Il Legislatore supera la Cassazione sulle impugnazioni trasmesse a mezzo PEC

di Luigi Petrucci

  1. Dove eravamo rimasti

Su questa Rivista sono state commentate le riforme del processo penale telematico dettate dall’emergenza sanitaria fino al d.l. n. 28/2020 (v. D.L. n. 28 del 2020 e informatizzazione del processo penale. Avanti (?) con brio di R. Di Gioia).

Qui si vuole fare il punto sul deposito degli atti da parte dei difensori e delle Forze dell’Ordine, ai quali erano dedicati gli artt. art. 83, co. 12 quater.1 e .2, d.l. n. 18/2020 conv. l. n. 27/2020, mod. d.l. n. 28/2020, nell’attuazione data dal provvedimento DGSIA del 11.5.2020.

Le due disposizioni legalizzavano il deposito in Procura rispettivamente: 1) attraverso il Portale Deposito Atti Penali (di seguito PDP, come da provvedimento D.G.S.I.A. del 11.5.2020) degli atti indicati dall’art. 415 bis c.p.p. da parte dei difensori (la norma non lo indicava, ma il provvedimento ha ristretto i soggetti in grado di depositare in questo modo ai soli difensori, quali Soggetti Abilitati Esterni in grado di interagire in modo organico con il Dominio Giustizia[1]) e 2) attraverso il Portale delle Notizie di Reato (di seguito Portale NDR) di atti e documenti da parte della Polizia Giudiziaria.

La previsione normativa, in modo coerente a quanto previsto dall’art. 35 d.M. n. 44/2011, prevedeva che ciascuna Procura richiedesse l’abilitazione all’utilizzo di uno o di entrambi i Portali e che il deposito fosse subordinato al provvedimento della DGSIA di accertamento della funzionalità dei servizi di deposito telematico.

Trattandosi di una trasmissione mediante upload (o sincrona, nel senso che l’atto viene immediatamente messo a disposizione del sistema del destinatario, che -come si dice in gergo tecnico- “viene aperto” all’esterno), veniva opportunamente previsto che il deposito degli atti si intendesse eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, replicando in questa parte il più collaudato sistema della cd. R.A.C. -Ricevuta di Avvenuta Consegna- del documento trasmesso a mezzo PEC (cfr. art. 16 bis, co. 7, d.l. n. 179/2012 conv. l. n. 221/2012 ed art. 13, co. 2, d.M. n. 44/2011).

Con l’art. 221 l. n. 77/2020 di conv. d.l. n. 34, il testo delle due disposizioni era stato opportunamente unificato, dal momento che era sostanzialmente uguale nel contenuto normativo, cambiando solo i soggetti abilitati e lo strumento tecnologico da utilizzare (PDP e Portale NDR).

La novità sostanziale, invece, era quella di prevedere un provvedimento unico, valido per tutto il territorio nazionale, per l’autorizzazione all’uso dei due sistemi da parte delle Procure, che di fatto è un obbligo (v. §. 2).

  1. Il d.l. n. 137/2020 c.d. Ristori e le precisazioni fatte con la legge di conversione n. 176/2020

Su questo tessuto si è inserito l’art. 24 d.l. cit. che:

  1. ha previsto (co. 1) l’obbligo di utilizzare il PDP per il deposito degli atti e dei documenti dopo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in tutte le Procure, che sono state tutte abilitate alla ricezione degli atti e documenti attraverso questa modalità disponibile nell’area riservata ai Soggetti Abilitati del Portale dei Servizi Telematici o PST (definito dall’art. 2, lett. b, e disciplinato dall’art. 6 d.M. n. 44/2011)[2];
  2. ha chiarito (co. 3) che le Procure erano autorizzate (recte: obbligate, dal momento che per il mittente è obbligatorio l’utilizzo di questo sistema e, quindi, specularmente per le Procure questo è l’unico canale di accesso a questi atti e documenti) all’utilizzo del Portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte della DGSIA;
  3. ha consentito (co. 4) il deposito di atti e documenti presso gli altri Uffici giudiziari del settore penale a mezzo pec, delegando il Direttore generale dei servizi informativi automatizzati ad individuare gli indirizzi ai quali indirizzare la trasmissione e da inserire nel ReGIndE (ovvero l’elenco ufficiale degli indirizzi pec per il Dominio Giustizia, cfr. art. 7 d.M. n. 44/2011). La legge di conversione ha precisato che anche l’indirizzo del mittente doveva essere fra quelli censiti nel ReGIndE, in modo da avere una garanzia sull’individuazione certa del soggetto mittente. Non è espressamente previsto, ma è conveniente che l’indirizzo del mittente sia quello del difensore che firma l’atto, come invece è stato previsto per le impugnazioni (cfr. oltre §. 3). Il provvedimento che indica gli indirizzi e le modalità di queste trasmissioni è stato emanato il 9.11.2020 e pubblicato sul PST.
  4. ha disciplinato questa seconda forma di deposito telematico (co. 5), di per sé priva delle garanzie di accertamento e conservazione dei dati relativi alla trasmissione propri dei sistemi del Dominio Giustizia[3], stabilendo che il personale di segreteria e di cancelleria deve provvedere ad annotare nel registro informatico la data di ricezione e ad inserire l’atto nel TIAP-Document@, già da tempo individuato dalla DGSIA come fascicolo informatico nel quale conservare copia informatica degli atti e dei documenti del processo. È stato anche previsto (a differenza del deposito attraverso il Portale) che sia inserita nel fascicolo cartaceo una copia analogica dell’atto trasmesso con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell’Ufficio[4]. La legge di conversione ha ulteriormente precisato che si debba attestare anche da quale indirizzo è avvenuta la trasmissione. Concretamente sarà sufficiente stampare il messaggio di avvenuta ricezione della pec e depositarlo, dando atto che è conforme a quello ricevuto. La copia analogica autenticata dal pubblico ufficiale terrà luogo dell’originale informatico, non contenuto in un fascicolo informatico avente i requisiti previsti dal d.M. n. 44/2011 (e conforme ai principi del CAD), all’interno del fascicolo cartaceo, che continua ad essere il riferimento “materiale” principale degli atti processuali;
  5. il provvedimento del D.G.S.I.A. aveva previsto che gli atti ed i documenti fossero in formato .PDF e firmati digitalmente: la legge di conversione (co. 4) ha confermato questa scelta del D.G., delegandolo ad individuare le specifiche tecniche relative alla “sottoscrizione digitale”. Posto che gli atti ed i documenti provengono da un mittente ben individuato (anche se non necessariamente lo stesso che firma l’atto, cfr. punto n. 3), la sottoscrizione digitale dell’atto ha la funzione di renderne manifesta la paternità del contenuto ovvero la volontà che l’atto trasmesso produca i suoi effetti, elemento essenziale per qualificare il documento come atto processuale[5] (es. la richiesta di ammissione di un testimone). La sottoscrizione digitale del documento ha, invece, l’effetto di dichiarare che la copia informatica o per immagine trasmessa è conforme all’originale (o copia, seconda i casi) in possesso del mittente senza bisogno di alcuna formula ulteriore[6];
  6. la legge (co. 4) ha, poi, precisato che: “Quando i  messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al presente comma, il deposito puo’ essere eseguito mediante  l’invio di piu’ messaggi di posta elettronica  certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza”[7].
  1. Il dibattito sull’ammissibilità dell’impugnazione trasmessa a mezzo pec e l’intervento del Legislatore

Sulla scorta di questa disposizione, alcuni commentatori avevano affacciato la possibilità che si potesse trasmettere a mezzo pec anche l’atto di impugnazione[8].

Questa possibilità è stata prontamente esclusa dalla Cassazione con la sentenza n. 32566/20[9].

In questo dibattito è intervenuto il Legislatore con la conversione del decreto legge, che ha inserito nell’art. 24 D.L. n. 137/2020 conv. l. n. 176/2020 (entrato in vigore il 25 dicembre) i commi da 6 bis a 6 decies, che di seguito si riportano, con qualche breve commento in calce ad ogni comma:

   6-bis. Fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1,  e 583 del codice di procedura penale, quando  il  deposito  di  cui  al comma 4 ha ad oggetto un’impugnazione, l’atto in forma di  documento informatico è sottoscritto  digitalmente  secondo   le   modalità indicate con il provvedimento  del  Direttore  generale  dei  sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in  copia  informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformita’ all’originale.

Nulla di nuovo rispetto a quanto si è già osservato. L’unica, grande, differenza è che l’unico tipo di copia ammessa è quella per immagine e si precisa che deve essere sottoscritta per conformità a quella originale (rectius: a quella analogica in possesso del difensore, che potrebbe essere a sua volta una copia). Non sembra, pertanto, possibile allegare documenti informatici, dei quali non è possibile copiare “l’immagine”, essendo questa ovviamente riferita all’immagine del documento analogico in possesso dell’impugnante. La disposizione è, evidentemente, ricalcata sul più tradizionale substrato processuale cartaceo, verosimilmente destinato ad essere ripristinato non appena possibile, mediante il deposito degli originali cartacei nel fascicolo dell’impugnazione.

V’è da chiedersi se questa modalità di presentazione dell’impugnazione possa valere anche per il pubblico ministero. Prudenza consiglia di evitare questi esperimenti nel breve periodo di vigenza della disposizione (per ora fino al 31 gennaio 2021), anche perché spesso i fascicoli del pubblico ministero contengono documenti informatici (file video e audio).

    6-ter.  L’impugnazione  e’  trasmessa  tramite  posta   elettronica certificata  dall’indirizzo  di  posta  elettronica  certificata  del difensore a  quello  dell’ufficio  che  ha  emesso  il  provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalita’  e  nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate. Non  si  applica  la disposizione  di  cui  all’articolo  582,  comma  2,  del  codice  di procedura penale.

Anche qui nulla di diverso rispetto a quanto già previsto dall’invio a mezzo pec di altri atti o documenti. È sicuramente razionale aver limitato all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato (sul quale grave in ultima battuta l’onere di predisporre il fascicolo per l’impugnazione) il luogo virtuale di presentazione dell’impugnazione.

    6-quater. I motivi nuovi e le memorie sono  proposti,  nei  termini rispettivamente previsti, secondo le  modalita’  indicate  nei  commi 6-bis e 6-ter, con atto  in  formato  elettronico  trasmesso  tramite posta elettronica certificata  dall’indirizzo  di  posta  elettronica certificata  del  difensore  a  quello   dell’ufficio   del   giudice dell’impugnazione, individuato ai sensi del comma 4.

Anche in questo caso è logico che gli atti successivi all’impugnazione siano trasmessi direttamente al giudice dell’impugnazione.

    6-quinquies. Le  disposizioni  di  cui  ai  commi  6-bis,  6-ter  e 6-quater si applicano a tutti  gli  atti  di  impugnazione,  comunque denominati, e, in quanto compatibili, alle opposizioni  di  cui  agli articoli 410, 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n.  354. Nel caso di richiesta di riesame o di  appello  contro  ordinanze  in materia  di  misure  cautelari   personali   e   reali,   l’atto   di impugnazione, in  deroga  a  quanto  disposto  dal  comma  6-ter,  e’ trasmesso  all’indirizzo  di  posta   elettronica   certificata   del tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice  di  procedura penale.

Il luogo virtuale delle impugnazioni de libertate è individuato nell’indirizzo pec del Tribunale della Libertà. L’eccezione alla regola vigente per gli altri provvedimenti appare ragionevole, in quanto consente di accentrare e semplificare il procedimento, com’è noto caratterizzato da brevissimi termini a pena di inefficacia della misura (per quanto pur sempre decorrenti dal momento in cui il Tribunale della Libertà riceve gli atti), anche perché l’ufficio che trasmette gli atti non è sempre quello che ha emesso il provvedimento, ma può essere anche l’ufficio di procura, soprattutto nei casi in cui sono i previsti i termini perentori a pena di inefficacia della misura. Ovviamente sarà molto importante l’organizzazione del Tribunale della Libertà e delle Procure, per evitare scarcerazioni per ritardi nella trasmissione di atti o nella fissazione dell’udienza. Nei distretti dove è stato implementato l’utilizzo di TIAP-Document@ (oggi grandemente aiutato dal deposito tramite i Portali), sarà sufficiente abilitare la visione del fascicolo informatico al Tribunale della Libertà per realizzare la trasmissione di copia degli atti.[10]

    6-sexies. Fermo quanto previsto dall’articolo  591  del  codice  di procedura penale, nel caso di proposizione  dell’atto  ai  sensi  del comma 6-bis l’impugnazione è altresì inammissibile:      a) quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;      b) quando le copie informatiche per  immagine  di  cui  al  comma 6-bis  non  sono  sottoscritte   digitalmente   dal   difensore   per conformità all’originale;      c)  quando  l’atto  e’  trasmesso  da  un  indirizzo   di   posta elettronica certificata che non è  presente  nel  Registro  generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;      d)  quando  l’atto  e’  trasmesso  da  un  indirizzo   di   posta elettronica certificata che non e’ intestato al difensore;      e) quando l’atto e’ trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale  dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso  di richiesta di riesame o di appello  contro  ordinanze  in  materia  di misure  cautelari  personali  e  reali,  a  un  indirizzo  di   posta elettronica certificata diverso da quello indicato per  il  tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale  dal provvedimento  del  Direttore  generale  dei  sistemi  informativi  e automatizzati di cui al comma 4.

Tutte le violazioni delle regole essenziali per individuare il mittente dell’impugnazione, l’ufficio destinatario della stessa, la paternità dell’atto, la conformità all’originale in possesso del difensore (o del pubblico ministero, se si ritiene che sia possibile la sua impugnazione a mezzo pec) sono sanzionate dall’inammissibilità.

    6-septies. Nei casi previsti dal comma 6-sexies, il giudice che ha emesso il provvedimento  impugnato  dichiara,  anche  d’ufficio,  con ordinanza l’inammissibilità dell’impugnazione e dispone l’esecuzione del provvedimento impugnato.

   6-octies. Le disposizioni del  comma  6-sexies  si  applicano,  in quanto compatibili, agli atti indicati al comma 6-quinquies.

Il compito di dichiarare l’inammissibilità (e, quindi, di controllare le firme elettroniche e gli indirizzi di posta elettronica) è del giudice che riceve l’impugnazione. D’altra parte se al giudice dell’impugnazione è trasmessa una copia analogica (come in effetti preconizza il successivo comma 6 novies), il controllo della firma digitale lo può fare solo il giudice in possesso del file. Anche il controllo degli indirizzi di posta elettronica è più facile dall’applicazione che riceve l’atto, piuttosto che dall’estrazione e stampa del messaggio di PEC.

Nel caso del Tribunale del Riesame sarà ovviamente questo ufficio a fare la verifica di ammissibilità, probabilmente con un certo favor per l’ammissibilità di atti con irregolarità solo formali, consentito dalla clausola di compatibilità.

   6-novies.  Ai  fini  dell’attestazione  del  deposito  degli   atti trasmessi tramite posta elettronica certificata ai sensi dei commi da 6-bis a 6-quinquies e della continuità della  tenuta  del  fascicolo cartaceo, la cancelleria provvede ai sensi del comma 5.

In applicazione del principio del doppio fascicolo (sul quale v. già, anche se al contrario, l’art. 14, co. 2, d.M. n. 44/2011), la cancelleria procede a stampare e depositare la ricevuta della pec e tutti gli allegati e ad inserirli nel fascicolo formato secondo le regole consuete per il giudice dell’impugnazione.

    6-decies. Le disposizioni di cui ai commi da 6-bis  a  6-novies  si applicano agli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, agli  atti  di opposizione e ai  reclami  giurisdizionali  proposti  successivamente alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del presente decreto. Fino alla suddetta data  conservano  efficacia  gli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, gli atti di opposizione  e  i reclami  giurisdizionali   in   formato   elettronico,   sottoscritti digitalmente, trasmessi a decorrere dalla data di entrata  in  vigore del presente decreto alla casella di  posta  elettronica  certificata del giudice competente, ai sensi del comma 4.

La disposizione fa salve le impugnazioni trasmesse a mezzo pec prima dell’entrata in vigore della legge che, in forza della sentenza della Cassazione, avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili, purché firmate digitalmente.


[1] Per la definizione di Soggetto Abilitato e di Dominio Giustizia v., rispettivamente, le lettere m) ed a) dell’art. 2 d.M. n. 44/2011.

[2] Per utilissime indicazioni pratiche v. la sezione dedicata al deposito penale del sito del COA di Milano.

[3] Non bisogna, infatti, confondere il servizio di PEC previsto dall’art. 4, co. 3, d.M. n. 44/2011, che ha questo dominio@penale.ptel.giustiziacert.it (cfr. art. 4 Provvedimento del D.G.S.I.A. che detta le specifiche tecniche del processo telematico), dal servizio di pec utilizzato per questa trasmissione, che ha il dominio @giustiziacert.it. Questo secondo servizio non fa parte integrante dei sistemi aventi le caratteristiche di coerenza e conservazione dei dati all’interno di un fascicolo informatico e, fra l’altro, non è consultabile dai magistrati, né dagli altri Soggetti Abilitati alla consultazione. Si tratta dello stesso servizio utilizzato per la notifica ai soggetti diversi dall’imputato che, non a caso, prevedeva la produzione di un “artefatto” cartaceo, che dava atto dell’esito della trasmissione a mezzo pec da inserire nel fascicolo processuale cartaceo.

[4] Sul punto v. le considerazioni di M. BOZZAOTRE, Decreto legge Ristori, il deposito telematico degli atti penali: significative novità e sconsolanti conferme, in giustiziainsieme.it

[5] È opportuno ricordare che ad una firma elettronica ed ad un documento elettronico non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità  come  prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della loro forma elettronica (cfr. artt. 25 e 46 Reg. UE n. 910/2014 cd. eIdAS Electronic Identification Authentication and Signature): l’art. 24 ha, pertanto, l’effetto di vincolare il Ministro della Giustizia, quale titolare esclusivo dei servizi informatici per la giustizia (art. 110 Cost.) a predisporre dei sistemi che rendano operativo il principio euro-unitario all’interno del processo penale, senza che possano sollevarsi dubbi di sorta sulla validità dell’atto processuale nativo digitale. Pur limitando il principio euro-unitario, è senza dubbio ragionevole la possibilità di regolamentare il quomodo dell’atto nativo digitale conferita dal Legislatore all’articolazione tecnico-informatica ministeriale, poiché questo potere conformativo assicura le esigenze di sicurezza e coerenza dei sistemi informativi ministeriali. Questa normativa emergenziale e, per ora, di durata limitata al 31.1.2021, non sembra che potrà essere facilmente abrogata nella parte in cui apre agli atti processuali nativi digitali, per quanto sia auspicabile, come notava BOZZAOTRE, un rapido passaggio dal fascicolo cartaceo a quello informatico, in modo da evitare questi continui e dispendiosi passaggi carta-informatico-carta o informatico-carta-informatico, che peraltro disperdono molte potenzialità del documento informatico.

[6] Non è stato previsto se questa attestazione ricada nell’ambito di applicazione degli artt. 16 decies e undecies d.l. n. 179/2012 conv. l. n. 221/2012, che sono contenuti nella sezione titolata Giustizia Digitale prevalentemente dedicata al processo civile telematico, ma che comprende anche l’art. 16 dedicato alle notifiche a mezzo PEC alle persone diverse dall’imputato. I due articoli stabiliscono il potere del difensore di autenticare la copia informatica o per immagini trasmessa nel fascicolo informatico del processo civile. Nell’ambito del processo penale non vige il rigido sistema di ammissione dei documenti del processo civile (cfr. art. 193 c.p.p.) ed il documento può essere sempre valutato dal giudice in applicazione del principio del suo libero convincimento (cfr. art. 192, co. 1, c.p.p.). Stante la diversa disciplina vigente nel processo civile rispetto a quello penale ed il mancato rinvio alla disciplina della Sezione Giustizia Digitale, non sembra possibile attribuire questo potere e la connessa qualità di pubblico ufficiale al difensore penale nel momento in cui sottoscrive digitalmente la copia trasmessa.

[7] Disposizione analoga a quella vigente da tempo per il processo civile telematico (cfr. art. 16 bis, co. 7, ultimo alinea, d.l. n. 179/2012 conv. l. n. 221/2012; il d.M. n. 44/2011 prevede un limite insuperabile di 30 Mb per ogni trasmissione, anche se nulla vieta di effettuare più trasmissioni).

[8] L. GIORDANO, L’art. 24 del cd. decreto Ristori permette la presentazione di impugnazioni a mezzo PEC?, in ilprocessotelematico.it, M. GIALUZ, J. DELLA TORRE, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 e processo penale: sulla “giustizia virtuale” servono maggiore cura e consapevolezza, §. 9, in sistemapenale.it

[9] Così massimata: In tema di impiego della posta elettronica certificata nel procedimento penale, l’art. 24, comma 4, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, in attesa di conversione, contenente disposizioni per contrastare l’emergenza da Covid-19, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, stante la natura non derogatoria del suddetto comma rispetto alle previsioni sia del codice di procedura penale, sia del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla l. 22 febbraio 2010, n. 24, e sia anche del regolamento delegato adottato con decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, concernente le regole tecniche per il processo civile e penale telematici. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto inammissibili i motivi nuovi trasmessi mediante posta elettronica certificata dal procuratore generale nell’ambito di giudizio ex art. 311 cod. proc. pen.). (Cass. Sez. 1, n. 32566 del 03/11/2020 – dep. 19/11/2020, PMT C/ CAPRIOLI GIUSEPPE VA, Rv. 27973701). La sentenza ha il grande merito di operare un’articolata ricostruzione del sistema normativo che, in regime ordinario, governa il processo penale telematico, mettendo a fuoco, per la prima volta nella giurisprudenza di legittimità, l’importanza del d.M. n. 44/2011 e della sua fonte, l’art. 4, co. 1, d.l. n. 193/2009 conv. l. n. 24/2010, fino ad ora rimasto sotto traccia rispetto alle disposizioni del CAD e del codice di procedura penale (compreso il fondamentale art. 64 d.a.c.p.p.). Per una prima critica, da parte di due specialisti del processo telematico, v. G. VITRANI, R. ARCELLA, Inammissibilità (presunta?) degli atti di impugnazione depositati a mezzo PEC nel processo penale, in ilprocessotelematico.it

[10] Più articolata la situazione della trasmissione degli atti mediante abilitazione alla visione del fascicolo informatico alla Corte di Appello o alla Cassazione, che non può essere affrontata in questa sede, anche se questo sarà ovviamente il futuro prossimo venturo.