Risoluzione adottata dal CSM il 27 luglio sulle “Buone prassi in materia di intercettazioni di conversazioni”

RICOGNIZIONE DI BUONE PRASSI IN MATERIA DI  INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI (rel Cananzi, Ardituro, Balducci)

Premessa.

Il crescente richiamo alla necessità di garantire la tutela della riservatezza dei dati personali, anche in relazione al trattamento degli stessi da parte delle autorità giudiziarie, sollecita continue riflessioni in ordine allo strumento investigativo delle intercettazioni.

Le intercettazioni, in effetti, costituiscono uno fra i possibili strumenti attraverso i quali gli attori del processo – la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero prima, il giudice e le parti tutte poi – vengono in possesso di dati personali, con il conseguente obbligo di garantirne la correttezza del trattamento.

E’ proprio a questa esigenza che hanno dato risposta le circolari e le direttive assunte dai Procuratori della Repubblica che si sono rivelate, pur nella diversità di alcune scelte, tutte animate dal condivisibile obiettivo di impedire la indebita diffusione di dati personali non rilevanti, acquisiti nel corso delle operazioni di intercettazione.

La Settima Commissionedel CSM, a seguito di un monitoraggio sul tema, ha rilevato come siano state assunte direttive o circolari specifiche dalle Procure di Roma, Napoli, Torino, nonché da quelle di Firenze, Bari, Macerata, Foggia, Nuoro, Caltanissetta, Campobasso, Siracusa, Catanzaro, Cosenza, Lamezia Terme, Arezzo, Grosseto, Livorno, Sulmona e Lecce.

In molte altre Procure si tratta del tema delle intercettazioni nei provvedimenti organizzativi generali ovvero in ordini di servizio o singole disposizioni, anche in merito alle spese conseguenti all’attività di intercettazione ovvero alle misure di custodia del materiale tratto da intercettazione. 

Il monitoraggio dimostra, quindi, l’esistenza di una peculiare, meritevole e crescente attenzione da parte dei Procuratori della Repubblica in ordine al tema del trattamento dei dati tratti da intercettazioni, tesa ad evitare l’ingiustificata diffusione di conversazioni non funzionali ai provvedimenti giudiziari e a valorizzare in tale direzione, nell’ambito della autonomia interpretativa, il sistema normativo vigente, alla luce dei canoni costituzionali in gioco[1].

Fra i principi tratti dalle predette circolari  risulta in particolare significativo  quello contenuto nella direttiva della Procura di Roma del 26 novembre 2015, per cui <la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero eviteranno di inserire nelle note informative, nelle richieste e nei provvedimenti il contenuto di conversazioni manifestamente irrilevanti e manifestamente non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagine>. Nella direttiva si esplicita ulteriormente la necessità di particolare cautela nella valutazione di manifesta irrilevanza e non pertinenza per le conversazioni il cui contenuto sia riferibile a dati sensibili, come definiti dall’art. 4 lett. D) del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (c. Codice della Privacy), abbia ad oggetto conversazioni di terzi soggetti, non indagati o estranei ai fatti di indagine, allorchè non siano sottoposti ad intercettazione diretta.  Con la direttiva della Procura di Roma in tema di conversazioni del difensore, assunta il 16 giugno 2015, si introduce poi il condivisibile sistema della annotazione nel brogliaccio dell’espressione conversazione con il difensore non utilizzabile, senza riportare il contenuto della medesima, e nei casi dubbi del confronto fra la p.g. ed il p.m. per la valutazione di utilizzabilità o meno. 

La circolare del 16 febbraio 2016 della Procura di Napoli richiede alla polizia giudiziaria di non riportare il contenuto delle conversazioni nel brogliaccio, oltre che per i casi di conversazioni con il difensore, anche per tutti i casi di conversazioni irrilevanti, dovendo in tal caso riportarsi l’espressione intercettazione irrilevante ai fini delle indagini, con conseguente  divieto di inserimento del contenuto della conversazione nelle annotazioni di polizia giudiziaria e nelle richieste del pubblico ministero. Tale disciplina viene estesa anche alle conversazioni inutilizzabili per altra causa, prevedendo sempre che in caso di dubbio la polizia giudiziaria interloquisca con il pubblico ministero. Altre direttive sono formulate per la distruzione delle conversazioni inutilizzabili.

La circolare del 15 febbraio 2016 della Procura di Torino onera il pubblico ministero della selezione delle intercettazioni non rilevanti o inutilizzabili, disponendo che non siano poste alla base delle richieste formulate dall’organo inquirente. Con la finalità di limitare la dispersione di dati sensibili non rilevanti ai fini delle indagini o comunque non utilizzabili, la circolare torinese sollecita come necessaria la procedura per lo stralcio delle conversazioni ai sensi dell’art. 268 c.p.p., aggiungendo che le conversazioni inutilizzabili o irrilevanti,  relative a dati sensibili, non debbano essere  riportate nei brogliacci, come pure alcun riferimento alle persone tra le quali le conversazioni avvengono debba essere riportato nel brogliaccio medesimo. Anchela Procuradi Torino prevede in caso di dubbio che la polizia giudiziaria debba consultare il pubblico ministero.

Emerge da quanto fin qui evidenziato come le varie circolari muovano tutte dalla comune premessa che la diffusione ingiustificata delle intercettazioni sia strettamente connessa alla trascrizione delle conversazioni e alla inclusione delle medesime nelle annotazioni di polizia giudiziaria, rimettendo di fatto alla polizia giudiziaria ed al pubblico ministero il compito di selezionare il materiale da porre a base della richiesta di misura cautelare o di altre richieste, tenendo sempre in conto che la selezione ad opera del p.m., tranne i casi di assoluta inutilizzabilità, non potrà mai portare  al mancato inoltro al giudice, ai fini del successivo deposito,di trascrizioni e/o registrazioni di conversazioni e/o scambio di comunicazioni informatiche o telematiche astrattamente, anche se indirettamente, favorevoli all’indagato.

A fronte del monitoraggio svolto, la presente risoluzione ha pertanto una funzione ricognitiva in primo luogo delle direttive, che possa offrire un contributo a tutte le Procure, sia che abbiano assunto tali determinazioni sia anche che non l’abbiano ancora fatto, al fine di favorire un confronto fra le opzioni intraprese e per promuovere ulteriori approfondimenti sul tema.

Per altro va anche evidenziato che compito del Consiglio è quello – nello spirito delle risoluzioni riguardanti l’organizzazione degli uffici di Procura del 2007 e del 2009 –  di analizzare e diffondere prassi operative virtuose già adottate dagli uffici giudiziari,  ferma restando l’autonomia organizzativa dei singoli dirigenti.  

Il tema della salvaguardia del dato personale sensibile, che si palesa già oggetto di attenzione degli interventi assunti nelle singole Procure, interpella quello del bilanciamento con altri principi di rango costituzionale, quali quelli relativi al diritto di difesa (art. 24 Cost.), al giusto processo (art.111) ed all’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.).

Da qui l’attenzione del Consiglio che, se per un verso con questa risoluzione  non intende sostituirsi all’autonomia organizzativa dei singoli dirigenti, cui spetta anche la valutazione della sostenibilità organizzativa delle scelte a farsi, in funzione dell’efficienza complessiva del servizio, per altro  deve ribadire  che la risposta ad un così serio problema non può passare dalla semplicistica soluzione di ridurre la portata e utilizzabilità dello strumento investigativo delle intercettazioni, che costituirebbe un pericoloso arretramento nel contrasto ai multiformi e variegati fenomeni criminali che affliggono il Paese.

Non è infatti la raccolta del dato a rappresentare un vulnus al diritto alla riservatezza dei dati personali, ma l’eventuale profilo patologico della violazione delle corrette regole di gestione, nella sua duplice direzione della divulgazione non autorizzata, o comunque non giustificata da esigenze investigative o processuali, e della  distruzione, perdita o modifica del dato.

Solo una corretta relazione fra raccolta, trattamento, utilizzazione e finalità dell’acquisizione del  dato  a mezzo intercettazione costituisce presidio di garanzia e  luogo di compensazione degli interessi coinvolti.

Con la presente risoluzione, pertanto, ci si occuperà esclusivamente del segmento tutto interno al procedimento penale ed al trattamento dei dati ad opera degli attori del processo, con la consapevolezza che fughe di notizie e disvelamento di informazioni non autorizzate possono sempre essere il frutto di condotte illecite, non prevenibili solo attraverso il corretto uso delle norme processuali. Per altro tenendo in debito conto che il sistema è oggi tutto affidato a soggetti privati ed esterni all’amministrazione, in mancanza di un sistema proprietario gestito da soggetti pubblici.

1. Principi tratti dalle circolari delle Procure e prescrizioni del Garante della Privacy.

Dalle circolari e direttive assunte dai Procuratori della Repubblica il Consiglio può innanzitutto trarre fonte per ribadire che nell’ambito della discrezionalità organizzativa e direttiva dei dirigenti degli uffici requirenti, appare in questa materia possibile muovere:

–  dal richiamo alla centralità della figura del P.M. nella gestione e direzione delle indagini, nella selezione delle intercettazioni e nella attivazione delle procedure di stralcio e distruzione, con conseguente necessità di fare affidamento innanzitutto sulla professionalità dei magistrati procedenti e sulla correttezza nella concreta gestione del rapporto che la legge delinea fra pubblico ministero e polizia giudiziaria;

– dal potenziamento di soluzioni organizzative che permettano la migliore attuazione della disciplina vigente, valorizzando il ruolo del G.I.P. e la funzione dell’udienza prevista dall’art. 268, comma 6, cod. proc. pen. per il bilanciamento dei diritti individuali e degli interessi collettivi che vengono in conflitto.

Va evidenziato infatti che gli interventi direttivi dei dirigenti degli uffici requirenti camminano su di una sottile linea in cui il profilo organizzativo impatta fortemente sulle attività degli uffici giudicanti – come da ultimo ricordato nella recente risoluzione dell’11 maggio 2016 in materia di priorità nella trattazione degli affari penali – e sul concreto esercizio degli stessi diritti dell’indagato/imputato (si pensi alle modalità con cui si disciplina l’accesso e la possibilità di estrazione copia dei documenti contenenti i dati acquisiti a mezzo di intercettazioni).

Da ultimo, va poi ricordato che il CSM è stato chiamato a farsi carico di rappresentare in via istituzionale, attraverso la partecipazione al relativo tavolo tecnico, le difficoltà di adeguamento degli uffici requirenti alle  prescrizioni diramate dal Garante della privacy con provvedimento del 18.7.2013 ( pubblicato su G.U. 189/2013) cui hanno fatto seguito quelli del 26.6.2014 e 25.6.2015 di proroga dei termini, prescrizioni che fra l’altro  risultano anche inserirsi nel solco correlato alla  sicurezza informatica già fatto oggetto di interventi legislativi  con L. 18.3.2008 n.48 (ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica) e DPCM 13.11.2014.

Sul punto il Consiglio – anche a seguito dell’incontro presso il CSM dell’11 giugno 2015 con i  Procuratori della Repubblica ed il PNA dal quale emergeva la richiesta di ottenere dall’organo di governo autonomo indicazioni e direttive organizzative in materia – ha formulato, fra l’altro, al Ministero della giustizia, – al quale  spetta l’onere di approntare le misure economiche e tecnologiche che consentano ai dirigenti degli uffici di adottare  provvedimenti organizzativi adeguati -ed al Garante della privacy, di tenere in debito conto che la quasi totalità delle operazioni di ascolto delle intercettazioni e di trattamento ulteriore del dato avviene oggi, attraverso la remotizzazione, presso luoghi nella disponibilità di altre amministrazioni dello Stato.

Premesso lo spirito della presente risoluzione, che partendo e facendo proprie molte delle soluzioni assunte dalle procure, vuole promuovere una cultura del corretto trattamento del dato sensibile, deve qui ribadirsi  come al Consiglio spetti l’analisi e la raccolta di linee guida in tema di intercettazioni da offrire come strumento di diffusione di buone prassi e di supporto agli Uffici requirenti e giudicanti – dirigenti e magistrati tutti – in sede di redazione di provvedimenti organizzativi, nella condivisione dell’intento di assegnare specifico rilievo alla tutela dei cittadini non indagati, che abbiano avuto contatti con soggetti sottoposti ad intercettazione ed alla protezione di quel perimetro assolutamente confidenziale e riservato costituito dai colloqui difensivi.

Si tratta di promuovere percorsi in grado di assicurare comportamenti garantiti, nel pieno rispetto delle potestà organizzative dei singoli [2].

Nelle indicazioni che seguono, pertanto, non dovrà cogliersi alcuna dimensione precettiva, bensì solo la proposta di una sintesi delle direttive finora assunte dalle singole Procure e di ulteriori accorgimenti organizzativi che, se compatibili con le risorse e con la realtà organizzativa, oltre che condivisi nel merito, potranno favorire il bilanciamento fra i valori costituzionali in gioco e l’evoluzione delle circolari organizzative assunte o ancora da assumere.

2.      Il ruolo ordinamentale e processuale del P.M. – La delega alla polizia giudiziaria.

Il P.M., parte imparziale del processo, è ildominusdelle indagini preliminari, che effettua direttamente o delegando la polizia giudiziaria, che gli dipende funzionalmente.

A lui spetta, direttamente o attraverso le direttive fornite alla polizia giudiziaria, il primo delicato compito di “filtro” nella selezione delle intercettazioni inutilizzabili e irrilevanti per evitarne l’ingiustificata diffusione.

In relazione al profilo dell’inutilizzabilità, va immediatamente rilevato che la complessità interpretativa dell’istituto impone una valutazione  tipicamente giurisdizionale, che non può essere esclusivamente delegata alla polizia giudiziaria; pertanto, appare opportuno che i dirigenti degli uffici requirenti valutino se rappresentare allapolizia giudiziaria che al momento dell’ascolto essa non debba assumere, d’iniziativa o in virtù di una direttiva eccessivamente generica, la  determinazione di omettere l’annotazione sul brogliaccio di conversazioni che, a proprio esclusivo giudizio appaiano inutilizzabili, cosi di fatto sottraendola  in radice alla valutazione del magistrato.

analoghe considerazioni potrebbero compiersi per la nozione di rilevanza, che necessita della  complessiva conoscenza di tutti gli elementi raccolti nel corso dell’indagine, per cui, un’eventuale valutazione demandata alla p.g. nell’immediatezza dell’ascolto, senza un adeguato coordinamento, risulterebbe una valutazione parcellizzata, limitata, e potenzialmente fallace.

Del resto, su un piano generale, ad una qualsivoglia forma di delega “in bianco” alla polizia giudiziaria si oppongono innanzitutto ragioni di ordine sistematico e normativo, che individuano nel P.M. l’unico organo, in quanto magistrato, in possesso degli imprescindibili strumenti conoscitivi, spesso di non facile applicazione rispetto al caso concreto, atti a consentire un appropriato vaglio delle conversazioni. Per altro il  P.M., soprattutto in indagini delicate e ad ampio spettro, è il collettore di plurimi accertamenti, a volte provenienti da diversificati settori della p.g., talora svolti direttamente dallo stesso ufficio inquirente, i quali trovano proprio nella saldatura operata dal magistrato dell’accusa il loro momento di sintesi e di  complessiva valutazione, a tacere del fatto che il P.M. possa essere  chiamato a valutarne la rilevanza anche rispetto ad altri procedimenti in corso. In tale prospettiva va ricordato come spetti al PM il potere – dovere, ordinamentale e processuale, di raccogliere elementi a favore della persona sottoposta all’indagine..

Una adeguata valutazione ad opera del PM delle intercettazioni in corso alla luce dei due profili della utilizzabilità e rilevanza – da compiersi nell’ambito di un continuo e proficuo confronto con la polizia giudiziaria delegata –  nonché una redazione completa del brogliaccio di ascolto – nei termini in cui si dirà-consentirebberonel contempo di evitare da un lato la redazione di sunti di conversazioni contenenti dati sensibili irrilevanti e/o inutilizzabili, con conseguente pericolo di illegittima divulgazione, dall’altro di garantire la non dispersione di tutti gli elementi di prova a favore o contro l’indagato, nell’ambito della riaffermazione di un principio di completezza ed omnicomprensività del fascicolo delle indagini del PM., che consiglia di evitare la redazione di note o appunti separati di problematica gestione e conservazione.

In questo contesto si è ben consapevoli delle difficoltà logistiche, specie negli uffici di grandi dimensioni, che un continuo contatto con la polizia giudiziaria potrebbe richiedere: e però è opportuno quanto gia’  previsto dalle circolari dei procuratori e cioe’ che il Procuratore della Repubblica, con una direttiva generale alla polizia giudiziaria, ed il pubblico ministero, nello specifico delle indagini, riservino all’organo inquirente il controllo nei casi di dubbio sulla rilevanza e sulla utilizzabilità, nonché quello ulteriore a posteriori, ove necessario. A tali fini, nonché per assicurare pieno diritto ad interloquire alla difesa[3], e’ buona prassi assicurare che quanto meno in termini sommari, gli elementi essenziali delle captazioni in oggetto siano riportate nel brogliaccio, con riferimento ai dati estrinseci della conversazione (indicazionisulla identità dei conversanti, sull’ orario e sull’oggetto del colloquio).

In tal senso puo’ condividersi la distinzione fra la normale prassi operativa di trascrivere il contenuto delle conversazioni nel brogliaccio della polizia giudiziaria e, viceversa, la diversa ipotesi in cui è opportuna e sufficiente una “mera indicazione”  dei dati estrinseci delle conversazioni per le intercettazioni, che si presentino come inutilizzabili o manifestamente irrilevanti.

Pertanto nel prosieguo della risoluzione si distinguerà formalmente fra trascrizione e mera indicazione.

3.      Le misure di salvaguardia: mere indicazioni nel brogliaccio dei dati estrinseci delle conversazioni e formazione di un indice riepilogativo delle conversazioni.

Molte delle soluzioni concrete assunte in più direttive dai Procuratori della Repubblica risultano condivise anche dal Consiglio, costituendo un punto di equilibrio tra la salvaguardia della privacy e gli altri interessi costituzionali in gioco.

Si tratta in particolare di porsi il problema delle modalità di compilazione del c.d. brogliaccio e, di riflesso, dell’inclusione delle intercettazioni nelle annotazioni della polizia giudiziaria poste a base delle richieste in materia di intercettazione e delle informative conclusive destinate ad essere depositate a sostegno di eventuali misure cautelari. 

Pertanto, all’indicazione dei criteri da seguire nella predisposizione delle trascrizioni a cura della polizia giudiziaria, occorre accompagnare corrispondenti criteri volti ad indirizzare l’esercizio della selezione delle intercettazioni da parte del pubblico ministero, specie in sede di predisposizione di richieste cautelari personali.

In sostanza condivisibilmente i dirigenti degli uffici requirenti indirizzano i pubblici ministeri, con l’ausilio della polizia giudiziaria delegata all’ascolto delle intercettazioni, a procedere ad effettuare un primo filtro di selezione delle conversazioni captate. Un primo vaglio, macroscopico, da operarsi nell’immediato, al momento dell’ascolto, che inciderà sulla scelta dell’an o del quomodo della trascrizione della conversazione, ovvero della diversa determinazione di procedere alla sua mera indicazione nel brogliaccio.  Occorrerà poi un secondo vaglio, più raffinato, al momento della scelta e della selezione delle comunicazioni, trascritte o da trascrivere, da utilizzare a sostegno dell’accusa e dunque destinate ad essere utilizzate, depositate e rese conoscibili alle parti.

Pertanto, dall’analisi di alcune circolari piu’ volte citate emergono alcune misure di salvaguardia, che puo’ essere opportuno che i dirigenti degli uffici requirenti valutino come buona prassi eventualmente da adottare, alla luce della concreta situazione organizzativa e delle risorse disponibili:

Intercettazioni irrilevanti.

a)                  Ove le singole intercettazioni risultino palesemente estranee alle esigenze investigative e/o processuali, alla dimostrazione dei fatti costituenti reato e alla relativa responsabilità, la polizia giudiziaria potrebbe riportare nel brogliaccio di ascolto l’annotazione “intercettazione manifestamente irrilevante ai fini  delle indagini”, senza alcun sunto o trascrizione, oltre che la mera indicazione, se conosciuti, degli interlocutori, nonché sinteticamente della tipologia di oggetto (es. “conversazione su argomenti familiari”, ovvero “conversazione su temi strettamente personali”, ecc.).

b)                 Le trascrizioni, oltre a non essere riportate -per esteso o per estratto- nei brogliacci, nelle annotazioni di p.g. e nelle informative, non dovrebbero essere trasfuse dal magistrato procedente nelle richieste al giudice.

c)                  In caso di dubbio o di inopportunità valutati da parte della polizia giudiziaria in merito alla possibile rilevanza della conversazione, sarebbe opportuno prevedere, come già prescritto in alcune delle direttive esaminate,  la necessità di sottoporla al pubblico ministero designato per la trattazione delle indagini, affinché egli, nella cui competenza ricade la selezione delle conversazioni, ne esamini il contenuto. Le ragioni di metodo su evidenziate consigliano che la polizia giudiziaria riceva anche la direttiva, in caso di dubbio ovvero qualora sia opportuno per la qualità dei conversanti o per l’oggetto della conversazione, di segnalarla al Pm per il suo  diretto  ascolto. Il pubblico ministero, all’esito  dell’ascolto, compiute le sue valutazioni ne disporrebbe la trascrizioneo la mera indicazione  nel brogliaccio. La peculiarità di ogni indagine, e la stessa sensibilità e preparazione professionale della polizia giudiziaria delegata, renderebbe necessario lasciare al singolo PM – in sede di formulazione delle specifiche direttive di indagine – la modulazione dei tempi di sottoposizione dei casi dubbi al suo esame.

Intercettazioni di  conversazioni contenenti dati sensibili.

Una speciale cautela, nella valutazione di pertinenza o rilevanza, si impone per le conversazioni il cui contenuto sia riferibile a dati sensibili ex art. 4 lett. d) D. Lgs. n. 196/03 (opinioni politiche o religiose, sfera sessuale, dati relativi alla salute), per i quali il c.d codice della privacy disegna uno statuto di protezione più marcata, riguardanti sia l’indagato sia terze persone non indagate o non intercettate direttamente. Quando dette conversazioni siano ritenute non rilevanti sul piano probatorio, se ne dovrà omettere la verbalizzazione anche riassuntiva, procedendo alla mera indicazione dei dati estrinseci con la dizione: “conversazione privata relativa a dati sensibili”. Tali colloqui potrebbero essere trascritti e comunicati al pubblico ministero solo se ritenuti pertinenti e rilevanti sul piano investigativo, previa consultazione del Pm nei casi dubbi o di opportunità secondo le modalità quanto già indicate ai precedenti punti a), b), c).

Intercettazioni di conversazioni dei difensori e di altri soggetti garantiti.

  • I testi delle intercettazioni – telefoniche ed ambientali- relative a colloqui tra l’indagato ed i propri difensori, dei quali è vietata l’intercettazione ai sensi dell’art. 103 co. 5 cpp, non vanno riportati né nei brogliacci di intercettazioni, né nelle comunicazioni inviate al pubblico ministero. In tali casi la p.g. potrebbe indicare nel brogliaccio, oltre ai conversanti ed agli ulteriori dati estrinseci della conversazione, la dizione: “conversazione con difensore“. Opportuna è la scelta, effettuata in talune circolari, di prevedere che dell’esistenza di detti colloqui debba essere  quanto prima   dato avviso al  pubblico ministero per le sue valutazioni.
  • intercettazioni di altri soggetti garantiti:  si tratta delle  conversazioni che intercorrano fra gli altri  soggetti – comunque “garantiti” in quanto depositari di segreto professionale – indicati dal combinato disposto degli artt. art. 200 comma 1 lett. a), b), c) e d)  cpp e l’indagato  o terzo sottoposto ad intercettazione. Tali  conversazioni potrebbero non essere  trascritte mameramente indicate nel brogliaccio con la seguente indicazione: “conversazione tra indagato e  soggetto ex art. 200 comma 1 cpp“, specificando a quale categoria della disposizione il medesimo appartenga.

In tutti questi casi, di conversazioni che coinvolgono difensori o soggetti altrimenti garantiti,potrebbe applicarsi, in quanto compatibile, quanto già previsto ai precedenti punti  a), b), c).

Intercettazioni di conversazioni di parlamentari.

Nel caso in cui si verifichino intercettazioni “casuali” di conversazioni di parlamentari, esse non andrebbero immediatamente trascritte[4], ma meramente indicate nel brogliaccio con la dicitura“conversazione casualmente captata con parlamentare”, dandone immediata informativa al pubblico ministero per le sue valutazioni. Andrebbe applicato, per quanto compatibile, quanto previsto ai precedenti punti a), b), c).,

Intercettazioni di conversazioni di servizio previste dall’art. 270 bis c.p.p.

Nel caso di captazione casuale di conversazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza, di cui all’art. 270 bis c.p.p., appare congrua la raccomandazione secondo la quale dovrà essere effettuata generica annotazione sul brogliaccio di intercettazioni (“conversazione ex art. 270 bis c.p.p.”) e dovrà essere avvertito tempestivamente il pubblico ministero, trattandosi di intercettazioni inutilizzabili (salvo che non ricorrano le condizioni di cui al co. 3 o il Presidente del Consiglio ne abbia autorizzato l’utilizzo o siano decorsi i termini di cui al co. 4 del medesimo art. 270 bis cpp). Andrebbe poi dove compatibile, quanto previsto ai precedenti punti a), b), c).

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Da quanto fin qui illustrato emerge l’opportunita’ che gli uffici valutino di fornire una chiara indicazione alla polizia giudiziaria di non trascrivere il contenuto di intercettazioni non utilizzabili o “manifestamente irrilevanti” o “private relative a dati sensibili” che non sopravvivrebbero al vaglio di cui al co. 6 dell’art. 268 cpp, risolvendosi in una ingiustificata lesione della riservatezza. Come si è detto in tali casi appare sufficiente procedere  alla “mera indicazione” dei dati estrinseci identificativi delle conversazioni. Va altresì precisato che appare in ogni caso opportuna e utile l’indicazione della persona degli interlocutori al fine di garantire un livello minimo di “completezza e trasparenza” dei c.d. brogliacci, nel pieno rispetto della previsione dell’art. 268 co. 2 cpp, la cuiratio si fonda anche sulla necessità di consentire alla difesa di avere contezza della rilevanza di conversazioni che eventualmente la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero non abbiano colto[5].

Potrebbe essere utile ed opportuno che la polizia giudiziaria metta a disposizione del pubblico ministero un indice separato contenente l’indicazione meramente numerica del progressivo di tali conversazioni,  privato anche dell’indicazione degli interlocutori (indicazione invece contenuta nel brogliaccio) che renda più agevole, nel contempo, la valutazione del PM sulle richieste di stralcio ex art. 268 comma 6 cpp, la possibilità per la difesa di individuare immediatamente le conversazioni che, accantonate dalla polizia giudiziaria e dal Pm in quanto ritenute irrilevanti, possano invece rivelarsi utili ai fini difensivi, ed infine la più agevole gestione da parte del giudice per le indagini preliminari del vaglio e della portata delle operazioni dell’udienza stralcio.

4. La selezione delle conversazioni ad opera del Pubblico Ministero.

In un ideale percorso processuale, alla fase della compiuta e corretta redazione dei brogliacci ad opera della polizia giudiziaria, nel rispetto di criteri che consentano di contenere il rischio di documentazione ed eventuale diffusione di informazioni sensibili derivanti dall’ascolto delle conversazioni intercettate, deve seguire la puntuale e responsabile opera di selezione del materiale da utilizzare da parte del pubblico ministero.

Si è detto della centralità del ruolo del pubblico ministero in questo contesto e della necessità che la delega alla polizia giudiziaria per l’esecuzione delle operazioni non si traduca in una delega in bianco sul vaglio di inutilizzabilità e rilevanza.

L’opera di selezione, è bene ribadirlo, è affidata innanzitutto, indipendentemente dall’esistenza e dalla pregnanza di direttive in materia, alla professionalità del magistrato, che dovrà operare una attenta verifica delle informazioni utili e rilevanti per le indagini, attraverso un giudizio relazionale con i fatti per i quali si procede e con la personalità dei soggetti individuati come autori del reato, avendo sempre presente la necessità del corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, che impone di sacrificare il bene della riservatezza solo in presenza di una informazione che sia effettivamente rilevante per il processo.

La raccomandazione di una verifica attenta e puntuale riguarda, in particolare e con maggiore preoccupazione, le informazioni che attengono al “contesto” in cui maturano i fatti oggetto di indagine e quelle relative al rilievo delle “relazioni” che emergono fra soggetti indagati e soggetti non indagati; concetti e nozioni di difficile predeterminazione che vengono in rilievo spesso – ma non solo – con riferimento a reati associativi o quando occorre delineare, per le finalità previste dalla legge processuale, la personalità e pericolosità dell’indagato, e delle quali è evidente per un verso la potenziale utilità e rilevanza, e per altro la specifica capacità lesiva della riservatezza in particolar modo di soggetti non indagati.

Sotto altro punto di vista, è necessario richiamare l’attenzione sulla necessità di una accurata  selezione delle conversazioni che siano inserite nei provvedimenti cautelari – nelle richieste del pubblico ministero e nelle ordinanze del Gip –  anche per la naturale idoneità di tali provvedimenti ad essere oggetto di attenzione mediatica in quanto collegati alla privazione della libertà personale e perché provvedimenti cronologicamente più vicini al fatto, di quanto non lo sia il momento del deposito degli atti al termine delle indagini preliminari.

E’ esperienza comune che nella gran parte dei casi l’attenzione dell’opinione pubblica e dei mezzi di informazione per i fatti oggetto del procedimento e per le persone a vario titolo coinvolte, si concentra nel periodo immediatamente successivo l’esecuzione della misura cautelare e la discovery degli atti con il deposito al tribunale per il riesame, per scemare poi progressivamente con il passare del tempo ed il susseguirsi fisiologico dei fatti di cronaca.

Ne consegue che massimo può essere in tale fase, anche in termini quantitativi, il pericolo di diffusione di informazioni sensibili derivanti dalle intercettazioni e dunque di lesione del bene della riservatezza, per cui ancor più attenta deve essere l’opera di verifica della rilevanza compiuta dai magistrati in questo segmento processuale: ciò  anche in considerazione dell’obbligo del deposito, ove richiesto nel rispetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2008,  delle registrazioni e dei files audio delle conversazioni poste a sostegno della misura cautelare.

Pertanto in questo ambito si è rivelato opportuno   predisporre un apposito supporto magnetico che contenga esclusivamente tali conversazioni selezionate, al fine di evitare la propalazione di registrazioni non trasmesse al Gip con gli atti a sostegno della richiesta cautelare.

In questa fase così delicata – delle richieste cautelari  dovrà   farsi affidamento sulla professionalità del pubblico ministero anche per la selezione di conversazioni che emergano, per i dati a disposizione, come potenzialmente utili o a favore della persona sottoposta alle indagini, secondo il richiamo dell’art. 358 cpp, da offrire secondo un canone di rilevanza e pertinenza al Gip, nella consapevolezza che potrà trattarsi di informazioni sensibili, in astratto lesive della riservatezza anche di persone non indagate, che meritano però di essere utilizzate a garanzia dell’indagato.

Il tema delle informazioni sensibili, che coinvolgano persone non indagate, astrattamente utili alla difesa, è del resto troppo spesso trascurato nel dibattito pubblico e nelle semplificazioni, anche riformatrici, che puntano ad una massiva e poco meditata distruzione del materiale di intercettazione, con possibili irreversibili ripercussioni sul diritto di difesa.

A prescindere poi dalla selezione operata in fase cautelare, e’ auspicabile che il p.m. compia una ulteriore verifica selettiva al momento del deposito degli atti al termine delle indagini. In questa fase dovrà farsi attenzione a non depositare conversazioni oggetto della selezione negativa operata in fase cautelare, salvo un ripensamento determinato per effetto di una rivalutazione del complessivo materiale probatorio. Si inserisce in questo contesto il tema dell’attivazione dell’udienza stralcio su cui ci si soffermerà di seguito.

5.      Misure per la custodia delle registrazioni delle conversazioni.

Altrettanto rilevante, per la tutela della riservatezza, è l’apprestare adeguate misure di custodia delle registrazioni nonché delle modalità di accesso ai dati da parte della polizia giudiziaria e dei difensori, nella fase antecedente al sub procedimento di cui all’art. 268 comma 6 cpp.

Possono richiamarsi alcune delle condivisibili prescrizioni dettate dai Procuratori della Repubblica sul tema specifico da individuarsi come buone prassi  che di fatto disciplinano tutte le fasi in cui si articolano le operazioni di intercettazione.

Così, seguendo un ideale percorso temporale.

– una adeguata selezione degli operatori tecnici. In tale quadro si segnala la previsione creazione di un albo dei fornitori delle attrezzature necessarie (in particolare per le intercettazioni delle conversazioni fra presenti), con ammissione vincolata alla verifica di esistenza di alcune condizioni di affidabilità complessiva, e più specifica di natura societaria, di osservanza dei requisiti di sicurezza, di idoneità tecnica e di rispetto della normativa sull’uso del software;

– la puntuale e dettagliata individuazione dei compiti e delle specifiche attribuzioni in sede di esecuzione delle operazioni di intercettazione, da affidarsi esclusivamente alla polizia giudiziaria, lasciando alle imprese private solo la fornitura dei beni, salva la necessità in rari e specifici casi di supporti esterni alla polizia giudiziaria per far fronte a particolari competenze tecnologiche; 

– l’avvertimento alle imprese di fornitura, in caso di “remotizzazione” della esecuzione delle operazioni, affinché gli apparati digitali e sistemi, certificati e documentati, siano tali da garantire l’assoluta identità fra i dati registrati sugli apparati con quelli successivamente trasposti sugli impianti della Procura, e la marcatura temporale delle informazioni al momento della loro captazione (così da essere certi della data del giorno, ora e durata della intercettazione e della registrazione);

– la ormai diffusa creazione dei C.I.T. (Centri Intercettazioni Telecomunicazioni), con la regolamentazione dell’accesso ed il relativo monitoraggio, alle sale ed agli impianti;

– la capillare disciplina delle modalità di deposito e rilascio di copie su supporto magnetico o in cartaceo (inclusi i cd. brogliacci redatti dalla Polizia Giudiziaria) delle suddette registrazioni, con differente disciplina a seconda delle fasi processuali:

  • in caso di adozione di misure cautelari con il deposito dei fìles audio delle conversazioni utilizzate per l’adozione del provvedimento e ritenute rilevanti con il connesso diritto del difensore di ascoltare le registrazioni e di estrarne copia. In tali casi, in ossequio alla sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2008, va opportunamente prevista la formazione di apposito supporto magnetico contenente la copia dei files audio delle sole intercettazioni utilizzate a fondamento della richiesta cautelare, onde evitare che possano essere conosciute ulteriori conversazioni;
  • in caso di deposito dei verbali e delle registrazioni – alla conclusione delle attività di intercettazione ovvero contestualmente alla conclusione delle indagini – per l’esercizio del   diritto del difensore di ascoltare ifilesaudio di tutte le conversazioni intercettate, senza poterne ottenere copia;
  • nei casi tipici di cui all’art. 268 comma 6 cpp ovvero in sede dibattimentale, per l’esercizio del diritto del difensore di ottenere copia dei fìles audio relativi alle conversazioni oggetto dell’udienza per lo stralcio o delle quali il giudice abbia disposto, in contraddittorio, la trascrizione.

– l’organizzazione, per le diverse fasi di gestione dei fascicoli di intercettazione e per la successiva fase di chiusura e di liquidazione delle spese, di una struttura amministrativa, comunemente definita “ufficio intercettazioni”.

Si tratta di misure organizzative che rivelano il costante sforzo dei dirigenti degli uffici requirenti e dei magistrati del pubblico ministero, per aderire alle indicazioni provenienti dal Garante della privacy, a dimostrazione della attenzione e consapevolezza radicata della estrema importanza del corretto trattamento dei dati sensibili. Si tratta di misure che potranno avere maggiore efficacia  laddove saranno migliorate sensibilmente le condizioni strutturali, anche di edilizia, e tecnologiche, che non dipendono dalle determinazioni delle autorità giudiziarie interessate.

E’ questa, ancora una volta, l’occasione per sollecitare una riflessione complessiva e generale sulla sicurezza dei sistemi informatici che pare essere messa pericolosamente a maggior rischio, in via esponenziale, in tutti i settori in cui essa è affidata diffusamente alla gestione soggetti privati, la cui propensione al rispetto dei vincoli di riservatezza appare evidentemente e fisiologicamente inferiore a quelli dei corrispondenti soggetti pubblici. Una riflessione che impone di verificare attentamente l’opportunità di passare ad un sistema proprietario pubblico delle intercettazioni e ad una urgente verifica della sostenibilità della cd. gara unica per le forniture.

Oltre modo evidente, infine, è la considerazioni che analoghe precauzioni possano essere assicurate ed assunte dall’ Ufficio GIP per le fasi processuali in cui esso dispone dei relativi supporti documentali ed informatici, così da poter garantire la tenuta del sistema in tutta le complessive fasi di trattamento garantito del dato.

6.      L’ attivazione dell’udienza stralcio. Il ricorso mirato a questo istituto.

Le attività d’intercettazione, eseguite su impulso e sotto la direzione del pubblico ministero, sono autorizzate e procedono, con la cadenza indicata dal codice di rito, sotto il controllo di legalità del Giudice per le indagini preliminari, al quale è demandata la verifica giurisdizionale dell’indagine in corso, anche con specifico riferimento alle modalità di raccolta e di valutazione delle conversazioni o comunicazioni captate.

Il rapporto fra esigenze di legalità e tutela della riservatezza merita di essere affrontato e potra’ essere ulteriormente approfondito dal consiglio in una successiva fase, dunque anche  nella prospettiva delle competenze degli organi giudicanti, nel corso delle indagini, dell’udienza preliminare e del giudizio di cognizione. La questione nevralgica è rappresentata dall’utilizzo accorto e ragionevole, anche in termini di sostenibilità organizzativa, degli strumenti processuali già oggi previsti per impedire le violazioni ingiustificate della riservatezza.

Alcune circolari dei procuratori, del resto, disciplinano un ulteriore momento importante per la corretta gestione delle intercettazioni rispetto al tema della riservatezza, costitutito dalla c.d. udienza filtro come prevista nel codice di rito dall’art.  268, comma 6, 7 e 8 cod. proc. pen. che regola la procedura per l’acquisizione delle conversazioni o delle comunicazioni «che non appaiono manifestamente irrilevanti» e lo stralcio di quelle «di cui è vietata l’utilizzazione». Delle prime è disposta la trascrizione, che è prodromica all’inserimento nel fascicolo per il dibattimento.

E’ nota l’esistenza di una prassi largamente diffusa volta ad evitare il ricorso a questa procedura. La selezione delle registrazioni rilevanti e la loro trascrizione è compiuta nelle udienze dibattimentali, in genere nella fase dedicata all’ammissione delle prove ex artt. 493-495cod. proc. pen, e ben più di rado, quest’attività viene compiuta dinanzi al Gup.

Il Consiglio ha già affermato in una precedente deliberazione che l’omissione della procedura di stralcio costituisce «…un fenomeno che ha destato, nel pubblico dibattito, allarme e perplessità rispetto alla tutela della riservatezza di terzi estranei al processo o delle stesse parti su circostanze irrilevanti per il processo ma di interesse per la cronaca».

Ciò non significa che non si riconosca la sussistenza, anche pratica, delle plurime esigenze processuali che hanno condotto all’emersione di tale modo di procedere, tra le quali:

– l’ampia diffusione di riti alternativi che consentono l’utilizzo come prova dei cd. “brogliacci d’ascolto”, rendendo inutile la trascrizione delle registrazioni;

– la necessità di ricorrere alla perizia, con consequenziale decorso di un lasso temporale che può incidere sui termini di custodia;

– le controverse questioni giurisprudenziali attinenti alla competenza funzionale del Gip o del Gup a disporre detta trascrizione;

– la circostanza che da un unico procedimento possano derivarne di più procedimenti, con deposito di atti solo in parte coincidenti e con un giudizio di rilevanza che può anche mutare in relazione ad ogni singolo procedimento;

– ultima, ma concretamente rilevante, la difficoltà di porre in essere una pluralità di udienze stralcio, specie nelle sedi distrettuali, per innumerevoli e complessi procedimenti fondati sulle intercettazioni, con il conseguente aggravio per il lavoro dei giudici per le indagini preliminari, già onerati da molteplici competenze.

Un consistente ricorso all’udienza stralcio potrebbe determinare, in effetti, profili di insostenibilità organizzativa, tali da incidere su attività urgenti e non differibili, afferenti la libertà personale, di competenza del giudice per le indagini.

In ogni caso, pur nella consapevolezza che la prassi di rinviare la selezione delle registrazioni e la loro trascrizione alla fase dibattimentale riflette concrete esigenze organizzative e processuali, collegate anche alla consistenza dei carichi di lavoro, va rimarcato il significativo rilievo della procedura di selezione del materiale raccolto, che porta allo “stralcio” di quello non attinente all’imputazione provvisoria.

Si tratta del momento procedimentale deputato ad assicurare il bilanciamento tra le prerogative individuali (la libertà di comunicare, l’inviolabilità del domicilio e la tutela alla vita privata e familiare di cui all’art. 2 Cost. e all’art. 8 CEDU) e quelle della collettività (il perseguimento dei reati ed il diritto di cronaca)[6]. La procedura è diretta a preservare l’indagato, le persone offese e i terzi interlocutori, estranei al processo, dalla diffusione e dalla pubblicazione di fatti personali e riservati manifestamente irrilevanti rispetto ai temi probatori.

La selezione del materiale registrato, poi, avviene nel contraddittorio. I difensori hanno facoltà di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni, ma non possono trarre copia, né dei file audio, né dei verbali in cui, nel corso delle indagini, è trascritto sommariamente il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni[7].

Dunque, nonostante si riconosca la consistenza delle ragioni processuali e pratiche sottese all’emersione della prassi di rinviare la selezione delle registrazioni (e la loro trascrizione) alla fase dibattimentale, la rilevante funzione svolta dall’udienza camerale ne potrebbe rendere opportuna l’attivazione nel corso delle indagini preliminari, in modo mirato e non massivo, per garantire l’equo contemperamento degli interessi in gioco e il bilanciamento dei diritti di pari valore costituzionali, che entrano in contrapposizione.

Come emerge dalle circolari dei procuratori e dalla prassi giudiziaria il ricorso a detta udienza camerale appare utile, anche in relazione alla sostenibilita’ organizzativa, in due situazioni specifiche:

1) quando il P.m. abbia avanzato una richiesta di misura cautelare e, nel selezionare il materiale posto a sostegno della stessa, abbia escluso le comunicazioni o le conversazioni vietate dalla legge e quelle che, oltre ad essere manifestamente irrilevanti, contengano anche dati sensibili.  Ai sensi dell’art. 291 cod. proc. pen., infatti, il P.m. presenta al giudice il materiale probatorio, curando che siano inseriti gli elementi su cui si fonda la richiesta e quelli a favore dell’indagato. Egli, nel compiere detta attività, deve escludere le registrazioni che contengono comunicazioni o conversazioni vietate dalla legge, quelle che reputa manifestamente irrilevanti e, soprattutto, quelle che, oltre ad essere manifestamente irrilevanti, contengano anche «dati sensibili». Secondo la definizione di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 196 del 2003, costituiscono «dati sensibili», «i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».Nello svolgimento di tale attività il P.m., pur effettuando una selezione delle registrazioni, conserva le tracce audio registrate, evitando la divulgazione di captazioni lesive della riservatezza, che non supererebbero il vaglio di cui all’art. 268, comma 6, cod. proc. pen.

2) quando il P.m., ancorché non abbia avanzato una richiesta cautelare, dirigendo le indagini ai sensi dell’art. 327 cod. proc. pen., abbia assunto cognizione della raccolta di conversazioni che presentano gli attributi indicati in precedenza.

In entrambi i casi descritti, invero, l’utilizzo “mirato” della procedura di selezione permetterebbe l’eliminazione dal materiale probatorio delle registrazioni non rilevanti  contenenti dati sensibili, la cui divulgazione potrebbe determinare una definitiva lesione della riservatezza[8]. Nel contempo, ove sia stata avanzata una richiesta cautelare, consentirebbe di verificare, nel contraddittorio delle parti e dinanzi al giudice terzo, la selezione compiuta dal p.m., assicurando alla difesa lo spazio necessario per interloquire sulla scelta effettuata dalla pubblica accusa di non inserire taluni atti tra quelli posti a sostegno della richiesta di cautela. In simili ipotesi, dunque, ricorrono in modo evidente le esigenze di tutela sottese alla previsione normativa della procedura in esame: in un momento procedimentale “riservato” e nel contraddittorio delle parti viene ad essere realizzato il bilanciamento dei diritti costituzionali in contrasto dapprima indicati.

Tale opzione, che invita ad un uso mirato – e non massivo – dell’udienza stralcio, nel senso sopra indicato, agevolata anche attraverso la previa individuazione a mezzo indice numerico delle conversazioni progressive contenenti il dato “sensibile”, appare essere una delle soluzioni idonea a garantire la sostenibilità organizzativa dei consequenziali oneri da parte degli uffici. A tal proposito, come è già stato sottolineato da questo Consiglio Superiore in una precedente deliberazione, «qualsiasi adempimento o formalità deve risolversi in un onere sostenibile da parte dell’ufficio, cioè deve risultare compatibile con la limitatezza delle risorse e con la possibilità di un’efficace gestione del procedimento e del servizio nel suo complesso».

7.   Il contributo di tutte le parti del procedimento per un uso equilibrato delle intercettazioni.

La delicatezza degli interessi in gioco suggerisce di far scaturire le scelte relative all’attivazione dell’udienza camerale di selezione delle registrazioni anche dal confronto tra gli uffici giudiziari (Procura, Tribunale, Ufficio del giudice delle indagini preliminari) e dalla comune volontà di affrontare i problemi organizzativi che ne potrebbero derivare. Appare utile, in questa prospettiva, promuovere intese tra gli uffici in ordine ai modi ed ai tempi del ricorso a tale procedura, al fine di evitare diseconomie o un uso non appropriato dell’udienza o di chiarire le ragioni di determinate opzioni procedimentali. Se un limite si può riscontrare nell’esperienza delle circolari analizzate è che le stesse sono state assunte senza un confronto sulle ricadute conseguenti per gli uffici giudicanti.

Sul punto va evidenziato come l’ordinamento giudiziario fornisca una pluralità di strumenti ed esempi che richiedono, in uno all’elaborazione consiliare anche recentemente assunta, in tema di priorità nell’ambito del settore penale, un adeguato coordinamento fra uffici.

Appare auspicabile anche favorire protocolli con l’avvocatura in merito a questi profili, in una logica di lealtà processuale ed in vista del perseguimento dell’obiettivo, che non può che essere comune, del contemperamento dei diritti costituzionali confliggenti.

Quanto fin qui illustrato, invero, presuppone la convinzione che il bilanciamento tra i valori costituzionali, prima ancora che per mezzo dell’intervento di organi di garanzia esterni ad esso, debba essere realizzato nel processo. A tale scopo, è indispensabile il contributo di tutte le parti del giudizio, ispirata in primo luogo da una adeguata etica professionale[9].

La ricerca del contemperamento tra interessi individuali e collettivi, infatti, non riguarda solo le registrazioni irrilevanti e inutilizzabili, ma anche quelle utili per il giudizio.

A tal proposito va affrontato anche un aspetto particolarmente sensibile, quello inerente  l‘opportunità di riportare fedelmente il contenuto delle registrazioni  nei provvedimenti cautelari. Al riguardo, deve rilevarsi che la riproduzione integrale delle trascrizioni rilevanti nei provvedimenti spesso costituisce un momento centrale dell’esposizione del materiale probatorio raccolto nel corso delle investigazioni, che consente la successiva autonoma valutazione dello stesso.

Pur se le registrazioni cui si allude sono quelle  rilevanti rispetto al thema decidendum, tuttavia, non è escluso che possano contenere profili inutilmente lesivi della riservatezza di terzi che ne sono parti o che sono citati. Qualora una simile situazione si verificasse, e’ auspicabile che i magistrati opportunamente ne evidenzino il relativo rilievo probatorio nella motivazione, in tal modo di fatto illustrando il bilanciamento dei valori contrapposti e la ragione chegiustifica la riproduzione della registrazione negli atti.

Spetta al pubblico ministero ed al giudice – e non ad altri -valutare la rilevanza della conversazione contenente dati sensibili. Ciò non esclude che sul pubblico ministero, ma ancor più sul giudice (e, successivamente, sul tribunale) incomba anche un onere che potrebbe definirsi di “sobrietà contenutistica”, di natura deontologica, se non un dovere in tal senso che deriva dall’obbligo di correttezza e di lealtà nei confronti delle parti. Il rispetto dei diritti delle persone che compaiono negli atti delle indagini impone loro non solo di selezionare, nel materiale al proprio vaglio, quello effettivamente funzionale alla dimostrazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione di un provvedimento cautelare, ma anche di riportarlo con le forme, di volta in volta più opportune, in modo che le modalità espositive adottate non accentuino la lesione della riservatezza dei terzi estranei alle indagini, anche ricorrendo, se ritenuto opportuno e comunque funzionalmente adeguato, ad omissare riferimenti a cose o persone.

Conclusioni

In conclusione,alla cura nel trattamento dei dati sensibili sono chiamati tutti i soggetti, processuali e non. In tale prospettiva e con tale finalità vengono proposte le indicazioni su esposte, tratte dalla elaborazione contenuta nelle circolari assunte negli uffici requirenti, che il Consiglio fa proprie come buone prassi da offrire a tutti gli uffici giudiziari, invitando i magistrati ad agire con la massima attenzione e ferma l’autonomia organizzativa ed ermeneutica delle norme processuali.

In tal senso, deve ribadirsi, appare centrale il ruolo del PM che, nel trattamento dei dati sensibili, potrà operare una prima selezione delle conversazioni, dando direttive sul punto alla polizia giudiziaria, affinchè proceda alla trascrizione di un sunto o ne annoti solo la mera indicazione dei dati estrinseci. Potrebbe costituire ulteriore ausilio alla riservatezza del dato, come in precedenza illustrato, la redazione di un indice a cura della polizia giudiziaria in fase di ascolto, contenente solo il numero progressivo delle conversazioni non trascritte e meramente indicate nel brogliaccio.

Il PM, nell’ulteriore e successivo vaglio degli atti da porre a base della richiesta di misura cautelare e nella medesima richiesta potrà selezionare le conversazioni da utilizzare, nell’ambito di una delibazione che resta di esclusiva pertinenza dell’autorità giudiziaria, in ordine alla rilevanza probatoria delle conversazioni contenenti dati sensibili.

E’ auspicabile che i magistrati si attengano ad un onere di sobrietà contenutistica, eventualmente valutando se omissare, nelle conversazioni comunque rilevanti, i riferimenti a cose o persone, se non strettamente necessari, dandone conto con adeguata motivazione.

In effetti  può affermarsi che un uso accorto e professionale degli strumenti normativi – anche attraverso l’uso mirato e razionale dell’udienza stralcio, che tenga conto anche delle ricadute organizzative –  consente di predisporre adeguate misure di garanzia e salvaguardia dei dati e delle informazioni sensibili raccolte nel corso delle indagini, e che non sono attinenti all’imputazione provvisoria.

Va ribadito con decisione che il rimedio alla divulgazione non può essere rappresentato dalla riduzione dell’area operativa del mezzo di ricerca della prova in esame, che è indispensabile per le investigazioni. Né tantomeno dall’opzione di riportare per riassunto e non in forma integrale le conversazioni nei provvedimenti giudiziari, con il rischio di  ridurre la genuinità della prova scaturita dalla conversazione intercettata. La mera raccolta di dati personali, infatti, non provoca una lesione del diritto alla riservatezza, che invece deriva dall’eventuale patologica violazione delle regole di gestione di simili dati.

L’opzione operata attraverso la presente risoluzione muove dunque su di una direttrice tesa alla maggiore limitazione possibile della divulgazione dei dati sensibili. Tale operazione dovrà essere compiuta tenendo conto che in tali casi ci si troverà di fronte alla inevitabile necessità di operare un contemperamento di interessi parimenti garantiti e tutelati, con l’esigenza di ricercare il giusto equilibrio tra valori costituzionali, nessuno dei quali è tanto prevalente da imporre automaticamente il sacrificio dell’altro.

Una attenta e responsabile applicazione di tali presidi ovvero di alcuni di essi potra’ consentire di assicurare in via generale un livello avanzato di tutela ai soggetti coinvolti nonché ai magistrati responsabili del trattamento del dato, di operare, nell’ambito della legislazione vigente, in un quadro di regole e di standards operativi condiviso dall’organo di governo autonomo.


[1]I provvedimenti dei Procuratori della Repubblica si fondano sul potere di organizzazione dell’ufficio e sul potere di direttiva di cui all’art. 4 D. Lgsl. n. 106/2006.

Esse vanno nella direzione della massima valorizzazione del sistema normativo vigente, già in linea con gli annunciati propositi riformatori, a cui il CSM ha già fatto cenno nel parere sulle disposizioni del disegno di legge n. 2798/2014, laddove ha affermato che è … certamente condivisibile è la scelta di affrontare uno degli aspetti più controversi in materia, cioè quello riguardante il momento in cui effettuare la selezione e la trascrizione delle conversazioni intercettate, dato che opera essenzialmente qui il rischio di indebite propalazioni di comunicazioni irrilevanti ai fini delle indagini, ma lesive della riservatezza dell’imputato o di terzi su circostanze estranee al processo. In tale direzione, un intervento di riforma inteso a imporre una chiara sequenza temporale tra conclusione delle operazioni di intercettazione, deposito di verbali e registrazioni, “udienza stralcio” e perizia trascrittiva potrebbe ben scongiurare il rischio di diffusione di notizie irrilevanti per il processo, assicurare la tutela della privacy e consentire l’immediato esercizio del diritto di difesa”.Per altro tali interventi appaiono assolutamente in linea con quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con sent. n. 34/1973, allorché ha sottolineato come l’art.15 della nostra Carta protegga due distinti interessi: quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti inviolabili della personalità richiamati dall’art. 2 e quello connesso alla esigenza di  prevenire e reprimere i reati, “bene” anch’esso di rango costituzionale, così ammonendo, già dal 1973, sull’opportunità di predisporre “un sistema a garanzia di tutte le parti in causa, per l’eliminazione del materiale non pertinente, in base al principio secondo cui non può essere acquisito agli atti se non il materiale probatorio rilevante per il giudizio.

[2]Proprio di recente della materia si sono occupate le istituzioni europee, tanto che nell’ambito del regolamento (Ue) 2016/679 e della direttiva (Ue) 2016/680 del parlamento europeo e del consiglio del 27 aprile 2016, relativi alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/ce (regolamento generale sulla protezione dei dati), si legge:

 (4)… Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. …  (cfr. regolamento citato)

 (26)… Il principio di trattamento corretto proprio della protezione dei dati è una nozione distinta dal diritto a un giudice imparziale sancito nell’articolo 47 della Carta e nell’articolo 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali  (CEDU).

… I dati personali dovrebbero essere adeguati e pertinenti alle finalità del trattamento. Dovrebbe, in particolare, essere garantito che la raccolta dei dati personali non sia eccessiva e che i dati siano conservati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati. I dati personali dovrebbero essere trattati solo se la finalità del trattamento non è ragionevolmente conseguibile con altri mezzi. Onde garantire che i dati non siano conservati più a lungo del necessario, il titolare del trattamento dovrebbe stabilire un termine per la cancellazione o per la verifica periodica. Gli Stati membri dovrebbero stabilire garanzie adeguate per i dati personali conservati per periodi più lunghi per finalità di archiviazione nel pubblico interesse o per finalità scientifiche, storiche o statistiche.

 (34) Il trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, dovrebbe riguardare qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute nei confronti di dati personali o insiemi di dati personali per tali finalità, con l’ausilio di strumenti automatizzati o in altro modo, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione del trattamento, la cancellazione o la distruzione. …(cfr. direttiva citata)

[3] La garanzia delle prerogative dei difensori è parte del potere/dovere del Procuratore della Repubblica di assicurare … “il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio”secondo il dettato del d.lgsl. n. 106/2006.

[4] Andranno trascritte le conversazioni che appariranno immediatamente utilizzabili nei confronti di terzi indagati.

[5] In questa direzione anche la ratio della previsione dell’art. 89 disp.att. cpp.

[6]L’utilità della procedura in esame per la tutela della vita privata è stata riconosciuta da tempo anche dalla Corte EDU. Nella sentenza 17 luglio 2003, adottata sul ricorso n. 25337/94, Craxi contro Italia, la Corte ha rilevato che, essendo stata data lettura di conversazioni intercettate nel corso dell’udienza dibattimentale del 29 settembre 1995, non vi era stata un’udienza preliminare nel corso della quale le parti ed il giudice, in modo riservato, avrebbero potuto escludere i brani delle conversazioni intercettate sprovviste di attinenza con il procedimento giudiziario, fornendo una garanzia importante al diritto enunciato nell’art. 8 CEDU.

[7] L’intervento del giudice è finalizzato all’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche indicate dalle parti, da cui sono stralciate due categorie di registrazioni:

  • quelle «di cui è vietata l’utilizzazione»;
  • quelle «manifestamente irrilevanti».

Nel primo caso, la disposizione fa riferimento alle intercettazioni inutilizzabili a norma di legge, in particolare in base all’art. 271 cod. proc. pen. In questa prospettiva, la procedura mira a tutelare la legalità della prova, evitando che tra il materiale probatorio possano trovare spazio registrazioni vietate dalla legge.  Nella seconda ipotesi, il giudice compie un giudizio di irrilevanza probatoria che deve essere “manifesta”, conducendo, pertanto, all’esclusione soltanto dei dialoghi palesemente estranei all’accertamento della responsabilità per i reati per i quali si procedeIn verità, non potrebbe essere altrimenti, perché la valutazione è compiuta in un momento procedimentale in cui non potrebbe svolgersi un controllo puntuale di rilevanza rispetto ai parametri desumibili dall’art. 187 cod. proc. pen. La procedura, infatti, è strutturalmente prevista nella fase delle indagini, quando l’imputazione è solo provvisoria. In questo caso, comunque, la norma persegue una finalità interna al processo – contenere la conoscenza del giudice nei limiti del materiale che ha attinenza con il thema probandum – e, nello stesso tempo, uno scopo esterno, rappresentato dalla garanzia della riservatezza.

[8]  Fra le ragioni che potrebbero indurre a ritenere preferibile attivare la procedura ex art. 268 cod. proc. pen. dinanzi al Gip e, comunque, prima dell’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis, cod. proc. pen.:

1) il Gip, che ha emesso i decreti autorizzativi e che eventualmente ha adottato un provvedimento cautelare, ha una recente ed immediata conoscenza degli atti, che gli consente di svolgere con efficacia e rapidità il giudizio di “manifesta irrilevanza”;

2) la procedura va attivata in un momento procedimentale in cui sia utile per tutelare la riservatezza, e cioè prima del deposito di tutti gli atti, quando non sia ancora consentito il rilascio di copia delle registrazioni e siano ancora vigenti i divieti di cui all’art. 114, comma 1 e 2, cod. proc. pen.

Per altro, quanto ai procedimenti nei quali sono stati adottati provvedimenti cautelari, nei quali, evidentemente, vi è già stata una consistente discovery del materiale probatorio, anche per le ragioni di sostenibilità organizzative precedentemente descritte nonché per evitare lungaggini procedurali incompatibili con l’esigenza di rapida definizione del procedimento con detenuti, puo’ essere opportuno che la selezione delle registrazioni dinanzi al Gip sia richiesta in modo mirato e, cioè, solo quando il P.m. abbia avuto cognizione della presenza nel materiale registrato di comunicazioni o di conversazioni vietate dalla legge o che non solo siano manifestamente irrilevanti, ma contengano anche «dati sensibili».

[9]E’ utile richiamare in tale ambito di doveri deontologici del codice etico dell’Associazione nazionale magistrati che agli artt. 12 e 13 prevede che il giudice   <nelle motivazioni dei provvedimenti … evita di pronunciarsi su fatti o persone estranei all’oggetto della causa …. ovvero – quando non siano indispensabili ai fini della decisione – sui soggetti coinvolti nel processo> ed il pubblico ministero  <indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli elementi di prova a favore dell’indagato e non tace al giudice l’esistenza di fatti a vantaggio dell’indagato o dell’imputato … Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti, dei testimoni e dei terzi, che non sia conferenti rispetto alla decisione del giudice>.

E l’art. 13 del codice deontologico forense intitolato “Dovere di segretezza e riservatezza” prevede che <L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali>.