Rassegna cassazione civile febbraio-marzo 2017

a cura di Andrea Penta

Anche nel bimestre in oggetto le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno emesso importanti ed attese pronunce.

Pronunciandosi ex art. 363, comma 1, c.p.c., hanno statuito che, in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza delle Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorchè il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte stessa, idonee ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorchè la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità (Sez. Unite civili, sentenza 25 gennaio  2017, n. 1946, Pres. R. Rordorf, Est. A. Giusti, P.M., conf. R. Fuzio).

Sul piano processuale, sono quattro gli interventi di rilievo.

Con il primo, le Sezioni Unite, componendo il relativo contrasto, hanno ritenuto che la notifica dell’atto di appello eseguita mediante sua consegna al difensore domiciliatario volontariamente cancellatosi dall’albo, prima della notifica medesima ma dopo il deposito della sentenza, è nulla perchè indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, in quanto ormai privo dello “ius postulandi”, tanto nel lato attivo che in quello passivo, e che tale nullità  – ove non sanata, retroattivamente, dalla costituzione spontanea dell’appellato o mediante il meccanismo di cui all’art. 291, comma 1, c.p.c., – determina, altresì, la nullità del procedimento e della sentenza di appello, ma non anche il passaggio in giudicato della decisione di primo grado, dovendo farsi rientrare la cancellazione volontaria suddetta tra le cause di interruzione del processo, sicchè il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al relativo venir meno o fino alla sostituzione del menzionato difensore (Sez. Unite civili, sentenza 13 febbraio  2017, n. 3702, Pres. R. Rordorf, Est. A. Manna, P.M., conf. R. Fuzio).

Con il secondo, componendo il relativo contrasto, hanno sancito la proponibilità, in separati processi, delle domande afferenti diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad uno stesso rapporto di durata tra le parti, altresì precisando che se quei diritti, oltre a derivare da un rapporto siffatto, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque ‘fondati’ sull’identico fatto costitutivo (sicchè il loro separato accertamento provocherebbe una duplicazione di attività istruttoria e la conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale), le relative domande possono formularsi in separati giudizi solo se il creditore agente risulti avere un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e che, ove la necessità di un tale interesse e la relativa mancanza non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda rilevarle dovrà indicare la relativa questione ex art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c. (Sez. Unite civili, sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090, Pres. G. Canzio, Est. C. Di Iasi, PM, conf., M. Iacoviello).

Con il terzo, hanno stabilito che, in tema di ingiunzione di pagamento europea, il termine per la proposizione del riesame nei casi di cui all’art. 20, comma 1, del Regolamento CE n. 1896/2006, essendo il relativo procedimento disciplinato in Italia dall’art. 650 c.p.c., si identifica in quelli desumibili da quest’ultimo, e, dunque, nel termine previsto dall’ordinamento italiano per l’opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo, quando non sia iniziata l’esecuzione, ed in quello di cui al comma 3 di tale norma, che costituisce il termine finale, ove l’esecuzione sia iniziata (Sez. Unite civili, sentenza 20 marzo  2017, n. 7075, Pres. R. Rordorf, Est. R. Frasca, P.M., conf. R. Fuzio).

Con l’ultimo, decidendo la corrispondente questione, ritenuta di massima di particolare importanza oltre che oggetto di contrasto, hanno stabilito, rimeditando il proprio precedente orientamento, che, in presenza della situazione ipotizzata dall’art. 360-bisn. 1, c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile e non rigettato per manifesta infondatezza (Sez. Unite civili, sentenza 21 marzo  2017, n. 7155, Pres. R. Rordorf, Est. A. Didone, P.M., conf. F.M. Iacoviello).

La Prima Sezione, con ordinanza interlocutoria, ha rimesso alla Corte di giustizia della UE laquestione interpretativa della direttiva n. 92/50/CEE  con riferimento all’aggiudicazione dei contratti di appalto dei servizi sanitari elencati nell’allegato IB, chiedendo: a) se tali contratti restano assoggettati ai principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, parità di trattamento e divieto di discriminazione di cui agli artt. 43, 49 e 86 del Trattato UE; b) in caso affermativo, se l’art. 27 della direttiva, che prevede – in caso di procedura negoziata – un numero di candidati ammessi a negoziare non inferiori a tre, si applichi anche ai contratti di cui all’allegato IB; c) se tale disposizione osti all’applicazione di una normativa interna che – per gli appalti pubblici aventi ad oggetto i servizi di cui all’allegato IB stipulati anteriormente alla direttiva n. 2004/18/CE – non assicuri, in caso di procedura negoziata, l’apertura alla concorrenza (Sezione Prima Civile, Presidente Salvago – Relatore Mercolino).

Con altra ordinanza interlocutoria, la stessa Prima Sezione Civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite Civili in relazione al contrasto sorto all’interno delle Sezioni Ordinarie in ordine alle nozioni e alle modalità di trattamento e di comunicazione di dati sensibili, con particolare riferimento a quei dati che possano essere indicativi delle condizioni di salute del titolare (Sezione Prima Civile, Presidente Salvago – Relatore Campanile).

Da ultimo, la medesima Sezione ha confermato, in continuità con un precedente orientamento, che le società pubbliche, ivi comprese le società cd. in house providing, sono assoggettabili a fallimento(Sezione Prima Civile, Presidente Nappi – Relatore Ferro).

La Seconda Sezione della Suprema Corte ha sancito che, affinchè, in un contratto per persona da nominare, l'”electus” possa godere degli effetti prenotativi del preliminare – anche quanto alle ipoteche iscritte contro il promittente alienante tra la trascrizione del preliminare suddetto e del contratto definitivo – è necessario, ma, al contempo, sufficiente, che la dichiarazione di nomina sia trascritta entro il termine stabilito nel preliminare, e comunque, entro quello ex art. 2645-bis, comma 3, c.c., non occorrendo, altresì, che la riserva di nomina risulti dalla nota di trascrizione del preliminare (Sezione Seconda Civile, Sentenza 24 gennaio 2017, n. 1797, Presidente L. Matera, Relatore. M. Criscuolo).

La Sesta Sezione Civile, sottosezione terza, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa alla natura giuridica della competenza del Giudice di pace in materia di sanzioni amministrative irrogate per violazione delle norme del codice della strada  (Sezione Civile VI-3, Ordinanza interlocutoria 31 gennaio 2017, n. 2567, Presidente A. Amendola, Estensore A. Scrima).

Infine, la Sezione Lavoro si segnala per due pronunce.

Con la prima, ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ex art. 267 TFUE, sull’interpretazione del principio di non discriminazione in base al sesso, di cui alla Direttiva n. 2006/54/CE ed all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, per un potenziale conflitto con l’art. 3, comma 7, del d.l. n. 64 del 2010, conv., con modif., dalla l. n. 100 del 2000, nella parte in cui fissa il limite massimo per l’esercizio dell’opzione di permanenza in servizio, oltre l’età pensionabile fissata a quarantacinque anni, in quarantasette anni per le donne e cinquantadue per gli uomini (Sezione Lavoro, Ordinanza interlocutoria 9 marzo 2017, n. 06101, Presidente G. Napoletano, Relatore M. Lorito).

Con la seconda, ha statuito che, qualora la controversia sia trattata, giusta l’art. 1-bis, comma 2, della l. n. 197 del 2016 (di conversione, con modif., del d.l. n. 168 del 2016), con il rito camerale di cui al comma 1, lett. f), della medesima disposizione, al controricorrente costituitosi tardivamente deve riconoscersi la facoltà di depositare memorie scritte, nel termine di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza – per i quali è prevista la discussione orale – ed altresì dovendosi assicurare una ragionevole durata del processo, per conseguire una tutela giurisdizionale effettiva, in attuazione del principio costituzionale del giusto processo di cui agli artt. 111 Cost. e 6 CEDU (Sezione Lavoro, Ordinanza 27 febbraio 2017, n. 4906, Pres. V. Nobile, Est. F. Garri).