Novità dalla Corte di Cassazione

SEZIONE CIVILE

GIUGNO 2015

SEZIONE PENALE

 A cura di Roberta Zizanovich

“In tema di atti sessuali con minorenne, la Terza sezione della Corte di Cassazione ha affermato che le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica non presentano – per il solo fatto di svolgersi in assenza di contatto fisico con la vittima – connotazioni di minore lesività sulla sfera psichica del minore tali da rendere applicabile, in ogni caso, l’attenuante prevista dall’art. 609-quater, quarto comma, cod. pen., per i casi di minore gravità.” (Cass., Sez. III,  Pres. Mannino, Rel. Pezzella, sentenza n. 16616, 25 marzo 2015 Up., dep. 21  aprile 2015, P.M. Baldi).

Prime pronunce della Corte di Cassazione sull’art. 275, comma 2 bis

Si riportano di seguito le massime relative alle prime pronunce della Corte di Cassazione sull’art. 275, comma 2 bis, c.p.p., , come sostituito dall’art. 8 del d.l. 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117.
 

A) Sez. 2, Sentenza n. 4418 del 14/01/2015 Cc. (dep. 30/01/2015 ) Rv. 262377
 

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – DISPOSIZIONI GENERALI – CONDIZIONI DI APPLICABILITÀ – IN GENERE – Misure cautelari diverse dalla custodia in carcere – Prevedibile inflizione di una pena non superiore a tre anni – Divieto di adozione della misura – Esclusione.
 

Il divieto, ai sensi dell’art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen., di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, nel caso in cui il giudice ritenga che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni, non si estende agli arresti domiciliari o alle altre più tenui misure coercitive, che, pertanto, possono essere applicate anche ove il giudice preveda l’inflizione di una pena detentiva non superiore a tre anni.
 

B) Sez. 6, Sentenza n. 1798 del 16/12/2014 Cc. (dep. 15/01/2015 ) Rv. 262059
 

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – DISPOSIZIONI GENERALI – SCELTA DELLE MISURE (CRITERI) – D.L. n. 92 del 2014 – Testo anteriore alla legge di conversione n. 117 del 2014 – Modifica dell’art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen. – Applicazione della custodia cautelare in carcere – Presupposti – Limite di tre anni di pena detentiva – Operatività – Condizioni.
 

In materia di misure cautelari personali, il limite di tre anni di pena detentiva necessario per l’applicazione della custodia in carcere, previsto dall’art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen., come novellato dal D.L. 26 giugno 2014, n. 92, nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 117, deve essere oggetto di valutazione prognostica solo al momento di applicazione della misura, ma non anche nel corso della protrazione della stessa, con la conseguenza che il presupposto assume rilievo non in termini di automatismo, ma solo ai fini del giudizio di perdurante adeguatezza del provvedimento coercitivo, a norma dell’art. 299, cod. proc. pen.
 

C) Sez. 1, Sentenza n. 53541 del 10/12/2014 Cc. (dep. 23/12/2014 ) Rv. 261609
 

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – DISPOSIZIONI GENERALI – SCELTA DELLE MISURE (CRITERI) – D.L. n. 92 del 2014 convertito nella legge n. 117 del 2014 – Divieto di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari – Presupposti.


In materia di misure cautelari personali, il divieto della applicazione della misura degli arresti domiciliari, previsto dall’art. 275 comma secondo bis cod.proc.pen., cosìcome novellato dal D.L. 26 giugno 2014 n.92, convertito con modificazioni nella Legge 11 agosto 2014, n. 117, consegue esclusivamente alla prognosi di prevedibile concessione della sospensione condizionale della pena e, non anche a quella di prevedibile irrogazione di una pena detentiva non superiore ai tre anni.
 

D) Sez. 6, Sentenza n. 41124 del 19/09/2014 Cc. (dep. 03/10/2014 ) Rv. 260336
 

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – DISPOSIZIONI GENERALI – SCELTA DELLE MISURE (CRITERI) – D.L. n. 92 del 2014 convertito con modificazioni nella legge n. 117 del 2014 – Divieto di custodia cautelare in carcere in caso di previsione dell’irrogazione di una pena detentiva non superiore a tre anni – Incidenza dello “ius superveniens” sulle misure cautelari in corso di esecuzione – Sussistenza – Conseguenze – Esame da parte del giudice procedente sulla sussistenza dei “nuovi” presupposti applicativi della misura in atto – Necessità – Fattispecie.
 

L’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen. (introdotto dalla L. 11 agosto 2014, n. 117, che ha convertito con modificazioni il D.L. 26 giugno 2014, n. 92), ai sensi del quale non può essere disposta l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere ove si preveda l’irrogazione, all’esito del giudizio, di una pena superiore a tre anni, impone la verifica, da parte del giudice procedente, della sussistenza dei “nuovi” presupposti applicativi delle misure custodiali in corso di esecuzione, alla luce della specificità e gravità dell’addebito. (Fattispecie relativa ad illecita detenzione di marijuana, in cui la S.C. ha precisato che la verifica della concreta possibilità di applicare una pena detentiva superiore al limite triennale deve essere effettuata anche alla luce del più favorevole trattamento sanzionatorio tornato in vigore, per le droghe “leggere”, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale).
 

E) Sez. 2, Sentenza n. 1411 del 12/03/2015 Cc. (dep. 8/04/2015)

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – MISURE COERCITIVE – ARRESTI DOMICILIARI – Condanna per evasione – Divieto di concessione degli arresti domiciliari – Disposizione di cui all’art. 275, comma 2 bis, cod. proc. pen. – Pena da irrogarsi non superiore a tre anni di reclusione – Esclusione della applicabilità della misura cautelare carceraria – Prevalenza del divieto di concessione degli arresti domiciliari – Configurabilità.

Il divieto di concessione degli arresti domiciliari al condannato per evasione, previsto dall’art. 284, comma 5, cod. proc. pen., ha carattere assoluto e, pertanto, prevale sulla disposizione di cui all’art. 275, comma 2 bis, cod. proc. pen., in base alla quale non può essere applicata la misura cautelare della custodia in carcere quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni.

NOVITÀ SEZIONI UNITE

Con la sentenza n. 15232 depositata il 14 aprile 2015, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio: “Nelle udienze penali, a partecipazione del difensore facoltativa, l’astensione del difensore della parte civile o della persona offesa, prevista dall’art. 3, comma 2, del codice di autoregolamentazione degli avvocati pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2008, non dà diritto al rinvio qualora il difensore dell’imputato o del dell’indagato non abbia espressamente o implicitamente manifestato analoga dichiarazione di astensione, così mostrando un proprio interesse ad una celere definizione del procedimento.
 

Con sentenza n. 11170 depositata il 17 marzo 2015, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato i seguenti principi:

– “il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2001”; – “la verifica delle ragioni dei terzi al fine di accertarne la buona fede spetta al giudice penale e non al giudice fallimentare”.
 

Con sentenza n. 6240 depositata il 12 febbraio 2015, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio: “L’applicazione di una pena accessoriaextra o contra legemdal parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione purché essa sia determinata per legge (o determinabile, senza alcuna discrezionalità,) nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione”.

Nella medesima sentenza è, altresì, chiarito – dirimendo così il contrasto registratosi nella giurisprudenza di legittimità – che sono riconducibili al novero delle pene accessorie non espressamente determinate dalla legge quelle per le quali sia previsto un minimo e un massimo edittale ovvero uno soltanto dei suddetti limiti, ragione per la quale la loro durata deve essere dal giudice uniformata, ai sensi dell’art. 37 cod. pen., a quella della pena principale inflitta.

IMPUGNAZIONI – Cassazione – Non punibilità per particolare tenuità del fatto

Procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 28 del 2015 – Rilevabilità nel giudizio di legittimità – Condizioni – Fattispecie.

La Corte di cassazione, pronunciandosi in relazione all’istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131- bis cod. pen., introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2015, ha, in particolare, affermato che: il nuovo istituto ha natura sostanziale ed è, quindi, applicabile nei procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell’art. 2, quarto comma, cod. pen.; nei giudizi già pendenti in sede di legittimità alla data della entrata in vigore dell’art. 131-bis cod. pen., la questione della sua applicabilità è rilevabile di ufficio a norma dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen.; la Corte di cassazione, a tal fine, deve valutare la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, fondandosi sui dati emersi nel corso del giudizio di merito, in particolare tenendo conto di quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, e, in caso di valutazione positiva, annullare con rinvio al giudice di merito.

(Nella specie, la Corte ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata elementi indicativi della gravità dei fatti addebitati all’imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuità degli stessi).
 

Sezione Terza Penale, Pres. Mannino, Rel. Ramacci, sentenza n. 15449, 8 aprile 2015 Up., dep. 15 aprile 2015, P.M. Salzano (concl. conf.)

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