Proposta di modifica del codice di procedura civile italiano basata sull’esame codice di procedura delle esecuzioni francese

di Fabrizio De Vita e Roberta Metafora

Disciplinato attualmente dal codice delle “procedure civili di esecuzione” (artt. L-131 – R-131 c.p.ex.), l’atreinte è un istituto largamente utilizzato nel sistema d’oltralpe.

Essa non è, in realtà, una vera e propria misura esecutiva: tende, come tutte le misure di esecuzione forzata, all’esecuzione di una decisione giudiziaria che condanna ad un obbligo di fare, di non fare o di pagare, ma non è una misura esecutiva che surroga la volontà del debitore. L’astreinte si presenta, come si desume dallo stesso titolo III del codice di procedura dell’esecuzone civile francese, come una tecnica di prevenzione delle difficoltà di esecuzione.

È un mezzo esecutivo: a)-indiretto, perché la decisione sarà eseguita dal debitore; b)-efficace, perché il debitore avrà ogni interesse ad adempiere rapidamente. Da questo punto di vista,l’astreinte è una misura preventiva. Permette di evitare le esecuzioni tardive e l’utilizzazione delle misure di esecuzione forzata, perché l’attuazione della decisione giurisdizionale avviene volontariamente, anche se non in maniera pienamente spontanea.

Questa caratteristica differenzia l’astreinte francese dall’omologa misura di recente introdotta nel nostro ordinamento; l’art. 614 bis, introdotto nel 2009 e poi modificato nel 2015 dall’art. 13 del D.L. 27 giugno 2015, n. 83 in sede di conversione dalla L. 6 agosto 2015 n. 132, prevede una misura di coazione indiretta per l’adempimento non solo delle obbligazioni di fare infungibili (così è stato fino alla modifica operata dalla legge 6 agosto 2015, n. 132), ma anche di quelle diverse dal pagamento di somme di danaro (dunque, oltre agli obblighi di fare, anche quelli di consegnare o rilasciare).

L’ampliamento del raggio di operatività della norma, tuttavia, non pare sufficiente proprio a causa di un vizio di costruzione dell’art. 614 bis che lo rende poco efficace nel deflazionamento del processo esecutivo italiano.

Come è noto, l’art. 614bisc.p.c. consente al giudice del provvedimento di condanna, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, su richiesta di parte, di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento dal giudice emesso. Con riferimento all’ammontare della somma stabilita, il comma secondo dell’articolo chiarisce i criteri che devono guidare il giudice in tale valutazione: il valore della controversia, la natura della prestazione, il danno quantificato o prevedibile ed ogni altra circostanza utile. Per espressa previsione legislativa sono escluse dall’ambito di applicazione della norma le controversie di lavoro subordinato pubblico e privato, nonché i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 c.p.c.

Dunque, per il nostro ordinamento, la misura coercitiva consiste nella condanna al pagamento di una somma di denaro, finalizzata a dissuadere l’obbligato a rimanere inadempiente.

Si può in prima battuta pensare che ciò costituisca un risparmio di energie processuali, giacché il creditore evita di dover instaurare l’esecuzione forzata. L’economia processuale, tuttavia, è spesso solo apparente: poiché l’effettiva liquidazione viene effettuata direttamente dal creditore in base ai criteri determinati dal giudice, facilmente può il debitore contestare la quantificazione operata dalla controparte, proponendo opposizione all’esecuzione e per tale via dando luogo ad un distinto ed ulteriore processo.

Maggiori sono invece le utilità che offre il codice delle procedure esecutive francese.

Esso prevede in primo luogo una generalizzata possibilità di adottare l’astreinte.

Ai sensi dell’art. L. 131-1 c.p.ex., «Tout juge peut, même d’office, ordonner une astreinte»…
Dunque, qualunque giudice può provvedere in tal senso: avendo l’astreinte la finalità di assicurare l’esecuzione di una decisione giudiziaria quale che sia, ogni giudice può emetterla.

Per “qualunque giudice” occorre intendere tutti i giudici di primo grado, compresi il giudice degli affari familiari, del référé, ma anche il giudice d’appello. “Tutti i giudici” significa tuttavia che deve trattarsi di un organo giurisdizionale, salvo che il legislatore preveda una competenza speciale di autorità amministrative, come è il caso dell’autorità della concorrenza.

Con riferimento alla competenza giudiziale ad emettere una astreinte, assai significativo è il potere del giudice dell’esecuzione di provvedere all’irrogazione di una astreinte in via accessoria ad una decisione resa da un altro giudice, se le circostanze ne fanno apparire la necessità . Questo potere del G.E. è la manifestazione più evidente del suo potere di adottare le misure più adatte per assicurare l’esecuzione effettiva di una decisione.

Va chiarito che: a)- il JEX non è competente ad emanare astreintes laddove la decisione di condanna sia pronunciata da una autorità non giurisdizionale, quale ad esempio la decisione di ingiunzione pronunciata dall’autorità della concorrenza, giacché per queste decisioni esiste un regime di sanzioni specifiche; b)- l’articolo R. 121-1, capoverso 2, del codice delle procedure civili di esecuzione, vieta al giudice dell’esecuzione di modificare il dispositivo della decisione cui accede l’astreinte. In altre parole, il potere del JEX è di natura “supplementare”, giacché si conforma a ciò che è stato deciso dalla decisione principale e può solo rinforzare quest’ultima munendola di una astreinte, ma non può modificarla.

Inoltre, l’astreinte è una misura che si caratterizza per essere accessoria alla decisione di condanna, qualunque sia il suo contenuto; dunque, anche il provvedimento di condanna al pagamento di una somma di danaro può esserne corredato; del pari, anche l’ordine di esibizione di un documento può essere assicurato tramite la minaccia di una misura del genere.

Al riguardo, il codice di procedura civile francese prevede espressamente all’art. 139 la facoltà per il giudice istruttore (della mise in etat) di ordinare la consegna o la produzione di un documento o di una prova sotto minaccia di una astreinte.

Ancora, l’impulso per applicare l’astreinte può essere sia d’ufficio che di parte; dunque, può essere anche il giudice che, alla luce del comportamento processuale della parte soccombente, può determinarsi nell’irrogare la misura.

La giurisprudenza, inoltre, precisa che il giudice stesso non è tenuto né a provocare il contraddittorio tra le parti sulla questione, né a motivare la sua decisione.

La vera differenza con il modello italiano è rappresentata infine dalla circostanza che il modello francese prevede una astreinte provvisoria e una definitiva.

La prima consiste nella prospettazione da parte del giudice del pagamento di una somma di denaro in caso di tardivo o mancato adempimento della decisione. Questa misura, modificabile fino alla fase di liquidazione, può essere anche revocata per il sopravvenire di cause indipendenti dalla volontà del debitore ingiunto, quali, come è stato poi successivamente specificato dalla giurisprudenza, la forza maggiore, il fatto del terzo e del creditore.

Di natura diversa è invece l’astreinte definitiva, la quale, pur condividendo con la prima la finalità, non è più modificabile una volta irrogata e rappresenta l’esito della procedura sanzionatoria.

La liquidazione della astreinte determina la trasformazione di una semplice minaccia gravante sul debitore – la condanna pecuniaria eventuale – in un credito liquido ed esigibile in caso di inadempimento totale o parziale dell’obbligo; diversamente da quanto avviene per la pronunzia della astreinte provvisoria, l’istanza di liquidazione interviene solamente previa citazione del debitore da parte del beneficiario della astreinte (dunque, non d’ufficio).

Inoltre, a differenza del provvedimento che pronuncia la astreinte provvisoria, la decisione di liquidazione è un vero giudizio dotato dell’autorità dicosa giudicata; ciò comporta, quale conseguenza, che il beneficiario della astreinte non può proporre una nuova istanza di liquidazione contro lo stesso debitore per la mancata esecuzione della stessa decisione di condanna e per un periodo di tempo già fatto oggetto di liquidazione.

Complessivamente ed in via di estrema sintesi, ciò che caratterizza l’astreinte nel modello francese, grazie alla ampia portata della norma regolatrice l’istituto, è la forte discrezionalità conferita al giudice, il quale può parametrare la misura in base al caso concreto.

Il termine di decorrenza della misura patrimoniale, inoltre, può essere liberamente fissato, permettendo al giudice di indicare alla parte un primo termine per adempiere senza alcun tipo di sanzione patrimoniale, trascorso il quale sarà applicata l’astreinte.

La misura introdotta dal legislatore francese, nella fase di liquidazione della somma dovuta, non deve tener conto del pregiudizio patito dal soggetto leso; secondo quanto emerge dall’art. L-131-2, l’astreinte è indipendente dal risarcimento danno. Dall’assenza di ogni collegamento con la funzione risarcitoria e da valutazioni equitative emerge la ratio compulsoria-sanzionatoria: l’obiettivo primario è l’esecuzione spontanea della sentenza, in mancanza della quale si applica la sanzione.

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che il quantum, calcolato tramite la moltiplicazione dei giorni di ritardo per il tasso giornaliero previsto, è stabilito in ragione della gravità del fatto del debitore inadempiente e delle sue possibilità di dare esecuzione alla sentenza, ponendo il debitore davanti alla necessità di compiere una celere scelta tra mantenere l’inerzia nella esecuzione della decisione, con evidenti conseguenze negative sul suo patrimonio, o adempiere tramite l’adozione della misura conforme alla sentenza.

Ciò rende l’astreinte una misura particolarmente efficace anche laddove il debitore sia particolarmente abbiente.

Permane infine la possibilità di ridurre l’astreinte, qualora non sia più idonea allo scopo. Poiché una sanzione è efficace se idonea a reprimere il comportamento non ammesso dall’ordinamento giuridico, la quantificazione dell’astreinte deve essere parametrata alle condizioni patrimoniali dell’ingiunto e non al danno subito dal creditore (né tantomeno al valore della controversia o alla natura della prestazione, come accade in Italia), fissando un ammontare che sia sufficiente a esercitare una pressione tale da indurlo ad eseguire la condanna.

Quanto maggiori saranno le condizioni patrimoniali del soggetto inadempiente, tanto più il giudice potrà infliggere una sanzione onerosa.

L’applicazione della sanzione non è tuttavia la finalità primaria dell’introduzione di tale misura; a bene vedere la ratio dell’istituto si fonda sul presupposto del tendenziale rispetto delle decisioni giudiziali. In altri termini, il timore della misura pecuniaria, rappresentato dallaastreinteprovvisoria, è ritenuto di per sé sufficiente a indurre all’adeguamento rispetto al dictum del giudice, cosicché la fase di liquidazione il più delle volte non risulta necessaria.

Conclusivamente, sembra a chi scrive che l’istituto delle astreintes francesi ben poco abbia da condividere con la misura coercitiva indiretta prevista dall’ordinamento italiano.

In merito, per introdurre l’istituto nel nostro ordinamento si propone di modificare l’art. 614 bis e di corredarlo di due nuovi ed ulteriori articoli (614 ter e 614 quater). Sul punto, si v. l’articolato a parte.

LIBRO TERZO
Del processo di esecuzione

TITOLO IV-BIS
DELLE MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA

ARTICOLO 614 bis
Misure di coercizione indiretta

Salve le ipotesi di esclusione previste dalla legge, ogni giudice, con il provvedimento di condanna all’adempimento di qualsiasi obbligo,può, anche d’ufficio, ordinare una misura coercitiva indiretta per garantire l’esecuzione spontanea della sua decisione.

Il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, può dotare di una misura coercitiva indiretta il provvedimento di un altro giudice, che costituisce il titolo esecutivo,ove il giudice della condanna non l’abbia già ordinata e se dalle circostanze appare necessario.

Se non è già stata disposta in un provvedimento cautelare, la misura coercitiva può essereadottata in fase di attuazione dello stesso, ai sensi dell’art. 669 duodecies.

La misura coercitiva accessoria al provvedimento di condanna prescinde dall’eventuale risarcimento dei danni.

La misura coercitiva è provvisoria o definitiva. È provvisoria se il giudice si limita a prospettare il pagamento di una somma di denaro in caso di tardivo o mancato adempimento della decisione. La misura è definitiva se il giudice la qualifica espressamente come tale, determinando la somma il cui pagamento sarà dovuto per la violazione o l’inosservanza dell’obbligo, protrattesi per un periodo determinato.

Una misura coercitiva definitiva può essere disposta solo dopo l’imposizione di una misura provvisoria e per un periodo definito dal giudice. Se una di queste condizioni non è stata rispettata, la misura viene liquidata come provvisoria.

ARTICOLO 614 ter
Liquidazione della misura di coercizione indiretta

La misura coercitiva è liquidata, su istanza del creditore, dal giudice dell’esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice che l’ha ordinata resti investito della controversia o si sia espressamente riservato tale potere o glielo riservi la legge.

La misura coercitiva è liquidata, su istanza del creditore, dal giudice dell’esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice che l’ha ordinata resti investito della controversia o si sia espressamente riservato tale potere o glielo riservi la legge.

Nel caso di cui al terzo comma dell’art. 614bis, la misura coercitiva, oltre che concessa, è altresì liquidata ai sensi dell’art. 669 duodecies.

L’importo della misura coercitiva è liquidato tenendo conto del comportamento dell’obbligato, delle difficoltà che questi ha incontrato per eseguire la condanna e di ogni altra circostanza utile.

L’ammontare della misura coercitiva definitiva non può essere modificato in sede di liquidazione.

La misura di coercizione indiretta, sia essa provvisoria o definitiva, è revocata in tutto o in parte dal giudice della sua liquidazione, se si accerta che la mancata o tardiva esecuzione del provvedimento del giudice è derivata, totalmente o parzialmente, da causa non imputabile all’obbligato.

Il provvedimento del giudice dell’esecuzione sull’istanza di liquidazione della misura coercitiva, è opponibile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617.

ARTICOLO 614 quater
Efficacia della misura di coercizione indiretta

La misura coercitiva ha efficacia a decorrere dalla data stabilita dal giudice, che non può essere anteriore al giorno in cui la decisione che ha imposto l’obbligo è divenuta esecutiva. Tuttavia, può acquisire efficacia dalla data della sua pronuncia, se è aggiunta ad una decisione già esecutiva.

In ogni caso, la misura coercitiva ha efficacia esecutiva solo dalla sua liquidazione; il titolo esecutivo è costituito, in via integrata, dal provvedimento di concessione e da quello di liquidazione.

DA: “RACCOLTA PROPOSTE DI RIFORMA NORMATIVA PRESENTATE IN OCCASIONE DEL CONVEGNO “IL GOVERNO DEL PROCESSO: AVVOCATURA E MAGISTRATURA A CONFRONTO” TENUTOSI A MILANO IL 27 GIUGNO 2016″