Rassegna Cassazione civile ottobre novembre dicembre 2018

a cura di Andrea Penta

Numerosi e significativi sono stati gli interventi, nell’ultimo bimestre, delle Sezioni Unite della Cassazione civile.

Risolvendo una questione di massima di particolare importanza, le stesse hanno affermato che, nel regime dell’art. 19 del d.lgs. n. 150 del 2011, come modificato dall’art. 27 comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 142 del 2015,  l’appello avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale, sia in caso di rigetto che di accoglimento, deve essere introdotta con ricorso e non con citazione (SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 8 novembre 2018, n. 28575, Presidente A. Cappabianca, Relatore R. Frasca).

Sempre a risoluzione di un contrasto, hanno confermato l’orientamento secondo il quale, in caso di azione giudiziale diretta a far valere l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo “ex lege” di trasposizione legislativa, nel termine prescritto, di direttive comunitarie non autoesecutive (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), la legittimazione passiva spetta esclusivamente alla Stato italiano, e per esso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la precisazione che in, caso di erronea evocazione in giudizio di un diverso organo dell’apparato statale, trova applicazione l’art. 4 della l. n. 260 del 1958, il quale deve essere correttamente interpretato nel senso che, qualora l’Avvocatura dello Stato non sollevi tempestiva eccezione con contestuale indicazione dell’organo legittimato, l’irrituale costituzione del rapporto giuridico processuale non potrà più essere eccepita dalla parte né rilevata d’ufficio dal giudice (SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 27 novembre 2018, n. 30649, Presidente G. Mammone, Estensore A. Scaldaferri).

In tema di elezioni dei Consigli degli ordini circondariali forensi, la disposizione dell’art. 3, comma 3, secondo periodo, della l. n. 113 del 2017, in base alla quale i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, si intende riferita anche ai mandati espletati solo in parte prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che, a far data dall’entrata in vigore di detta legge (21 luglio 2017) e fin dalla sua prima applicazione in forza del comma 3 del suo art. 17, non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli di durata inferiore al biennio ex art 3, comma 4, della legge citata) di componente dei Consigli dell’ordine, pure se anche solo in parte sotto il regime anteriore alla riforme di cui alle leggi n. 247 del 2012 e n. 113 del 2017 (SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 19 dicembre 2018, n. 32781, Presidente G. Mammone, Estensore F. De Stefano).

Pronunciandosi su una questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che ilnotificante che abbia appreso dell’esistenza di un domicilio eletto dal collaboratore di giustizia o testimone  ai sensi dell’art. 12, comma 3 bis, d.l. n.8/1991 può legittimamente notificare presso tale domicilio gli atti processuali, potendo il notificatario far valere con le forme processuali di rito l’eventuale mancata conoscenza dell’atto allo stesso notificato a mezzo dell’addetto alla sua ricezione, individuato dalla struttura di protezione che lo ha in carico, avvalendosi della documentazione rilasciata dal Servizio centrale di protezione (SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 21 dicembre 2018, n. 33208, Presidente S. Petitti, Estensore R.G. Conti).

Con la stessa pronuncia, risolvendo un’altra questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che è legittima la notifica effettuata al collaboratore o testimone di giustizia presso la residenza risultante dai registri anagrafici con le forme degli artt. 139 c.p.c. o 149 c.p.c., potendo il notificatario far valere con le forme processuali di rito la mancata conoscenza dell’atto allo stesso notificato a mezzo dell’addetto alla sua ricezione, individuato dalla struttura di protezione che lo ha in carico, spettando al prudente apprezzamento del giudice della controversia valutare ogni comprovato elemento al fine di accogliere, o meno, la richiesta di rimessione in termini.

La Prima Sezione civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai fini della composizione di un rilevato contrasto sulle modalità di formulazione dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca allorchè il correntista domandi la restituzione di somme indebitamente versate, ed in particolare se l’eccezione di prescrizione, per essere validamente proposta, debba contenere anche l’allegazione delle singole rimesse aventi natura solutoria operate nel corso del rapporto (Sez. 1, ordinanza n. 27680, dep. il 30 ottobre 2018, Presidente C. De Chiara, Estensore A. Lamorgese).  

La medesima Sezione ha chiarito che, nell’ipotesi di trasformazione di una società a responsabilità limitata in società per azioni, la disciplina del diritto di recesso applicabile ai soci è quella dettata dall’art. 2473, comma 1, c.c., che non prevede termini di decadenza; ne deriva che, ove l’atto costitutivo e lo statuto non ne determinino le modalità e i tempi, il recesso va esercitato secondo correttezza e buona fede, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto, in particolare con riferimento alla congruità del termine entro il quale il recesso è stato esercitato, tenendo conto della pluralità degli interessi coinvolti (Sez. I, sentenza n.  28987, del 12 novembre 2018, Pres. S. Schirò S., Est. M. Acierno).

La Seconda Sezione ha affermato che la sanzione di cui all’art. 187 bis T.U.F., pur formalmente amministrativa, va considerata sostanzialmente penale, sia alla stregua della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che del diritto euro unitario, anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 107 del 2018, che ha mitigato il relativo trattamento sanzionatorio, atteso che il massimo edittale “ordinario” è rimasto severo, che è possibile aumentare la sanzione che risulti inadeguata, benché applicata nella misura massima, e che sono previste, altresì, la confisca e le sanzioni accessorie della perdita temporanea dei requisiti di onorabilità e della incapacità temporanea ad assumere incarichi direttivi (Sezione 2, Sentenza 6 dicembre 2018, n. 31632, Pres. S. Petitti, Relatore A. Cosentino).

Con la stessa sentenza ha precisato che, in base alla sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 20 marzo 2018, resa nelle cause riunite C-596/16 e C-597/16, non è compatibile con il principio del “ne bis in idem”  di diritto convenzionale ed euro unitario e, in particolare, con l’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’instaurazione di un procedimento amministrativo sanzionatorio o la sua prosecuzione – eventualmente anche in sede di opposizione giurisdizionale – in relazione alla commissione dell’illecito amministrativo di cui all’art. 187 bis T.U.F., qualora, con riferimento ai medesimi fatti storici, l’incolpato sia statodefinitivamente assolto in sede penale con formula piena dal delitto previsto dall’art. 184 T.U.F.(Sezione 2, Sentenza 6 dicembre 2018, n. 31632, Pres. S. Petitti, Relatore A. Cosentino).

Per la stessa Sezione, ai sensi dell’art. 126 bis, comma 2, Codice della strada, come modificato dall’art. 2, comma 164, lett. b), del d.l. n. 262 del 2006, conv. in legge n. 286 del 2006, ai fini dell‘esonero del proprietario di un veicolo dalla responsabilità per la mancata comunicazione dei dati personali e della patente del soggetto che lo guidava all’epoca del compimento di una infrazione, possono rientrare nella nozione normativa di “giustificato motivo” soltanto il caso di cessazione della detenzione del detto veicolo da parte del proprietario o la situazione imprevedibile e incoercibile che impedisca allo stesso di sapere chi conducesse il mezzo in un determinato momento, nonostante egli abbia dimostrato di avere adottato misure idonee, esigibili secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e ricordare nel tempo l’identità di chi si avvicendi nella guida (Sezione 2, Sentenza 29 novembre 2018, n. 30939, Pres. S. Petitti, Relatore A. Cosentino).

Numerose sono le pronunce della Terza Sezione meritevoli di essere segnalate.

Con la prima ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione, oggetto di contrasto, circa la configurabilità della responsabilità civile della P.A., ex art. 28 Cost., anche per le condotte dei dipendenti pubblici dirette a perseguire finalità esclusivamente personali mediante la realizzazione di un reato doloso, quando le stesse siano poste in essere sfruttando, come premessa necessaria, l’occasione offerta dall’adempimento di funzioni pubbliche, e costituiscano, inoltre, non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio di tali funzioni (Terza Sezione Civile, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28079, Presidente A. Spirito, Estensore A. Scrima).

Ha altresì rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, concernente il bilanciamento del diritto di cronaca  – posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione – e del c.d. diritto all’oblio  – posto a tutela della riservatezza della persona – alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale negli ordinamenti interno e sovranazionale (Terza Sezione Civile, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28084, Presidente F. De Stefano, Relatore P. Gianniti).

Ancora, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione, di massima di particolare importanza, se in mancanza del deposito della copia autentica della sentenza, da parte del ricorrente in cassazione o dello stesso controricorrente, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il deposito in cancelleria nel suddetto termine di copia analogica della sentenza notificata telematicamente, senza attestazione di conformità del difensore  ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, comporti l’improcedibilità del ricorso anche se il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificato o intervenga l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’udienza in camera di consiglio (Sezione Civile Sesta, sottosezione terza, ordinanza 11 novembre 2018, n. 28844, Presidente R. Frasca, Relatore E. Scoditti).

Ha chiarito che il contratto di locazione di immobili ad uso abitativo, ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, ma, in caso di tardiva registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza “ex tunc”, sia pure limitatamente al periodo di durata del rapporto indicato nel contratto successivamente registrato (Sezione 3, Ordinanza 20 dicembre 2018, n. 32934, Pres. R. Vivaldi, Relatore A. Scrima).

Da ultimo, nel solco delle recenti pronunce delle Sezioni Unite, ha affermato che dal danno non patrimoniale liquidato “iure proprio” ai familiari di un militare deceduto  per una patologia tumorale contratta a causa di inquinamento ambientale da uranio impoverito durante una missione internazionale, deve essere detratto l’indennizzo già erogato agli stessi familiari in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di un emolumento “omnicomprensivo”, avente finalità compensativa, posto a carico del medesimo soggetto (Amministrazione statale) obbligato al risarcimento del danno (Sez. 3, Sentenza n. 31007 del 30/11/2018, Presidente A. Amendola, Estensore S. Olivieri; P.G. A. Pepe).

Alla Sezione Tributaria, infine, si devono tre interessanti pronunce.

Con la prima, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai fini della composizione di un rilevato contrasto sulla natura solidale dell’obbligazione del sostituito d’imposta nei confronti dell’Amministrazione finanziaria  rispetto al dovere del sostituto di effettuare la ritenuta d’acconto (Sez. T, sentenza n. 31742, del 7 dicembre 2018, Pres. Cristiano M., Est. Mondini A.).

Con la seconda, ha ugualmente rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai fini della composizione del contrasto rilevato nella giurisprudenza della Corte, in tema di applicabilità dell’imposta di registro, in misura proporzionale o fissa, al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme pagate al creditore principale assoggettate ad IVA,  tenendo conto del generale principio di alternatività tra l’IVA e l’imposta di registro (Sez. T, ordinanza interlocutoria n.  33009, del 20 dicembre 2018, Pres. Di Iasi C., Est. De Masi O.).

Con la terza, ha statuito che l’Agenzia delle Entrate Riscossione, quale successore “ope legis” di Equitalia, ove si limiti a subentrare a quest’ultima negli effetti di un rapporto processuale pendente, senza formale costituzione in giudizio, può validamente avvalersi dell’attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente; qualora, invece, si costituisca in un nuovo giudizio ovvero anche in un giudizio pendente, deve avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato  a pena di nullità del mandato difensivo, salvo che alleghi le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza dell’avvocato del libero foro prescelto,  fonti che vanno congiuntamente individuate sia in un atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro, sia in apposita motivata deliberazione, da sottoporre agli organi di vigilanza, la quale indichi le ragioni che, nel caso concreto, giustificano tale ricorso alternativo (Sez. T, sentenza n. 28741, del 9 novembre 2018, Pres. Chindemi D., Est. Stalla G.M.).