Relazione Massimario su “Interpretazione e traduzione procedimenti penali”

di Mariaemanuela Guerra

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Ufficio del Massimario e del Ruolo

Servizio Penale

Rel. III/03/2016

Roma, 15 settembre 2016

Novità legislative: d.lgs. 23 giugno 2016, n. 129

Rif. Norm:

d.lgs. 23 giugno 2016, n. 129;

d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32;

Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010.

Prima lettura delle disposizioni integrative e correttive al decreto n. 32 del 2014 in materia di interpretazione e traduzione nei procedimenti penali.

Sommario:1. Premessa – 2. Il conferimento dell’incarico all’interprete e al traduttore “per rogatoria” – 3.  Il nuovo articolo 51-bisdisp. att. cod. proc. pen.: la regolamentazione dei colloqui difensivi assistiti dall’interprete a spese dello Stato – 3.1. (segue): le eccezioni alla traduzione scritta degli atti di cui all’art. 143 cod. proc. pen. – 3.2 (segue): l’assistenza linguistica “a distanza” – 4. L’elenco nazionale degli interpreti e dei traduttori.

1.   Premessa.

Il 29 luglio 2016 è entrato in vigore il Decreto legislativo 23 giugno 2016, n. 129, che, modificando il decreto legislativo n. 32 del 4 marzo 2014, recante “Disposizioni per l’attuazione della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali”, introduce altre novità nella materia dell’esercizio del diritto dell’imputato all’assistenza linguistica [1].

Il legislatore si è avvalso della facoltà attribuitagli dalla legge di delegazione europea 24 dicembre 2012, n. 234, che, all’articolo 31, comma 5, prevede la possibilità di adottate disposizioni correttive o integrative entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della normativa europea (ovvero il d. lgs. n. 32 del 2014, entrato in vigore il 2 aprile 2014).

Dalla lettura della relazione illustrativa che accompagna il provvedimento emerge come le nuove norme sono sostanzialmente finalizzate al perseguimento di due obiettivi: in primo luogo, sono indirizzate a dettare regole per prevenire possibili strumentalizzazioni ed abusi all’esercizio del diritto all’assistenza dell’interprete, assicurandone al contempo l’effettività, come, a titolo esemplificativo, in occasione dei colloqui con il difensore; in secondo luogo, intendono alleggerire le incombenze poste a carico dell’autorità procedente, con particolare riferimento agli adempimenti in tema di traduzione scritta degli atti e alle videoconferenze, attribuendo all’autorità giudiziaria un maggiore margine di decisione in relazione alle peculiarità del caso concreto.

In sostanza, le nuove disposizioni, riconoscendo all’autorità giudiziaria il ruolo di garante della effettività del diritto individuale all’assistenza dell’interprete, quale declinazione dei diritti di difesa e al giusto processo, mirano a realizzare un effettivo equilibrio tra il pieno rispetto di tale diritto costituzionale e le esigenze di elasticità e razionalizzazione delle spese nel processo penale.

Il testo si compone di tre articoli: i primi due novellano il testo del decreto legislativo n. 32 del 2014 e l’articolo 3 contiene la clausola in invarianza finanziaria.

2.   Il conferimento dell’incarico all’interprete e al traduttore “per rogatoria” 

L’articolo 1 introduce il comma 2- bis all’art. 146 cod. proc. pen. nell’ottica della semplificazione della disciplina del conferimento dell’incarico all’interprete e al traduttore. L’articolo 146 cod. proc. pen. prevede che l’autorità procedente debba conferire l’incarico all’assistente linguistico convocandolo avanti a sé; tale formalità si giustifica evidentemente per la delicatezza dell’incarico che, infatti, è preceduto dall’ammonimento rivolto all’ausiliario  circa la diligenza e il rigore che deve caratterizzare lo svolgimento di tale munus di rilievo pubblico e l’obbligo di segretezza a cui lo stesso è vincolato su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza.

Sempre più di frequente, tuttavia, si registrano casi in cui si debba ricorrere all’ausilio di interpreti o traduttori che risiedono nella circoscrizione di altro tribunale rispetto a quello in cui si svolge il processo (a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di lingua o dialetto rari).

Ebbene, se l’articolo 370 cod. proc. pen. già consentiva al pubblico ministero di delegare la nomina di un ausiliario linguistico alla polizia giudiziaria, anche con facoltà di subdelega, in base all’originaria formulazione dell’art. 146 cod. proc. pen. il giudice doveva provvedervi sempre personalmente. La nuova previsione permette, dunque, al giudice di delegare l’autorità giudiziaria del luogo in cui si trova l’ausiliario per procedere al suddetto adempimento.

Ciò appare coerente con le successive disposizioni del decreto legislativo in esame che, come in seguito illustrato, introducono la possibilità sia di nominare gli assistenti linguistici attingendo da un elenco nazionale, sia di disporre l’assistenza a distanza tramite videoconferenza.  

Come puntualizzato dalla relazione governativa, la nuova disposizione intende perseguire l’obiettivo di semplificazione e riduzione delle spese, in quanto consente al giudice, che non ritenga di convocare l’interprete o il traduttore avanti a sé, di chiedere al giudice delle indagini preliminari del luogo di residenza dell’ausiliario di procedere per rogatoria alle attività indicate all’articolo 146 cod. proc. pen. (identificazione, ammonimento, conferimento di incarico). In altri termini, il nuovo comma 2- bis dell’art. 146 cod. proc. pen. consentirà un alleggerimento degli incombenti e un risparmio dei costi di spostamento, soprattutto quando l’incarico abbia ad oggetto una richiesta di assistenza a distanza, oppure una traduzione scritta che l’ausiliario potrà trasmettere anche tramite lo strumento della posta elettronica certificata.

3. Il nuovo articolo 51- bis disp. att. cod. proc. pen.: la regolamentazione dei colloqui difensivi assistiti dall’interprete a spese dello Stato. 

L’articolo 2 aggiunge un nuovo articolo 51-bis  alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Tale norma contiene diverse disposizioni che intendono regolamentare il diritto all’assistenza linguistica di cui agli artt. 104, comma 4-bis e 143 cod. proc. pen.

Al comma 1 si dettano regole che attuano il diritto dell’imputato al colloquio con il difensore quando si avvale dell’assistenza gratuita dell’interprete. Gli artt. 104, comma 4-bis, e 143 cod. proc. pen. infatti, novellati dal d. lgs. n. 32 del 2014, hanno introdotto il diritto dell’imputato alloglotta a conferire con il proprio difensore con l’assistenza gratuita dell’interprete, indipendentemente dalla propria situazione economica, subito dopo l’arresto o il fermo in vista dell’interrogatorio di garanzia, ovvero – indipendentemente dallo status libertatis– prima di rendere un interrogatorio, ovvero al fine di presentare una richiesta o una memoria nel corso del procedimento. Suddette norme, tuttavia, non indicavano il numero massimo di colloqui, con il rischio di richieste meramente strumentali e ingiustificate con conseguenti oneri non sostenibili per l’Erario. Ebbene, per ciascuno dei casi normativamente previsti, l’articolo dell’art. 51-bis, comma 1, cod. proc. pen. circoscrive ad uno il numero dei colloqui con assistenza a spese dello Stato, salvo che, per particolari esigenze collegate all’esercizio del diritto di difesa, sia valutata dall’autorità procedente l’opportunità di assicurare l’assistenza gratuita dell’interprete per ulteriori colloqui (a titolo esemplificativo, nel caso in cui all’interessato siano contestati diversi capi di imputazione nell’ambito di una indagine particolarmente complessa). In sostanza, la norma, contemperando, da un lato, il diritto dell’imputato e, dall’altro, le esigenze di bilancio dello Stato e di sostenibilità della riforma – introdotta con il d. lgs. n. 32 del 2014 – a favore del maggior numero di aventi diritto, ha optato per una regolamentazione quantitativa, superabile in base ad una valutazione del caso concreto da parte dell’autorità procedente, a tutela del diritto di difesa.

Inoltre, dal dato testuale emerge che la limitazione ad un solo colloquio prevista dal legislatore non si riferisce al procedimento o al processo, bensì alle diverse attività elencate che ben possono cumularsi nel corso di un singolo procedimento/processo. In altri termini, di regola l’imputato ha diritto ad un solo colloquio assistito gratuitamente in occasione di ciascuna delle diverse attività indicate e, pertanto, potrà beneficiarne tante volte quante saranno le richieste o memorie da presentare, ovvero gli interrogatori per i quali è citato anche nel corso del singolo procedimento/processo.

Come puntualizzato dalla relazione governativa, la previsione in esame non incide sul diritto ai colloqui difensivi e nemmeno sul diritto all’assistenza dell’interprete, ma esclusivamente sul numero dei colloqui assistiti gratuitamente dall’interprete per coloro che non versino nelle condizioni economiche previste dalle disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato. Infatti, nel caso di soggetti indagati o imputati non abbienti, secondo le condizioni stabilite dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, le spese spettanti anche per l’interprete e il traduttore rimangono comunque a carico dello Stato (articoli 83 e 102 del d.P.R. n. 115 del 2002).

Ad ogni modo, in quanto il diritto all’assistenza linguistica incide sull’equità del processo e, in particolare, sul diritto dell’imputato a comprendere ed essere compreso – intrinsecamente connesso con il diritto di difesa -, e considerato che la gratuità dell’assistenza linguistica mira ad assicurare l’effettività di tali diritti, si pone il problema del rilievo processuale della eventuale violazione da parte dell’autorità giudiziaria delle regole sul diritto all’assistenza gratuita durante i colloqui difensivi. In altri termini, sorge la questione se l’eventuale illegittima decisione di rigetto della richiesta di fruire di colloqui (ovvero di ulteriori colloqui) difensivi con assistenza linguistica gratuita – che non pare suscettibile di autonoma impugnazione – possa introdurre nel processo una causa di nullità dell’atto successivamente compiuto (es. l’interrogatorio di garanzia), per inosservanza delle disposizioni concernenti l’intervento e l’assistenza dell’imputato (art. 178, comma 1, lett. c)[2]. E nell’ipotesi affermativa ci si potrebbe chiedere se tale sanzione processuale si configuri per effetto della accertata violazione normativa, ovvero sia necessario verificare se la decisione assunta abbia determinato in concreto una violazione del diritto di difesa[3]. Più precisamente, in base a questa seconda prospettiva, qualora si accerti che, nonostante il rigetto da parte dell’autorità giudiziaria, l’imputato abbia comunque effettuato il colloquio difensivo alla presenza dell’interprete sostenendone le spese, si potrebbe ritenere che l’eventuale illegittimità del rigetto rilevi esclusivamente agli effetti della responsabilità personale del magistrato per inosservanza di norme processuali (art. 124 cod. proc. pen.).

D’altro lato, non va dimenticato che una applicazione indebita del diritto al colloquio assistito a spese dell’erario oltre i casi normativamente indicati potrebbe esporre il magistrato ad ipotesi di responsabilità contabile. 

3.1.  (segue): le eccezioni all’obbligo della traduzione scritta degli atti del processo di cui all’art. 143 cod. proc. pen.

I commi 2 e 3 del nuovo art. 51-bis cod. proc. pen. intendono deflazionare gli adempimenti prescritti dall’art. 143 cod. proc. pen. in merito alla traduzione scritta di determinati atti processuali, salvaguardando il diritto di difesa dell’imputato.

La relazione governativa dà atto della diffusione di prassi da parte di alcuni uffici giudiziari a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 32 del 2014, in base alle quali, nonostante la regola contenuta nell’art. 143 circa l’obbligo di traduzione scritta di un numero di atti analiticamente indicati, hanno ritenuto valida la rinuncia dell’imputato alla traduzione scritta, come, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di sentenze pronunciate e tradotte contestualmente al termine dell’udienza relative a procedimenti definiti con il patteggiamento, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale. In sostanza, evidenzia la relazione illustrativa, è emersa l’opportunità di prevedere meccanismi che, da un lato, armonizzino l’applicazione della normativa, e, dall’altro, consentano, a determinate condizioni, di superare la rigidità della previsione di cui all’articolo 143, comma 2, cod. proc. pen., nel rispetto del diritto di difesa.

Ed infatti,  il comma 2 dell’art. 51-bis disp. att. cod. proc. pen. prevede che, nel caso di particolari situazioni di urgenza (a titolo esemplificativo, nelle ipotesi di incidente probatorio per assunzione della prova disposto con urgenza ed abbreviazione dei termini ordinari per imminente pericolo di vita del testimone, ai sensi dell’art. 400 cod. proc. pen.), in assenza di una traduzione scritta prontamente disponibile degli atti per i quali è obbligatoria, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, cod. proc. pen., l’autorità giudiziaria può disporre, con decreto motivato, se ciò non pregiudica il diritto di difesa dell’imputato, la traduzione orale anche in forma riassuntiva, dandone atto in apposito verbale.

Inoltre, ai sensi del comma 3 del citato nuovo articolo 51-bis, la traduzione orale, anche in forma riassuntiva, degli atti processuali elencati all’art. 143 cod. proc. pen. potrà sempre sostituire quella scritta in tutti i casi in cui lo stesso imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, rinunci espressamente alla traduzione scritta, purché consapevole delle conseguenze di tale rinuncia, anche per avere a tal fine consultato il difensore. In tale evenienza, il contenuto degli atti viene tradotto “a vista”, anche in forma riassuntiva.

La predetta semplificazione appare non solo conforme al dettato costituzionale, che, appunto,  – all’art. 111, terzo comma – prevede come irrinunciabile in termini assoluti soltanto l’assistenza dell’interprete, che difatti è garantita, ma pure fedele alle norme della direttiva 2010/64/UE che contemplano espressamente tale possibilità ai paragrafi 7 e 8 dell’articolo 3[4]. Peraltro, anche l’articolo 6, paragrafo 3, lettera e), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il diritto all’assistenza gratuita di un interprete[5], viene interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea nel senso che l’assistenza linguistica orale è in grado di soddisfare le esigenze del giusto processo (vedi Corte europea, ricorso n. 17494/07 Kajolli c. Italia; ricorso n. 18913/03 Husain c. Italia)[6].

Da sottolineare, comunque, che la traduzione orale sostitutiva di quella scritta, nei casi indicati ai precedenti commi 2 e 3, per essere legittima presuppone e richiede l’osservanza una serie di condizioni che paiono poste a garanzia, non solo del diritto di difesa dell’imputato, ma anche della correttezza dell’operato dell’autorità procedente.

In particolare, il comma 2 stabilisce che il giudice deve motivare sulle particolari ragioni di urgenza, sull’impossibilità di avere prontamente una traduzione scritta e sul non pregiudizio al diritto di difesa dell’imputato; il comma 3, prescrive che l’imputato possa rinunciare solo se consapevole delle conseguenze, e a tal fine deve essersi previamente potuto consultare con il difensore, e che la rinuncia venga formalizzata con dichiarazione espressa. Ed ancora, oltre alla necessità della verbalizzazione delle attività, il comma 4, in accoglimento di una espressa richiesta in tal senso della II  Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati, impone l’effettuazione della riproduzione fonografica della traduzione orale che, evidentemente, consentirà di “cristallizzare” e documentare il contenuto della traduzione orale eseguita. Si potrebbe osservare, tuttavia, che l’inserimento di quest’ultimo ulteriore onere procedimentale, obbligando la predisposizione del servizio di registrazione in occasione di ogni udienza (anche, a titolo esemplificativo, anche in udienza preliminare) potrebbe in qualche misura rischiare di ostacolare non solo l’intento di contenere i costi del procedimento, ma anche lo scopo di snellire gli adempimenti che gravano sull’autorità giudiziaria che, con la modifica normativa in esame il legislatore delegato mirava a realizzare.

3.2. (segue): l’assistenza linguistica “a distanza”

Il comma 5 dell’articolo 51-bis cod. proc. pen. introduce la possibilità di utilizzare gli strumenti di comunicazione a distanza per garantire l’assistenza dell’interprete, conformemente a quanto prevede la stessa direttiva  2010/64/UE al paragrafo 6 dell’articolo 2 [7] .

La relazione di accompagnamento al decreto puntualizza che la nuova disposizione intende rispondere ad una esigenza di immediatezza e contenimento della spesa emersa dai dati di esperienza giudiziaria che evidenziano la frequente necessità di ricorrere all’ausilio di interpreti di lingue o dialetti anche molto rari; ed allora, l’astratta previsione della utilizzabilità degli strumenti tecnologici – quali videoconferenza, telefono o internet – potrà evitare che gli interpreti siano soggetti a continui spostamenti sull’intero territorio nazionale.

In ogni caso, la norma contiene l’espressa riserva della esclusione di tale pratica se, nel caso concreto, l’autorità procedente ritenga che ciò possa pregiudicare il diritto di difesa. E tale precisazione deve interpretarsi alla luce  delle raccomandazioni diffuse dal Consiglio dell’Unione europea, in base alle quali: “…nei procedimenti penali è opportuno che l’interprete si trovi nella stessa aula d’udienza del testimone. In particolare, in caso di udienze di imputati mediante videoconferenza, si raccomanda la presenza dell’interprete nella stessa aula d’udienza dell’imputato”.

4.   L’elenco nazionale degli interpreti e dei traduttori.

Il comma 2 dell’articolo 2 prevede l’istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco nazionale degli interpreti e traduttori iscritti negli albi dei periti di ogni tribunale.

Tale norma completa la disposizione introdotta con la novella all’articolo 67, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., ad opera del decreto legislativo n. 32 del 2014, che, appunto, contempla la previsione obbligatoria della categoria professionale degli interpreti e dei traduttori negli albi istituiti presso ogni tribunale.

Non si tratta della istituzione di un albo ma semplicemente di un elenco ricognitivo dei nominativi degli interpreti e traduttori già valutati idonei e iscritti negli albi dei periti presenti nei singoli tribunali. Saranno i tribunali a trasmette telematicamente al Ministero della giustizia i nominativi, aggiornando tali elenchi periodicamente.

Lo scopo della nuova previsione è quello di offrire un ausilio per l’autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria e gli avvocati – che avranno accesso a tale elenco – tenuti ad avvalersi con maggiore frequenza di tali professionisti, soprattutto quando ricorre la necessità di dover individuare tempestivamente l’ausiliario competente in caso di lingue e dialetti molto rari e non ne è disponibile uno localmente. Il registro nazionale, in assenza dell’albo professionale, permette dunque di reperire o, quantomeno, operare, una scelta su scala nazionale.

Sottolinea la relazione governativa di accompagnamento che la previsione introdotta rappresenta una soluzione in grado di bilanciare ragionevolmente, da un lato, il diritto al libero esercizio di una professione non regolamentata, quale quella dell’assistente linguistico, e, dall’altro, l’esigenza, imposta dall’Unione europea, di prevedere un sistema efficiente di accesso al servizio di interpretariato ed un meccanismo trasparente di nomina di un ausiliario qualificato, per dare contenuto ed effettività al diritto all’assistenza linguistica.

La norma rimanda a un successivo decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, la definizione delle modalità di accesso, formazione, tenuta ed aggiornamento dell’elenco nazionale sopraindicato, nel rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali.

Il secondo periodo del comma 1 dell’art. 67-bisdisp. att. cod. proc. pen., accogliendo le osservazioni delle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato, stabilisce,  soltanto per l’autorità giudiziaria, l’obbligo di avvalersi, in via prioritaria, di interpreti e traduttori tra quelli iscritti nell’elenco, sulla falsariga di quanto già previsto in termini generali per la nomina del perito agli artt. 221 cod. proc. pen. e 67, commi 3 e 4, disp. att. cod. proc. pen. 

Ed allora, nell’ipotesi di nomina dell’interprete o traduttore non inserito nell’elenco pare  possano trovare applicazione i principi affermati dalla giurisprudenza formatasi in merito alla nomina del perito, in base ai quali il provvedimento di nomina “extra albo” non è affetto da nullità se l’autorità giudiziaria fornisce adeguata motivazione della sua scelta, in mancanza della quale, invece, si configura una nullità di tale per violazione dei diritti difensivi, che deve essere eccepita entro i termini previsti dall’art. 182 cod. proc. pen.[8]. Secondo tale prospettiva, inoltre, la violazione delle regole sulla nomina se non tempestivamente dedotta non determinerebbe né la nullità della perizia e nemmeno può essere valorizzata, in sé, come vizio della motivazione della sentenza[9].

Il redattore: Mariaemanuela Guerra

Il vice direttore

Giorgio Fidelbo

DECRETO LEGISLATIVO 23 giugno 2016, n. 129

Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 marzo

2014, n. 32, recante  attuazione  della direttiva  2010/64/UE  sul diritto all’interpretazione  e alla traduzione  nei  procedimenti penali. (16G00142)

Vigente al: 29-7-2016

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la direttiva  2010/64/UE  del Parlamento  europeo  e del Consiglio del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali;

Vista la legge 6 agosto 2013, n. 96, recante delega al Governo  per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione  europea  – Legge di delegazione   europea,   ed,  in particolare, l’allegato B;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante  norme generali sulla partecipazione dell’Italia  alla formazione  e all’attuazione della normativa  e delle politiche  dell’Unione  europea,  ed, in particolare, l’articolo 31, comma 5;

Visto il decreto  legislativo  4 marzo 2014, n. 32,  recante disposizioni  per l’attuazione  della  direttiva   2010/64/UE   del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, sul diritto alla interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante approvazione del codice di procedura penale;

Visto il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante  norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;

Vista la preliminare  deliberazione  del Consiglio  dei ministri, adottata nella riunione del 25 marzo 2016;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni  della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 15 giugno 2016;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio  dei ministri  e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro  degli affari esteri e della cooperazione internazionale  e con il  Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Modifiche all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32

1. All’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, dopo la lettera b) e’ aggiunta la seguente:

«b-bis) all’articolo  146, dopo il comma 2, e’ aggiunto il seguente:

“2-bis.  Quando l’interprete o il traduttore  risiede nella circoscrizione di altro tribunale, l’autorità procedente, ove non ritenga di procedere  personalmente, richiede al giudice per le indagini preliminari del luogo il compimento delle attività di cui ai commi precedenti.”».

Art. 1

Modifiche all’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32

1. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, prima della lettera a) e’ premessa la seguente:

«0a) dopo l’articolo 51 e’ inserito il seguente:

“Art. 51-bis (Assistenza dell’interprete e traduzione degli atti).

 1. Per ciascuno dei casi previsti  dall’articolo  143, comma 1, secondo periodo, del codice,  l’imputato  ha diritto all’assistenza gratuita dell’interprete per un colloquio con il difensore. Se per fatti o circostanze particolari l’esercizio  del diritto  di difesa richiede lo svolgimento di più colloqui in riferimento al compimento di un medesimo atto processuale,    l’assistenza  gratuita dell’interprete può essere assicurata per più di un colloquio.

2. Quando ricorrono  particolari  ragioni  di urgenza  e non e’ possibile avere prontamente una traduzione scritta degli atti di cui all’articolo  143, comma 2, del codice l’autorità giudiziaria dispone, con decreto motivato, se cio’ non pregiudica il diritto  di difesa dell’imputato,  la  traduzione   orale,  anche  in  forma riassuntiva, redigendo contestualmente verbale.

3. L’imputato può rinunciare  espressamente,  anche a mezzo di procuratore speciale, alla traduzione scritta degli atti. La rinuncia produce  effetti  solo se  l’imputato   ha  consapevolezza   delle conseguenze che da essa derivano,  anche per avere a tal fine consultato il difensore. In tal caso il contenuto  degli atti e’ tradotto oralmente, anche in forma riassuntiva.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 della traduzione orale e’ effettuata anche la riproduzione fonografica.

5. Ove vi siano strumenti tecnici  idonei, l’autorità  procedente può disporre l’assistenza dell’interprete mediante l’utilizzo  delle tecnologie di comunicazione a distanza, salvo che ciò possa causare concreto pregiudizio al diritto di difesa.”».

2. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, dopo la lettera a) e’ inserita la seguente:

«a-bis) dopo l’articolo 67 e’ inserito il seguente:

“67-bis (Elenco nazionale degli interpreti e traduttori). – 1. Ogni tribunale trasmette per via telematica al Ministero  della giustizia l’elenco aggiornato, in formato elettronico, degli interpreti e dei traduttori iscritti nell’albo dei periti di cui all’articolo 67. L’autorità giudiziaria si avvale di tale elenco nazionale  e nomina interpreti e traduttori  diversi  da quelli ivi inseriti  solo in presenza di specifiche e particolari esigenze.

2. L’elenco  nazionale  di cui al comma 1 e’ consultabile dall’autorità  giudiziaria, dagli avvocati e dalla polizia giudiziaria sul sito istituzionale del Ministero della giustizia, nel rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali. Le modalità di consultazione dell’elenco nazionale sono definite con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro il termine di otto mesi dalla data di entrata  in vigore della presente disposizione.”».

Art. 3

Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente  decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Amministrazioni  interessate  provvedono  agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse  umane, finanziarie  e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta  ufficiale  degli atti normativi  della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 23 giugno 2016

MATTARELLA

Renzi, Presidente del Consiglio  dei ministri

Orlando, Ministro della giustizia

Gentiloni  Silveri,  Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale

Padoan,  Ministro dell’economia  e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Orlando

[1]  Per la l’esame del decreto legislativo n. 32 del 2014 si rimanda a Rel. n. III/05/2014, 31 marzo 2014 dell’Ufficio del Massimario, Novità legislative: d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, intitolato “Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali”.

[2] Che potrebbe integrare una nullità di ordine generale, a regime intermedio, da dedurre secondo le regole ordinarie del codice di rito (artt. 182 e ss. cod. proc. pen.).

[3] In proposito potrebbe richiamarsi, infatti, la giurisprudenza formatasi in tema di colloqui difensivi, di cui all’art. 104 cod. proc. pen., assimilando l’interdizione al colloquio all’illegittimo rigetto all’assistenza linguistica gratuita nei casi in cui sia, invece, prevista: «L’interdizione dei colloqui della persona sottoposta a custodia cautelare con il difensore, illegittimamente disposta dal pubblico ministero, determina una violazione del diritto all’assistenza e, quindi, una nullità a regime intermedio suscettibile di estendersi agli atti successivi che ne dipendono e, in particolare, all’interrogatorio di garanzia, a norma dell’art. 185, comma primo, cod. proc. pen., qualora non venga eliminata mediante l’effettuazione del colloquio prima che l’atto consecutivo sia compiuto.» Sez. 2, n. 44902 del 30/09/2014, Cosentino, Rv. 260875; Cfr., altresì, Sez. 6, n. 44932 del 05/10/2012, Rosi, Rv. 254455: «In materia di misure cautelari personali, il decreto del G.i.p. che dilaziona il diritto dell’indagato al colloquio con il proprio difensore ai sensi dell’art. 104, comma terzo, cod. proc. pen., non è autonomamente impugnabile né può essere oggetto di riesame, non avendo la forma e il contenuto di un provvedimento applicativo di una misura coercitiva, ma può costituire oggetto di sindacato incidentale nell’ulteriore corso del procedimento, qualora abbia determinato una violazione del diritto di difesa che, se non eliminata con l’espletamento di un rituale colloquio, comporta la nullità dell’interrogatorio dell’indagato a norma dell’art. 178, lett.c), cod. proc. pen.».

[4] Direttiva 2010/64/UE, Articolo 3- «Diritto alla traduzione di documenti fondamentali – ……..7.In deroga alle norme generali di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 6, è possibile fornire una traduzione orale o un riassunto orale di documenti fondamentali, anziché una traduzione scritta, a condizione che tale traduzione orale o riassunto orale non pregiudichi l’equità del procedimento. 8. Qualsiasi rinuncia al diritto alla traduzione dei documenti di cui al presente articolo è soggetta alle condizioni che gli indagati o gli imputati abbiano beneficiato di una previa consulenza legale o siano venuti in altro modo pienamente a conoscenza delle conseguenze di tale rinuncia e che la stessa sia inequivocabile e volontaria.».

[5]  Convenzione Europea dei diritti dell’uomo: ARTICOLO 6  «Diritto a un equo processo – ……..3.In particolare, ogni accusato ha diritto di:……………e)farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.».

[6] Nella motivazione della decisione sul ricorso 17494/07, la Corte si è così espressa: «La Corte ricorda allo stesso modo che il diritto all’assistenza gratuita di un interprete, come garantito dal paragrado 3 e) dell’articolo 6, vuole dire che l’imputato che non comprende o non parla la lingua utilizzata in udienza ha diritto ai servigi gratuiti di un interprete perché gli siano tradotti o interpretati tutti gli atti del procedimento a suo carico e che è necessario che questi riesca a comprendere per poter effettivamente beneficiare del diritto all’equo processo (Luedicke, Belkacem e Koç c. Germania, sentenza del 28 novembre 1978, Serie A n. 29, § 48).Il paragrafo 3 e), tuttavia, non giunge fino ad esigere una traduzione scritta di qualsiasi prova documentale o documento ufficiale del fascicolo di causa. A tal riguardo, conviene notare che il testo della disposizione in esame fa rinvio a un “interprete” e non ad un “traduttore”.. Ciò induce a ritenere che una assistenza linguistica orale possa senz’altro soddisfare le esigenze della Convenzione.»

[7] L’incentivo al ricorso agli strumenti di comunicazione a distanza risponde ad una linea condivisa nel diritto dell’Unione ed applicata, infatti, anche in materia di assistenza linguistica delle vittime di reato (Direttiva 2012/29/UE), introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 143-biscod. proc. pen. del d. lgs. n. 212 del 2015.

[8]  Cfr., Sez. 5, n. 782 del 11/10/2012, dep. 08/01/2013, Meneghetti, Rv. 254322; precisa che la motivazione può essere integrata dal giudice prima dell’inizio delle operazioni peritali Sez. 1, n. 17741 del 05/02/2014, Costantino, Rv. 259599: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimamente effettuata l’integrazione del provvedimento di nomina nel successivo provvedimento di rigetto della dichiarazione di ricusazione dei periti.

[9] Sez. 6, n. 39235 del 04/07/2013, Prosdocimi,  Rv. 257038.
 

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