di cui all’art. 160 c.p., perché la certezza della data può realizzarsi anche per equipollente dal momento in cui esce dalla sfera dell’ufficio del p.m., ed assume, per fatto esterno, un termine certo oltre il quale non può essere stato sottoscritto dall’inquirente, come, per esempio, può avvenire con la attribuzione della data di protocollo presso la cancelleria della pretura o con la notificazione all’imputato e simili.”

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