Intervento di Alessandra Maddalena, vicepresidente A.N.M., in occasione dell’assemblea generale dell’associazione dello scorso 11 giugno

Oggi non siamo qui per giudicare il governo e la sua linea politica.

La Magistratura associata deve rimanere estranea a contrasti politici ed esimersi da intromissioni dirette o indirette nelle scelte politiche e da giudizi di valore, che finirebbero solo per appannare l’immagine di imparzialità, autonomia e indipendenza di cui deve godere la funzione giurisdizionale.

Separazione dei poteri vuol dire anche questo. Rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della Magistratura, ma anche rispetto per le prerogative degli altri poteri. I conflitti politici non devono riguardare la magistratura e le sue rappresentanze associative, che mai devono essere o apparire vicine o, al contrario, pregiudizialmente ostili a uno schieramento politico.

Questo non significa che la Magistratura non debba avere sempre come obiettivo l’attuazione e la difesa dei valori costituzionali; che non debba offrire il proprio contributo sui progetti di riforma che riguardano la giustizia e i diritti dei cittadini – diritti inviolabili, diritti civili, diritti di libertà – e le garanzie costituzionali di indipendenza e autonomia dell’ordine giudiziario, che di quei diritti sono essenziale garanzia.

E penso alla rinnovata proposta di modifica del sistema di scelta dei componenti togati dell’organo di governo autonomo della magistratura – ancora una volta sentiamo parlare di sorteggio temperato – che rappresenterebbe un passo decisivo verso una riduzione del ruolo del Consiglio, destinato inevitabilmente a essere subalterno alla politica esterna e servente rispetto ad una riorganizzazione in senso verticistico e burocratico dell’ordine giudiziario. O alla prospettata separazione delle carriere, congiunta alla sostanziale eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale, annunci di riforma che si sono intensificati negli ultimi mesi e su cui l’Associazione nazionale magistrati dovrà tornare a confrontarsi, quando saranno rese note le nuove proposte governative, nella convinzione comunque che un progetto di tal fatta minerebbe alle fondamenta l’attuale assetto costituzionale della magistratura italiana.

Sono temi che vanno affrontati in maniera adeguata, confrontandoci tra noi e con tutti gli altri operatori del diritto, evitando di farne un manifesto privo di contenuti credibili, se non addirittura un motivo per alimentare conflitti interni che avrebbero il solo effetto di consegnare all’esterno l’immagine di una magistratura spaccata e debole.  

Ma noi oggi siamo qui per parlare dell’iniziativa disciplinare del Ministro Nordio nei confronti dei giudici della Corte di appello milanese che hanno concesso gli arresti domiciliari con braccialetto all’estradando Artem Uss, perché lo sconcerto e il disorientamento sono ancora forti.

Questa assemblea è stata convocata proprio per riflettere insieme, anche con il contributo dell’avvocatura e di rappresentanti del mondo accademico, su quella che certamente va vista come una rischiosa e inaccettabile ingerenza governativa nell’esercizio della funzione giurisdizionale, che si scontra apertamente con il principio costituzionale di separazione dei poteri, su cui si fonda la nostra democrazia. E ricordiamo che, disegnando un preciso regolamento di confini tra potere politico e Magistratura, i nostri Costituenti hanno inteso predisporre un efficace meccanismo di difesa, dopo quello che era appena successo.

Quella avviata dal Ministro è una iniziativa che colpisce al cuore l’esercizio della funzione giurisdizionale ed è certamente compito della Magistratura associata criticare questo esercizio del potere disciplinare che, ricordiamo, è stato disegnato dai Costituenti come facoltativo, in una delicata opera di bilanciamento tra garanzia di indipendenza e rischi di autoreferenzialità dell’ordine giudiziario, dovendo assumersene, dunque, il titolare la responsabilità politica.

E ci ha sollevati vedere come, di fronte ad un simile travalicamento dei confini dettati dalla Costituzione, sia intervenuta immediatamente anche l’avvocatura, oltre a tante voci del mondo accademico, per stigmatizzare tale iniziativa ministeriale, che è in evidente contrasto con l’art. 2 del decreto  legislativo  n. 109  del  2006,  secondo  cui  “l’attività  di  interpretazione  di  norme  di diritto  e  quella  di  valutazione  del  fatto  e  delle  prove  non  danno  luogo  a  responsabilità disciplinare”.   

Si tratta di un precedente che disorienta e che non può essere assolutamente sottovalutato, o ridotto ad un incidente di percorso, perché potrebbe legittimare anche in futuro censure nel merito di atti giurisdizionali in via disciplinare, con grave pregiudizio di libertà costituzionalmente garantite. E il pensiero va anche ad un altro preannunciato progetto di riforma, volto alla introduzione dell’Alta Corte di giustizia, con composizione mista e maggioranza non togata, alla quale verrebbe devoluto anche il controllo delle sentenze disciplinari emesse dal CSM.

A cosa si potrebbe arrivare? Ad un giudice indotto a pensarla come il ministro per non rischiare un’azione disciplinare? E’ una immagine che ci spaventa, che deve spaventare innanzitutto i cittadini, perché un giudice condizionato è un giudice che non tutela i loro diritti.

Occorre sensibilizzare l’opinione pubblica, continuare a sollecitare tutti gli operatori del diritto ad una riflessione comune sulla gravità di quanto accaduto e sui rischi per i cittadini – specie i più deboli – di ulteriori iniziative di questo genere, senza precedenti, assolutamente esorbitanti dai limiti del potere disciplinare.

Non dimentichiamo che l’indipendenza della magistratura è tra gli indici più attendibili dello stato di salute dello Stato di diritto in un Paese, che si fonda proprio sulla divisione dei poteri e sull’accesso alla giustizia dinnanzi ad un giudice terzo, imparziale e soprattutto indipendente e immune da condizionamenti politici.

Però è d’obbligo un chiarimento. Sui giornali abbiamo letto che la magistratura sarebbe pronta a scioperare. Naturalmente l’assemblea è sovrana ma è doveroso ricordare che la Giunta non si è mai pronunciata in questi termini e, in realtà, quasi nessuna delle assemblee distrettuali.

Sarebbe, in ogni caso, una reazione inutile e incongrua rispetto ad una iniziativa governativa già “consumata”.

D’altra parte, come abbiamo scritto nel comunicato deliberato all’ultimo CDC, “siamo certi che un vaglio sereno della vicenda non potrà mai condurre all’instaurazione del procedimento e tantomeno all’applicazione di una sanzione”, e lo sciopero potrebbe avere il sapore di una incauta interferenza nella delicata funzione adesso affidata ad altri organi.

  Noi, invece, dobbiamo continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sul significato di quanto accaduto, perché non ci si trovi di nuovo di fronte a simili “forzature”, che, qualora sottovalutate, potrebbero aprire la via ad iniziative ancora più pericolose per la tenuta dello Stato di diritto.

Quindi, continuiamo a farci sentire in modo forte e chiaro, a dibattere, a confrontarci con gli altri operatori del diritto, ad informare i cittadini, perché non ci si trovi un giorno a dover dire “nessuno di noi se lo sarebbe aspettato”.

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