In questi giorni abbiamo assistito, ancora una volta, a fortissime polemiche ingenerate da decisioni giudiziarie.
Stavolta, ad essere travolte dal clamore mediatico – per la loro indubbia delicatezza – sono state la sentenza della Corte di Appello di Palermo nel processo sulla cd. trattativa Stato/Mafia, e quella pronunciata, a pochi giorni di distanza, dal Tribunale di Locri nei confronti, tra gli altri, dell’ex Sindaco di Riace, Domenico Lucano.
Le polemiche, come spesso avviene, hanno avuto ampio risalto sugli organi di stampa e hanno visto protagonisti uomini politici e di cultura che si sono schierati a favore o contro le decisioni, con argomentazioni atecniche e non supportate da alcuna conoscenza del processo.
Abbiamo condiviso la decisione dell’ANM di attendere la chiusura delle urne prima di esprimere una qualsiasi posizione per ragioni di opportunità legate alla candidatura di uno dei soggetti coinvolti alle elezioni regionali in Calabria. Riteniamo, infatti, che la prudenza dovrebbe sempre indurre chi ha ruoli di rappresentanza in Magistratura ad evitare rischi di inaccettabili strumentalizzazioni, quasi inevitabili nei momenti più significativi delle competizioni elettorali.
Ed è per questa ragione che anche il gruppo di Unicost ha deciso di attendere sino ad oggi per rendere pubblica la propria posizione.
Ci vediamo costretti a ribadire quanto affermato più volte in casi simili. Le decisioni giudiziarie sono frutto di complesse attività istruttorie. Possono essere certamente criticate, ma andrebbero innanzitutto attese le motivazioni e in ogni caso i giudizi non devono mai sfociare in attacchi scomposti, men che mai in attacchi personali ai magistrati che le hanno pronunciate.
Nel caso del processo di Locri, peraltro, si assiste alla peculiare situazione dove anche alcuni magistrati stanno esprimendo valutazioni nel merito della vicenda processuale – ancora aperta, si ripete, senza che nessuno conosca la motivazione della sentenza – con dichiarazioni ampiamente riprese dagli organi di stampa.
Non vi è dubbio che il diritto di manifestare il proprio pensiero sia di tutti i cittadini, ma il rispetto che la Magistratura si aspetta di ricevere dall’esterno nell’esercizio dell’attività giurisdizionale dovrebbe indurre anche al suo interno, ed in modo ancora più rigoroso, a riservare analogo rispetto.
Entrare nel merito delle vicende giudiziarie ancora aperte, criticare le decisioni e l’entità delle condanne, peraltro prima ancora di leggere le motivazioni, alludere all’impatto che le pronunce giudiziarie potrebbero avere sull’opinione pubblica (di cui il giudice evidentemente dovrebbe tenere conto), legittimando anche accuse di politicizzazione della giustizia e attacchi mirati alla persona dei magistrati, come avvenuto in questi giorni – tutto questo mina dall’interno i capisaldi dell’esercizio della giurisdizione, e rimanda all’esterno l’immagine di una Magistratura divisa in contrapposte tifoserie rispetto a singole pronunce.
E’ doveroso, soprattutto da parte dei magistrati, operare uno sforzo di cautela e di rispetto per tutti i colleghi chiamati ad occuparsi direttamente delle vicende nelle sedi giudiziarie, onde evitare indebite pressioni che possano attentare alla serenità dell’attività giudiziaria.
Ci auguriamo che il corto circuito cui abbiamo assistito non prosegua oltre e che presto, anche grazie ad una corale presa di distanza da certe esternazioni, si ristabilisca la fisiologia dei rapporti istituzionali.