Rassegna cassazione civile ottobre novembre 2017

a cura di Andrea Penta

Anche nel bimestre in esame, le Sezioni Unite della Suprema Corte si sono contraddistinte per pronunce di sistema.

Con una prima, decidendo su una questione di massima di particolare importanza in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, hanno affermato che, in caso d’impugnazione del licenziamento, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione, da parte del socio, della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, restando esclusa la tutela reintegratoria

(Sez. U, sentenza n. 27636 del 20 novembre 2017, Pres. R. Rordorf. Rel. A. M. Perrino).

In materia di trattamento contributivo dell’indennità di trasferta, hanno affermato che l’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuità” – di cui sia all’art. 11 della l. n. 467 del 1984 sia all’art. 51, comma 6, del TUIR (così come nel comma 6 dell’art. 48 del TUIR, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 settembre 1997, n. 314) – deve essere intesa nel senso che l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni e inoltre che l’art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del 2016 conv. con modif. in l. n. 225 del 2016 – che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica” del comma 6 dell’art. 51 del TUIR – risulta conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117, comma 1, Cost., sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU

(Sez. U civili n. 27093 del 15 novembre 2017, Pres. Canzio G, Rel. Tria L.).

L’art. 6, n. 1, del Regolamento CE n. 44 del 2001 nel prevedere che la persona, fisica o giuridica, domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro “in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato” non si limita ad individuare l’ordinamento in cui può essere radicata la controversia transnazionale, ma designa anche il giudice territorialmente competente all’interno del medesimo; resta però affidata alla “lex fori” la disciplina della proposizione e del rilievo del difetto di competenza territoriale del giudice adito, ove diverse da quello individuato in base alla norma del Regolamento, giacché la violazione di questa rileva, ai fini dell’esclusione della giurisdizione, soltanto ove una tale violazione si traduca nel citare il convenuto davanti al giudice di uno Stato membro diverso dallo Stato membro individuato in base alle norme del Regolamento

(Sez. U ord. n. 26145 del 3 novembre 217, Pres. Rordorf R., Rel. De Stefano F.).

Sempre decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che l’interpretazione degli artt. 343 e 434 c.p.c., nel testo di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, deve essere effettuata nel senso che l’impugnazione individui chiaramente le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata e con essi delle dei relativi motivi di dissenso, affiancandosi alla parte volitiva una parte argomentativa che contrasti le ragioni del provvedimento impugnato, ma dovendosi escludere, permanendo la natura di “revisio prioris instantiae” dell’appello, permanendo la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che il relativo atto debba rivestire particolari forme sacramentali o contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione (Sez. U civili, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199 Pres. R. Rordorf, Rel. F. M. Cirillo).

Molto attesa era la pronuncia con la quale la mancata registrazione del contratto di locazione di immobili ne comporta nullità; essa, ove da sola sussistente, consente la produzione degli effetti del contratto con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente. E’ nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; detta nullità “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che solo il patto risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione (Sentenza Sez. U. Civili del 9 ottobre 2017, n. 23601 Pres. R. Rordorf; est. G. Travaglino; P.G. (conf.) G. Giacalone).

Alla Prima Sezione si devono tre interessanti pronunce.

Con la prima è stato statuito che l’art. 89 della l. n. 633 del 1941, nello stabilire che “la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia  comprende, salvo patto contrario, la cessione di diritti previsti nell’articolo precedente, sempreché tali diritti spettino al cedente”, non disciplina il caso opposto, ossia quello in cui l’autore delle fotografie abbia trattenuto il negativo, limitandosi a cedere all’editore una copia stampata dello stesso, atteso che in tal caso l’esistenza del patto di unica riproduzione deve essere provata con gli ordinari mezzi, non potendo risultare da una inesistente presunzione di legge (Sez. VI – 1, ord. 14 novembre 2017, n. 26949, Presidente e Rel. F. A. Genovese).

Con la seconda, con riferimento a contratto di cd. advisoring, è stato precisato che il regime di cui all’art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923 – che prevede la forma scritta “ad substantiam”, e dunque a pena di nullità, rilevabile d’ufficio ed eccepibile anche dalla controparte della P.A. – prevale su quello previsto dall’art. 23, comma 3, TUF – che prevede che la mancanza della forma scritta sia rilevabile dal solo cliente e quando cliente sia una P.A. solo da questa – dovendosi privilegiare la tutela dell’interesse al regolare svolgimento dell’attività amministrativa e di tutela della risorse pubbliche, in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della P.A. ex art. 97 Cost.

(Sezione Prima Civile, Ord. n. 25631 del 27 ottobre 2017, Presidente A. Nappi, rel. A. Lamorgese)

Con la terza è stato chiarito che la revoca del provvedimento ex art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998  è atto di competenza delle Commissioni territoriali, che possono esercitare tale potere anche in autotutela ex art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990, come richiamato dall’art. 18 del d.lgs. n. 25 del 2008, mentre la Commissione nazionale per il diritto d’asilo è titolare di competenza in via meramente eventuale e residuale a riconoscere il diritto alla protezione umanitaria solo a seguito di revoca o cessazione dello “status” di protezione internazionale (Sezione 6 – 1 Civile, ord. 6 ottobre, n. 23472/2017, Pres. A. Nappi, Rel. M. Acierno).

Estremamente prolifica, come al solito, è stata la Seconda Sezione.

La detta sezione ha affermato che, ai fini dell’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti, ex art. 36 della l. n. 69 del 1963, l’aspirante deve dimostrare, tra l’altro, di essere stato regolarmente retribuito da almeno due anni, mediante documentazione che comprovi l’avvenuto pagamento, con cadenza annuale, di somme a suo favore, non essendo sufficienti all’uopo le certificazioni rilasciate dall’editore, né le quietanze emesse dall’interessato (Sezione Seconda Civile, sentenza 16 ottobre 2017, n. 24345, Presidente V. Mazzacane, Relatore. R. Sabato).

Inoltre, in caso di derivazione o utilizzazione di acqua pubblica in tutto o in parte abusiva, la presentazione della domanda di concessione in sanatoria è condizionata, ex art. 17 del r.d. n. 1775 del 1933 (come novellato dall’art. 96 del d.lgs. n. 152 del 2006), al previo pagamento della sanzione applicata in concreto dall’autorità competente, aumentata di un quinto (Sezione Seconda Civile, ord. 27 ottobre 2017, n. 25619, Presidente S. Petitti, Relatore. L. Orilia).

La comunicazione telematica del testo integrale dell’ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione, eseguita a norma dell’art. 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 79 del 2012, conv. dalla l. n. 221 del 2012, è idonea, ancorché priva della firma digitale del cancelliere che ne ha curato la trasmissione alla p.e.c. del destinatario, a fare decorrere il termine cd. “breve” di impugnazione, ex art. 702 quater c.p.c. (Sezione 2 Civile, ordinanza 27 settembre 2017, n. 22674, Presidente F. Manna, Relatore. A. Scarpa).

La domanda volta ad ottenere l’indennizzo per il danno non patrimoniale subìto in conseguenza dell’irragionevole durata del processo presupposto, “ex lege” n. 89 del 2001, non può essere proposta in via surrogatoria, ex art. 2900 c.c., trattandosi di azione che, per la propria natura, deve essere esercitata dal relativo titolare, giacché l’esistenza di detto danno non può essere predicata in difetto di allegazione del danneggiato (Sezione Seconda Civile, ordinanza 2 ottobre 2017, n. 22975, Presidente S. Petitti, Relatore. A. Cosentino).

Sempre in tema di legge Pinto, è stata reputata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 2, d. l. n. 112 del 2008, conv. con modif. dalla l. n. 133 del 2008, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’All. 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 e dall’art. 1, comma 3, lett. a), n. 6), del d.lgs. n. 195 del 2011, per contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 6 della CEDU, nella parte in cui qualifica l’istanza di prelievo  quale condizione di procedibilità della domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata dei giudizi amministrativi (Sez. 2, Ord. 3 novembre 2017, n. 26221, Presidente S. Petitti, Relatore F. Manna).

Ugualmente è stata ritenuta rilevante e non manifestamente infondata – in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 147, comma 2, della l. n. 89 del 1913 – nella parte in cui prevede la sanzione disciplinare della destituzione del notaio  ogni qual volta questi, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per violazione del medesimo art. 147, violi nuovamente la medesima disposizione nei dieci anni successivi (Sez. 2, ordinanza 15 novembre 2017, n. 27099, Presidente V. Mazzacane, Relatore L. G. Lombardo).

La Seconda Sezione ha altresì dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della l. n. 62 del 2005, per contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7 della CEDU, nella parte in cui prevede l‘applicazione della confisca per equivalente, ex art. 187 septies del TUF, anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della cit. l. n. 62, per le quali non sia stato definito il conseguente procedimento penale, pur quando il complessivo trattamento sanzionatorio derivante dalla depenalizzazione di tali fattispecie, compiuta dalla medesima l. n. 62, sia meno favorevole di quello applicabile in base alla legge vigente al momento della commissione del fatto (Sezione Seconda Civile, ordinanza interlocutoria 9 ottobre 2017, n. 23567, Presidente S. Petitti, Relatore. A. Giusti).

Infine, la Seconda Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della questione di massima di particolare importanza concernente la legittimazione processuale del singolo condomino (non costituitosi autonomamente) all’impugnazione della sentenza di primo o di secondo grado resa nei confronti del condominio, anche alla luce del principio sancito da Sez. U n. 19663 del 2014, secondo cui il singolo condomino deve essere considerato parte solo se intervenga nel processo, e non, invece, già qualora sia rappresentato dall’amministratore

(Sez. 2, ordinanza 15 novembre 2017, n. 27101, Presidente S. Petitti, Relatore A. Scarpa).

La Terza Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza concernente il rapporto tra prescrizione e decadenza in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo  e delle libertà fondamentali, come regolato sia in via transitoria dall’art. 2  del d.l. n. 92 del 2014, che nel regime ordinario dall’art. 35-ter della legge n. 354 del 1975, nonché della connessa fondamentale questione dell’individuazione della natura (indennitaria o risarcitoria e, in tale secondo caso, da responsabilità contrattuale o extracontrattuale) del rimedio previsto dal citato art. 35-ter (Sezione Terza civile, ord. interlocutoria 28 settembre 2017, n. 22764, Pres. G. Travaglino, Rel. G.L. Barreca).

La stessa sezione ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla individuazione del giudice territorialmente competente a conoscere delle cause di responsabilità civile ai sensi della l. 117 del 1988 riguardanti magistrati in servizio presso la Corte di Cassazione, alla luce della giurisprudenza non univoca sul tema della individuazione del giudice territorialmente competente a decidere le cause ai sensi della detta l. n. 117 del 1988 con riferimento a magistrati in servizio presso le cd. istituzioni di vertice (Sez. VI – 3 Ord. 3 novembre 2017, n. 26237, Pres. A. Amendola, Estensore A. Scrima).

Da ultimo, la Sezione Lavoro si segnala per tre pronunce.

Con la prima ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta oggetto di contrasto, riguardante il licenziamento intimato in costanza del periodo di malattia del lavoratore; in particolare, se il licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto sia riconducibile ad un’ipotesi di nullità, ovvero di temporanea inefficacia dello stesso (Sez. Lavoro, ord. interlocutoria n. 24766 del 19 ottobre 2017, Pres. Nobile V.; Est. Pagetta A.).

Con la seconda ha considerato  rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 38 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 della l. n. 264 del 1949 laddove esclude che venga corrisposto ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato, in possesso dei requisiti assicurativi, il trattamento di disoccupazione ordinaria riservato agli altri lavoratori a tempo indeterminato; ed, in subordine dell’art. 32 cit. e dell’articolo 1, comma 55, della l. n. 247 del 2007, laddove non prevedono che si applichi ai medesimi lavoratori agricoli lo stesso trattamento protettivo previsto per i lavoratori agricoli a termine (Sez. L ord. 24 novembre 2017, n. 29110, Pres. G. Mammone, est. R. Riverso).

Con la terza ha rimesso alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE la questione pregiudiziale sull’applicabilità della decisione della Commissione europea n. 2000/128/CE dell’11 maggio 1999 ai datori di lavoro esercenti attività di trasporto pubblico locale, in regime di sostanziale non concorrenza in ragione dell’esclusività del servizio prestato, che hanno beneficiato degli sgravi contributivi per contratti di formazione e lavoro stipulati, ex l. n. 407 del 1990, nel periodo 1997 – maggio 2001 (Sez. L, ord. interlocutoria 13 novembre 2017, n. 26768, Presidente G. Mammone, Relatore U. Berrino).