Giunta esecutiva Centrale – Parere 9.5.2018 su nuova disciplina avocazione

1. La Giunta Esecutiva Centrale ritiene che la proposta di risoluzione della VII Commissione relativa alla nuova  disciplina dell’avocazione – che il Consiglio Superiore della Magistratura si appresta ad approvare – sia un apprezzabile lavoro di normazione secondaria riguardante le misure organizzative degli uffici requirenti. La proposta in esame contribuisce in modo significativo, unitamente ai criteri orientativi e buone prassi in materia di avocazione fissati con provvedimento del 24.4.2018 dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, a ridurre gli imponenti effetti negativi sul sistema del processo penale, più volte segnalati dall’Associazione Nazionale Magistrati, conseguenti alla modifica degli artt. 407 c. 3 bis e 412 c.p.p. per effetto della L. 103/2017.

La proposta di risoluzione, peraltro, è in linea con le osservazioni e le preoccupazioni contenute nel parere espresso dall’ANM in merito al DDL S-2067 sulla base del lavoro svolto dalla commissione permanente di studio sul diritto e processo penale. 

Risulta condivisibile l’impostazione che la VII Commissione del CSM ha inteso imprimere agli aspetti nevralgici connessi alle nuove norme e alle loro possibili conseguenze, ed in particolare si ritiene apprezzabile:

  • l’affermazione che l’applicazione dell’istituto debba ispirarsi ad una sinergica cooperazione tra uffici giudiziari e non debba avere alcuna connotazione gerarchico-sanzionatoria (sotto tutti i profili, ivi compreso quello relativo all’accesso alle informazioni);  
  • la conferma circa la natura meramente facoltativa della avocazione;
  • la natura di assoluta extrema ratio, ancor più rafforzata rispetto agli altri casi, della avocazione per i procedimenti di cui all’art. 407 comma 2) lett. a) n. 1, 3 e 4 c.p.p. (in primis quelli di criminalità organizzata e terrorismo);
  • la assoluta necessità che l’applicazione al procedimento avocato del magistrato requirente di primo grado – definita misura di natura straordinaria ed eccezionale, con obbligo di specifica motivazione da parte del procuratore generale – sia subordinata al parere obbligatorio e vincolante del procuratore della Repubblica;
  • l’esclusione di ogni possibile risvolto e finalità di tipo disciplinare, paradisciplinare e di verifica delle modalità di conduzione delle indagini.

Inoltre, si concorda con l’impostazione consiliare in ordine al carattere centrale e nevralgico dell’interpretazione della dizione “termine massimo di durata delle indagini preliminari” cui fa riferimento l’art.  407, comma 3-bis, c.p.p.

L’interpretazione di questo profilo ha un immediato e assai significativo impatto sulla operatività dell’istituto come riformulato e, conseguentemente, sull’organizzazione degli uffici requirenti.

L’opzione ermeneutica che si ritiene di condividere è quella del c.d. “termine in astratto“, secondo cui detto termine debba essere individuato in quello massimo previsto dall’art. 407 c.p.p., fissato in 18 mesi (comma 1) o 24 mesi (comma 2), indipendentemente dalla richiesta e/o concessione delle proroghe, che rileva, è bene sottolinearlo, solo ai fini dell’utilizzabilità degli atti compiuti.