La liberazione del cespite pignorato. Riflessioni minime a margine dello schema di decreto legislativo di attuazione della legge delega di riforma del processo civile.

A cura di Maria Ludovica Russo (giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Napoli)

Art. 560 c.p.c.

L’art. 560 c.p.c., intitolato “modo della custodia” regola, in concreto, le modalità, le ipotesi ed i tempi in cui da un lato è ammessa l’occupazione del cespite pignorato ad opera del debitore o di un terzo e, specularmente, dall’altro si debba invece procedere alla liberazione del bene staggito.

Le modifiche apportate da ultimo alla norma in parola ad opera del decreto delegato consegnano un testo, che può definirsi se non di svolta decisa in senso efficientistico, comunque di “approdo normativo” e di “contemperamento” delle esigenze di velocizzazione della procedura esecutiva con la tutela della posizione “debole” di colui che subisce la procedura espropriativa.

In particolare, il primo gruppo di esigenze ha caratterizzato l’evoluzione normativa dal 2006 (l. n. 63 del 28.12.2005) in cui l’istituto dell’ordine di liberazione eseguito a cura del custode (figura disciplinata dal precedente art. 559 c.p.c.1) ha visto la sua luce nel diritto positivo (codificando le cd. buone prassi, applicate da molti giudici di merito2), sino al 2016 (l. n. 119 del 30.06.2016) in cui l’ordine di liberazione ha assunto la veste giuridica di atto esecutivo (esplicitamente impugnabile con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c. 2 c.p.c.), costituente la regola generale nella gestione del bene staggito, da emettersi entro un termine massimo predefinito (l’aggiudicazione), attuato a cura del custode giudiziario mediante modalità snelle, interne alla procedura esecutiva (ossia senza l’utilizzo della procedura ordinaria per consegna e rilascio ex artt. 605 e ss c.p.c.), da portarsi avanti ad opera del custode anche dopo il trasferimento del bene nell’interesse dell’aggiudicatario (mediante una sorta di “ultrattività” codificata delle competenze del custode giudiziario), sebbene entro la chiusura della procedura esecutiva.

Le esigenze di tutela della posizione del debitore esecutato, hanno invece permeato le riforme o anche controriforme (in quanto dirette ad eliminare le spinte efficientistiche che il legislatore del 2016 aveva impresso all’istituto) del 2019 e del 2020 (l.11.02.2019 n. 12 “cd. Legge Bramini” e del 28 febbraio 2020 n. 8), attraverso la creazione dello cd: “statuto di protezione” del debitore che occupi, con il suo nucleo familiare, l’immobile quale abitazione principale; in tali casi la liberazione viene procrastinata all’emissione del decreto di trasferimento, tranne in caso di violazioni colpose o dolose degli obblighi di conservazione,  manutenzione e tutela con la diligenza del buon padre di famiglia, ad opera del debitore o del suo nucleo familiare; dopo l’aggiudicazione la liberazione viene inoltre condizionata alla volontà espressa dell’aggiudicatario.

           Le novelle in questione (pur nell’intento chiarificatore della riforma del 2020) non disciplinano esplicitamente alcuni aspetti dell’istituto in parola: ossia la natura dell’ordine di liberazione, la conformazione dei poteri del custode sia nella gestione ed amministrazione del bene pignorato, sia  ove si trovi ad agire per ottenere e conservare disponibilità del bene; alla stessa stregua la norma non esplicita: a chi spetti di sostenere le spese della liberazione dal momento dell’aggiudicazione, come e fino a quando possa esplicitarsi la volontà dell’aggiudicatario ed infine ancora che natura e dove debba essere inserito il provvedimento che il custode deve attuare per ottenere la liberazione l cespite al momento del trasferimento.

         La giurisprudenza di legittimità dal canto suo ha rimarcato a più riprese come la liberazione del cespite pignorato da parte del giudice dell’esecuzione costituisca la regola generale nelle espropriazioni immobiliari, mentre l’occupazione sino al decreto di trasferimento rappresenta la deroga prevista solo nei casi e nei tempi previsti dalla legge;  l’ordine di liberazione infatti rappresenta strumento funzionale agli scopi del processo di espropriazione forzata ed, in particolare, all’esigenza pubblicistica di garantire la gara per la liquidazione del bene pignorato alle migliori condizioni possibili, notoriamente connesse allo stato di immediata, piena e incondizionata disponibilità dell’immobile3.

In questa cornice si innestano le modifiche di cui al decreto delegato, la quali saranno destinate a regolare, in base alla disciplina transitoria, le procedure iniziate successivamente al 30 giugno 2023.

Come viene ampiamente chiarito nella relazione illustrativa allo schema di decreto legge, il legislatore delegato (sulla base della delega ricevuta) si è mosso sui seguenti binari.

  1. Viene confermato l’impianto risultante dalle modifiche del 2019 e del 2020, il quale distingue due fattispecie, correlate allo stato di occupazione dell’immobile pignorato, a seconda che quest’ultimo (al momento del pignoramento) sia occupato dal debitore a fini diversi dall’abitazione oppure da un terzo privo di titolo opponibile alla procedura (primo caso) ovvero sia abitato dal debitore sia da solo sia assieme al proprio nucleo familiare  (secondo caso), costruendo questa seconda ipotesi come deroga alla regola generale, come già elaborato in via interpretativa dalla Suprema Corte.
  2. Nell’ipotesi per cd: “generale” viene positivizzata la doverosità del provvedimento di liberazione, sottratto alla discrezionalità dell’organo giudicante, contingentando i tempi di adozione dello stesso (sulla falsariga della disciplina del 2016) con la previsione di un termine ultimo per l’emissione, il quale viene esplicitamente anticipato (anche rispetto alla versione del 2016) al momento dell’emissione dell’ordinanza di vendita o di delega delle operazioni di vendita (art. 569 c.p.c.), normando  quanto già suggerito dalle Buone Prassi  in materia esecutiva deliberate dal CSM in data 11.10.2017, aggiornate con Delibera del 7 dicembre 2021.

Acclarato ciò, il nuovo art. 560 c.p.c. svolge anche una funzione ricognitiva e chiarificatrice in relazione agli aspetti, che erano stati antecedentemente discipilnati dall’art. 560 c.p.c. (nella riforma del 2016) ma non più normati a seguito delle (contro)riforme del 2019 e del 2020; ciò senza stravolgere l’assetto degli interessi testè enucleato.

In particolare:

  • viene esplicitata la natura di provvedimento del giudice dell’esecuzione impugnabile con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c. 2 c.p.c;
  • sono tipizzati (in continuità con le riforme del 2019 e 2020) i presupposti per l’adozione dell’ordine di liberazione, in caso di immobile occupato dal debitore esecutato, corrispondenti (volendo riunire in un quadro generale le singole ipotesi), alla violazione di obblighi inerenti all’immobile (ossia propter rem e non personali del debitore, seppur occasionati dall’immobile) e lesivi per l’interesse della procedura a realizzare il miglior risultato economico (diminuendo il valore dell’immobile o determinando una minore appetibilità di esso) o alla posizione giuridica dell’aggiudicatario, provocando il sorgere di costi destinati a gravare a suo carico. In una chiara ottica acceleratoria della procedura viene inserito, quale comportamento idoneo alla liberazione anticipata anche “il comportamento del debitore che rechi impedimento allo svolgimento delle attività degli ausiliari del giudice dell’esecuzione”, tratteggiando pertanto tale condotta, come una lesione ex sé dell’interesse della procedura esecutiva4.
  • vengono ribadite le disposizioni (inserite nella versione del 2016, eliminate in quella del 2019, ma reinserite, sebbene in maniera maggiormente lacunosa in quella post riforma del 2020) circa l’attuazione dell’ordine di liberazione a cura del custode “secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione, senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti c.p.c.”
  • Viene ribadita, per un’esigenza sentita di chiarezza sul punto, l’ultrattività dei compiti di liberazione a cura del custode anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento (di cui si era dubitato dopo la novella del 2019) “nell’interesse e senza spese a carico dell’aggiudicatario o dell’assegnatario”, chiarendo definitivamente (nel senso propugnato dalla giurisprudenza di merito sul punto) che i costi graveranno sulla procedura, ossia in ultima analisi sul ricavato dalla vendita e quindi sul debitore esecutato  (art. 95 c.p.c.).
  • Ritorna il dictum della novella del 2016 nella parte in cui si prevede che la liberazione a favore dell’aggiudicatario sia la regola (anche in caso di nessuna manifestazione di volontà) salvo espresso esonero del custode, ad opera dell’aggiudicatario stesso.
  • Vengono finalmente dissipati dal decreto delegato, i dubbi sulla conformazione del provvedimento di liberazione emesso dal giudice dell’esecuzione, nell’ipotesi di immobile abitato dal debitore, al momento del trasferimento del cespite. Con il nuovo ottavo comma si è precisato, in modo chiaro, come l’ordine di liberazione costituisca un provvedimento autonomo e separato (quanto ad effetti e modalità attuative), da emettersi contestualmente alla pronuncia del decreto di trasferimento5,  attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione

Tirando le fila, può concludersi come la norma, sebbene di fatto meno innovativa di quanto potesse apparire negli iniziali lavori parlamentari, comunque si caratterizzi (specialmente nella versione di cui al decreto delegato) come norma chiara, completa e congruente con le finalità della procedura esecutiva.


1 L’art. 559 c.p.c., intitolato “custodia dei beni pignorati”, prevedeva già prima della riforma del 2006, la figura del custode, quale soggetto terzo, nominato dal giudice (su istanza di un creditore) al posto del debitore esecutato; la norma poi è stata riscritta nel 2006 ampliandone la portata e rendendo regola generale la nomina del custode al momento dell’emissione dell’ordinanza di vendita. Siffatta disciplina non ha subito modifiche (a differenza dell’articolo in commento) nel 2019 e 2020, mente è stata toccata dalla presente riforma, al fine di (come si legge espressamente nella Relazione Illustrativa) implementare l’efficacia della procedura esecutiva (secondo un’ottica già suggerita alle Buone Prassi del CSM enucleate nel 2017 e 2018) e coordinarsi dal punto di vista tecnico e processuale con il nuovo impianto dell’art. 560 c.p.c.

2 In particolare presso i Tribunali di Monza, Bologna e Salerno.

3 Da ultimo Cass. 28 marzo 2022 n. 9877.

4 Come si legge esplicitamene nella Relazione Illustrativa, nella disciplina così configurata: “l’ordine di liberazione non assume natura o veste sanzionatoria di qualsivoglia condotta non gradita del debitore, ma mira a garantire un corretto equilibrio tra gli interessi in gioco: da un lato, l’interesse pubblicistico, a liberare l’immobile per “vendere prima e vendere meglio”, realizzare cioè l’ottimale soddisfazione dei crediti azionati e, quindi, in ultima analisi, tutelare il credito; dall’altro l’interesse privatistico del debitore all’abitazione, avente natura di vero e proprio diritto fondamentale, come tale idoneo (secondo quanto affermato da Corte Cost. n. 128/2021) a comprimere (seppur in maniera temporanea) il pieno esercizio della tutela esecutiva”.

5 Il decreto di trasferimento, in base all’ingiunzione in esso contenuta, resta titolo esecutivo in favore dell’aggiudicatario da azionare nelle forme della procedura per rilascio ex articolo 605 e ss. c.p.c., contro il debitore e chiunque occupi il cespite trasferito.

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