Rassegna Cassazione penale settembre 2015

a cura di Roberta Zizanovich

Le Sezioni Unite:

con la sentenza n. 37107, depositata il 15 settembre scorso, hanno risolto uno dei nodi interpretativi di maggior rilievo sorti all’indomani della pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014 in tema di sostanze stupefacenti, ed hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– La pena applicata con la sentenza di patteggiamento avente ad oggetto uno o più delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, relativi alle droghe c.d. leggere, divenuta irrevocabile prima della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, può essere rideterminata in sede di esecuzione in quanto pena illegale;
– La rideterminazione avviene ad iniziativa delle parti, con le modalità di cui al procedimento previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., sottoponendo al giudice dell’esecuzione una nuova pena su cui è stato raggiunto l’accordo;
– In caso di mancato accordo o di pena concordata ritenuta non congrua il giudice dell’esecuzione provvede autonomamente alla rideterminazione della pena ai sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen.

Con la sentenza n. 38518, depositata il 22 settembre 2015, in tema di calcolo del termine di durata delle misure cautelati, hanno affermato che:

-nel caso di contestazione di più circostanze aggravanti ad effetto speciale, nel calcolo della pena ai fini della determinazione dei termini di durata massima delle fasi processuali precedenti la sentenza di primo grado, deve tenersi conto, ai sensi dell’art. 63, comma quarto, c.p., oltre che della pena stabilita per la circostanza più grave, anche dell’ulteriore aumento complessivo di un terzo per le ulteriori omologhe aggravanti meno gravi.

Le Sezioni semplici:

– la Quarta sezione, con la sentenza n. 24462, si è pronunciata in ordine al contenuto delle posizioni di garanzia, chiarendo che la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. In applicazione del principio la Corte ha escluso che la circolazione di un autoarticolato lungo la Costiera Amalfitana in giorno festivo, avvenuta in violazione del divieto specifico dettato dalla normativa di settore, potesse determinare la configurabilità del delitto di omicidio colposo a carico del guidatore di detto mezzo, atteso che la disposizione regolamentare sopra richiamata era diretta a tutelare le esigenze del traffico veicolare e non espressamente a prevenire eventuali sinistri.

– la Quarta sezione, con la sentenza n. 33329, in tema di colpa medica, ha affermato che è configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta. Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l’errore nell’originaria diagnosi dell’entità della patologia, dovuta al mancato espletamento dei necessari accertamenti strumentali, ed il decesso del paziente, giacché l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta.

Con la medesima pronuncia, la Corte ha pure precisato che il capo dell’equipe operatoria è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente in ragione della quale è tenuto a dirigere e a coordinare l’attività svolta dagli altri medici, sia pure specialisti in altre discipline, controllandone la correttezza e ponendo rimedio, ove necessario, ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali o comunque rientranti nella sua sfera di conoscenza e, come tali, siano emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. In applicazione del principio la S.C. ha confermato la sentenza di condanna nei confronti del chirurgo otorino capo equipe, il quale, in presenza di specifica questione anestesiologica di carattere interdisciplinare, da lui pure individuata, non aveva impedito all’anestesista di procedere con più tentativi all’anestesia con curaro, cui conseguiva il decesso del paziente.

– la Prima sezione, con la sentenza n. 36754, ha affermato che l’ordinanza di confisca di cui all’art. 12 sexies legge n. 356 del 1992, emessa de plano dal giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4 cod. proc. pen., non è, in via generale, immediatamente esecutiva e che tale diverso regime di esecutività rispetto ai provvedimenti emessi all’esito del contraddittorio tra le parti, trova giustificazione nel mancato esercizio del diritto di difesa da parte del destinatario del provvedimento.

– sempre la Prima Sezione penale della Corte di cassazione ha affermato, in tema di arresti domiciliari, che la prescrizione relativa all’adozione del c.d. “braccialetto elettronico” non attiene al giudizio di adeguatezza della misura, ma alla verifica della capacità dell’indagato di autolimitare la propria libertà di movimento; ne discende che, se ritenuta dal giudice la idoneità della misura domiciliare a soddisfare le concrete esigenze cautelari, è illegittimo il provvedimento che subordina la scarcerazione alla disponibilità ed alla effettiva attivazione del dispositivo elettronico, dovendo il detenuto, in caso di indisponibilità del “braccialetto”,  essere controllato con i mezzi tradizionali (Sez. I, 10 settembre  2015 – dep. 30 settembre   2015 -, n. 39529/15 – Pres. S. Chieffi –  Rel. L. La Posta).

– la Quarta sezione, con la sentenza n. 40069, in sede di prima applicazione della “probation”, ha affermato che, in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per messa alla prova ex art. 168 bis cod. pen., il giudice penale non può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che è invece rimessa alla competenza del Prefetto ai sensi dell’art. 224 C.d.S.

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