Richieste ANM Cassazione al Ministro della Giustizia (27.11.2019)

Al Signor Ministro della Giustizia

La Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati, Sezione della Corte diCassazione, ringrazia il Signor Ministro di avere accettato di incontrarla. 

Com’ è purtroppo noto, la Corte di Cassazione versa in una situazione di grave criticità, le carenze di personale, mezzi e strutture, operando in azione negativamente sinergica con il sempre crescente aumento del contenzioso. 

Malgrado l’impegno al limite della sostenibilità dei magistrati e del personale, tale criticità non sempre consente di fornire una risposta celere ed adeguata alla funzione nomofilattica della Corte, con danno all’intero servizio Giustizia, essenziale per il Paese. 

Ci limiteremo, Signor Ministro, in questa sede a segnalare alcuni aspetti fortemente problematici, nella speranza che l’azione politica sia sensibile alle necessità dell’Ufficio di vertice della giurisdizione e possa effettuare i necessari interventi di sostegno e anche di correzione normativa. 

1. IL CONTENZIOSO IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Il contenzioso civileregistra un progressivo aumento delle iscrizioni a ruolo, salite dalle 26.693 nel 2016 alle 30.298 nel 2017 e alle 36.881 nel 2018. Malgrado l’altissimo indice di ricambio (del 100% nel 2017 e dell’88% nel 2018), al 31.12.2018 risultavano pendenti 111.353 procedimenti (fonte: Relazione sull’amministrazione della Giustizia 2018)

Una percentuale quanto mai elevata e sempre crescente di tali iscrizioni è attualmente determinata dal contenzioso in materia di protezione internazionale.

Nel 2018 sono stati iscritti ben 6.026 ricorsi in tale materia, a fronte dei 1.089 pervenuti nel 2017 (la più gran parte dei quali è affluita nell’ultimo trimestre dell’anno, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 13/2017) e dei soli 374 iscritti nel 2016. Le sopravvenienze sono ancora aumentate nel 2019, attestandosi sulle 800 unità medie mensili. 

È del tutto prevedibile che le iscrizioni cresceranno ancora nei prossimi anni, come può attendibilmente ricavarsi dal forte incremento del numero dei ricorsi iscritti nel frattempo presso i Tribunali, incremento che corrisponde al vistoso aumento del numero delle decisioni emesse dalle Commissioni territoriali. 

E non è certo un’emergenza che si potrà esaurire in breve tempo, poiché la pendenza delle domande di protezione internazionale davanti alle competenti Commissioni territoriali si calcola nell’ordine di centinaia di migliaia. 

L’impatto di questa novità sui ruoli delle sezioni civili nella Suprema Corte è decisamente allarmante. Basti considerare il rapporto tra l’incremento delle sopravvenienze di cui trattasi e il precedente numero complessivo dei ricorsi civili mediamente sopravvenuti ogni anno. Un aumento delle sopravvenienze che, come si è visto, ben presto si attesterà, prevedibilmente,nell’ordine di circa un terzo delle precedenti sopravvenienze totali. 

Tale pesante incremento non può essere fronteggiato senza un gravissimo pregiudizio per l’efficienza, in molti settori già assai difficile, della risposta della giurisdizione di legittimità anche in tutte le altre materie appartenenti al settore civile (famiglia, impresa, lavoro, responsabilità civile, locazioni, ecc.), che necessariamente risentiranno del doveroso spostamento sul versante della protezione internazionale di buona parte delle già scarse risorse. Appare quindi evidente che con le dotazioni attuali di magistrati e personale la Corte di Cassazione non è in grado di affrontare tale emergenza.

Occorre altresì evidenziare che l’incremento massiccio delle iscrizioni a ruolo in Cassazione delle cause in materia di protezione internazionaleè stato generato anche dall’abrogazione del doppio grado di merito, disposto con il d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, conv. in legge 13 aprile 2017, n. 46. Per effetto di questa riforma, il giudizio in primo grado è ora definito con decreto dalle Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituite presso i Tribunali. Il testo, risultante dalla suddetta novellazione, dell’art. 35 bis del d.lgs. n. 28/01/2008, n. 25 prevede che tale decreto sia impugnabile in Cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria; prevede altresì che l’impugnazione sia decisa entro sei mesi dal deposito del ricorso.      

È dunque evidente che con l’abolizione dell’appello la Cassazione si sta vedendo sommersa da un numero enorme di ricorsi, la cui trattazione urgente si impone per espressa previsione di legge a discapito, tuttavia, degli altri ricorsi pendenti che ben possono concernere anche diritti di non minore rilevanza.

Per consentire alla Corte di reggere tale impatto senza vanificare il proprio integrale ruolo trasformandosi in un Ufficio monotematico, allora, occorre assolutamente il ripristino di un maggiore equilibrio nel sistema delle impugnazioni in materia di protezione internazionale, da più parti sollecitato, mediante la reintroduzione del doppio grado di giurisdizione di merito in funzione di “filtro” di un contenzioso destinato, altrimenti, a riversarsi direttamente e totalmente sulla Corte di cassazione.

Tale riequilibrio, peraltro, risponde al tempo stesso a una fondamentale esigenza di razionalità ed equità del sistema fortemente avvertita dalla cultura giuridica, che non manca di segnalare, al di là dei dubbi di legittimità costituzionale, la stridente contraddizione tra il riconoscimento del grado di appello in materie che coinvolgono meri interessi economici anche di scarsissimo rilievo, e la negazione dello stesso in una materia che coinvolge diritti fondamentali.

La pregnanza di questo rilievo non è per nulla scalfita dalla considerazione dell’elevata percentuale di decisioni di rigetto per infondatezza delle domande giudiziali di protezione internazionale, spesso presentate da persone prive dei necessari requisiti e spinte, piuttosto, dalla generica esigenza (ben comprensibile, e tuttavia normalmente inidonea a integrare i presupposti del diritto alla protezione stabiliti dalla legge) di migliorare le proprie condizioni di vita. Anche una non elevata percentuale di accoglimento delle domande grazie alla revisione del primo giudizio in sede di appello è sufficiente, infatti, a giustificare la possibilità del gravame grazie al quale l’errore viene corretto, attesa l’importanza vitale degli interessi in gioco.

La considerazione di cui sopra permette, anzi, di ridimensionare il timore che, ripristinandosi il doppio grado di giurisdizione di merito, si riversi sulle Corti d’appello un aggravio eccessivo. Quanto più, infatti, il contenzioso che le investirà sarà privo di consistenza argomentativa, tanto più esse potranno fronteggiarlo con lo strumento deflattivo della immediata dichiarazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., soprattutto se si estenderanno anche alle Corti d’appello – come sarebbe ragionevole ed auspicabile – i requisiti di specializzazione già previsti per i Tribunali.

 2. IL RITO CIVILE DI LEGITTIMITA’

Preme a questa Giunta altresì segnalare che si registrano criticità derivate dalla riforma del rito civile di legittimità operata dalla legge 25 ottobre 2016 n.197. Tale riforma ha infatti introdotto una biforcazione nella trattazione dei ricorsi: decisione da parte della sezione semplice ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., secondo comma, o decisione da parte della sezione a ciò specificamente destinata (“apposita”) ex articolo 380 bis c.p.c. – attualmente, secondo la ripartizione tabellare, sesta sezione civile della Corte di cassazione. Ricorsi per i quali è prevista, nell’un caso e nell’altro, la trattazione mediante rito camerale (nella sezione ordinaria anche mediante pubblica udienza), che presenta però caratteristiche parzialmente diverse. Questa c.d. biforcazione crea una parziale sovrapposizione di attività (in termini in primis di spoglio dei fascicoli e di adempimenti di cancelleria) e determina differenze di non sempre agevole comprensione anche da parte del Foro.

Questa Giunta propone pertanto che, visti anche gli intenti legislativi di riforma processuale in atto, siano rimeditati e semmai novellati i riti civili che attualmente governano l’attività della Cassazione, all’esito di tavolo ampio di confronto che veda la partecipazione anche di rappresentanti della Corte di Cassazione stessa.

3. IL PROCESSO PENALE IN CASSAZIONE

L’esame dei dati statistici dei movimenti del settore penale rivelano che a seguito della c.d. “riforma Orlando” il flusso dei procedimenti penali in entrata è diminuito di 4.472 unità nel 2018 e di sole 505 unità nel 2019. Sicché si può affermare che l’effetto della riforma ha inciso sulle sopravvenienze nella misura di poco superiore all’11,5%. Al momento, le sopravvenienze registrate fino a settembre 2019 si attestano sul numero di 37.966 (con conseguente prevedibile numero di sopravvenienze per l’anno in corso superiori a 50.000). Il dato più significativo è costituito dal fatto che nell’anno 2017 sono stati assegnati alla Settima sezione penale il 45,1% dei ricorsi, nel 2018 il 38,7%, nel 2019 il 41,1%. Ne consegue che la riforma Orlando ha inciso meno di quanto il dato relativo al calo delle sopravvenienze possa far pensare: al predetto calo delle sopravvenienze, infatti, non corrisponde un aumento delle assegnazioni dei ricorsi alla Settima sezione, che sono anzi diminuiti. Resta il fatto, inoltre, che quasi metà del lavoro della Corte di cassazione è costituito da pronunce di inammissibilità che restano percentualmente pressoché costanti e ciò senza contare le numerose sentenze di inammissibilità pronunziate dalle sezioni ordinarie. Tale stato di cose rende opportuno riflettere ancora sull’ opportunità di introdurre ulteriori strumenti di deterrenza rispetto alla proposizione di ricorsi pretestuosi o manifestamente infondati. Quanto a questi ultimi, appare opportuno valutare, in un’ottica di semplificazione degli adempimenti formali, la previsione di un’estensione delle ipotesi di inammissibilità pronunciabili de plano anche per tale categoria di ricorsi. Ciò in un’ottica di semplificazione ulteriore del rito, in specie camerale, rispetto al quale andrebbe anche valutata l’estensione delle ipotesi in cui la partecipazione delle parti non è necessaria. Per il futuro, appare necessario monitorare gli effetti sul processo in cassazione della nuova disciplina della prescrizione, i cui problemi interpretativi avranno bisogno di essere attentamente vagliati, in specie per quanto concerne i processi in corso.

4. L’UFFICIO DEL MASSIMARIO

Per effetto dell’art. 1, comma 980 della L. 27/12/2017, n. 205, che – per la durata di tre anni dall’entrata in vigore dei commi da 961 a 981 – ha previsto l’applicazione dei magistrati del Massimario “esclusivamente” alla Sezione tributaria per essere destinati a comporne i collegi, sono stati applicati a tale sezione n. 22 unità degli attuali 58 magistrati presenti in organico (39 al settore civile, 19 al settore penale) dei 67 previsti.

Ciò ha comportato difficoltà nello svolgimento dei compiti ordinari d’istituto, quali in primis l’attività di massimazione, che ha la funzione fondamentale di garantire, attraverso l’opera di sistematizzazione della giurisprudenza di legittimità, l’esercizio della funzione nomofilattica.

5. IL PCT IN CASSAZIONE

La Corte di Cassazione – in un momento come l’attuale, che vede aumentare in modo esponenziale il contenzioso – confida che il PCT di legittimità, quale fattore di ottimizzazione ed efficientamento nell’organizzazione del lavoro giudiziario, si realizzi sia nel settore civile che in quello penale,secondo il progetto in itinere e nei tempi già indicati in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2019. E’necessario quindi che venga mantenuta alta l’attenzione da parte delle competenti strutture ministeriali in relazione alle connesse esigenze e ciò attraverso il pieno supporto non solo tecnologico, ma anche in termini di risorse materiali e umane. La realizzazione del progetto, in tempi rapidi e secondo le specifiche innovazioni ideate, consentirebbe alla Corte di Cassazione non solo di entrare finalmente a pieno titolo nel circuito del PCT, ma di rappresentare un punto di riferimento per l’intero sistema, dando ad esso nuovo impulso per una sempre maggiore funzionalità ed efficienza, con evidenti ricadute positive sul complessivo “servizio giustizia”. 

6. LOGISTICA E SERVIZI

La Corte di Cassazione presenta una situazione gravemente insufficiente quanto ad organici, logistica e servizi:

1.la pianta organica dei magistrati della Corte, a seguito del recente aumento, prevede: 59 Presidenti, 356 Consiglieri, 67 Magistrati addetti al Massimario per un totale di 482 unità. Attualmente risultano presenti in Corte 51 Presidenti, 293 giudici e 58 magistrati addetti al Massimario. I dati allarmanti dei flussi dei procedimenti della Corte, sia nel settore penale che in quello civile, non paragonabili a quelli di nessun’altra Corte europea, rendono ancor più insostenibili i carichi di lavoro, siccome assegnati a un numero di Giudici significativamente inferiore a quello della pianta organica;

2. il recente aumento di organico andrebbe supportato da un corrispondente aumento dell’organico del personale amministrativo, attualmente ancora calibrato su quello precedente dei magistrati e per giunta connotato da ampie scoperture (pari al 30% circa) destinate ad aumentare nel prossimo anno per effetto del pensionamento di molti funzionari, anche in virtù della cd. “quota 100”. I servizi di cancelleria risentono fortemente di tale scopertura e fanno registrare ovviamente criticità, quanto ad efficienza e prontezza, specie in settori nevralgici, quale quello della pubblicazione dei provvedimenti;

3.la provenienza dei Magistrati della Corte da tutto il territorio nazionale è un “valore” irrinunciabile per la Corte di Cassazione, in considerazione della pluralità diesperienze territoriali (operative ed interpretative)di cui sono portatori i singoli magistrati che trovano sintesi nei Collegi, attraverso l’uniforme interpretazione della legge. Tuttavia, non si può non registrare come negli ultimi tempi vi sia stata una significativa “carenza di vocazioni” al tramutamento presso un Ufficio sì prestigioso, in considerazione dei notevoli disagi da affrontare, che incidono pesantemente sugli aspetti personali ed economici della vita degli aspiranti(carichi di lavoro insostenibili, organizzazione di viaggi anche piuttosto lunghi per raggiungere la Corte, plurimi pernottamenti in alberghi con cadenza settimanale, connessi non solo alla celebrazione delle udienze, ma anche allo studio preventivo dei fascicoli assegnati, assenza di luoghi di studio fruibili all’interno delle singole Sezioni della Corte di cui si dirà sub 4). Anche Consiglieri di pluriennale esperienza hanno chiesto e chiedono il trasferimento presso Uffici territoriali più vicini alla propria residenza, non riuscendo a sostenere i ritmi della Corte di Cassazione.

L’ammontare dell’indennità di cui all’art. 3, comma 79, della l. 24 dicembre 2003, n. 350 per i Consiglieri non residenti -di circa € 500,00 mensili per undici mesi-non è stato mai aggiornato in relazione ai costi attuali e all’incremento dei carichi di lavoro della Corte, richiedenti senz’altro una più intensa presenza in ufficio per lo studio dei processi,sicché essa oggi non riesce a coprire neppure le spese per i trasporti. I Magistrati addetti all’Ufficio del Massimario della Corte, pur affrontando significative spese di viaggio e di alloggio a Roma alle quali fanno fronte con sacrificio, non percepiscono tale indennità;

4. le carenze logistiche della Corte del pari incidono pesantemente sulle condizioni di lavoro dei magistrati addetti. Invero, presso le Sezioni, come accennato, non vi sono spazi da destinare a studi per i magistrati necessari per l’esame dei fascicoli. In molti casi vi è un’unica stanza per Sezione, nella quale sono sistemate scrivanie in numero certo inferiore ai magistrati che dovrebbero usufruirne. A ciò va aggiunta la difficoltà non solo per i Magistrati, ma per il personale tutto e per gli avvocati di raggiungere le aule di udienza rispetto alle Cancellerie e dalle Sezioni, stante la scarsità degli ascensori, alcuni dei quali sistematicamente fuori uso, per la periodica manutenzione;

5.davvero pochi sono i servizi dei quali i magistrati della Corte fruiscono: tra i pochi vi è quello delle “autovetture” che (dovrebbe) consentire ai Magistrati il giorno di udienza di raggiungere prontamente la Corte, ovvero dopo l’udienza di raggiungere i mezzi di trasporto per il rientro a casa (ove possibile). Ebbene, recentemente tale servizio presenta notevoli riduzioni e disfunzioni connesse alla carenza del personale (molti autisti sono andati in pensione e non sostituiti) e delle risorse economiche di supporto(per l’acquisto della benzina o per l’effettuazione della manutenzione delle autovetture, ovvero ancora per la sostituzione dei veicoli più datati ormai non funzionanti). Basterebbe un contributo economico di non notevole rilievo, secondo le stime degli addetti, per rendere il servizio nuovamente efficiente.

7. LA PROCURA GENERALE

Il recente aumento di organico della Procura generale presso la Corte di Cassazione, con l’aggiunta di un sesto Avvocato generale e di 17 sostituti Procuratori generali ai 67 già previsti, ottenuto grazie al fattivo contributo del Signor Ministro (attualmente sono scoperti n. 24 posti da sostituto Procuratore generale ed è in corso di definizione un concorso indetto dal Consiglio per la copertura di 7 posti), andrebbe supportato da un corrispondente aumento dell’organico del personale amministrativo, attualmente ancora calibrato su quello precedente dei magistrati e per giunta connotato da ampie scoperture (pari al 22%) destinate ad aumentare nel prossimo anno per effetto del pensionamento di molti funzionari, anche in virtù della cd. “quota 100”.

Con specifico riferimento alla Procura generale si osserva quanto segue.

Riguardo al settore civile, potrebbe essere utilmente sviluppato l’istituto del ricorso nell’interesse della legge previsto dall’art. 363c.p.c.:

  • prevedendo la creazione di canali informativi istituzionali con funzione informativa della Procura generale dei provvedimenti di merito in relazione ai quali si pongono questioni di interesse nomofilattico che giustificano l’attivazione dell’ufficio;
  • ampliando la praticabilità del ricorso con l’introduzione di meccanismi di coinvolgimento preventivo per la enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge sulla falsariga dell’art. 420-bis c.p.c. (il quale prevede la possibilità di un accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi da parte del giudice di merito con provvedimento unicamente ricorribile per cassazione).

L’istituto potrebbe poi essere esteso anche al settore penale, considerata l’introduzione, con la legge n. 103/2017, della possibilità per le Sezioni Unite penali di enunciare, anche d’ufficio, il principio di diritto quando il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta (art. 618, comma 1-ter, c.p.p.).

Per quanto riguarda il settore disciplinare si rappresenta il ruolo fondamentale della Procura generale nella interlocuzione su possibili interventi di riforma i quali, come da tempo auspicato, dovrebbero correggere la c.d. “tipizzazione imperfetta”introdotta dal d.lgs. n. 109/2006, con la miglior modulazione di alcune fattispecie in modo da evitare che comportamenti comunemente ritenuti lesivi dell’immagine del magistrato sfuggano all’intervento sanzionatorio.

Ruolo di interlocuzione che sembra imprescindibile anche nell’ormai prossima definizione dello status e della dislocazione dei Procuratori europei delegati in attuazione della disciplina del Procuratore europeo.

Quanto, poi, alle attività di attuazione dell’articolo 6 del d.lgs. n. 106 del 2006, in tema di uniforme esercizio dell’azione penale, si rappresenta l’esigenza che il sistema a rete realizzato nel tempo attraverso una costante interlocuzione dell’Ufficio con le Procure generali presso le Corti di appello sia supportato dalle necessarie risorse (umane, materiali, informatiche, statistiche) onde poter far meglio fronte alle crescenti incombenze connesse all’attuazione della norma ed al monitoraggio propedeutico alla realizzazione della predetta uniformità.

In tale prospettiva, come anche proposto da vari Procuratori generali, sarebbe utile la costituzione di un tavolo permanente tra Procura generale della Corte di Cassazione, Procure generali, Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero su aspetti problematici organizzativo-gestionali al fine di affrontarli in modo organico e non frammentario.

Si richiamano, infine, le difficoltà logistiche ed operative già esposte per i consiglieri della Corte di Cassazione, che negli stessi termini si ripropongono anche per l’attività dei magistrati della Procura generale.

Ringraziamo dell’attenzione, auspicando che questo incontro possa essere l’inizio di una costruttiva interlocuzione.

Roma, 27 novembre 2019

La Giunta ANM della Corte di Cassazione

Paola Ghinoy Presidente
Aldo Aceto Segretario
Pasquale Fimiani Componente
Chiara Graziosi Componente
Rosa Pezzullo Componente
Carlo Renoldi Componente
Alessio Scarcella Componente