di Luigi Ambrosino
Come noto, finalmente il Parlamento, sia pure con la tecnica della legge-delega, è intervenuto sulla c.d. “riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, (così è rubricata la legge n. 57 del 28.4.16)volendo sottolineare (almeno nell’intento) il riordino delle varie norme succedutesi nel tempo, prevalentemente di proroghe, per quanto concerne le figure dei GOT e VPO (che a seguito della abrogazione delle Preture, identificava tali soggetti come Vice Pretori Onorari e Vice Procuratori Onorari), e quelle successive alla legge di istituzione del Giudice di Pace n. 374/91 (e successive modifiche, inserite prevalentemente in tale legge).Tale legge delega, sicuramente deve intendersi positiva, quanto meno sotto il profilo psicologico (alla cui tensione eravamo abituati alla scadenza della ennesima proroga del momento), nel senso che ormai l’intera categoria degli odierni (ovvero futuri, a seguito di uno o più decreti legislativi – recita l’articolo 1-) GOP era stata sottoposta, da vari anni a mere proroghe (già nell’art. 7 delle legge istitutiva del GdP era previsto infatti “In attesa della complessiva riforma dell’ordinamento dei giudici di pace”), e riconfermata, da ultimo, per la quasi totalità dei giudici onorari, in virtù dell’ultima proroga di cui all’art. 1, commi 610 e 613, della legge 28.12.2015 n. 208, che ha previsto la scadenza dei relativi mandati alla data del 31.5.16, ed evidenziata, anche dalla Circolare del C.S.M. relativa ai criteri per la nomina e conferma e sullo stato professionale dei giudici onorari di tribunale (Circolare n. P. 793/2016 del 19 gennaio 2016 – Delibera del 13 gennaio 2016) nella quale il Consiglio prendeva atto “della persistenza di proroghe legislative da quasi tredici anni nei confronti dei giudici onorari di tribunale, che in mancanza avrebbero cessato il loro incarico, determinando, peraltro l’assenza per lungo periodo di qualsiasi sindacato sulle capacità professionali dei giudici onorari di tribunale”). Tale necessità è stata immediatamente recepita anche dallo schema di decr.leg.vo presentato dal Governo il 16.5.16, (che riteniamo da approvarsi entro il 31.5.16) che ha previsto, come primo atto, una procedura di conferma previo esame (di alcuni provvedimenti effettuati dal magistrato onorario nei due anni precedenti) da parte dei magistrati onorari in servizio alla data del presente primo decreto legislativo.Tale valutazione positiva, viene però (fortemente) attenuata, non solo nella rubrica della norma (riforma della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, che già da sola, lascia intuire la persistenza dei due magistrati onorari), ma anche nei contenuti, anche se ci si rende conto che a fronte di tre precedenti figure giuridiche, giudice di pace con propria competenza (per valore e materia, ampliate nella presente legge delega e successivi decreti legislativi delegati), il GOT, (inserito con la riforma anche nell’Ufficio del processo) ed il V.P.O., il Parlamento ha dovuto tentare di far coesistere per tali figure giurisdizionali, un unico soggetto giuridico (statuto). Tale considerazione viene in luce proprio all’art. 1, comma 1, lettera a, dove si legge (che il legislatore delegato deve) prevedere un’unica figura di giudice onorario, inserito in un solo ufficio giudiziario, dovendosi ritenere però (si leggerà successivamente) che alcuni GOP continueranno ad avere una “giurisdizione piena” (sia pure limitata per valore e materia) ed inseriti nell’ufficio del giudice di pace, altri continueranno ad essere “impiegati” nei Tribunale (con le forti limitazioni che di seguito vedremo), mentre per i magistrati requirenti onorari il discorso appare unidirezionale, anche in termini di semplicità applicativa, nel senso che essi sono inseriti in un unico ufficio, nell’ambito dell’Ufficio della Procura della Repubblica, in virtù del combinato disposto di cui all’art. 1, comma 1, lettera b ed art. 2 comma 2): infatti l’art. 2 comma 1, lettera a) prevede di “superare la distinzione tra giudici onorari di tribunale e giudici di pace, denominandoli «giudici onorari di pace» e facendoli confluire tutti nell’ufficio del giudice di pace, salvo quanto previsto dal comma 5”, il quale prevede che “nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), con riferimento alle modalita’ di impiego dei magistrati onorari all’interno del tribunale, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi” indicati nel successivo art. 2, comma 5, dovendosi evidenziare però, che nella Relazione al Disegno di legge recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”, l’obiettivo (si diceva) è quello della “riorganizzazione dell’ufficio del giudice di pace, che sarà composto anche dagli attuali giudici onorari di tribunale e sarà assoggettato al coordinamento del presidente del tribunale, ferma restando la sua natura di ufficio distinto rispetto al tribunale”.In definitiva, sembrerebbe che la regola sia (ovvero, sarebbe dovuta essere) quella che gli attuali GOT vengano inseriti nell’ufficio del giudice di pace, e l’eccezione sia il richiamato comma 5), dovendosi ritenere che il disegno di legge n. 1738 in materia di riforma della magistratura onoraria era finalizzato a migliorare l’efficienza e la qualità della giustizia onoraria, prendendo atto, si legge nelle Circolari del CSM, che “la magistratura onoraria offre un insostituibile apporto nell’amministrazione della giustizia, specie di prossimità, per qualità e quantità dei procedimenti definiti”, invitando il Parlamento ad assicurare alla magistratura onoraria un assetto più preciso e coerente. La tecnica solita usata dal legislatore è quella di indicare le finalità ed i criteri direttivi a cui dovrà attenersi il Governo. Tale articolato viene individuato negli artt. 1 e 2 della legge in esame che, per migliore esposizione viene di seguito individuata, tralasciando gli artt. art. 1, comma c) e art. 2 (comma 3) che disciplinano i requisiti e le modalita’ di accesso alla magistratura onoraria, il procedimento di nomina ed il tirocinio, che non dettano, a sommesso parere, difficoltà applicative, anche se viene inserito al punto 7) dell’art. 2, comma 3) quello “della professionalita'” tra i requisiti per l’accesso (termine abbastanza generico).Interessante, dicevo, appare, invece, l’art. 1, comma e) il quale prevede di (dover) disciplinare le modalita’ di impiego dei magistrati onorari all’interno del tribunale e della procura della Repubblica, i cui criteri vengono indicati all’art. 2 (comma 5): interessante perché viene meno (quanto meno in alcuni casi) la figura del giudice (onorario) previsto dall’art. 106 della Costituzione (la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli e quindi quella giurisdizionale) e demandando al singolo Presidente del Tribunale (ma sicuramente sotto l’egida delle necessarie Circolari del CSM), attuando quindi l’inserimento dei giudici onorari di pace nell’ufficio per il processo costituito presso il tribunale ordinario che è strumentale all’ausilio del giudice professionale, compiendo atti preparatori necessari o utili all’esercizio delle funzioni da parte di lui nonché attività delegabili dal giudice professionale, in considerazione della natura degli interessi coinvolti e della semplicità delle questioni che normalmente devono essere risolte. Attività da svolgere secondo le direttive che il giudice professionale stabilisce, cui il giudice onorario di pace deve attenersi nell’espletamento dei compiti delegati. E’, però, anche prevista l’assenza di un rapporto stricto iure gerarchico con il magistrato professionale (art. 2, comma 5, n. lettera a), n. 2): infatti, quando il magistrato onorario non ritiene ricorrenti nel caso concreto le condizioni per provvedere in conformità alle direttive ricevute, può chiedere che l’attività o il provvedimento siano compiuti dal giudice professionale titolare del procedimento. Il legislatore delegato sarà, altresì, chiamato a stabilire che i provvedimenti che definiscono i procedimenti non possono essere delegati dal giudice professionale, salvo quelli specificamente individuati in considerazione della loro semplicità.In estrema sintesi, la legge delega ha previsto che il GOP: 1)coadiuvi il giudice professionale e, quindi, compia tutti gli atti preparatori, necessari o utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte di quest’ultimo” (evidentemente all’interno dell’ufficio del processo di cui all’art. 50 del d.l. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014 che ha previsto la creazione, presso i tribunali ordinari e le Corte d’Appello, dell’ufficio del processo); 2) svolga le attivita’ e adotti i provvedimenti che al giudice onorario di pace possono essere delegati dal giudice professionale tra quelli individuati in attuazione della delega di cui alla presente legge, in considerazione della natura degli interessi coinvolti e della semplicita’ delle questioni che normalmente devono essere risolte; 3) prevedere che i provvedimenti che definiscono i procedimenti non possano essere delegati dal giudice professionale, salvo quelli specificamente individuati in considerazione della loro semplicita’; 4) prevedere i casi tassativi, eccezionali e contingenti in cui, in ragione della significativa scopertura dei posti di magistrato ordinario previsti dalla pianta organica del tribunale ordinario e del numero dei procedimenti assegnati ai magistrati ordinari ovvero del numero di procedimenti rispetto ai quali e’ stato superato il termine ragionevole di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89, e’ consentito al presidente del tribunale di procedere all’applicazione non stabile del giudice onorario di pace, che abbia svolto i primi due anni dell’incarico, quale componente del collegio giudicante civile e penale; prevedere che in ogni caso il giudice onorario di pace non possa essere applicato quale componente del collegio giudicante delle sezioni specializzate. Dall’attuazione delle disposizioni della presente lettera non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; 5) prevedere i casi tassativi in cui il giudice onorario di pace, che abbia svolto i primi due anni dell’incarico, puo’ essere applicato per la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale ordinario; prevedere che in ogni caso il giudice onorario di pace non possa essere applicato per la trattazione dei procedimenti, ovvero per l’esercizio delle funzioni, indicati nel terzo comma dell’articolo 43-bis dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, nonche’ per la trattazione dei procedimenti in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie.Tale articolato, così come predisposto, appare finalizzato a rideterminare il ruolo e le funzioni dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari, attribuendo loro anche la possibilità di svolgere compiti ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente (e dalla normativa secondaria), ed in particolare attività volte a coadiuvare il magistrato professionale, all’interno di strutture organizzative costituite presso il tribunale e la procura della Repubblica presso il tribunale, denominate “ufficio per il processo” (quindi a confermare che la regola sia che il GoP venga inserito nell’ufficio del GdP, dove il GoP svolgerebbe “a pieno” la propria funzione giurisdizionale, e l’eccezione sia che il GoP venga (eventualmente anche) inserito nell’ufficio del processo, anche se quest’ultima possibilità è stata sollecitata dall’ultima Circolare del CSM, ed incentivata sotto il profilo economico, anche se, però, all’art. 12 (Doveri e diritti) si dispone che “il giudice onorario di tribunale è tenuto a svolgere le sue funzioni in posizione di assoluta indipendenza ed autonomia”.Orbene, ed in relazione alla prima ipotesi, ci si pone il problema di quali possano essere gli “atti preparatori, necessari o utili” per l’esercizio della funzione giurisdizionale. Sicuramente tra essi non possiamo annoverare quelle funzioni di “assistenza e coadiuvare il magistrato nel compimento delle ordinarie attivita'” ovvero di “partecipare alle udienze del processo” (così dispone il Decreto Legge 21/06/2013 n. 69, G.U. 21/06/2013 n. 144 rubricato MISURE PER L’EFFICIENZA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E LA DEFINIZIONE DEL CONTENZIOSO CIVILE all’art. 73 intitolato “Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari”), compiti, questi, “delegati” agli stagisti, e quindi l’attività dei GoP appare palesemente “incompatibile con l’esercizio della giurisdizione” (si è coniato infatti, per tali attività “stagista onorario”); peraltro, sempre dalla Relazione, si evince che “tale attività di supporto potrà consistere, esemplificativamente, nello studio dei casi, nell’attività di ricerca dottrinale e giurisprudenziale e nella predisposizione di minute dei provvedimenti”, contravvenendo quindi alla funzione giurisdizionale che la Costituzione demanda (anche) alla magistratura onoraria, e ribadita, da ultimo, dalla nota Circolare del CSM del 13.1.16, nella quale si sollecita(va) uno statuto della magistratura onoraria conforme all’art. 106 della Costituzione; non solo, ma se il GoP predisponesse “la minuta della sentenza, in una causa di appello (per esempio), si contravverebbe alla normativa secondaria, che esclude, per i giudici onorari, la trattazione di tali controversie (anche se sarebbe facile obiettare, che la stesura definitiva è attribuita al magistrato professionale)? Nè tale critica può attenuarsi se si fa riferimento al comma 7) dell’art. 7, n. e) il quale prevede che “i giudici onorari di pace, nel corso dei primi due anni dell’incarico, possano svolgere esclusivamente i compiti inerenti all’ufficio del processo”. Il numero 2) (delle fattispecie evidenziate) sembra coniare la c.d. “giurisdizione delegata” sia pure limitata ad attività e provvedimenti, ma legati alla natura degli interessi coinvolti e della semplicità (prove testimoniali, interrogatori formali, esami domiciliari, prove delegate); peraltro nulla vieterebbe che il magistrato professionale (sulla base di una disposizione del Presidente del tribunale) possa delegare al GoP quelle attività di cui all’art. 180, 181, 182 e 183 c.p.c. (sia pure quest’ultima limitata alla prima comparizione delle parti, ed alla richiesta dei termini di cui all’art. 183 VI comma c.p.c.), per far sì che davanti al giudice professionale “arrivi” la causa, già con tutte le (eccezioni e richieste istruttorie), in modo da attuare, sia pure indirettamente, il cd. (ed ormai abrogato) rito societario.Inoltre la norma prevede (se letta a contrario) al numero 3) che possono essere delegate, dal giudice professionale, provvedimenti che definiscono i procedimenti specificatamente individuati in considerazione della loro semplicità (si pensi alle sentenze c.d. seriali, o sulle quali si è formata una giurisprudenza costante di quel Tribunale, alla emissione dei decreti ingiuntivi, ai procedimenti ex art. 702 bis c.p.c.).Le tre attività prima riportate saranno indicate dal Presidente del Tribunale.Analogamente, il Presidente del Tribunale in virtù dell’art. 2, comma 5) capo b), è delegato alla “applicazione non stabile” del GOP (che abbiano svolto i primi due anni dell’incarico) quale componente del collegio giudicante civile e penale (quarta ipotesi). Va però evidenziato che mentre tale ipotesi è permeata dai casi tassativi, eccezionali e contingenti, ed in relazione a particolari circostanze (significative scoperture di organico e c.d. Legge Pinto) (mentre la Circolare del CSM del 13.1.16, si limita a ritenere, per tali ipotesi, solo nei casi di “necessità”), tale limitazione viene fortemente attenuata nella successiva ipotesi (punto 5))in cui il GOP (che abbia sempre svolto i primi due anni dell’incarico) venga applicato per la trattazione dei procedimenti civili e penale di competenza del tribunale ordinario, tranne quelle previste dall’art. 43 bis dell’Ordinamento Giudiziario, aggiungendo, però, una ulteriore ipotesi limitativa: la trattazione dei procedimenti in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatoria, che era invece, prevista, quale attività delegabili ai GOT, dalle ultime Circolari del CSM.In sostanza, mentre le prime tre ipotesi attengono alla partecipazione del GOP all’Ufficio del processo, le ultime due evidenziano l’autonomia del GOP (sia quale componente del Collegio, e sia come giudice monocratico).Peraltro, va anche aggiunto che mentre le attività delegate ai GOP assegnati all’Ufficio del processo, in ambito civile, saranno permeate da maggiore discrezionalità (da parte del Presidente del Tribunale e del giudice professionale) legate alla sola “semplicità”, quelle relative alle materie in ambito penale, tale requisito della “semplicità” sarà comunque ancorato a precise fattispecie di reati. Va però fortemente sottolineato che se da punto di vista normativo è stata prevista la possibilità e quindi l’inserimento del GoP all’interno dell’ufficio del processo, (ma su questo ho forti dubbi, quanto meno nella prima ipotesi), altro discorso sarà la concreta e materiale attuazione di tali attività, nel senso che nell’ufficio del processo, saranno presenti almeno tre soggetti: il giudice professionale, il giudice onorario e lo stagista (o gruppo di lavoro sul quale il giudice o i giudici di ogni sezione potranno basarsi per rendere una giustizia efficiente, e cioè tempestiva e di qualità, ovvero ancora uno «staff» al servizio del magistrato), che dovranno necessariamente lavorare “insieme”, in una carenza di aule (già di per sé anguste), accentuata già da qualche tempo, dall’abolizione delle Sedi distaccate, e ciò condurrà alla non attuazione di tale istituto, enfatizzando, invece la seconda ipotesi (giurisdizione delegata), che consentirà di svolgere tale attività, anche in giorni diversi, e (possibilmente) nelle aule dove il magistrato professionale non ha udienze. In ogni caso, è stato già osservato (intervento su Altalex del 11.5.16 di Renato Amoroso)) che “di regola il Giudice che esercita la giurisdizione, una volta immesso nel pieno delle sue funzioni, è indipendente ed autonomo, soggetto soltanto alla legge. L’espressione voluta dalla riforma non appare affatto diretta a garantire la permanenza nel Giudice onorario delle dette caratteristiche. Né si potrà affermare che la portata della norma abbia soltanto finalità organizzative, in quanto dette finalità sono normalmente soddisfatte a livello amministrativo, e tramite lo strumento delle tabelle, con la competenza dei singoli uffici, dei Consigli giudiziari e del CSM. Non occorre certamente né una legge delega né decreti di attuazione per determinare le “modalità di impiego” di un Giudice. Anche l’espressione usata è incompatibile con una persona investita di autonomia e indipendenza; essa appartiene alla direzione del lavoro altrui con poteri impositivi, con la pretesa dell’osservanza delle direttive e la contemporanea assenza di diritto al dissenso”, e quindi conclusivamente la partecipazione di un magistrato (sebbene onorario) all’interno dell’Ufficio del processo (la cui critica a tale denominazione è ormai datata, ritenendosi, più corretta, quella di Ufficio del giudice”) sottoposto ad altro magistrato (seppure professionale), appare snaturare la funzione giurisdizionale che la Costituzione (art. 106) assegna ai primi.Per coerenza, però, non pare esatto affermare “che la volontà del legislatore è quella di “soccorrere” il Giudice ordinario in difficoltà nello svolgimento del lavoro quotidiano, mettendogli a disposizione (su specifica direttiva del Presidente del Tribunale) risorse nuove“, se si tiene conto che tale attività si basa (e si è basata) sulla norma primaria (art. 43 bis dell’Ordinamento giudiziario “I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari”) e sulle Circolari (norme secondarie) emesse costantemente dal Consiglio Superiore della Magistratura, che hanno sempre di più esteso la “applicazione” (rectius: le competenze) della magistratura onoraria (si pensi, da ultimo, la possibilità di trattare, invece, le controversie nelle materie del lavoro della previdenza sociale).In relazione invece, all’art. 1, comma f) (disciplinare il procedimento di conferma del magistrato onorario e la durata massima dell’incarico), il legislatore, ha previsto, un termine massimo di quattro anni, rinnovabili una sola volta, prevedendo però, un sistema alquanto minato e complesso, per tale rinnovo, ed indicato nelle lettere b) e c) nel richiamato art. 2, comma 7) a cui si rimanda. Interessante da sottolineare, però, è che essendo una figura “unica”, anche ai precedenti GOT e VPO vengono estese (si fa per dire) le “sanzioni disciplinari”, previste originariamente per il soli GdP (mentre per i GOT e VPO era prevista la sola decadenza). Tale novità viene colta nel collegamento tra l’art. 1, comma l) e art. 2 (comma 11 “prevedere le sanzioni disciplinari dell’ammonimento, della censura, della sospensione dal servizio da tre a sei mesi e della revoca dell’incarico”).Sulle indennità: art. 1, comma n) e art. 2 (comma 13): Tale articolato affronta uno degli argomenti più generici e labili affrontati dal Parlamento in sede di legge delega(profilandosi l’ipotesi scolastica della c.d. norma in bianco): ed infatti, il legislatore innanzitutto prevede, ed in via molto generale (e generica), che vi sia una indennità fissa ed una variabile, per tutti i GoP, epperò, poi, inizia a distinguere:1) per coloro che “coadiuvano con il giudice professionale e, quindi, compiono tutti gli atti preparatori, necessari o utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte di quest’ultimo”, la parte fissa dell’indennita’ (deve essere) in misura inferiore (senza peraltro specificare di quanto e rispetto a chi) a quella prevista per l’esercizio di funzioni giurisdizionali (ed analogamente per i vice procuratori onorari);2) per coloro (magistrati onorari) che svolgono piu’ compiti e funzioni tra quelli previsti alle lettere b) e c) sia corrisposta la parte fissa dell’indennita’ riconosciuta per le funzioni o i compiti svolti in via prevalente (e quindi quando il GoP partecipa ai Collegi e per la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale ordinario), e lasciando una amplissima discrezionalità al Presidente del Tribunale; 3) per coloro che “raggiungono gli obiettivi fissati a norma della lettera f) deve essere corrisposta la parte variabile dell’indennita’ in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 50 per cento della parte fissa dovuta a norma delle lettere b) e c), anche in relazione al grado di raggiungimento degli obiettivi, (che saranno prefissati) e tale parte dell’indennità variabile, verrà liquidata “al termine dell’anno, verrà liquidata dal Presidente del tribunale (e il Procuratore della Repubblica), verificato il raggiungimento degli obiettivi (che verrà comunicano alla sezione autonoma del Consiglio giudiziario, di cui alla lettera q) del comma 1 dell’articolo 1).” In ogni caso, le successive norme prevedono che per la liquidazione delle indennita’ spettanti ai giudici di pace e ai giudici onorari di tribunale continuino ad applicarsi fino alla scadenza del quarto anno successivo alla medesima data (ed analogamente per il VPO). Invece, alcuna determinazione, è stata effettuata in ordine al compenso spettante agli attuali giudici di pace che, quanto meno fino all’attuazione del relativo decreto delegato sulle indennità (e comunque non prima dei cinque anni, ovvero otto o nove), continueranno a percepire indennità maggiori dei colleghi GOT e VPO, ed infatti già è stato osservato che il sistema retributivo dei GdP e GOT/VPO, nonostante l’introduzione di un ruolo unico, continuerebbe per un quadriennio ad essere differenziato, con divaricazione fra le rispettive retribuzioni. Il disegno di legge delega non definisce compiutamente questo sistema, limitandosi a dettare regole di principio e lasciando al legislatore delegato il compito di individuarne nel dettaglio la disciplina e la quantificazione, contraddicendo la Raccomandazione n. 12/2010 del Comitato dei Ministri dell’UE agli stati membri sui giudici adottata in occasione della 1098 riunione dei Delegati dei Ministri il 17.11.2010, che al punto 55, così prevede: “Devono essere evitati sistemi che facciano dipendere dalle prestazioni gli elementi essenziali della retribuzione, in quanto essi possono creare difficoltà all’indipendenza dei giudici”. Inoltre, si rammenta che per Cass., Sez. U, n. 11272 del 09/11/1998 i giudici di pace sono funzionari onorari e godono di un trattamento economico avente natura indennitaria e non corrispettiva, in assenza di un rapporto professionale di servizio, dovendosi aggiungere che dall’esame della relazione tecnica del MEF è, però, possibile ricavare un criterio di massima per quanto attiene alla possibile quantificazione dell’indennità fissa. Trattasi, infatti, di valutazione minima che il Ministero dell’Economia è tenuto a svolgere, potendo poi, lasciare, ad un successivo giudizio di compatibilità tecnica (c.d. bollinatura) in sede di decreti legislativi, e quindi la valutazione degli ulteriori oneri. Ulteriore connotazione di tale comma, è che viene ribadita la compatibilita’ dell’incarico onorario con lo svolgimento di altre attivita’ lavorative.Il successivo numero l) (sempre del comma 13) prevede di “individuare e regolare un regime previdenziale e assistenziale compatibile con la natura onoraria dell’incarico, senza oneri per la finanza pubblica, prevedendo l’acquisizione delle risorse necessarie mediante misure incidenti sull’indennita'”: in altri termini il regime previdenziale ed assistenziale verrà pagato direttamente dai GoP, ed in contrasto con le Direttive alla Commissione Europea “di porre rimedio al persistente stato di insolvenza dell’Italia sui diritti economici e previdenziali dei magistrati onorari” (U.Na.Gi.Pa., comunicato 28/04/2016) (e quindi i giudici onorari di pace dovranno preoccuparsi, se avvocati ovvero dipendenti, pubblici o privati, la compatibilità ovvero la convenienza del sistema previdenziale integrato). Per quanto riguarda invece l’ampliamento delle competenze (lettera p) art.1) (per materia e valore) del “giudice di pace”, e tralasciando le specifiche individuazioni di altre nuove materie che saranno effettuate dai decreti legislativi (per non incorrere in evidenti errori, dovuti anche alla locuzione “minore complessità” delle predette nuove materie), si deve sottolineare che in alcune materie, il criterio di delega fa riferimento alla evanescente nozione di “minore complessità” con riferimento “all’attività istruttoria e decisoria” (cfr. le lett. b), c) ed f) in relazione, rispettivamente, ai “procedimenti di volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione”, alle “cause in materia di diritti reali e di comunione” nonché agli “altri procedimenti di volontaria giurisdizione”); e tuttavia è opportuno ribadire che il ricorso a clausole di contenuto così vago e intedeterminato, cui non faccia seguito una puntuale attività di dettaglio in sede di attuazione della delega, finirebbe con attribuire alla parte attrice il compito, invero assai arduo, di compiere un vaglio preventivo sulla complessità istruttoria e/o decisoria della controversia; operazione che in realtà necessita, quantomeno, di una qualche determinazione dell’oggetto del contendere in contraddittorio con il convenuto, il quale ben potrebbe, al di là delle eccezioni dedotte nei confronti della parte attrice, presentare domande riconvenzionali, chiamare in causa terzi, ecc.. Il rischio, dunque, diventa quello di spostare il momento di determinazione della competenza, dall’atto introduttivo, e dunque in limine litis, ad un momento successivo alla instaurazione del contraddittorio, rimettendo al giudice professionale la decisione circa la sussistenza o meno della competenza del giudice di pace. Ma, al di là di tale difficoltà identificativa, una interessante innovazione (se positivamente colta e gestita) riguarderà la trattazione (da parte dei GoP inseriti nell’ufficio dell’attuale giudice di pace) dei procedimenti di “espropriazione mobiliare presso il debitore e di espropriazione di cose del debitore che sono in possesso di terzi”(sia pure riteniamo nei limiti di € 30.000,00): novità innanzitutto per la materia dell’esecuzione da sempre sottratta ai giudice di pace, anche se trattata ormai, da vari anni, e sulla base delle reiterate Circolari del CSM, dai GOT (presso i Tribunale sia pure con diverse limitazione in relazione alla competenza per valore) e, se si osserva che a tali nuovi procedimenti viene sottratta la competenza del pignoramento di crediti del debitore verso terzi (ex art. 543 c.p.c.), innovando la sola competenza dell’espropriazione di cose del debitore che sono in possesso dei terzi, sempre ex art. 543 c.p.c., la conclusione che se ne trae è che i GoP non potranno trattare “il pignoramento dei crediti del debitore verso terzi”, e quindi tale istituto sarà (o potrebbe essere) sottratto alla magistratura onoraria, a meno che il legislatore delegato ma, più fondatamente il CSM, riterrà che detta materia potrà essere (continuativamente) svolta dai GoP inseriti nell’ufficio del processo, ovvero che i medesimi GoP che resteranno in Tribunale, potranno essere applicati alla trattazione di procedimenti civili, di cui alla lettera c), n. 3, comma 5. E poi, ulteriore problema normativo: le richieste (abbastanza ovvie e praticate) di sospensione ex art. 624 c.p.c. ovvero ex art. 618 c.p.c. potranno essere decise e trattate dai GoP(?); ed ancora i (molto) probabili reclami, dovranno essere trattati dai giudici professionali presso i rispettivi Tribunali (?), e con quanti problemi organizzativi e giurisdizionali connessi allo spostamento dei vari fascicoli? Per quanto riguarda invece i magistrati requirenti onorari, la innovazione riguarda i procedimenti di cui alla successiva lettera h) (a cui si rimanda).Ma l’aspetto cruciale, a nostro avviso, è rappresentato proprio dall’esigenza, supportata dall’aumento delle competenze del GdP (e futuro GoP) che determinerà una lievitazione delle controversie davanti a tale organo giurisdizionale, di intervenire negli uffici del giudice di pace anche sul processo telematico, in tale ambito giurisdizionale, non più procrastinabile, già (possiamo dire) sperimentato nei vari tribunali d’Italia, che potrà, da un lato produrre una minore spesa per ogni ufficio (si pensi alle comunicazioni dei vari provvedimenti del giudice, che attualmente vengono effettuati mediante ufficiali giudiziari, ovvero a mezzo del servizio postale), e dall’altro offrire un servizio più celere, finalizzato alla ragionevole durata dei processi: ed infatti ulteriore preoccupazione è che, senza un nuovo ed immediato supporto da parte dei GOT negli uffici del giudice di pace, e di un nuovo supporto organizzativo, si sposterà il “problema” del superamento dell’irragionevole durata del processo (c.d. Legge Pinto) dai Tribunali agli uffici del giudice di pace.Il regime transitorio:l’art. 1, comma r : dispone che il Governo delegato dovrà “prevedere il regime transitorio per i magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui al presente comma” indicando poi i principi e criteri direttivi (art. 2 (comma 17)), e cioè il Governo dovrà determinare (regolare, dice la norma) la durata dell’incarico dei magistrati onorari in servizio (alla data di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi; prevedere la conferma (in servizio) che dovrà essere disposta dal Ministro della Giustizia previa deliberazione del CSM, del giudizio di idoneità della (istituenda) sezione autonoma del Consiglio giudiziario, ed acquisiti i pareri del Presidente del Tribunale (o dei Procuratori della Repubblica), ed il parere dei consigli dell’ordine degli avvocati nel circondario il magistrato onorario ha esercitato la sue funzioni.Quindi, sembra di capire, che il primo atto da compiersi al fine di attuare il regime transitorio per i magistrati onorari (GdP, GOT e VPO) sia quella del provvedimento della “conferma”, che dovrà avvenire alle fine di detti pareri, ovviamente a seguito della istituenda Sezione autonoma presso il Consiglio Giudiziario (di cui al successivo art. 3 del primo schema di decreto legislativo), anche se il pericolo ultimo, nella valutazione sulla conferma, appare proprio quello assegnato ai Consigli degli ordini degli avvocati, quanto meno per la novità, non tralasciando che, di fatto, tale parere potrebbe tradursi in una (indiretta) valutazione di merito su qualche decisione emanata dai GoP. Tale preoccupazione viene, in qualche modo, attenuata dal successivo art. 2) (dello schema predisposto dal Governo da subito evidenziato) il quale prevede che detto parere deve indicare “i fatti specifici incidenti sulla idoneità a svolgere le funzioni”; peraltro le OO.SS. di categoria, sul punto, hanno richiesto di modificare, il primo decreto legislativo delegato, nel senso che all’art. 2 comma 4, dopo le parole “tenuto conto altresì del parere” aggiungere le parole “non vincolante” (tale modifica esplicita la natura non vincolante del parere reso dal Consiglio dell’ordine forense e trova il suo fondamento nella considerazione che detto parere è reso nell’ambito di una procedura di conferma riguardante un soggetto che ha assunto già in precedenza funzioni diverse da quelle difensive, impersonando un organo giudiziario le cui determinazioni possono porsi sovente in contrasto con gli interessi delle parti private e, conseguentemente, di chi tali parti assiste nella qualità di avvocato patrocinatore. Appare quindi opportuno graduare la rilevanza di un parere reso da un organo forense comunque rappresentativo di chi accudisce interessi sovente contrapposti a quelli di imparziale applicazione della legge alla cui imparziale e serena applicazione deve invece inderogabilmente conformarsi l’esercizio delle funzioni giudiziarie demandate ai giudici e ai pubblici ministeri (onorari e non). Si pensi ad esempio, a quale possa essere le soggezione psicologica di un magistrato onorario che valuti se revocare i provvedimenti di ammissione al gratuito patrocinio civile emessi a favore di avvocati appartenenti al consiglio dell’ordine che dovrà valutarli, in quanto consiglieri dell’ordine stesso o elettori di questi ultimi. Il rilievo per cui tale parere è previsto anche per i magistrati di ruolo non appare, poi, conferente, giacché in tale caso esso non incide sulla permanenza nella qualifica e sull’esercizio delle funzioni e non determina, quindi, alcun metus nei confronti dei difensori delle parti private). Ed infatti (in data 16.5.16 ha adottato lo schema del decreto legislativo) il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo decreto legislativo delegato (n. 92 del 31 maggio 2016 – in G.U. n. 126 del 31.5.16) recante la disciplina della sezione autonoma dei consigli giudiziari per i magistrati onorari e (conseguenti) disposizioni per la conferma nell’incarico dei giudice di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari in servizio”, preoccupandosi, precipuamente, anche del mantenimento in servizio senza soluzione di continuità e previo giudizio di conferma (della stragrande categoria in oggetto) in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, attesa l’imminente scadenza del (l’ennesimo) periodo di proroga, e stabilendo, all’art. 1 (rubricato primo mandato dei magistrati onorari in servizio), che tali soggetti giuridici, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere confermati nell’incarico, per un primo mandato di durata quadriennale, se ritenuti idonei secondo quanto disposto dall’art. 2, (e che comunque l’incarico cessa in ogni caso, al compimento del sessantottesimo anno di età) che concerne le modalità per la procedura di conferma. Tale articolo, prevede un rigoroso controllo sugli “atti” (verbali d’udienza, e provvedimenti emanati) svolti dal (futuro) GoP nei due anni precedenti, recependo (pare) la preoccupazione del CSM che, da ultimo, aveva evidenziato l’assenza “per un lungo periodo di qualsiasi sindacato sulle capacità professionali dei giudici onorari”. Orbene, i GoP che avranno conseguito tale “conferma”, da parte del Ministro della Giustizia, potranno essere confermati nell’incarico per quattro mandati, ciascuno di durata quadriennale (e che comunque l’incarico cessa in ogni caso, al compimento del sessantottesimo anno di età dispone l’art. 1) (Peraltro appare opportuno richiamare anche la ulteriore richiesta effettuata dalle OO.SS. alle varie Istituzioni interessate, della ulteriore modifica: “all’art. 2, comma 9, dopo le parole “la conferma dell’incarico produce effetti a far data dall’entrata in vigore del presente decreto” sono aggiunte le parole “e il nuovo quadriennio decorre dal 1° gennaio dell’anno successivo a tale data.”. La proposta (si è detto) mira a un migliore coordinamento con la complessiva disciplina che regola i termini di durata degli incarichi temporanei dei magistrati onorari, la cui unità di misura è sempre stata e rimane tutt’oggi quella dell’anno solare; peraltro sempre nello schema di decreto legislativo era previsto che i GoP dovessero effettuare la domanda – di conferma – entro tre mesi, mentre la Commissione Giustizia (n. 304) aveva espresso il parere di ridurre da tre mesi ad un mese il termine per la presentazione della domanda di conferma previsto dall’articolo 2, n. 1 (del predetto schema), osservando che in tal modo si evita che il magistrato onorario possa continuare a svolgere le proprie funzioni per un tempo significativo, pur in presenza di una decisione assunta da tempo di rilasciare l’incarico, invito recepito nel predetto decreto n. 92/16. Inoltre tali GoP, nello svolgimento del quarto mandato, potranno coadiuvare il magistrato professionale e, quindi, compiere tutti gli atti preparatori, necessari o utili per lo svolgimento da parte di quest’ultimo delle proprie funzioni”, ovvero ed in sede di deliberazione, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, possono essere destinati anche all’esercizio delle funzioni giudiziarie.In ogni caso, superati i 68 anni, i magistrati onorari in servizio, alla data in entrata in vigore del decreto legislativo de quo, devono “cessare” la propria attività giurisdizionale (anche se per inciso, le Associazioni della magistratura onoraria hanno approvato e sottoposto al vaglio del Parlamento e del Governo un documento unitario recante le proprie proposte di modifica allo schema di decreto legislativo recante la disciplina della sezione autonoma dei consigli giudiziari per i magistrati onorari e disposizioni per la conferma nell’incarico dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari in servizio (Associazione Nazionale Giudici di Pace (ANGDP) Confederazione Giudici di Pace (CGDP); Coordinamento Nazionale Magistrati Onorari (CONAMO); Federazione Magistrati Onorari di Tribunale (FEDERMOT); Organismo Unitario della Magistratura Onoraria (MOU) ; Unione Nazionale Giudici di Pace (UNAGIPA); Unione Nazionale Italiana Magistrati Onorari (UNIMO); Unità Democratica Giudici di Pace Onorari (UDGDPO): “1) Dopo l’art. 1, comma 2, aggiungere il seguente comma 3 “I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, i quali abbiano compiuto 68 anni, rimangono in servizio sino al 31 dicembre 2016”. La modifica proposta, secondo le predette Organizzazione sindacali, si pone in linea con quanto previsto dall’art. 18-bis d.l. 83/2015, che stabilisce la cessazione dal servizio, per i colleghi che abbiano compiuto 70 anni nell’anno solare, al 31 dicembre 2016, superando ogni questione di compatibilità tra due corpi normativi, anche in riferimento alla problematica inerente diritti acquisiti, legittime aspettative e limiti imposti dalla legge delega e, in ogni caso, non interferisce sull’attuazione della legge delega n. 57/2016, restando preclusa la conferma quadriennale per i magistrati onorari che abbiano superato i 68 anni).Altra norma di favore (?) riguarda i procedimenti disciplinari pendenti (a carico del GoP), i quali alla data di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all’articolo 1 verranno regolati dalle disposizioni vigenti alla predetta data, e quindi se piu’ favorevoli, si continueranno ad applicare le disposizioni in materia di illeciti disciplinari vigenti alla predetta data. prevedere specifiche norme di coordinamento delle nuove disposizioni con le altre disposizioni di legge e per l’abrogazione delle norme divenute incompatibili. Il legislatore poi, ha avuto l’esigenza, per il giudice di pace, di stabilire, da subito, all’art. 4, la vigenza dell’efficacia della “l’incompatibilita’ del giudice di pace”, ripercorrendo pedissequamente, ciò che ha predisposto nella delega in relazione alla ricognizione e riordino della disciplina relativa alle incompatibilità all’esercizio delle funzioni di magistrato onorario. Tale incompatibilità è parzialmente difforme da quella prevista originariamente dall’art. 8 della legge istitutiva (n. 374/919). Il successivo art. 5 prevede, il coordinamento dell’ufficio del giudice di pace che è affidato al presidente del tribunale (norma direttamente entrata in vigore), il quale provvede a tutti i compiti di gestione del personale di magistratura ed amministrativo, alla formulazione al presidente della corte di appello della proposta della tabella di organizzazione dell’ufficio del giudice di pace, i cui affari sono assegnati sulla base di criteri e mediante il ricorso a procedure automatiche, avvalendosi dell’ausilio di uno o piu’ giudici professionali. Tale norma è stata ritenuta, a ragione, di immediata applicazione, e confermata dall’art. 2, che prevede che le domande di conferma (per gli attuali GdP) deve essere presentate al Presidente del Tribunale (ovviamente) nel cui circondario ha sede l’ufficio. Tale immediata ricettività è stata anche valutata dalla comunicazione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura (seduta del 18.5.2016) che, partendo da una analisi esegetica della legge n. 57/2016, e dalla rubrica del medesimo articolo 5) che parla di “giudici di pace”, nonché della predetta legge delega che riferisce “..ed altre disposizioni relative al giudice di pace”, confortata dai lavori preparatori al disegno di legge AS1738, ha concluso che il legislatore ha inteso disciplinare nell’immediatezza il coordinamento dei giudici di pace, attribuendolo al presidente del Tribunale. Non v’è dubbio che tale norma rappresenti una responsabilità notevole ed una gestione ancora più accentuata da parte dei Presidenti dei Tribunali, che dovranno tradurre le tabelle organizzative (anche) in spese di gestione della intera magistratura onoraria.Sulla Formazione dei GoP di cui al successivo art. 7 della legge n. 57/2016, alcuna novità di rilievo può sottolinearsi, considerato che già oggi, tale partecipazione avviene, così come avviene quella ai corsi di formazione decentrata, sottolineando, anche in questa sede, lo sforzo continuo effettuato dalla Scuola Superiore della Magistratura sull’ampliamento sempre continuo della magistratura onoraria alla partecipazione ai corsi di formazione.In definitiva non pensiamo di essere lontani dal vero, se si afferma che tale “riforma” viene di fatto, differita “di quattro anni”; non solo, ma soprattutto all’esito dei decreti legislativi delegati.L’articolato normativo, in definitiva, si è preoccupato esclusivamente di tamponare la situazione esistente dei GOT (non tanto dei VPO, in quanto i magistrati requirenti onorari sono già inseriti nell’ufficio della procura della Repubblica, anche se la norma prevede un modello organizzativo unico, mentre, invece, sotto il profilo economico la “insoddisfazione” è identica), prevedendo un graduale inserimento (normativo) degli stessi nell’ufficio del giudice di pace, salvaguardando, però le necessità “organizzative” dei tribunali che da sempre hanno usufruito delle attività giurisdizionali dei giudici onorari (attuali GOT); non a caso, il comma 17), art. 2, lettera b) n. 1) prevede che i GOT confluiscono nell’ufficio del GdP a decorrere dal quinto anno (successivo agli emanandi decreti leg.vi delegati), ma il successivo n. 2 prevede che il Presidente del Tribunale può, fino alla scadenza del quarto anno successivo alla data di cui al numero 1) inserire nell’ufficio del processo i medesimi GOT e, a domanda, i giudici di pace, mantenendo il GOT meritevole (si fa per dire) 8 o nove anni nell’ufficio del processo, o per la trattazione delle controversia di competenza del Tribunale, senza peraltro determinargli la indennità e, cosa ancora più grave, senza equipararla (nell’immediato) al “collega” inserito nell’ufficio del giudice di pace; e tale diversità di trattamento economico è stato giustificato da taluni al fine di tutelare il principio di affidamento sulle prospettive reddituali che i giudici di pace hanno ragionevolmente riposto, ossia onde evitare che gli appartenenti a tale categoria subiscano repentine ricadute economiche a causa dell’entrata in vigore della riforma (come si verificherebbe se i GOT, entrando a far parte immediatamente dell’ufficio del giudice di pace, andassero a concorrere nella ripartizione degli affari attribuiti agli uffici di giudice di pace), contravvenendo alla “onorarietà” (ovvero non stabilità) anche dei giudici di pace.Peraltro tale volontà, non solo serve a supportare l’ufficio del processo, ed in definitiva, il carico di lavoro dei tribunali (ciò che potrebbe essere valutato positivamente, con un compenso equivalente), ma soprattutto tende a diminuire la spesa della magistratura onoraria, così come si evidenzia dall’allegato (tabella 2) presente al surrichiamato schema di decreto legislativo, attraverso il quale emerge un risparmio sempre in crescita, e proiettato proprio fino all’anno 2020 (proprio allo scadere del primo quadriennio), e senza considerare gli introiti maggiori derivanti dalla decadenza immediata (a far data del 14.5.16) degli attuali coordinatori dei giudici di pace, nei rispettivi uffici che, come noto, percepivano la relativa indennità di funzione (ai sensi dell’art. 5, comma due bis, legge 16 dicembre 1999 n. 479) la cui responsabilità (e coordinamento) è stata assunta dai Presidenti dei Tribunali.Ed infatti se si fosse voluta attuale una vera riforma, sarebbe bastato dire che dal 14.5.2016 i GOT sono inseriti nell’ufficio del giudice di pace, determinandone il compenso, e prevedere che analogo compenso sarebbe spettato anche ai GoP che, a domanda, sarebbero stati inseriti nell’ambito del Tribunale.Ma indipendentemente dall’aspetto economico, la “labilità” dell’inserimento dei GOT e VPO all’interno del Tribunale comporterà soprattutto per il Consiglio Superiore della Magistratura un ulteriore sforzo notevole di raccordo tra le direttive impartite in questi lunghi anni, e le notevoli “aperture” manifestate dal medesimo Consiglio, attraverso una sempre più crescente normativa secondaria che ha favorito l’attività giurisdizionale dei giudici onorari, che hanno contribuito all’attuazione di un sistema giurisdizionale adeguato, e la normativa in essere (maggiormente, quella dei decreti legislativi delegati) che ha ulteriormente demotivato tale complesso di persone. Un approfondimento, merita la disposizione inserita nell’art. 1, comma 2 del primo decreto legislativo n. 92/16, laddove prevede che “l’incarico cessa in ogni caso al compimento del sessantottesimo anno di eta’.”L’interpretazione della norma, secondo alcuni, imporrebbe l’immediata cessazione di tutti i giudici onorari (GOT VPO e giudici di pace) che al 31.5.2016 hanno compiuto 68 anni, con le evidenti disfunzioni organizzative che da ciò deriveranno.Il problema si pone specificamente per i giudici onorari in servizio che hanno già compiuto i 70 anni di età e che, secondo le disposizioni dell’art. 18bis della L. 132/2015 sarebbero andati a scadere il 31.12.2016.Da un esame complessivo delle disposizioni che regolano lo stato giuridico e la permanenza in servizio della magistratura onoraria, potrebbe infatti ritenersi che a coloro che si trovano in questa situazione sarebbe consentito permanere in servizio fino al 31.12.2016.Infatti l’art. 18bis della L. 132/2015 di conversione del DL 83/2015 ha disposto che «Art. 18 -bis . (Disposizioni per il ricambio generazionale nella magistratura onoraria). – 1. Sino all’attuazione del complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari, in servizio alla data del 31 dicembre 2015 e che abbiano compiuto il settantaduesimo anno di età, cessano dall’ufficio alla predetta data. I giudici di pace, i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari, in servizio alla data del 31 dicembre 2016 e che tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2016 compiono almeno il settantesimo anno di età, cessano dall’ufficio a quest’ultima data;A mio avviso l’art. 1 co. 2 Dlvo 92/2016 non può essere a loro applicato in quanto: 1) L’interpretazione congiunta del primo e secondo comma dellanorma porta a ritenere che il limite del 68mo anno di età sia riferito solo ai giudici onorari indicati nel comma 1); 2) Nel comma 1 si parla soltanto dei giudici onorari che possono essere confermati nell’incarico: gli ultrasettantenni non potrebbero maiessere confermati ed esulano pertanto dalla previsione;3) L’art 18 bis L. 132/2015 che prevede, per loro, la scadenza al 31.12.2016 non è stato espressamente abrogato; 4) Il principio del buon andamento del servizio porta a ritenere che una cessazione immediata dei GOT che hanno ruoli autonomi e che si stavano progressivamente preparando per l’esodo di fine anno aggravera’ la situazione già disastrata di molti uffici.A nostro sommesso avviso, la legge n. 92/16 è successiva all’art 18 bis L. 132/2015, ed in compatibile con la stessa, non potendosi ammettere il coordinamento tra le stesse che, se possibile, determinerebbe una disparità di trattamento tra chi ha compiuto da poco 68 anni e chi ha compiuto 70 anni; in sostanza, non si deve dimenticare l’inciso posto all’art. 1 del decr.to leg.vo n. 92/16 “in ogni caso” e l’art. 1 della legge delega che prevede, a cura del Governo, l’emanazione di “specifiche norme di coordinamento delle nuove disposizioni con le altre disposizioni di legge e per l’abrogazione delle norme divenute incompatibili”. Qualche Tribunale, ha emanato un provvedimento, per detti giudici onorari (siano essi GOT, VPO o GdP) che, partendo dalla richiamata norma dell’art. 1 L. 92/16 ne ha disposto la “sospensione” dell’incarico.Un ennesimo problema si pone, da subito, per chi ha da poco tempo assunto una nuova “veste” di VPO o di GOT successivamente alla entrata in vigore della l. 57/16 (si pensi ai grandi Tribunali come quelli di Napoli), abbandonando quella precedente: sembrerebbe evidente che ai colleghi nella nuova funzione, vadano applicati i criteri per la nomina e conferma dei vice procuratori onorari (Circolare n. P-10370/2003 del 26 maggio 2003 – Deliberazione del 22 maggio 2003 – Aggiornata alla delibera del 5 giugno 2003) al cui art. 8, rubricato “Durata dell’incarico e procedimento per la conferma”, prevede che “La nomina a vice procuratore onorario ha la durata di tre anni. Il titolare può essere confermato, alla scadenza, per una sola volta” ma, il Consiglio Superiore della Magistratura, con Delibera del 1.6.16, ed ai fini della presentazione della domanda di conferma, ha fatto riferimento alla data della delibera consiliare di nomina antecedente alla data del 31.5.2016, e quindi lasciando trasparire che anche per tali soggetti, verrà meno l’incarico lavorativo onorario di 3 anni più tre anni, per approdare un quello dei c.d. “4+4” (età permettendo). Tale soluzione sembra più coerente, proprio per l’intento da parte del legislatore di coordinare le norme ancora vigenti, ai sensi del richiamato art. 1, lettera s) della legge delega.
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