Silvia Corinaldesi: “Il mio impegno, insieme”

Silvia Corinaldesi

Cari colleghi,

come sapete, ho presentato la mia candidatura alle elezioni suppletive del CSM.

È stata una decisione maturata in pochi giorni, dopo la richiesta di alcuni colleghi con i quali ho lavorato in passato e di altri che ho conosciuto o ritrovato di recente.

Non era nei miei programmi.

Nei miei programmi c’erano le sfide di un lavoro che da sempre mi appassiona e le aspettative delle persone che ogni giorno chiedono più giustizia, nell’ambito penale come nel civile.

Ma la vita spesso sorprende, e stravolge i piani. E se ritieni che ci sia bisogno di un cambiamento radicale, devi metterci la faccia ed il cuore.

In questo momento storico ai magistrati è chiesto di rialzare la testa, di essere e mostrare di essere una istituzione seria e credibile.

Allegata a questa lettera trovate una scheda in cui mi presento e alcuni punti programmatici sui quali potremo confrontarci nelle prossime settimane. Intanto vorrei dirvi qualcosa in più sul significato di questa candidatura.

Mi sono sentita interpellata, perché credo nella giustizia e sono convinta che i magistrati siano un punto di riferimento fondamentale per la nostra democrazia, se sono indipendenti, se non sono ideologizzati, se sanno autogovernarsi indipendentemente dalla politica, lontani – concretamente e non solo a parole – dalle logiche di potere.

Ho partecipato (pur senza incarichi di rilievo) alla vita associativa e credo che la possibilità di stare all’interno di un gruppo sia un’opportunità preziosa di confronto e di riferimento; ma non sono “di parte”, se questo vuol dire tutelare interessi o persone solo per la loro appartenenza o vicinanza ad un gruppo, al di là delle regole e del buon senso.

Ho apprezzato Unità per la Costituzione, perché al suo interno ho trovato persone che prima di tutto cercano di essere bravi magistrati: competenti, impegnati, rigorosi. Giudici e pubblici ministeri che sanno farsi carico delle loro responsabilità. Non superficiali, né burocrati. Persone che senza alcun esonero dal proprio lavoro si impegnano quotidianamente insieme e accanto ai colleghi.

Ho trovato in questo gruppo la giusta distanza da qualunque tipo di collateralismo, che non è però indifferenza ai valori, anzi è fermezza nel riferimento ai principi costituzionali; ho apprezzato una moderazione di toni, di idee e di riferimenti culturali ben diversa da quella (pretesa) “moderazione” di cui tanto sento anche in questi giorni parlare in contrapposizione all’ideologia, anch’essa peraltro ideologizzata.

Non sono d’accordo a ridurre la discussione associativa ad un triste bipolarismo politicizzato, che svilisce e umilia il pluralismo di idee e la ricchezza di proposte che attraversano la magistratura intera e le conferiscono vitalità.

Sono rimasta delusa nello scoprire che anche tra noi erano diffusi collusioni politiche e metodi spartitori inaccettabili. Quanto avvenuto a maggio-giugno ci ha sconvolti, ha inciso molto sul prestigio e sull’autorevolezza del Consiglio Superiore e dell’intero Ordine Giudiziario e interroga ciascuno di noi sulle responsabilità individuali e collettive.

Sono responsabilità davvero serie: attraverso la credibilità dell’istituzione passa la possibilità di difendere l’effettiva indipendenza della magistratura come ordine e dei singoli magistrati come persone, di riaffermare l’unità della funzione giudiziaria di fronte alla prospettiva della separazione delle carriere, di marcare la distinzione tra magistratura e politica.

Vorrei che questa competizione elettorale mostrasse con trasparenza, senza alleanze occulte o trasversali, senza vuote promesse, i diversi modi in cui si può declinare l’impegno consiliare e permettesse a tutti i magistrati italiani una scelta consapevole e responsabile.

Ma occorre essere espliciti: così come nessuno può ergersi a depositario della moralità pubblica, al contempo non è pensabile che ci si rifiuti di fare i conti con quello che è accaduto, di assumersi le dovute responsabilità. A tutta la magistratura, a tutti i gruppi associativi – e a ciascuno di noi candidati – è richiesta una riflessione seria, che non conduca a facili moralismi, ma nemmeno alla rimozione acritica di quegli accadimenti, alla negazione di quella che era una vera e propria soggezione alla peggiore politica, ad una fuga dalle responsabilità.

Da parte mia, e concludo, penso che si dovrà intervenire con fermezza soprattutto su alcune questioni “sensibili”:

– in primo piano la questione morale: valorizzare il codice deontologico e disciplinare del magistrato nell’ambito di tutte le pratiche consiliari, ogni volta che si presenti l’ipotesi di uno sviamento o di una strumentalizzazione del ruolo e della funzione giudiziaria;

– il controllo disciplinare: non sia inflessibile con le violazioni formali in cui a volte incorrono proprio i colleghi più scrupolosi, ma sia severo con chi tradisce la funzione giudiziaria;

– le valutazioni di professionalità, che richiedono giudizi non astratti e devono tener conto delle condizioni e dei carichi di lavoro, facendo la giusta distinzione tra giudizi di professionalità e vicende disciplinari;

– le nomine e conferme di direttivi e semidirettivi, da intendersi non come ‘premi’ di carriera ma come strumenti per una migliore organizzazione, valorizzando quindi impegno effettivo e capacità;

– lo studio dei carichi esigibili per i quali si dovrà focalizzare l’attenzione sulla qualità della giustizia invece che sui numeri;

– l’organizzazione degli uffici, sia di Tribunale che di Procura, facendo attenzione ad assicurare sempre l’indipendenza della giurisdizione e avviando una riflessione concreta su temi ancora nuovi, come le condizioni di lavoro dei magistrati e il ruolo delle donne in magistratura.

Per chi volesse saperne di più sulla mia vita professionale e su come vorrei impostare il mio lavoro al CSM, allego due brevi documenti.

Silvia Corinaldesi

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