PNRR ed Ufficio per il processo

L’ufficio per il processo può costituire un volano per il miglioramento della qualità e dell’efficacia della risposta giudiziaria attraverso l’innesto di personale qualificato e a tempo indeterminato. E,’ infatti, evidente che una decisione pur corretta adottata a distanza di anni non risponde adeguatamente alle esigenze del cittadino.

In questa prospettiva il PNRR può rappresentare un’opportunità per restituire al cittadino una Giustizia più rapida ed efficiente.

Va tuttavia evidenziato che il PNRR – ancorando i finanziamenti europei per la ripresa dell’intero paese esclusivamente alla tenuta e al miglioramento sistema giustizia – prevede obiettivi ambiziosi e nello specifico:

  • un abbattimento dell’arretrato civile del 65% in primo grado e del 55% in appello, entro la fine del 2024;
  • un abbattimento dell’arretrato civile del 90%, in tutti i gradi di giudizio, entro la metà del 2026;
  • una riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili entro la metà del 2026;
  • una riduzione del 25% della durata dei procedimenti penali entro la metà

Tali obiettivi sono stati individuati dal Ministero a seguito della trattativa con la Commissione europea, ma senza alcuna condivisione preventiva con l’Autogoverno della Magistratura dell’analisi statistica condotta per la determinazione delle aliquote di smaltimento: è noto soltanto che i risultati saranno parametrati agli arretrati ultratriennali rilevati nel 2019.

Il raggiungimento degli obiettivi proposti imporrà un ulteriore significativo aumento della produttività degli uffici (e questo nonostante gli sforzi degli ultimi anni ed una produttività dei giudici italiani superiore alla media europea – cfr. dati CEPJ 2020) che, nella prospettiva del PNRR, sarà realizzato attraverso:

  • l’incremento della digitalizzazione della giustizia;
  • il dispiegamento di un piano di assunzioni straordinarie finalizzato, tra l’altro, al potenziamento dell’ufficio del processo (già previsto dall’art. 16-octies del D.L. n. 179/2012).

La magistratura farà, come sempre in questi anni, la sua parte per un ulteriore miglioramento del servizio reso alla cittadinanza sfruttando le nuove risorse messe a sua disposizione, ma gli obbiettivi promessi alle istituzioni europee non sono raggiungibili senza riforme sostanziali e procedurali – ormai non più procrastinabili (e che avrebbero

dovuto logicamente precedere l’innesto delle nuove risorse) – che intervengano sulle cause strutturali alla base della durata dei processi (civili e penali) ovvero:

  • necessità di ridurre l’enorme domanda di giustizia proveniente dal paese
  • necessità di allineare l’organico della magistratura alla media europea garantendo l’intera copertura dell’organico esistente per consentire un’adeguata gestione dei flussi di lavoro
  • necessità di semplificazione del rito nel settore civile;
  • necessità di operare una massiccia depenalizzazione e semplificazione del settore penale unitamente a riforme che incoraggino la definizione dei giudizi con riti alternativi e sanzionino i gravami strumentali.

Senza interventi strutturali come quelli auspicati, i risultati raggiungibili attraverso il PNRR risulteranno vanificati dalla successiva nuova formazione di arretrato in tempi relativamente brevi. Il PNRR rischia così di diventare un’occasione persa, attraverso cui le responsabilità politiche e sociali connesse al mancato mantenimento degli obiettivi ipotizzati verrà a ricadere iniquamente sulla magistratura e sul personale degli uffici giudiziari, che già da anni lavorano in condizioni ed in aree difficilissime per garantire un servizio essenziale alla cittadinanza.

Deve poi essere rilevato come il PNRR non sia stato in alcun modo raccordato con la programmazione annuale dell’attività degli uffici (programmi di gestione e relativi carichi esigibili elaborati – da ultimo anche nel settore penale – attraverso procedure che consentono la reale partecipazione dei magistrati alla governance degli uffici).

Peraltro, nella prospettiva fatta propria dal Ministero gli obbiettivi del PNRR attengono alla produttività generale dell’ufficio e non ai carichi individuali, ma deve essere rilevato come:

  • nessuno degli addetti all’UPP avrà autonomo potere di decisione;
  • la responsabilità dei provvedimenti adottati resterà quindi in capo al singolo magistrato (o collegio) che redige l’atto.

Pertanto, un aumento di produttività per l’ufficio non potrà che risolversi in un aumento di produttività individuale dei magistrati, l’UPP potrà ridurre (a regime) i tempi di studio e redazione dei provvedimenti, ma le decisioni resteranno in capo ai singoli magistrati ed il loro numero è destinato necessariamente ad aumentare per rispettare le previsioni del PNRR.

Proprio alla luce di quanto dedotto appare indispensabile riprendere una riflessione sulla qualità della giurisdizione (che non può essere disgiunta dall’individuazione di un carico esigibile), nel segno di una nuova cultura dell’organizzazione, che si ponga in netta antitesi con la deriva efficientistica assunta dalla programmazione del lavoro dei magistrati. Tale deriva è, del resto, anzitutto la deriva dell’indipendenza interna della magistratura, laddove i programmi di gestione siano funzionali solo alla performance del dirigente. Ma è la deriva anche dell’indipendenza esterna, laddove l’attività del magistrato venga costantemente condizionata dal raggiungimento affannoso delle statistiche richieste, facendo in tal modo prevalere un suo interesse prestazionale all’interesse generale anche a discapito della qualità della decisione adottata.

Approvato dall’Assemblea Nazionale di UNICOST in data 21 dicembre 2021 in prosecuzione dell’Assemblea Nazionale del 12 dicembre 2021.

L’Assemblea di Unità per la Costituzione