Lo stato di salute della giurisdizione di fronte all’emergenza coronavirus in Lombardia, Piemonte e Veneto

Intervista a Cesare DE SAPIA (Presidente Tribunale di Bergamo), Salvatore LAGANÀ (Presidente Tribunale di Venezia) e Michela TAMAGNONE (Presidente Tribunale di Vercelli)

di Santi Bologna e Marco Cecchi in collaborazione con il Centro Studi Nino Abbate di Unità per la Costituzione

Unità per la Costituzione, con l’obiettivo di offrire uno sguardo diretto sull’attività giudiziaria, ha chiesto a tre magistrati appartenenti a realtà giurisdizionali diverse tra loro (Bergamo, Venezia, Vercelli), ma accomunate dall’appartenenza geografica ad una parte del territorio nazionale profondamente incisa dal Covid-19, di esprimere il proprio punto di vista sul presente e futuro della giustizia nei loro territori.

In una lunga intervista – su piattaforma Teams – si è parlato di come la crisi causata dall’emergenza sanitaria abbia determinato innovative forme di organizzazione del lavoro e di regole processuali, ma si è parlato anche di tanto altro…

Buona lettura!

Santi Bologna: Buongiorno Michela. Comincerei con questa domanda. Dal 1926 il Castello Visconteo ospita il Tribunale di Vercelli e da quasi due mesi le udienze da remoto hanno occupato la scena: l’udienza telematica celebrata all’interno di un castello è un paradosso storico o una miscela tra tradizione e modernità che funziona? Come avete affrontato la c.d. fase uno? Quali idee per la fase due?

Michela Tamagnone: grazie della domanda Santi. Presso il Tribunale di Vercelli, a dispetto dell’antichità della struttura, il fatto che gran parte dei giudici siano giovani, e quindi del tutto avvezzi e disponibili all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, ha favorito tanto i contatti via Teams tra di noi (comprendendovi camere di consiglio, riunioni ex art. 47 quater, confronti su orientamenti da adottare in riferimento all’emergenza Covid-19) quanto l’immediata adozione degli strumenti messi a disposizione da DGSIA per le udienze.

Sin da subito nel settore penale i GIP hanno utilizzato questi strumenti per le convalide, e nel civile, ad esempio nel settore fallimentare, io per prima li ho utilizzati per le udienze di rendiconto ex art. 116 LF.

Una delle udienze di quest’ultimo genere, in cui il “paradosso” è apparso in tutta la sua evidenza, è stata un’udienza di approvazione di rendiconto ex art. 116 LF in cui io mi trovavo a Vercelli nella mia stanza, all’interno di un castello del 1300 circa, ed il curatore si trovava a Dubai,  per esigenze lavorative e impedito a rientrare in Italia: ero incredula, il curatore con il proprio pc mi ha fatto vedere dalle sue finestre una Dubai deserta,  siamo riusciti a  svolgere l’udienza.

Nella c.d. fase uno la decisione a Vercelli è stata quella di far “andare avanti” tutto ciò che era telematico, ovviamente tenendo conto del fatto che i termini erano sospesi. Abbiamo ritenuto, ad esempio, di dichiarare esecutivi i piani di riparto dei fallimenti laddove i termini erano già scaduti, per consentire ai curatori di effettuare i bonifici online e quindi di far “circolare” denaro; ho sottoscritto un Protocollo con il COA per lo svolgimento delle udienze civili con trattazione scritta e da remoto, ed un altro per la trattazione scritta di separazioni consensuali e divorzi congiunti; abbiamo proseguito a smaltire istanze ed a lavorare in ogni settore ed ambito in cui non sussistesse l’esigenza di un contatto diretto tra persone.

Anche i presidi del personale sono stati pensati in primo luogo badando alla sicurezza del personale stesso, e collocando una persona per stanza, al massimo due dove gli spazi erano molto ampi e consentivano il distanziamento sociale richiesto dalla normativa.

Per la c.d. fase due – che vedrà ampliarsi le udienze (non più solo quelle “urgenti”) in un processo di progressiva “normalizzazione” – il primo passo previsto è quello di ripartire le giornate di udienza tra i vari giudici: contemplando quindi la mattina ed il pomeriggio, sono state attribuite ai giudici parte di giornate in modo che non sussista una compresenza di un numero eccessivo di soggetti.

Nel settore civile si è ritenuto di proseguire nell’utilizzo, nella maggior misura possibile, della trattazione scritta e, in subordine, di quella da remoto.

In riferimento al personale, allo stesso modo, si sta procedendo nel senso che, pur mantenendo gli smart working, il personale sia poi presente ogni giorno nella misura del 50%, peraltro ripartito in parte al mattino in parte al pomeriggio, sicché nelle rispettive tranche non sussista una compresenza di più del 25% del totale.

Marco Cecchi: Presidente Laganà, Venezia è una realtà economicamente sostenuta da una vasta molteplicità di fattori, estesa dagli impianti industriali di Marghera alle strutture di ricezione turistica del centro storico veneziano: quali saranno le prevedibili ripercussioni dell’impatto del COVID-19 su una realtà così composita?

Salvatore Laganà: Caro Marco devo risponderti con sano realismo. Con la fine anche del periodo c.d. post cuscinetto, e di un contenzioso, per così dire, “frenato”, ci aspettiamo intanto un aumento a valanga del contenzioso civile, comune a tutti i tribunali e dovuto alla possibilità (certo ora non vietata ma inevitabilmente rallentata dalle circostanze) di poter liberamente iscrivere nuove cause; questo effetto sarà maggiore per le procedure concorsuali, tenuto conto dell’improcedibilità prevista dall’art. 10 del D.L. n. 23/2020 per tutti i ricorsi in materia di dichiarazione di fallimento presentati dal 9 marzo e sino al 30 giugno.

Non è difficile prevedere in una realtà come quella veneziana, in cui il terziario collegato al turismo rappresenta la fetta più importante dell’economia non solo cittadina (e penso, per esempio, al comprensorio turistico di Iesolo con centinaia di alberghi, stabilimenti balneari, ristoranti, bar e discoteche), che la crisi del turismo, in gran parte internazionale e, quindi, destinata a protrarsi quantomeno per tutto l’anno, potrà avere effetti devastanti non soltanto sulle tantissime imprese direttamente collegate alle presenze turistiche ma anche sul gigantesco indotto che di turismo vive: i trasporti, dai motoscafisti ai gondolieri, il commercio, dai negozi del lusso alle centinaia di esercizi commerciali di souvenir, il porto con centinaia di approdi di navi da crociera, etc.

Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi anni gran parte dell’economia di Venezia e del retroterra è stata calibrata su una crescita turistica vorticosa e spesso anche sovradimensionata rispetto ai delicati equilibri della città lagunare: sono spariti i negozi di prossimità, le residenze sono state convertite in bed & breakfast, i palazzi signorili sono stati trasformati in alberghi di lusso.

Di colpo, tutta questa realtà economica si troverà a fare i conti con un elevatissimo calo della domanda e può immaginarsi, in mancanza di sostanziali aiuti e di capacità di riconversione, un aumento notevolissimo delle procedure concorsuali, ma anche degli sfratti per morosità degli esercizi commerciali, dei decreti ingiuntivi di pagamento.

Probabilmente le commesse industriali ne risentiranno di meno, anche se è ipotizzabile una forte contrazione.

Nel caso di grandi imprese, poi, Venezia, che è sede di Tribunale distrettuale e di Sezione specializzata in materia di imprese, si troverà ad affrontare anche le procedure di amministrazione straordinaria di tutto il Veneto, come già accaduto in precedenza e come sta accadendo in questi giorni per un grande gruppo commerciale cinese.

Santi Bologna: Nelle scorse settimane la foto delle camionette dell’Esercito che portavano fuori da Bergamo le bare dei morti perché nei crematori di tutta la provincia non c’era più posto ha fatto il giro del mondo ed è forse diventata il simbolo dell’emergenza Covid italiana.

Il 18.04.2020 il sindaco Giorgio Gori ha postato sui social network la foto della chiesa del cimitero cittadino senza più neanche una bara e ci auguriamo tutti che questa immagine diventi il simbolo della speranza e della ripartenza.

Come avete affrontato questi giorni terribili nel palazzo di giustizia di via Borfuro 11? E come sta la giurisdizione oggi a Bergamo?

Cesare De Sapia: E’ una domanda che tocca una ferita aperta, mi sento di dire, nel cuore di tutti noi . L’immagine delle camionette dell’Esercito richiamata nella tua domanda, e quello che rappresenta, ha sicuramente condizionato tutte le attività lavorative in provincia di Bergamo e tra queste, in modo particolare, l’attività giurisdizionale.

Le conseguenze del rischio che tutti i lavoratori stavano affrontando sono state rappresentate in maniera cruda e immediata, in un momento in cui non era ancora chiaro quali fossero le effettive esigenze di cautela da adottare e le modalità concrete per operare.

Il messaggio contenuto nel video è stato, peraltro, accompagnato da un altro segnale, rappresentato dall’aumento esponenziale degli annunci mortuari nella principale testata locale bergamasca, dove le pagine dedicate ogni giorno a tali annunci, sono passate da una/due a dieci/dodici.

Le persone decedute (verosimilmente a seguito di infezione da Covid-19) trasportate nelle camionette acquistavano, con gli annunci sulla stampa, un’identità e spesso anche un volto.

A ciò si aggiunge il fatto che numerose famiglie in provincia di Bergamo hanno subito un lutto o una perdita, con la conseguenza che quanto rappresentato nel video e sulla stampa è stato direttamente vissuto sulla loro pelle dai bergamaschi.

Quanto detto, spiega perché l’assetto della giurisdizione sia stato direttamente influenzato da questi eventi e l’esigenza di tutela delle persone abbia costituito elemento di gran lunga prevalente nell’assetto dell’attività lavorativa del Tribunale.

Ai fini della prosecuzione dell’attività giurisdizionale è stato, quindi, necessario trovare un punto di incontro fra l’esigenza di svolgimento delle udienze, per così dire, indifferibili (magari da remoto) ed i rischi che l’attività lavorativa comportava per la salute.

Subito dopo l’emanazione della prima legislazione che si è occupata di contrastare il rischio di contagio da Covid-19 (v. ordinanza del Ministro della Salute e del Presidente della Regione Lombardia in data 21 febbraio 2020), per intenderci, quella con cui era stata dichiarata la c.d. zona rossa, ho subito provveduto ad adottare una serie di cautele già il 24 febbraio (in sintesi: rinvio delle udienze interessate da parti, testimoni e avvocati provenienti dalle zone di focolaio del contagio; per le altre udienze, l’accesso a rotazione di parti, testimoni e avvocati, nei limiti di capienza delle relative aule; utilizzo per magistrati, avvocati e per il personale di cancelleria di mascherina e guanti; il ricorso alla videoconferenza per le udienze civili; per le cancellerie, limitazione dei contatti con il pubblico ai soli casi urgenti, previa prenotazione telefonica oppure on line; il deposito telematico di tutti gli atti penali endoprocessuali). Non mi dilungo oltre in questa sede, ma chi vuole può leggere il decreto per intero sul sito istituzionale del Tribunale di Bergamo[1].

Per meglio comprendere la situazione in atto in quel periodo, va ricordato che sono pervenute al sottoscritto più richieste di chiusura di tutti gli uffici del Tribunale da parte di diverse componenti attive nella giurisdizione.

Si noti che una misura di questo tipo non era prevista dalla normativa allora vigente e non poteva essere adottata dal Presidente. Tale esigenza è stata interpretata come richiesta della maggiore cautela possibile, ed è stata gestita come criterio di prudenza nelle scelte da compiere.

Altra difficoltà del periodo è stata rappresentata dall’esigenza di scaglionare l’accesso al Tribunale in relazione alle udienze che erano state fissate (in precedenza) e, quindi, senza tener conto della sopravvenuta esigenza di distanziamento sociale.

Per effetto dell’evoluzione della situazione, con l’incremento della diffusione di Covid-19, particolarmente in Lombardia, a seguito dell’emanazione del D.L. 8 marzo 2020 n. 11, è stato disposto il rinvio delle udienze, eccetto i procedimenti caratterizzati da urgenza (oggi indicati dall’art. 83 comma 3 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 come convertito dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27), sia del settore civile sia del settore penale, di cui è stata assicurata la trattazione.

Ho quindi adottato un ulteriore provvedimento organizzativo, per l’integrale lettura del quale vi rinvio ancora una volta al sito istituzionale del Tribunale di Bergamo[2].

In conclusione, l’attività giurisdizionale svolta in Tribunale si è basata sulla a) limitazione delle udienze ai soli affari urgenti e sulla b) creazione di presidi di cancelleria per il supporto alla sola trattazione di tali affari, oltre alla c) incentivazione del lavoro agile, allo scopo di diminuire le presenze in ufficio.

Il limitato numero di componenti dei presidi e la limitazione degli affari che potevano essere trattati hanno comportato che l’attività giudiziaria del Tribunale si è assestata in una misura che può essere definita minima, che è stata inevitabile nel momento di maggiore aggressività del Covid-19. Tale limitazione, come già evidenziato, è dipesa della legislazione emergenziale e dall’esigenza di distanziamento sociale, necessaria per la diminuzione delle occasioni di contatto, anche nell’attività lavorativa.

I successivi decreti (n. 13 del 26/03/2020 e n. 14 del 20/04/2020) si sono attenuti a principi analoghi, con le modifiche dettate dall’evoluzione della normativa (D.L. n. 18/2020 e D.L. n. 23/2020).

Di conseguenza il rallentamento nella trattazione degli affari si è protratto nei relativi periodi.

Attualmente, nel settore civile proseguono i rinvii d’ufficio, per effetto della proroga disposta dall’art. 36 del D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020, fatta eccezione per le materie considerate urgenti.

In particolare, lo svolgimento delle udienze civili che non possono essere differite e che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti, avviene mediante collegamento da remoto, (v. comma 7 lett. f) dell’art. 83 citato), tramite applicativo fornito da DGSIA, Microsoft Teams; mentre lo svolgimento delle udienze civili che non possono essere differite e che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e che si concludono con provvedimenti da adottarsi fuori udienza, sono trattate con le modalità di cui al comma 7 lett. h) dell’art. 83 citato (udienze a trattazione scritta).

In materia penale, insieme alla Procura, all’Ordine degli Avvocati e alla Camera Penale di Bergamo abbiamo sottoscritto un protocollo per lo svolgimento delle udienze penali (si applica alle udienze di convalida dell’arresto avanti il Giudice del dibattimento, alle udienze di convalida di arresto e di fermo davanti al GIP, agli interrogatori di garanzia innanzi al GIP ed ai processi in cui siano applicate misure di sicurezza detentive o misure cautelari) in videoconferenza da remoto (attraverso la piattaforma Microsoft Teams), operativo dal 28 marzo fino al 30 giugno prossimo.

In conclusione, successivamente all’11 maggio potrà procedersi alla c.d. fase due, che comporterà una ricalendarizzazione delle udienze civili e penali non celebrate sino a tale data.

Sarà necessario porre in essere una graduale ripresa di tutte le attività a partire dalle udienze più antiche, secondo la capacità di gestione del personale amministrativo, senza dimenticare le cautele imposte dal persistere del  Covid-19 e sopra citate.

Non sarà il caso di imporre accelerazioni non gestibili, che potrebbero avere effetti nefasti, non solo per i lavoratori.

Marco Cecchi: Caro Salvatore immagino che alle tue spalle la vista abbia pochi eguali in Italia. Quali sono le peculiarità dell’urbanistica giudiziaria in un ufficio allocato in una realtà geografica come quella di Venezia? I contatti, gli spostamenti ed i percorsi nell’ambiente suggestivo ma talvolta ristretto di questa città unica al mondo come potrebbero essere condizionati dalle necessità di far fronte al COVID 19?

Salvatore Laganà: (Ride) Hai perfettamente ragione Marco, sono un presidente fortunato. Il Tribunale di Venezia è suddiviso in due sedi: quella di Piazzale Roma, presso la c.d. Cittadella giudiziaria, dove è ubicato tutto il settore penale, compresa la Sezione GIP/GUP, e quella storica di Rialto, che ospita le sezioni civili e del lavoro, gli uffici amministrativi e la Presidenza.

La prima sede è facilmente raggiungibile sia in treno che con i mezzi pubblici, il cui terminal è proprio a Piazzale Roma, per cui non vi sono differenze rilevanti rispetto ad altri uffici giudiziari e le problematiche sono simili: sanificazione degli ambienti, controlli all’entrata, distanza tra il personale amministrativo, mentre i magistrati hanno ciascuno la loro stanza, sufficientemente ampia.

La sede di Rialto può essere raggiunta a piedi da Piazzale Roma o dalla stazione, con una camminata di circa 20 minuti o con i vaporetti. E quest’ultima soluzione provoca maggiori problemi di rispetto di quello che ora si chiama il distanziamento sociale, posto che i vaporetti ancora sono abbastanza vuoti ma che, nel momento in cui le attività si riapriranno, rischieranno di essere sovraffollati, specie negli orari di inizio e fine lavoro. Per ovviare a questo problema, d’accordo con il dirigente amministrativo, ho adottato un orario flessibile, in modo che i dipendenti del Tribunale possano arrivare scaglionati e non siano costretti a salire sui mezzi pubblici negli orari di punta. È stata anche stipulata una convenzione con un garage di Piazzale Roma che consente a magistrati e personale amministrativo di lasciare l’autovettura per tutto il giorno ad un prezzo abbastanza modico per Venezia (5 euro al giorno contro i 32 euro che vengono normalmente praticati), tenuto conto che la Cittadella ha pochissimi posti auto suddivisi tra tutti gli Uffici giudiziari di Venezia, ivi comprese le auto di servizio.

Certo la sede di Rialto del Tribunale, ubicata in un luogo tra i più suggestivi di Venezia, con affaccio anche sul Canal grande, è molto antica (le Fabbriche Vecchie e Nuove, progettate in parte dal Sansovino), con i limiti di funzionalità propri di un palazzo storico e adottare tutte le cautele per evitare il pericolo di contagio specie una volta che l’attività riprenderà con maggior affluenza di pubblico e personale (attualmente è frequentata solo da personale in turno di presidio mentre quasi tutte le attività si svolgono con contatti via pec ed udienze in videoconferenza o con conclusioni cartolari) non sarà semplicissimo. Ho deciso di chiedere l’autorizzazione all’acquisto di divisori in plexigas per tutte le attività in diretto contatto con il pubblico, di erogatori di gel disinfettante da porre all’entrata ed ai vari piani, e sono in attesa delle determine governative e regionali sulla misurazione della temperatura all’entrata, con tutti i problemi connessi sia all’acquisto di apparecchiature necessarie (termometri laser o scanner termici) che al personale da adibire a tale attività.

Venezia attualmente è deserta e calli, campielli e ponti, che già in questo periodo era difficile percorrere senza fendere folle di turisti spesso accodati in comitive numerose, ora si attraversano spesso in un silenzio surreale, con tutte le attività commerciali chiuse. Non credo che torneranno presto le torme di turisti del passato e, se questo è un gravissimo vulnus per l’economia, ciò comunque permetterà, almeno nel breve periodo, di avere meno problemi di assembramento.

Santi Bologna: Cesare una domanda forse scomoda, ma che mi sento di porti. Secondo recentissimi dati che ha raccolto la Procura di Bergamo nelle Rsa (residenze sanitarie assistite) bergamasche dal 1° gennaio a questi ultimi giorni sono morti 1.998 ospiti sui 6.100 totali delle 65 strutture di città e provincia, 1.322 in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Una cifra molto vicina alla somma dei tre anni precedenti, per i quali, nello stesso quadrimestre, si erano registrati in totale 2.068 decessi (676 nel 2017, 716 nel 2018, 676 nel 2019). Tuttavia, secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità[3], in 24 Rsa esaminate ci sono stati 534 decessi fino al 14 aprile, di cui solo 20 Covid positivi e 347 con sintomi simil-influenzali.

Come leggi questi dati? Ti aspetti una esplosione del contenzioso giudiziario, soprattutto in una materia tutt’altro che seriale e tecnicamente difficile come quella della responsabilità medica? Il Tribunale di Bergamo, con l’organico attuale così ridotto (su 43 posti di giudice ben 9 sono vacanti, con un tasso di scopertura effettiva pari al 25%), sarà pronto alla nuova domanda di giustizia post-pandemia?

Cesare De Sapia: Proprio perché di stretta attualità mi aspettavo questa domanda.

I numeri che hai citato, in particolare il dato dell’Istituto Superiore di Sanità dei 534 decessi nelle case di cura per anziani, nel periodo del coronavirus sino al 14 aprile, pongono un interrogativo sulle cause e le eventuali (cor)responsabilità di tutti questi decessi.

Ci si può interrogare, ove configurabile, se può trattarsi di responsabilità contrattuale oppure extracontrattuale, addebitabile alla struttura ospitante, al singolo medico o al Ministero della Salute.

Se vi fosse il Ministero come convenuto, ciò comporterebbe lo spostamento della competenza in favore del foro erariale.

Gli eventuali giudizi promossi comporterebbero accertamenti complessi, connotati da elevate difficoltà probatorie, durante i quali potrebbero rendersi necessarie indagini mediche peritali, se del caso, collegiali.

Occorrerà valutare, nel caso di specie, la mancanza di una terapia validata ed anche di un vaccino.

Quanto alla capacità del Tribunale di affrontare la nuova domanda di giustizia post-pandemia, potrebbe, nel caso, configurarsi una sfida non semplice, ma che i giudici del Tribunale di Bergamo sarebbero certamente in grado di affrontare.

Del resto, per quanto la presente pandemia presenti serie criticità, trattandosi di un virus sconosciuto, piuttosto aggressivo, che non sembra produrre immunità (nelle persone contagiate e poi guarite), dal punto di vista giuridico, invece, non sembrerebbero configurarsi particolari ulteriori difficoltà.

Nel nostro Tribunale la materia della responsabilità professionale medica viene trattata dalla terza sezione civile, composta da sei giudici togati, specializzati, tra le altre materie, nella responsabilità professionale.

Non vi è ragione di dubitare, pertanto, della capacità dei colleghi di affrontare ogni problematica giuridica derivante dalla presente pandemia.

Marco Cecchi: Prima di Vercelli, un’esperienza importante a Torino, dove sei stata presidente di sezione al Tribunale civile e dove ti sei occupata a lungo di diritto della famiglia.

Gli avvocati si lamentano perché in alcuni tribunali si sono tenute regolarmente le udienze di separazione e divorzio, in altri i presidenti dei Tribunali non hanno fatto svolgere le udienze e hanno adottato i provvedimenti provvisori così come redatti negli atti depositati dalle parti ed infine, in alcuni palazzi di giustizia le udienze di cui sopra non si sono svolte e sono state rinviate.

Come si spiegano queste differenze?

Michela Tamagnone: Per rispondere, non posso che iniziare dall’esperienza del mio Tribunale.

Mi sono posta immediatamente il problema delle separazioni e dei divorzi.

Come prima accennavo a Santi, ho sottoscritto un Protocollo per tutta quella parte del diritto di famiglia di natura consensuale (separazioni, divorzi, ricorsi per l’affidamento di prole da parti non coniugate, modifiche di provvedimenti di separazione, divorzio o ex art. 337 quinquies c.c.), in riferimento al quale viene stabilito che le parti non compaiano, limitandosi il legale a trasmettere una dichiarazione delle parti stesse in cui confermano le condizioni di cui al ricorso (salve eventuali modifiche concordate)e, nell’ipotesi di separazione, dichiarano di non volersi riconciliare. Il Protocollo prevede quindi la fissazione di una udienza “virtuale”, la redazione di relativo verbale in cui si dà atto della dichiarazione pervenuta, e si riserva al Collegio (per l’omologa, la sentenza, o il decreto nel caso di ricorsi congiunti ex art. 337 bis c.c.), previa trasmissione al PM.

In relazione alle procedure contenziose, diversamente, ho ritenuto di tenere le udienze, nella c.d. fase uno, solo laddove mi venisse espressamente segnalata l’urgenza dalle parti, rinviando invece le altre.

Per la fase due, sto predisponendo le udienze – che terrò in una aula più grande, e non nella mia stanza, come d’abitudine – in modo da distanziarle il più possibile (considerando un’ora di distanza l’una dall’altra) e da consentire ingresso ed uscita senza “incroci” tra soggetti e legali delle diverse udienze.

Quanto al diverso trattamento della materia della famiglia, nei diversi Tribunali, credo sia ipotizzabile che alcuni Presidenti abbiano ritenuto in re ipsa l’urgenza in detto settore: impostazione per certi versi accettabile, salvo come nel mio caso ritenere preferibile far segnalare l’urgenza dalle parti, valutando prevalente in questo periodo emergenziale la tutela della salute, rispetto, per così dire, alla “pazienza” specie nel caso di divorzi, laddove la situazione è già stata oggetto di valutazione in una sentenza. 

Santi Bologna: Rimango in tema di diritto di famiglia….c’è molta preoccupazione ed incertezza, anche interpretativa, sul tema della gestione dei figli delle coppie separate o in procinto di separarsi: l’emergenza da Covid-19 mette in discussione il diritto alla bigenitorialità ?

Michela Tamagnone: Lasciami dire che il tema è spinoso ecertamentei contrasti sulla gestione dei figli si sono acuiti a seguito dell’allarme COVID.

Condivido l’interpretazione fornita da alcuni Tribunali che hanno ritenuto di far prevalere la prudenza, considerando quindi che il regime di incontri potesse, in questa fase emergenziale, essere esercitato mediante un utilizzo degli strumenti telematici (Facetime, Whatsappvideo, Skype, e così via). In particolare, nelle realtà provinciali, infatti, è frequente che i coniugi separati vivano in Comuni diversi, e quindi sarebbe stato a mio avviso troppo imprudente consentire gli spostamenti. L’auspicio è che a situazione normalizzata i coniugi abbiano (o gli si imponga) il buon senso di un recupero del tempo perduto, consentendo ampliamenti degli incontri così rarefatti in questo periodo. 

Marco Cecchi: Salvatore, nella tua esperienza di Presidente quali differenze hai riscontrato tra la gestione di un Tribunale di medie dimensioni come Pisa e di un Tribunale distrettuale come Venezia, anche sotto il profilo della mobilità dei colleghi e della tipologia di contenzioso suscettibile di venire in essere, pensando – ad es. – alla class action contro Volkswagen?

Salvatore Laganà:  Da un toscano mi aspettavo questa domanda.

A Pisa ho trascorso otto anni, ma una volta diventato presidente a Venezia l’aspetto principale che mi ha colpito, sin dal momento della mia presa di possesso dell’incarico, è costituito dall’aumento di competenze del Tribunale distrettuale, realizzato sostanzialmente a costo zero.

Il Tribunale di Venezia, come la maggior parte dei Tribunali aventi sede nei capoluoghi di distretto di Corte di Appello, ha visto, nel tempo, aumentare le sue competenze a discapito dei Tribunali circondariali, senza un corrispondente incremento delle risorse: attualmente si registra una competenza per tutto il Veneto della cause della Sezione specializzata in materia di impresa, della cause della Sezione Protezione internazionale, delle cause in materia di amministrazione straordinaria, di quelle riguardanti il foro erariale, dei processi in materia di criminalità organizzata, almeno per quanto riguarda la fase GIP/GUP e gli abbreviati, degli altri processi in materia di art. 55 bis c.p.p., di quelli di competenza della Sezione Distrettuale del Riesame, di quelli in materia di misure di prevenzione, per tacer di altri.

Sempre più tutto viene accentrato sul Tribunale distrettuale e l’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa condurrà a nuove competenze di ambito distrettuale, tra cui tutte le class action: nonostante questo non appare essersi formata, anche, e soprattutto, a livello ministeriale, una diversa consapevolezza di quanto l’aumento delle competenze, dovuto certamente alla scelta di privilegiare la specializzazione rispetto alla competenza territoriale, incida concretamente sulle risorse da destinare ad attività che condizionano in maniera molto rilevante l’economia e gli assetti sociali.

In sintesi: mi trovo con un personale ridotto di oltre un terzo (quasi due terzi per la fascia dei funzionari), senza alcun aiuto esterno e addirittura con applicazioni verso altri Tribunali (certamente bisognosi di aiuto, ma sicuramente non a scapito del Tribunale distrettuale), e con un numero di magistrati oggettivamente inferiore rispetto alle esigenze (si pensi che solo le cause di protezione internazionale hanno raggiunto una pendenza di oltre 7.200 unità, a fronte di un numero inferiore di cause pendenti in Corte di appello, ora ridotto a poche centinaia).

La class action  riguardante il c.d. Diesel Gate ha circa 90.000 adesioni, e credo che sia la causa con il maggior numero di parti in Italia, così come di estrema complessità sono le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori delle Banche venete (cinque delle quali, delle sette pendenti in Italia, sono attualmente trattate dal Tribunale di Venezia): anche questo sembra sfuggire al Ministero della Giustizia, che pure deve, per previsione costituzionale, assicurare i mezzi necessari per il corretto svolgimento dell’attività giurisdizionale.

A fronte di tutto questo (assolutamente minimizzato, perché si è trascurato di far riferimento all’enorme incremento di misure cautelari in materia di criminalità organizzata, anche queste di esclusiva competenza del Tribunale distrettuale), la proposta di aumento di organico dei magistrati del Tribunale di Venezia è stata di 1 (una) unità. Ogni ulteriore commento mi sembra superfluo.

L’aspetto positivo è che il Tribunale di Venezia, in misura inversamente proporzionale alla vetustà della città che lo ospita, è composto, in massima parte da magistrati molto giovani, disponibili e capaci, che in questo Tribunale, anche se residenti per lo più in posti diversi, rimangono nella consapevolezza di affrontare un’esperienza irripetibile e di confrontarsi con un contenzioso che non ha uguali in diverse realtà circondariali: in loro, nella loro abnegazione, nell’affinarsi delle loro capacità, necessariamente contiamo per portare avanti questa barca in mari procellosi, nella speranza che giunga un concreto aiuto e che possa finalmente realizzarsi quella flessibilità delle risorse che appare essenziale per far fronte ai compiti sempre più gravosi che i tribunali distrettuali sono chiamati a sopportare.

Marco Cecchi: Cesare, Prima di Bergamo, un’esperienza importante a Milano, dove sei stato presidente della terza sezione al Tribunale civile occupandoti di esecuzioni mobiliari e immobiliari.

Nella legislazione dell’emergenza da Covid-19 ci sono disposizioni specifiche idonee a tenere conto della peculiarità delle procedure esecutive, soprattutto immobiliari?

Cesare De Sapia: Ti ringrazio per la domanda su temi che mi sono cari.

A mio avviso diversi profili della legislazione d’emergenza possono soddisfare le peculiarità delle procedure esecutive immobiliari.

Mi limito ad elencarti le principali, che rappresentano le modalità in uso presso la seconda sezione, Fallimentare Esecuzioni, del Tribunale di Bergamo:

Se mi permetti, può anche essere richiamato il caso inverso e cioè un istituto processuale tipico delle esecuzioni immobiliari, che può costituire un valido aiuto nel periodo in esame.

Si tratta del giuramento dell’esperto stimatore, ai sensi dell’art. 569, comma 1, c.p.c., che prevede che l’esperto stimatore “presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione”. Si esclude che il giuramento venga reso in udienza e lo si fa consistere nella “sottoscrizione del verbale di accettazione”, che configura un atto del Processo civile telematico.

Tale prassi è compresa fra le “Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari – Linee Guida” Delibera di Plenum in data 11/10/2017, dove al paragrafo n. 10, si riconosce la conformità all’evoluzione ordinamentale della “prassi di alcuni uffici, tesa consentire che il giuramento dello stimatore avvenga tramite deposito di atto telematico, senza comparizione dal giudice o presso la cancelleria”.

Tale modalità potrebbe essere applicata nel caso di giuramento dell’amministratore di sostegno, oppure del curatore dell’eredità giacente o anche, del consulente tecnico nominato per un ATP, a condizione che la persona indicata sia abilitata all’uso del PCT.

Santi Bologna: a Michela Tamagnone vorrei rivolgere questa domanda.  Qualche giorno fa sul sito di Unità per la Costituzione è stato pubblicato un articolo[4] “Magistrato e madre: il virus che moltiplica i doveri” di Alessandra Bellia, giudice del Tribunale di Catania, che in realtà è un bellissimo racconto in cui l’autrice non tralascia nulla: il “cumulo di funzioni” (madre, magistrato, insegnante, donna delle pulizie, baby-sitter) imposto dal distanziamento sociale, i sensi di colpa e la sensazione di non aver mai fatto abbastanza, ma soprattutto la resilienza, propria delle donne più che degli uomini, che le fa dire che “nulla ci spaventa e nulla ci fermerà. Neanche tu coronavirus!”.

Per te come è cambiata, se è cambiata, la condizione delle donne-magistrato ai tempi del Covid-19, con il lavoro svolto da casa?

Michela Tamagnone: Posso dirti che nel mio caso un reale cambiamento non si è verificato: ho continuato a recarmi in modo piuttosto regolare qui a Vercelli (dove sto nella mia stanza, in solitudine) da Torino, dove risiedo. Avendo figlie grandi e una madre anziana (mancata proprio in questi giorni, ma non per coronavirus) il peso maggiore è stato quello di non poter incontrare la figlia maggiore, sposata, quanto avrei desiderato, ed ancor più mia madre, che ho visto solo gli ultimi due giorni della sua vita, quando la situazione si era palesemente aggravata.

Svolgo il lavoro da casa solo nei fine settimana, e forse un giorno in più rispetto a prima.

La differenza più grande credo la sentano le donne magistrato con figli piccoli, che verosimilmente rendono più complicato lavorare in casa: per contro, lavorare in questo silenzio assordante nel mio Castello Visconteo ha acuito il senso di isolamento che il coronavirus ha imposto a tutti noi.

A conclusione di questa intervista ringraziamo i Presidenti De Sapia, Laganà e Tamagnone per il tempo che ci hanno dedicato, non senza ricordare come si sia parlato anche di altro, considerando l’immane quantità di questioni che la situazione attuale pone, soprattutto a chi svolge funzioni dirigenziali. E, tra quello che si è detto, fa piacere ricordare come sia stata sottolineata la disponibilità manifestata in vari uffici anche da parte del personale amministrativo, pure nei rapporti interni al personale stesso, che ha consentito di far fronte ad una situazione oggettivamente difficoltosa. Ciò anche in considerazione del fatto che le problematiche organizzative di maggior spessore sono state riscontrate in relazione alla necessità di predisposizione dei presìdi  e, soprattutto, per la limitatezza dei margini applicativi del lavoro “agile”, di fatto privo di una sostanziale utilità in assenza della possibilità di utilizzo da remoto degli applicativi ministeriali. In ultimo, dunque, la conferma che occorre sempre un fattore umano, e di “umanità”, per far fronte a difficoltà strutturali, in particolare in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo.


[1] https://www.tribunale.bergamo.it/doc/Decreto_n._7-2020_1.pdf

[2] https://www.tribunale.bergamo.it/doc/Decreto_n.12.pdf

[3] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/sars-cov-2-survey-rsa-rapporto-3.pdf

[4] https://www.unicost.eu/magistrato-e-madre-il-virus-che-moltiplica-i-doveri/

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