Emergenza Corona Virus FAQ sul Processo Penale dopo la conversione del d.l. n. 18

di Luigi Petrucci e Raimonda Tomasino in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

Sommario

Novità contenute nella legge di conversione
Il rito da seguire in Cassazione
L’udienza da remoto: quando si può fare?
L’udienza da remoto: come si deve fare?
L’atto di indagine da remoto: come e quando si fa?
Disposizioni di diritto penitenziario: la detenzione presso il domicilio prevista dall’art. 123 d.l. n. 18
Segue: novità della legge di conversione
Segue: i permessi previsti dall’art. 124 d.l. n. 18

Novità contenute nella legge di conversione

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria questo è il quinto intervento di rango primario in materia di giustizia.

Il primo era stato quello per la trattazione dei processi da parte di soggetti rientranti nell’iniziale zona rossa (d.l. n. 9), il secondo per la trattazione dei processi in tutta la Nazione (d.l. n. 11), il terzo un atto normativo ad ampio raggio cd. Cura Italia (d.l. n. 18), poi modificato in via d’urgenza su taluni aspetti (d.l. n. 23) ed ora convertito in legge con modificazioni (l. n. 27).

Le disposizioni, che si sono mano a mano arricchite, per il settore penale riguardano le seguenti aree:

  1. sospensione dei processi nel cd. primo periodo dal 9 marzo all’11 maggio;
  2. misura da adottare da parte dei Presidenti nel cd. secondo periodo dal 12 maggio al 30 giugno;
  3. disciplina dell’udienza da remoto realizzata con Teams o Skype for Business;
  4. disciplina speciale per la Cassazione (introdotta dai commi 3 bis e 12 ter dell’art. 83 dopo la conversione in legge).
  5. regole di diritto penitenziario;

L’art. 1, co. 2, della legge prevede in modo opportuno che “I decreti-legge 2 marzo 2020, n. 9, 8 marzo 2020, n. 11, e 9 marzo 2020, n. 14, sono abrogati. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti-legge 2 marzo 2020, n. 9, 8 marzo 2020, n. 11, e 9 marzo 2020, n. 14.”

Coerentemente è stato soppresso l’art. 83, co. 22, d.l. n. 18 che prevedeva l’abrogazione degli artt. 1 e 2 del d.l. n. 11 (sulle problematiche derivanti da tale abrogazione v. in questo sito S. BELTRANI, I procedimenti penali e i dd.ll. dell’emergenza COVID-19, §. 1.c.: ora si dovrà verificare se vi siano casi di abrogazioni implicite, che non saranno infrequenti, visto che il d.l. n. 18 e successive modificazione ha fondamentalmente arricchito la regolazione posta dal d.l. n. 11).

La regolazione degli effetti dei d.l. non convertiti risolve il problema degli effetti retroattivi che erano stati attribuiti dal d.l. n. 18 stata segnalata da L. Fidelio e A. Natale (Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, §.1.1. in Questione Giustizia on line).

È stato esteso l’elenco dei procedimenti che si devono comunque trattare a quelli che riguardano l’ordine di allontanamento immediato dalla casa familiare e la consegna di un imputato o di un condannato all’estero ai sensi della legge 22 aprile 2005, n. 69 ovvero l’estradizione per l’estero di cui al capo I del titolo II del libro XI del codice di procedura penale (art. 83, co. 3, lett. b).

Per quanto riguarda il secondo periodo è stato previsto il potere del presidente di autorizzare lo svolgimento dell’attività degli ausiliari del giudice con collegamenti da remoto tali da salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti (art. 83, co. 7, lett. h-bis).

Il rito da seguire in Cassazione

Per i soli processi pendenti in Cassazione viene precisato che la richiesta di trattazione da parte di detenuti, imputati o proposti deve essere avanzata solo a mezzo del difensore che li rappresenta dinanzi alla Corte (art. 83, co. 3 bis, primo alinea: non si è, invece, colta l’occasione per dare una disciplina alla richiesta di trattazione prevista dall’art. 83, co. 3, lett. b, seconda parte, per i processi di merito sulla quale v. in questo sito T. COTRONEO, Il Legislatore dell’emergenza COVID-19. Ricapitolando e andando oltre, §. 5. e S. BELTRANI, cit., §. 1.a.).

È introdotta un’ulteriore ipotesi di sospensione della prescrizione fino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020 per i soli procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 (art. 83, co. 3 bis, secondo alinea). Questi processi, pertanto, potranno tutti essere rinviati di qualche mese senza conseguenze.

Quelli che devono essere trattati per legge o su richiesta della parte e che prevedono la partecipazione delle parti (non, quindi, quelli da decidere de plano o in camera di consiglio non partecipata per i quali dovrebbe restare ferma la previsione del Primo Presidente), il comma 12 ter sembra autorizzare la sostituzione della discussione orale con un contraddittorio scritto effettuato mediante PEC (per una prima ricostruzione della situazione ante conversione in legge v. in questo sito A. CORBO, Brevi note sulle Camere di Consiglio “da remoto” nel processo penale e S. BELTRANI, cit., §. 1.b. e).

La discussione orale può sempre essere richiesta dal ricorrente 25 giorni prima dell’udienza (sono rinviate di ufficio le udienze già fissate che non consentono il rispetto di questo termine). Se la richiesta proviene dal difensore dell’imputato, i termini di prescrizione e di custodia cautelare sono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato (settimo alinea).

Bisognerà vedere se la Cassazione riterrà comunque di poter procedere con le forme dell’udienza da remoto per una propria decisione discrezionale o a seguito della sollecitazione del difensore, non espressamente vietata dal Legislatore dell’emergenza.

L’udienza da remoto: quando si può fare?

La gran parte delle nuove disposizioni riguarda l’udienza da remoto, che tanto ha fatto discutere in queste settimane.

Anzitutto va sottolineato che la disciplina riguarda solo le attività processuali che si svolgono dal 9 marzo al 30 giugno e, pertanto, non è destinata ad assumere una valenza stabile nell’ordinamento processuale.

Anche nel periodo di emergenza sanitaria l’utilizzo dell’udienza da remoto è rimesso alla valutazione discrezionale del magistrato che procede.

Viene così fugata ogni preoccupazione di “fughe in avanti” paventata da professori, avvocati e magistrati e da loro associazioni culturali.

Il taglio di prima informazione di questo contributo consiglia di concentrarsi sulle soluzioni ad alcuni quesiti interpretativi forniti dal Legislatore.

L’udienza da remoto si può fare sempre, anche se non vi sono imputati (o indagati: di seguito per semplicità si parla solo dei primi volendo intendere anche i secondi) detenuti, tranne che debba essere ascoltato un testimone cd. non qualificato. Infatti possono essere sentiti o partecipare nell’udienza da remoto ausiliari del giudice, ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, interpreti, consulenti o periti (art. 83, co. 12 bis, primo alinea).

Si è, quindi, tenuto conto della preoccupazione che l’attività difensiva fosse eccessivamente mortificata da un ricorso indiscriminato all’udienza da remoto (v. G. PICARO, Il virus nel processo penale. Tutela della salute, garanzie processuali ed efficienza dell’attività giudiziaria nei d.l. n. 18 e n. 23 del 2020, §. 4 in Sistema Penale on line, che propugnava l’esclusione di qualsiasi attività istruttoria, v. anche gli altri contributi dottrinali nello stesso senso ivi richiamati).

Nel caso di imputati non detenuti (ivi compresi i soggetti sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere) sono i difensori che attestano l’identità dei soggetti da loro assistiti, che partecipano all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore (quarto alinea).

L’udienza di convalida per i soggetti che non sono stati tradotti in carcere si può svolgere anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile, e l’identità della persona arrestata o formata è accertata dall’ufficiale di polizia giudiziaria presente (quinto e sesto alinea).

Come hanno precisato i protocolli, l’ufficiale di polizia giudiziaria non deve essere fra i soggetti che hanno eseguito l’arresto.

In questo caso il difensore può partecipare dal proprio studio, da questo luogo ovvero dal tribunale. La possibilità di partecipare dal proprio studio è stata espressamente prevista per l’interrogatorio nel corso delle indagini, ma la previsione sembra essere di carattere generale (v. art. 83, co. 12, quater, sesto alinea; per i dubbi interpretativi precedenti, v. in questo sito R. MARRO, L’innovazione ai tempi del Coronavirus: questioni tecniche e non solo, §. 3.).

Come si è detto in apertura, i periti possono utilizzare l’udienza da remoto per lo svolgimento delle loro operazioni, se autorizzati dal Presidente del Tribunale (art. 83, co. 7, lett. h bis).

Il sistema di videoconferenza può anche essere utilizzato per tenere le camere di consiglio dei giudici collegiali (art. 83, co. 12 quinquies, primo alinea).

In questo caso il provvedimento può essere sottoscritto solo dal presidente o da uno dei giudici da lui delegati ed è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile e, in ogni caso, immediatamente dopo la cessazione dell’emergenza sanitaria (terzo alinea).

Non è stata, invece, normata la possibilità di trasmettere provvedimenti informatici (v. in questo sito A. CORBO, cit., §. d, R. MARRO, cit., §. 3. e, volendo, M. BISOGNI e L. PETRUCCI, Emergenza Corona Virus FAQ sul Processo Penale telematico (seconda parte) È possibile depositare provvedimenti da remoto? e (terza parte) Come fare per lavorare tutti (il più possibile) da casa?).

Non è possibile in questa sede affrontare i rilievi critici dell’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale “G.D. Pisapia” su questi ed altri punti, anche se va quanto meno messo in evidenza il tema dello studio degli atti da parte dei membri del collegio che si riunisce da remoto (v. Le osservazioni dell’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale “G.D. Pisapia” sulle disposizioni eccezionali per la giustizia penale nell’emergenza COVID-19 in Sistema Penale on line; per una possibile soluzione del problema posto dalla Dottrina sullo studio da remoto degli atti del fascicolo v. I. PARDO, Processo telematico e sistema delle impugnazioni penali in Giustizia Insieme on line).

L’udienza da remoto: come si deve fare?

L’art. 83, co. 12 bis, secondo alinea, detta un principio che sarà destinato a fare scuola nella disciplina delle nuove tecnologie applicate al processo penale: Lo svolgimento dell’udienza (e, verrebbe da dire, l’utilizzo di ogni nuova tecnologia) avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti.

Il giudice deve avere sempre presente questa la regola fondamentale di validità di ogni atto processuale, compresa l’udienza.

Tutto il resto sono corollari pratici.

L’avviso del giorno, ora e modalità del collegamento: nei provvedimenti circolati in queste settimane sono state opportunamente forniti il collegamento alla stanza virtuale creata dall’applicativo Teams o Skype for Business e le istruzioni per partecipare alla videoconferenza (terzo alinea; per interessanti considerazioni pratiche e giuridiche v. G. MARINAI, L’udienza penale in videoconferenza in Questione giustizia on line).

Solo l’ausiliario deve partecipare all’udienza dall’ufficio giudiziario (per i problemi interpretativi precedenti v. in questo sito R. MARRO, cit., §. 3.).

Egli dà atto nel verbale d’udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate da tutti gli altri soggetti, delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell’impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell’articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale (settimo alinea).

L’atto di indagine da remoto: come e quando si fa?

Il sistema di videoconferenza può essere utilizzato anche per gli atti di indagine (art. 83, co. 12 quater, primo alinea).

Nel cd. primo periodo tale possibilità è subordinata alla ricorrenza di un motivo di urgenza che legittimi l’attività di indagine durante il periodo di sospensione (sul tema v. più ampiamente in questo sito G. ORANO, L’attività del Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari e le misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e F. URBANI, Atti urgenti d’indagine e sospensione dei termini della fase delle indagini preliminari di cui al d.l. 18/2020, intercettazione e altro in Giustizia insieme on line).

Sia nel primo, che nel secondo periodo l’utilizzo della videoconferenza è riservata al giudice (si pensi al caso dell’incidente probatorio) ed al pubblico ministero (non quindi alla polizia giudiziaria delegata) e subordinata ai casi in cui la presenza fisica dei soggetti che devono essere sentiti non può essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19 (primo alinea).

Se ricorre questa condizione, tali soggetti devono recarsi al più vicino ufficio di polizia giudiziaria, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto (terzo alinea) e non possono farlo da casa loro o dal loro studio professionale.

Anche in questo caso è prevista la presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione (quarto alinea). Per evitare possibili inquinamenti, sarebbe opportuno svolgere questi atti in luogo o con agenti diversi da quelli che hanno effettuato le indagini.

A differenza dell’udienza, non è prescritto che il pubblico ufficiale che redige l’atto (quindi il segretario, l’ausiliario di P.G. o, se dovesse capitare, lo stesso pubblico ministero) debba stare nell’ufficio giudiziario. Anche il verbalizzante, però, darà atto nello stesso modo dell’ausiliario del giudice di quanto avvenuto (settimo alinea).

Nel caso di incidente probatorio sembra preferibile che l’ausiliario del giudice stia comunque presso l’ufficio giudiziario (sempre ove ciò sia possibile, cfr. art. 398, co. 5 bis, c.p.p.).

Anche nel corso delle indagini la partecipazione del detenuto è assicurata, ove possibile, mediante l’udienza da remoto (secondo alinea).

Il Legislatore ha chiarito che la videoconferenza può essere utilizzata anche per svolgere gli interrogatori delle persone sottoposte ad indagini.

In questo caso il compimento dell’atto avviene con modalità idonee a salvaguardare, ove necessario, la segretezza dell’atto (sul modo in cui assicurarla v. già in questo sito R. MARRO, cit.,  §. 3.) e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore (quinto alinea) che, come si già detto, può partecipare dal suo studio (sesto alinea).

Disposizioni di diritto penitenziario: la detenzione presso il domicilio prevista dall’art. 123 d.l. n. 18

Con l’entrata in vigore del d.l. n. 18 nella materia penitenziaria è stata prevista l’istituzione di un nuovo istituto concernente la detenzione presso il domicilio, onde far fronte all’esigenza di sfollare le carceri e potere così assicurare anche all’interno delle medesime il necessario distanziamento sociale in aderenza alla normativa emergenziale vigente.

L’art. 123 ne ha disciplinato partitamente le condizioni di accesso.

Va detto, sul punto, che tale nuovo istituto nasce per dare una risposta immediata al cronico problema del sovraffollamento negli Istituti di pena, che però già aveva visto un precedente intervento normativo nella

L. 199/2010, la c.d. ‘svuota carceri’ emanata proprio allorchè, per  la prima volta, il legislatore affrontò siffatta situazione, sicchè invero un rimedio era presente.

Ci si è posto pertanto da subito il problema del coordinamento delle due misure ed anche capire se la nuova detenzione ‘speciale’ avesse un qualche effetto abrogativo implicito rispetto alla preesistente, e la soluzione è stata di ritenere che quest’ultima rimanesse comunque in vigore nella sua autonomia, militando peraltro in questa direzione un argomento testuale, la previsione del comma 8 dello stesso art. 123 del d.l. 18/2020 che lascia “ferme le ulteriori disposizioni dell’art. 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, ove compatibili”.

È dunque corretto continuare a reputare concedibile la detenzione domiciliare ex l. 199/2010, che non prevede l’uso del braccialetto elettronico (di difficile applicazione stante la carenza dei dispositivi di controllo elettronici) ed alcune preclusioni ora invece per la prima volta introdotte.

Nonostante il 1^ comma dell’art. 123 esordisca con la dicitura “In deroga al disposto dei commi 1, 2 e 4 dell’art. 1 della legge” 199/2010, i due rimedi hanno in comune:

1) il limite di pena, che concerne sanzioni non superiori a 18 mesi anche se costituenti parte residua di una pena maggiore (co. 1 della l. 199);

2) la non applicazione a soggetti condannati per reati di cui al 4 bis dell’O.P. (co. 2 lett. a) della l. 199);

3) la non applicazione a delinquenti abituali, professionali o per tendenza (lett. b) della l. 199);

4) a detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare ai sensi dell’art. 14 bis O.P., salvo che sia stato accolto il reclamo (lett. c) della l. 199).

La prima differenza è il non richiamo alla lettera d) della l. 199, che determina il venir meno della valutazione sul ‘concreto pericolo di fuga’ del condannato, o in ordine alla ‘commissione di altri delitti’ ovvero sull’inesistenza ‘dell’idoneità o effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato’. All’uopo, però, occorre soffermarsi su quanto viene sancito dal successivo 2^ co. dell’art. 123 il quale, nel lasciare una certa discrezionalità alla magistratura di sorveglianza laddove prevede che non si debbano ravvisare “gravi motivi ostativi alla concessione della misura” (facendo quindi venir meno ogni ‘automatismo’ che verosimilmente in questo periodo di pandemia sanitaria avrebbe sveltito l’iter applicativo), adotta una formula talmente generica, non tipizzata, che potrebbe ricondurre proprio ai casi di cui alla lett. d) della l. 199.

Altra differenza che si pone come un ostacolo (prima non esistente) alla concreta operatività di questa detenzione domiciliare ‘speciale’, sono le nuove preclusioni introdotte:

a) in relazione a determinati tipi di reati (artt. 572 e 612 bis c.p.) che vengono considerati ostativi in aggiunta a quelli già contemplati dall’art. 4 bis O.P., (e ciò ancorchè possa essere indicato un diverso domicilio da quello in cui si troverebbe la vittima come spesso accade presso genitori, parenti);

b) in relazione a rapporti disciplinari riportati nell’ultimo anno con riferimento ad alcune tipologie di infrazioni per le quali l’iter procedimentale si sia concluso con l’irrogazione della relativa sanzione a carico del condannato (espressamente menzionati nella lett. d) del co. 1 dell’art. 123, partecipazione a disordini o sommosse, promozione di disordini o sommosse, evasione, fatti previsti dalla legge come reato), ed altresì con riferimento a detenuti nei cui riguardi il rapporto disciplinare sia stato solo redatto “in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020”, di modo che l’iter procedimentale verosimilmente è in corso (lett. e).

c) in merito ai “detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato” (lett. f), per il vero requisito questo già previsto dalla lett. d) della l. 199 nei cui confronti ha operato la deroga.

Salvo poi che si tratti di minorenni o di condannati la cui pena non sia superiore a 6 mesi, deve essere applicato, previa acquisizione del consenso del soggetto, il dispositivo di controllo elettronico.

Questa novità costituisce un ulteriore ostacolo, per i residui di pena di 1 anno, alla reale ed effettiva applicazione della misura se il braccialetto elettronico non è reperibile come di sovente accade. In sede di prassi applicativa, infatti, succede già che l’amministrazione penitenziaria a fronte di provvedimenti di scarcerazione ai sensi della nuova normativa, comunichi al M.d.S. l’impossibilità di darvi esecuzione per carenza degli strumenti in questione non disponibili.

Di qui la sostanziale, di fatto insuperabile inoperatività dell’istituto della detenzione domiciliare ‘speciale’ per pene superiori a 6 mesi, eppure introdotto per alleggerire la pressione delle presenze all’interno delle carceri con riferimento agli autori di reati con fine – pena bassi e basso profilo di pericolosità sociale, ed invece pressoché inutile per la complessità applicativa della nuova norma, certamente non in grado di determinare la soluzione al problema, né prassi acceleratorie. Ove non sia possibile quindi (come nella maggior parte dei casi sta accadendo) procedere con il rimedio in parola, si dà immediatamente corso all’istruzione dell’istanza ai sensi della l. 199/2010, che a monte non prevede molti degli impedimenti anzidetti, reputandosi dunque che la detenzione ex l. 199 sopravviva, indicando l’art. 123 che la nuova misura è prevista “in deroga” e non in funzione abrogativa.

Altro punctum dolens attiene all’accertamento del domicilio, rectius effettività, in quanto la sua idoneità è demandata alla polizia penitenziaria che tuttavia procede a verifica telefonica, laddove con la l. 199 vi è l’intervento dell’UIEPE.

Il co. 6 prevede una istruttoria sommaria che però salta il passaggio, che in certi casi può rivelarsi importante, della relazione comportamentale; ma per il vero va detto che nella maggior parte delle situazioni esaminate neppure si arriva a questo ultimo step a valle, perché le preclusioni a monte hanno già cassato il percorso decisionale.

L’ultimo comma infine (il 9^) stabilisce che non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvederanno alle attività previste mediante l’utilizzo delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Il nuovo istituto normativo emanato al dichiarato sostegno dell’effetto deflattivo nelle carceri, ha disvelato quindi, di contro, sin da subito i suoi effetti deteriori rispetto alla legge preesistente.

Segue: novità della legge di conversione

Le novità sono sostanzialmente due:

1) introduzione del comma 8 bis che fissa il limite temporale dell’operatività dell’istituto di che trattasi sino al 30.6.2020, di modo che potranno accedervi solo coloro che matureranno i presupposti per l’applicazione della misura (alternativa alla detenzione intramuraria) fino a quella data;

2) esonero del braccialetto elettronico per pene sino a 7 mesi (comma 5^), non deve essere attivato se il residuo supera di 1 mese i 6 prima previsti dal D.L. (cambiamento quasi insignificante se l’intento di sfollare le carceri è rimasto immutato).

La terza ‘modifica’ che si rinviene nel 5^ comma in realtà non è una modifica, ma una necessaria e logica conseguenza di quanto sancito nel medesimo co. 5 con l’aggiunta di cui al numero 2), ossia, per ciò che attiene all’esecuzione dei provvedimenti di scarcerazione adottati sulla base del nuovo istituto, viene eliminata la dicitura ‘pene residue da eseguire superiori ai sei mesi’ dal momento che il limite è stato aumentato di un mese. L’esecuzione così come già sancito nel decreto convertito, (logicamente) avviene progressivamente a partire dai detenuti che devono scontare la pena residua inferiore.

Nessuna novità sulle risorse finanziarie, rimanendo ferma la disposizione del comma 9.

Segue: i permessi previsti dall’art. 124 d.l. n. 18

Stabilisce il primo comma dell’art. 52 dell’O.P. che al condannato ammesso a godere della semilibertà possono essere concesse licenze per una durata complessiva di giorni 45 all’anno.

L’art. 124 del d.l. n. 18/2020 ha introdotto un regime straordinario derogando al limite temporale anzidetto, prevedendo che le licenze possono essere date fino al 30.6.2020. Ciò all’evidente fine di evitare e contenere al massimo lo scambio tra l’interno e l’esterno del carcere, dal momento che il semilibero trascorre parte del giorno fuori dall’Istituto di pena per poi farvi ritorno e pernottare.

Con la legge di conversione nulla nella sostanza è mutato.

La durata è sempre fissata sino al 30.6.2020, ma si dice, previo espresso riferimento (novità) alla situazione di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da covid-19, che al condannato “sono concesse licenze”, laddove prima era sancito in termini di possibilità, salvo poi a prevedere nuovamente nell’ultimo inciso che il magistrato di sorveglianza potrebbe ravvisare gravi motivi ostativi alla concessione, così lasciando all’A.G. l’ultima parola.

Da un lato dunque rimarcando la necessità di impedire qualunque ritorno del detenuto in carcere, ma dall’altro non tralasciando che a fronte di situazioni particolari, di carattere eventualmente eccezionale, si possa derogare alla previsione.

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