Rassegna cassazione civile giugno-luglio 2017

di Andrea Penta

Numerose e significative sono state, nell’ultimo bimestre, le pronunce delle Sezioni Unite.

Decidendo la corrispondente questione ritenuta di massima di particolare importanza, hanno sancito l’applicabilità del principio della scissione degli effetti tra notificante e destinatario dell’atto anche ove si tratti di atti di un procedimento amministrativo sanzionatorio, non ostandovi la loro recettizietà, le volte in cui dalla conoscenza dell’atto stesso decorrano i termini per l’esercizio del diritto di difesa dell’incolpato, e, ad un tempo, si verifichi la decadenza dalla facoltà di proseguire nel menzionato procedimento in caso di mancata comunicazione, entro un certo termine, delle condotte censurate(Sez. Unite civili, sentenza 17 maggio 2017, n. 12332, Pres. R. Rordorf, Est. B. Bianchini).

Componendo il relativo contrasto, hanno stabilito che, nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante, che si avvalga dellanotificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data di spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione; Sez. Unite civili, sentenza 29 maggio  2017, n. 13452, Pres. R. Rordorf, Est. E. Cirillo, P.M., diff. R. Fuzio).

Con la stessa pronuncia, componendo altro contrasto, hanno stabilito che, nel processo tributario, non costituisce motivo di inammissibilità  del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario; solo in tal caso l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la inidoneità della mera scrittura manuale comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della, tempestività del ricorso o dell’appello, solo se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza dell’impugnazione dell’atto o della sentenza.

Componendo il corrispondente contrasto, hanno stabilito che il diritto di convocare l’assemblea sindacale  di cui all’art. 20 della l. n. 300 del 1970 deve riconoscersi, oltre che alle rappresentanze sindacali unitarie come organo collegiale, anche alle sue singole componenti(Sez. Unite civili, sentenza 6 giugno  2017, n. 13978, Pres. R. Rordorf, Est. A. Manna, P.M., conf. M. Matera).

Componendo il corrispondente contrasto e decidendo la relativa questione ritenuta di massima di particolare importanza, hanno sancito che, in caso di ritardato pagamento degli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale a favore dei pubblici dipendenti in attività di servizio o in quiescenza, gli accessori di legge devono calcolarsi sulle somme dovute al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali e fiscali, come previsto dal d.m. n. 352 del 1998(Sez. Unite civili, sentenza 9 giugno  2017, n. 14429, Pres. R. Rordorf, Est. U. Berrino, P.M., diff. R. Finocchi Ghersi).

Molto attesa era la pronuncia sulla possibilità di delibare tre sentenze statunitensi contenenti la condanna per danni cc.dd. punitivi.

Le Sezioni Unite, decidendo la corrispondente questione ritenuta di massima di particolare importanza, hanno affermato, avvalendosi del disposto dell’art. 363, comma 3, c.p.c., che, nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell’ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero e alla loro compatibilità con l’ordine pubblico (Sez. Unite civili, sentenza 5 luglio  2017, n. 16601, Pres. R. Rordorf, Est. P. D’Ascola, P.M., conf. G. Giacalone).

Infine, componendo il corrispondente contrasto, hanno sancito che, in tema di cd. condono tombale  di cui all’art. 9 della l. n. 289 del 2002, non è inibito all’Erario l’accertamento riguardante un credito da agevolazione esposto in dichiarazione, in quanto il condono elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del Fisco, che restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’Ufficio (Sez. Unite civili, sentenza 6 luglio  2017, n. 16692, Pres. R. Rordorf, Est. A.M. Perrino, P.M., diff. U. De Augustinis).

Anche la Prima Sezione si segnala per alcune pronunce adottate anche in ambiti sensibili.

Ha ritenuto non essere contraria all’ordine pubblico (internazionale) la rettifica, in Italia, in conformità al corrispondente atto britannico già validamente rettificato, dell’atto di nascita di un minore registrato come figlio originariamente solo di una donna italiana e, successivamente, anche di un’altra, con stessa nazionalità, che, pur non avendo con lui alcun rapporto biologico, aveva con la prima contratto matrimonio all’estero (Prima Sezione civile, sentenza 15 giugno 2017, n. 14878, Pres. S. Di Palma, Rel. M. Dogliotti, P.M., diff., F. Ceroni).

Ha affermato che l’art. 4, comma 2, della l. n. 91 del 1992, che consente allo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età di chiedere la cittadinanza italiana, va interpretato nel senso che occorre una residenza in Italia, da un lato, effettiva e non formale, e, dall’altro, non in violazione delle norme che regolano l’ingresso, la circolazione ed il soggiorno degli stranieri(Prima Sezione civile, sentenza 17 maggio 2017, n. 12380, Pres. M.C. Giancola, Rel. M. Acierno).

Ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, oggetto di contrasto oltre che ritenuta di massima di particolare importanza, se la nuova disciplina in tema di commissione di massimo scoperto  introdotta dall’art. 2-bis della l. n. 2 del 2009 abbia natura di interpretazione autentica della normativa in materia di usura, ovvero presenti carattere innovativo, essendo tesa a stabilire, solo per i rapporti sorti dopo l’entrata in vigore della detta legge, il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, ai sensi dell’art. 644, comma 3, c.p., con la conseguenza che, in riferimento ai rapporti precedenti, la determinazione del tasso effettivo globale, ai fini della valutazione del carattere usurario degli interessi applicati, deve aver luogo senza tener conto della commissione di massimo scoperto(Sezione Prima, Ordinanza, 20 giugno 2017, n. 15188, Pres. A. Didone,  Relatore A. Angelo Dolmetta).

Merita di essere segnalata soprattutto la rilevante decisione con cui la Sezione, superando, in considerazione dell’evoluzione del costume sociale, il proprio consolidato orientamento, ha stabilito che il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile postula che il giudice cui sia rivolta la corrispondente domanda accerti che l’istante sia privo di indipendenza o autosufficienza economica(desumibile – salvo altri rilevanti indici nelle singole fattispecie – dal possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, dalle capacità e possibilità effettive di lavoro personale, dalla stabile disponibilità di una casa di abitazione), sicchè, solo ricorrendo tale condizione, potrà procedere alla relativa quantificazione avvalendosi di tutti i parametri indicati, dall’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della l. n. 74 del 1987 (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio; Sez. I, Sentenza 10 maggio 2017, n. 11504, Presidente S. Di Palma, Relatore A.P. Lamorgese, P.M., diff., F. Ceroni).

Ha, inoltre, ritenuto che il giudice richiesto della revisione dell’assegno divorzile che incida sulla stessa spettanza del relativo diritto (precedentemente riconosciuto), in ragione della sopravvenienza di giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio», deve verificare se i sopravvenuti motivi dedotti giustifichino effettivamente, o meno, la negazione del diritto all’assegno a causa della sopraggiunta “indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge beneficiario, desunta dagli indici individuati con la sentenza di questa Corte n. 11504 del 2017; ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dall’ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’ex coniuge beneficiario (Prima Sezione civile, sentenza 22 giugno 2017, n. 15481, Pres. S. Di Palma, Rel. F.A. Genovese, P.M., diff., F. Sorrentino).

Infine, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione, ex art. 267 del TFUE, la pronuncia sulle seguenti questioni pregiudiziali: a) se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei paragrafi 2 e 3 dell’art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell’art. 24 del Regolamento predetto, o, al contrario, possa ostare al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell’ordine pubblico processuale, tenuto conto che l’art. 24 del citato Regolamento richiama solo le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19; b) se l’interpretazione dell’art. 19 del Regolamento “de quo”, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione eurounitaria della  litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordine pubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all’interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni(Sez. Prima, ordinanza interlocutoria 20 giugno  2017, n. 15183, Pres. S. Di Palma, Est. M. Acierno).

Estremamente prolifica è stata, nel periodo in esame, altresì la Seconda Sezione.

Ha affermato, che, a seguito della misura di prevenzione antimafia della confisca, si verifica, ai sensi della l. n. 228 del 2012, un acquisto a titolo originario da parte dello Stato, con conseguente inapplicabilità dell’art. 111 c.p.c. ed esclusione, per il prevenuto il cui immobile sia stato confiscato, di continuare ad esercitare, come sostituto processuale dello Stato, le azioni a tutela del diritto di proprietà (Sezione Sesta Civile – 2, Ordinanza 18 maggio 2017, n. 12586, Presidente P. D’Ascola, Relatore. A. Giusti).

L’ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011  è stata ritenuta unicamente ricorribile per cassazione, anche ove la controversia sia estesa all'”an debeatur” (Sezione Seconda Civile, Sentenza 17 maggio 2017, n. 12411, Presidente E. Bucciante, Relatore. S. Petitti).

Anche se, sul tema, va segnalato che poco dopo la medesima sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della questione, oggetto di contrasto, concernente l’attrazione o meno, nell’ambito di operatività dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, anche delle controversie che, in tema di liquidazione del compenso in favore degli avvocati, coinvolgano l'”an debeatur” e non solo il “quantum” (Sezione Seconda Civile, ord. interlocutoria 25 maggio 2017, n. 13272, Presidente S. Petitti, Relatore. L. Abete).

In tema di noleggio con conducente, l’esistenza di un contratto di appalto in virtù del quale l’autovettura adibita al servizio di autonoleggio sia a disposizione dei clienti del committente in giorni ed orari predeterminati esclude l’assimilazione della prestazione a quella svolta dai taxi – per essere la stessa rivolta a potenziali fruitori chiaramente identificabili e non ad una indifferenziata platea – e, conseguentemente, l’illecito amministrativo di esercizio di attività di autonoleggio con conducente in contrasto con le prescrizioni contenute nell’autorizzazione e nella normativa di settore (Sezione Seconda Civile, Sentenza 19 maggio 2017, n. 12679, Presidente E. Bucciante, Relatore. S. Petitti).

L’attribuzione patrimoniale gratuita  (nella specie, sotto forma di legato) di un bene sottoposto ad un vincolo perpetuo di destinazione, imposto dal disponente con clausola modale, è nulla per violazione dell’art. 1379 c.c., risultando incisivamente compromesso il diritto di proprietà dell’onerato, i cui poteri dispositivi sul bene – destinato a circolare, pena inadempimento, col medesimo vincolo –  risultano sostanzialmente sterilizzati “sine die” (Sezione Seconda Civile, sentenza 20 giugno 2017, n. 15240, Presidente V. Mazzacane, Relatore. F. Manna).

Il negozio affetto da annullabilità assoluta  non è convalidabile giacché, da un lato, la convalida dovrebbe provenire da tutti i soggetti legittimati a far valere l’annullabilità e, dall’altro, la sanzione è finalizzata alla tutela di interessi di natura diversa e trascendenti da quelli dei meramente individuali dei contraenti (Sezione Seconda Civile, sentenza 20 giugno 2017, n. 15268, Presidente L. Matera, Relatore. M. Criscuolo).

Nel giudizio di revoca dell’amministratore di condominio  non è richiesto il patrocinio di un difensore legalmente esercente, trattandosi di un procedimento camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, siccome non incidente su situazioni sostanziali di diritti o “status” (Sezione Sesta Civile, ordinanza 23 giugno 2017, n. 15706, Presidente F. Manna, Relatore. A. Scarpa).

La Terza Sezione, a sua volta, si segnala per tre pronunce.

Con la prima, la Sesta Sezione civile, sottosezione terza, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione dell’ammissibilità del regolamento di competenza d’ufficio  nel caso in cui il giudice dinanzi al quale sia stata riassunta la causa dopo la pronuncia di incompetenza per materia resa da quello originariamente adito, neghi di avere la competenza speciale attribuitagli da quest’ultimo ritenendo la lite da incardinarsi secondo i criteri generali, non condividendo l’orientamento prevalente secondo il quale il giudice della riassunzione può sollevare il conflitto ex art. 45 c.p.c. solo previa positiva individuazione di un diverso criterio di competenza per materia del giudice “a quo”, altrimenti dovendosene ritenere l’inammissibilità profilando implicitamente quel diniego l’applicabilità dell’ordinario criterio di competenza per valore(Sezione Sesta-3, ordinanza interlocutoria 7 giugno 2017, n. 14252, Pres. A. Amendola, Est. M. Rossetti).

Con la seconda, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione, ex art. 267 del TFUE, la pronuncia sulle seguenti questioni pregiudiziali: a) se, ai fini della qualificazione come “esistenti” degli aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, comma 1, del trattato CE (ex art. 92 e attualmente 107 TFUE), non notificati, né autorizzati ai sensi dell’art. 88 del Trattato CE (ex art. 93 e attualmente art. 108 TFUE), erogati ad impresa di navigazione in ambito di mercato, all’epoca, non liberalizzato, trovi applicazione, ed in che termini, l’art. 1, lett. b) v, del Regolamento n. 659 del 1999, ovvero il differente principio secondo il quale un regime di aiuti istituito in un mercato inizialmente chiuso alla concorrenza deve essere considerato, al momento della liberalizzazione di tale mercato, come un regime di aiuti esistenti, nei limiti in cui esso non rientrava, al momento della sua istituzione, nel campo di applicazione dell’art. 92, n. 1, del Trattato (poi 87, par. 1);  b) se comunque, sempre ai fini della qualificazione dei predetti aiuti, trovi applicazione, e in che termini, l’art. 1, lett. b) iv, del medesimo Reg. n. 659 del 1999, che afferma essere “esistenti” gli aiuti considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 15 – norma che, a sua volta, stabilisce un termine di prescrizione decennale per il recupero degli aiuti illegalmente concessi – oppure trovino applicazione i principi, ripetutamente affermati dalla CGUE, di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto (Sezione Terza, udienza 10/04/2017 (dep. 22/06/2017), n. 15539 – Presidente G. Travaglino, Estensore E. Vincenti).

Con ordinanza interlocutoria, infine, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti questioni, oggetto di contrasto: a) se, ai fini della liquidazione dei danni civili, il giudice deve limitarsi a sottrarre dalla consistenza del patrimonio della vittima anteriore al sinistro quella del suo patrimonio residuato al sinistro stesso, senza far ricorso prima alla liquidazione e poi alla cd. “compensatio lucri cum damno“; se, di conseguenza, quando l’evento causato dall’illecito costituisce il presupposto per l’attribuzione alla vittima, da parte di soggetti pubblici o privati, di benefici economici il cui risultato diretto o mediato sia attenuare il pregiudizio causato dall’illecito, di essi il giudice deve tenere conto nella stima del danno, escludendone l’esistenza per la parte ristorata dall’intervento del terzo; b) se il risarcimento del danno patrimoniale patito dalla vittima di lesioni personali, e consistente nelle spese da sostenere per l’assistenza personale ed infermieristica, vada liquidato detraendo dal credito risarcitorio il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della l. n. 508 del 1988, oppure di cui all’art. 5, comma 1, della l. n. 222 del 1984 (Sezione Terza, ord. Interloc. 22 giugno 2017, n. 15537 – Presidente A. Spirito, Estensore M. Rossetti).

Sullo stesso delicato tema sono seguite altre tre ordinanze interlocutorie della stessa sezione.

Con la prima, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti  questioni, oggetto di contrasto: a) se, ai fini della liquidazione dei danni civili, il giudice deve limitarsi a sottrarre dalla consistenza del patrimonio della vittima anteriore al sinistro quella del suo patrimonio residuato al sinistro stesso, senza far ricorso prima alla liquidazione e poi alla cd. “compensatio lucri cum damno”; se, di conseguenza, quando l’evento causato dall’illecito costituisce il presupposto per l’attribuzione alla vittima, da parte di soggetti pubblici o privati, di benefici economici il cui risultato diretto o mediato sia attenuare il pregiudizio causato dall’illecito, di essi il giudice deve tenere conto nella stima del danno, escludendone l’esistenza per la parte ristorata dall’intervento del terzo; b) se il risarcimento del danno patrimoniale patito dal coniuge di persona deceduta, e consistito nella perdita dell’aiuto economico offertole dal defunto, va liquidato detraendo dal credito risarcitorio il valore capitalizzato della pensione di reversibilità attribuita al superstite dall’ente previdenziale (Sezione Terza, ord. Interloc. 22 giugno 2017, n. 15536 – Presidente A. Spirito, Estensore A. Moscarini).

Con la seconda e la terza, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, oggetto di contrasto, se, nella liquidazione del danno, debba tenersi conto del vantaggio che la vittima abbia comunque ottenuto in conseguenza del fatto illecito, ad esempio percependo emolumenti versatigli da assicuratori privati, da assicuratori sociali, da enti di previdenza, ovvero anche da terzi, ma comunque in virtù di atti indipendenti dalla volontà del danneggiante (Sezione Terza, ord. Interloc. 22 giugno 2017, nn. 15534  – Presidente A. Spirito, Estensore E. Vincenti;Sezione Terza, ord. Interloc. 22 giugno 2017, n. 15535 – Presidente A. Spirito, Estensore L. Rubino).

Da ultimo, la Sezione Lavoro ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta oggetto di contrasto oltre che di particolare importanza, riguardante la ricostruzione dei meccanismi estintivi del rapporto di lavoro del socio lavoratore di società cooperativa  e della tutela a quest’ultimo applicabile. In particolare: a) se, in base all’attuale disciplina, tale rapporto lavorativo, nella fase estintiva, è regolato non dalle norme sue proprie, ma da quelle del rapporto associativo, e se la legittimità del recesso da quest’ultimo costituisca l’unico parametro di riferimento; b) quale sia la tutela applicabile al socio suddetto in presenza di esclusione dichiarata legittima, e se, a tale scopo, rilevi la natura sostanziale delle ragioni che conducono alla estinzione della complessa sua posizione; c) quali siano i poteri officiosi del giudice nella qualificazione di una domanda di impugnativa del licenziamento in relazione alla quale sia incontroverso che il socio lavoratore sia stato già escluso dalla cooperativa per i medesimi motivi posti a base dell’impugnato licenziamento (Sezione Lavoro, Ordinanze, 6 aprile 2017, nn. 13030 e 13031, Pres. G. Mammone,  Relatore R. Riverso).